Provvedimento in causa n. C-660/22 del 22/02/2024
Organo giudicante: Corte di giustizia
Procedura: Rinvio pregiudiziale
Stato della causa: Concluso
Esito: Irricevibile

SENTENZA DELLA CORTE (Sesta Sezione)

22 febbraio 2024 (*)

«Rinvio pregiudiziale – Articolo 63 TFUE – Libera circolazione dei capitali – Direttiva 2008/7/CE – Banche di credito cooperativo il cui patrimonio netto supera una certa soglia – Normativa nazionale che impone a tali banche il pagamento di una somma corrispondente al 20% di detto patrimonio netto per conferire la loro azienda bancaria ad una società per azioni in cambio di titoli di quest’ultima – Articolo 94, lettera c), del regolamento di procedura della Corte – Obbligo di indicare le ragioni che giustificano la necessità di una risposta della Corte – Situazione puramente interna – Irricevibilità»

Nella causa C‑660/22,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dalla Corte suprema di cassazione (Italia), con ordinanza dell’11 ottobre 2022, pervenuta in cancelleria il 20 ottobre 2022, nel procedimento

Ente Cambiano società cooperativa per azioni

contro

Agenzia delle Entrate,

LA CORTE (Sesta Sezione),

composta da T. von Danwitz (relatore), presidente di sezione, P.G. Xuereb e I. Ziemele, giudice,

avvocato generale: A.M. Collins

cancelliere: A. Calot Escobar

vista la fase scritta del procedimento,

considerate le osservazioni presentate:

–        per Ente Cambiano società cooperativa per azioni, da A. Cevese, A. Dal Ferro, M. Miccinesi e F. Pistolesi, avvocati;

–        per il governo italiano, da G. Palmieri, in qualità di agente, assistita da M. Cherubini e G.M. De Socio, avvocati dello Stato;

–        per la Commissione europea, da A. Armenia, M. Mataija e P. Messina, in qualità di agenti,

vista la decisione, adottata dopo aver sentito l’avvocato generale, di giudicare la causa senza conclusioni,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’articolo 63 TFUE nonché degli articoli 101, 102, 120 e 173 TFUE.

2        Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia che oppone Ente Cambiano società cooperativa per azioni all’Agenzia delle Entrate (Italia), vertente sul rimborso di una somma pari al 20% del patrimonio netto di detta società alla data del 31 dicembre 2015, versata all’amministrazione di cui sopra al fine di conservare la veste giuridica di società cooperativa conferendo la propria azienda bancaria ad una società per azioni in cambio di titoli di quest’ultima.

 Contesto giuridico

 Diritto dellUnione

3        La direttiva 2008/7/CE del Consiglio, del 12 febbraio 2008, concernente le imposte indirette sulla raccolta di capitali (GU 2008, L 46, pag. 11), ha, in virtù del suo articolo 16, abrogato e sostituito, a far data dal 1° gennaio 2009, la direttiva 69/335/CEE del Consiglio, del 17 luglio 1969, concernente le imposte indirette sulla raccolta di capitali (GU 1969, L 249, pag. 25).

4        L’articolo 1 della direttiva 2008/7, intitolato «Oggetto», prevede quanto segue:

«La presente direttiva disciplina l’applicazione di imposte indirette nei casi seguenti:

a)      conferimenti di capitale a società di capitali;

b)      operazioni di ristrutturazione relative a società di capitali;

c)      emissione di taluni titoli e obbligazioni».

5        L’articolo 2 di detta direttiva, intitolato «Società di capitali», recita:

«1.      Ai fini della presente direttiva si intende per società di capitali:

a)      qualsiasi società corrispondente a uno dei tipi di cui all’allegato I;

b)      qualsiasi società, associazione o persona giuridica le cui quote sociali rappresentative del capitale o del patrimonio sociale possono essere negoziate in borsa;

c)      qualsiasi società, associazione o persona giuridica che persegue scopi di lucro, i cui membri hanno il diritto di cedere senza autorizzazione preventiva le loro quote sociali a terzi e sono responsabili per i debiti della società, associazione o persona giuridica soltanto nei limiti della loro partecipazione.

2.      Ai fini della presente direttiva, è assimilata alle società di capitali ogni altra società, associazione o persona giuridica che persegua scopi di lucro».

6        L’articolo 3 della direttiva sopra citata, intitolato «Conferimenti di capitale», ha il seguente tenore:

«Ai fini della presente direttiva e fatto salvo l’articolo 4, le operazioni seguenti sono considerate “conferimenti di capitale”:

a)      la costituzione di una società di capitali;

b)      la trasformazione in società di capitali di una società, associazione o persona giuridica che non sia una società di capitali;

c)      l’aumento del capitale sociale di una società di capitali mediante conferimento di beni di qualsiasi natura;

(…)».

7        L’articolo 4 della medesima direttiva, intitolato «Operazioni di ristrutturazione», contiene un paragrafo 1, così formulato:

«Ai fini della presente direttiva, le seguenti “operazioni di ristrutturazione” non sono considerate conferimenti di capitale:

a)      il trasferimento da parte di una o più società di capitali della totalità dei loro patrimoni, o di uno o più rami della loro attività, a una o più società di capitali in via di costituzione o già esistenti, a condizione che il trasferimento sia remunerato perlomeno in parte mediante titoli rappresentativi del capitale della società acquirente;

(…)».

8        L’articolo 5 della direttiva 2008/7, intitolato «Operazioni non soggette all’imposta indiretta», dispone, al paragrafo 1, quanto segue:

«Gli Stati membri non assoggettano le società di capitali ad alcuna forma di imposta indiretta per le operazioni seguenti:

(…)

d)      modifica dell’atto costitutivo o dello statuto di una società di capitali, e in particolare le operazioni seguenti:

(…)

iii)      la modifica dell’oggetto sociale di una società di capitali;

(…)

e)      le operazioni di ristrutturazione di cui all’articolo 4».

9        L’articolo 6 di detta direttiva, intitolato «[Imposte, diritti] e imposta sul valore aggiunto», prevede, al paragrafo 1, quanto segue:

«Gli Stati membri possono applicare, in deroga alle disposizioni dell’articolo 5, le imposte e i diritti seguenti:

a)      imposte sui trasferimenti di valori mobiliari, riscosse forfettariamente o no;

b)      imposte di trasferimento, ivi comprese le tasse di pubblicità fondiaria, sul conferimento ad una società di capitali, di beni immobili o di aziende commerciali situati nel loro territorio;

c)      imposte di trasferimento sui beni di qualsiasi natura che sono oggetto di un conferimento ad una società di capitali, nella misura in cui il trasferimento di tali beni è remunerato altrimenti che con quote sociali;

d)      imposte sulla costituzione, iscrizione o cancellazione di privilegi ed ipoteche;

e)      diritti di carattere remunerativo;

f)      imposta sul valore aggiunto».

 Diritto italiano

10      L’articolo 2, commi da 3 bis a 3 quater, del decreto‑legge del 14 febbraio 2016, n. 18 – Misure urgenti concernenti la riforma delle banche di credito cooperativo, la garanzia sulla cartolarizzazione delle sofferenze, il regime fiscale relativo alle procedure di crisi e la gestione collettiva del risparmio (GURI n. 37, del 15 febbraio 2016), convertito in legge, con modifiche, dalla legge dell’8 aprile 2016, n. 49 (GURI n. 87, del 14 aprile 2016), nella versione applicabile alla controversia di cui al procedimento principale (in prosieguo: il «decreto‑legge n. 18/2016»), così dispone:

«3 bis.      In deroga a quanto previsto dall’articolo 150‑bis, comma 5, del [decreto legislativo del 1º settembre 1993, n. 385 – Testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia (supplemento ordinario alla GURI n. 230, del 30 settembre 1993)], la devoluzione non si produce per le banche di credito cooperativo che, entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, presentino alla Banca d’Italia, ai sensi dell’articolo 58 del [citato decreto legislativo del 1º settembre 1993, n. 385], istanza, anche congiunta, di conferimento delle rispettive aziende bancarie ad una medesima società per azioni, anche di nuova costituzione, autorizzata all’esercizio dell’attività bancaria, purché la banca istante o, in caso di istanza congiunta, almeno una delle banche istanti possieda, alla data del 31 dicembre 2015, un patrimonio netto superiore a duecento milioni di euro, come risultante dal bilancio riferito a tale data, su cui il revisore contabile ha espresso un giudizio senza rilievi.

3 ter.      All’atto del conferimento, la banca di credito cooperativo conferente versa al bilancio dello Stato un importo pari al 20 per cento del patrimonio netto al 31 dicembre 2015, come risultante dal bilancio riferito a tale data, su cui il revisore contabile ha espresso un giudizio senza rilievi.

3 quater.      A seguito del conferimento, la banca di credito cooperativo conferente, che mantiene le riserve indivisibili al netto del versamento di cui al comma 3‑ter, modifica il proprio oggetto sociale per escludere l’esercizio dell’attività bancaria e si obbliga a mantenere le clausole mutualistiche di cui all’articolo 2514 del codice civile, nonché ad assicurare ai soci servizi funzionali al mantenimento del rapporto con la società per azioni conferitaria, di formazione e informazione sui temi del risparmio e di promozione di programmi di assistenza. (…). In caso di inosservanza degli obblighi previsti dal presente comma e dai commi 3‑bis e 3‑ter, il patrimonio della conferente o, a seconda dei casi, della banca di credito cooperativo è devoluto ai sensi dell’articolo 17 della legge 23 dicembre 2000, n. 388. (…)».

 Procedimento principale e questione pregiudiziale

11      Ente Cambiano, già Banca di Credito Cooperativo di Cambiano società cooperativa per azioni, una banca di credito cooperativo il cui patrimonio netto era superiore ad EUR 200 milioni alla data del 31 dicembre 2015, ha versato all’Erario italiano la somma di EUR 54 208 740, corrispondenti al 20% di detto patrimonio netto a quella data, esercitando l’opzione cosiddetta «way‑out», prevista dall’articolo 2, comma 3 bis, del decreto‑legge n. 18/2016.

12      Successivamente, Ente Cambiano ha presentato un’istanza di rimborso di tale somma, in quanto riteneva che l’obbligo di versare quest’ultima fosse contrario sia alla Costituzione italiana che al diritto dell’Unione. Poiché l’istanza di rimborso presentata da Ente Cambiano è stata oggetto di una decisione di rigetto implicita, essa ha presentato un ricorso avverso detta decisione dinanzi alla Commissione tributaria provinciale di Firenze (Italia). Avendo quest’ultima respinto tale ricorso, Ente Cambiano ha interposto appello dinanzi alla Commissione tributaria regionale della Toscana (Italia), che l’ha respinto con sentenza del 15 novembre 2018.

13      Ente Cambiano ha proposto un ricorso per cassazione contro tale sentenza dinanzi al giudice del rinvio, la Corte suprema di cassazione (Italia), facendo valere sia l’incostituzionalità della normativa nazionale controversa nel procedimento principale sia l’incompatibilità di quest’ultima con il diritto dell’Unione.

14      Detto giudice fa presente, anzitutto, di aver sottoposto alla Corte Costituzionale (Italia) alcune questioni di costituzionalità riguardanti l’articolo 2, commi 3 ter e 3 quater, del decreto‑legge n. 18/2016, che sono state dichiarate non fondate da quest’ultima con sentenza del 9 luglio 2021, n. 149/2021.

15      Il giudice del rinvio precisa, inoltre, che le suddette disposizioni si iscrivono nell’ambito di una riforma delle banche di credito cooperativo destinata a risolvere le debolezze strutturali derivanti dal loro modello economico e di governance nonché dalle piccole dimensioni della maggior parte di esse, rafforzando il loro patrimonio al fine di far fronte ad eventuali crisi. A tal fine, il modello principale previsto dal legislatore italiano sarebbe l’adesione di tali banche ad un gruppo bancario cooperativo, alla testa del quale si troverebbe una società holding capogruppo, costituita sotto forma di società per azioni con capitale minimo di un miliardo di euro detenuto in maggioranza dalle banche suddette, e che eserciterebbe poteri di direzione e di coordinamento nei loro confronti. Tale adesione non determinerebbe alcuna conseguenza sul loro patrimonio. Soltanto le banche di credito cooperativo il cui patrimonio netto supera la soglia fissata potrebbero evitare di aderire ad un gruppo siffatto, assoggettandosi agli obblighi previsti dall’articolo 2, commi da 3 bis a 3 quater, del decreto‑legge n. 18/2016, a pena di devoluzione del loro patrimonio ai fondi mutualistici di promozione e di sviluppo della cooperazione.

16      Il giudice del rinvio aggiunge che i motivi dedotti con il ricorso per cassazione relativi ad una violazione del diritto dell’Unione riguardano, segnatamente, i principi di libera concorrenza e di salvaguardia del mercato, sanciti dagli articoli 101, 102, 120 e 173 TFUE, nonché il principio di libera circolazione dei capitali, quale enunciato all’articolo 63 TFUE e precisato dalla direttiva 2008/7.

17      Detto giudice precisa che Ente Cambiano sostiene che l’obbligo di versamento in questione viola la direttiva summenzionata, nella misura in cui quest’ultima sancisce la neutralità fiscale dei conferimenti di capitale, tranne che nei casi previsti dall’articolo 6 della direttiva stessa, che non si applicherebbero nel caso di specie.

18      In tale contesto, detto giudice si interroga sulla conformità dell’articolo 2, commi 3 ter e 3 quater, del decreto‑legge n. 18/2016 al diritto dell’Unione, precisando, da un lato, che esso condivide i dubbi di Ente Cambiano riguardo alla compatibilità di tale disposizione con i principi di libera circolazione dei capitali, di libera concorrenza e di salvaguardia del mercato riconosciuti dal diritto dell’Unione e, dall’altro, che esso non reputa possibile un’interpretazione conforme a tale diritto della disposizione suddetta.

19      Alla luce di tali circostanze, la Corte suprema di cassazione ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte la seguente questione pregiudiziale:

«Se gli articoli 63 e seguenti, 101, 102, 120 e 173 TFUE ostino ad una disciplina nazionale che, come l’articolo 2, commi 3‑ter e 3‑quater, [del decreto‑legge n. 18/2016], condizioni, al versamento di una somma pari al 20 per cento del patrimonio netto al 31 dicembre 2015, la possibilità per le banche di credito cooperativo aventi alla data del 31 dicembre 2015 un patrimonio netto superiore a duecento milioni di euro, in luogo dell’adesione ad un gruppo, di conferire l’azienda bancaria ad una società per azioni, anche di nuova costituzione, autorizzata all’esercizio dell’attività bancaria, modificando il proprio statuto in modo da escludere l’esercizio dell’attività bancaria e mantenendo nel contempo le clausole mutualistiche di cui all’articolo 2514 del codice civile, assicurando ai soci servizi funzionali al mantenimento del rapporto con la società per azioni conferitaria di formazione ed informazione sui temi del risparmio e di promozione dei programmi di assistenza».

 Sulla questione pregiudiziale

20      Secondo una giurisprudenza costante della Corte, il procedimento istituito dall’articolo 267 TFUE costituisce uno strumento di cooperazione tra la Corte e i giudici nazionali, grazie al quale la prima fornisce ai secondi gli elementi di interpretazione del diritto dell’Unione loro necessari per risolvere la controversia che sono chiamati a dirimere (sentenza del 26 marzo 2020, Miasto Łowicz e Prokurator Generalny, C‑558/18 e C‑563/18, EU:C:2020:234, punto 44 nonché la giurisprudenza ivi citata).

21      Poiché tale procedimento si fonda sulla decisione di rinvio, il giudice nazionale deve esplicitare, nella decisione di rinvio stessa, il contesto di fatto e di diritto della controversia oggetto del procedimento principale e fornire i necessari chiarimenti in merito alle ragioni della scelta delle disposizioni del diritto dell’Unione di cui esso chiede l’interpretazione, nonché al collegamento che esso stabilisce tra tali disposizioni e la normativa nazionale applicabile alla controversia di cui è investito [v. in tal senso, segnatamente, sentenza del 4 giugno 2020, C.F. (Verifica fiscale), C‑430/19, EU:C:2020:429, punto 23 e la giurisprudenza ivi citata].

22      A tal proposito, occorre altresì sottolineare che le informazioni contenute nelle decisioni di rinvio devono, da un lato, permettere alla Corte di fornire risposte utili alle questioni sollevate dal giudice nazionale e, dall’altro, consentire ai governi degli Stati membri e agli altri interessati di esercitare il diritto a presentare osservazioni conferito loro dall’articolo 23 dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea. Spetta alla Corte assicurare il rispetto di tale diritto, tenuto conto del fatto che, in virtù di tale disposizione, soltanto le decisioni di rinvio vengono notificate agli interessati (v., in tal senso, sentenza del 2 settembre 2021, Irish Ferries, C‑570/19, EU:C:2021:664, punto 134 e la giurisprudenza ivi citata).

23      Tali requisiti cumulativi relativi al contenuto di una decisione di rinvio sono esplicitamente indicati all’articolo 94 del regolamento di procedura della Corte, che il giudice del rinvio, nell’ambito della cooperazione istituita dall’articolo 267 TFUE, deve conoscere e rispettare scrupolosamente (ordinanza del 3 luglio 2014, Talasca, C‑19/14, EU:C:2014:2049, punto 21; sentenza del 9 settembre 2021, Toplofikatsia Sofia e a., C‑208/20 e C‑256/20, EU:C:2021:719, punto 20 nonché la giurisprudenza ivi citata). Essi sono inoltre richiamati ai punti 13, 15 e 16 delle raccomandazioni della Corte di giustizia dell’Unione europea all’attenzione dei giudici nazionali, relative alla presentazione di domande di pronuncia pregiudiziale (GU 2019, C 380, pag. 1).

24      Nel caso di specie, con la sua questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se gli articoli 63, 101, 102, 120 e 173 TFUE ostino ad una normativa nazionale la quale stabilisca che la facoltà in virtù della quale le banche di credito cooperativo con patrimonio netto superiore a EUR 200 milioni a una certa data possono, anziché aderire ad un gruppo bancario cooperativo, conferire la loro azienda bancaria ad una società per azioni ricevendo in contropartita azioni di quest’ultima, è subordinata al versamento di una somma corrispondente al 20% del loro patrimonio netto a quella stessa data. Risulta altresì dalla domanda di pronuncia pregiudiziale che Ente Cambiano invoca, nell’ambito della controversia di cui al procedimento principale, la direttiva 2008/7, che ha abrogato e sostituito la direttiva 69/335, in collegamento con la libera circolazione dei capitali in merito alla quale tale giudice sottopone la propria questione.

25      Quanto agli articoli 101, 102, 120 e 173 TFUE, detto giudice non chiarisce le ragioni per le quali esso chiede l’interpretazione di tali disposizioni, né il collegamento che esso istituisce tra queste disposizioni e la normativa nazionale applicabile alla controversia sottoposta al suo esame, in contrasto con le prescrizioni dettate dall’articolo 94, lettera c), del regolamento di procedura della Corte. Pertanto, nella parte in cui verte su tali disposizioni del Trattato FUE, la questione pregiudiziale è irricevibile.

26      Per quanto riguarda l’articolo 63 TFUE, come rilevato dalla Commissione europea nelle sue osservazioni scritte, le indicazioni contenute nella domanda di pronuncia pregiudiziale mostrano che tutti gli elementi della controversia di cui al procedimento principale, che vede quali parti in causa una società con sede in Italia e l’amministrazione tributaria italiana, si collocano all’interno di tale Stato membro.

27      Orbene, secondo una costante giurisprudenza, le disposizioni del Trattato FUE in materia di libera circolazione dei capitali non sono applicabili ad una situazione i cui elementi si collocano tutti all’interno di un unico Stato membro. In una situazione del genere, spetta al giudice del rinvio indicare alla Corte, conformemente a quanto richiesto dall’articolo 94 del regolamento di procedura, in che modo, a dispetto del suo carattere puramente interno, la controversia pendente dinanzi ad esso presenta un elemento di collegamento con le disposizioni del diritto dell’Unione relative alle libertà fondamentali che rende l’interpretazione pregiudiziale richiesta necessaria alla soluzione di tale controversia (v., in tal senso, sentenza del 15 novembre 2016, Ullens de Schooten, C‑268/15, EU:C:2016:874, punti 47 e 55 nonché la giurisprudenza ivi citata).

28      Più in particolare, risulta dalle esigenze suddette che, per ritenere esistente un siffatto elemento di collegamento, la domanda di pronuncia pregiudiziale deve fare emergere gli elementi concreti – vale a dire indizi non ipotetici, ma certi – che consentano di accertare, in modo positivo, l’esistenza di tale collegamento, tenendo presente che il giudice del rinvio non può limitarsi a sottoporre alla Corte elementi che potrebbero permettere di non escludere l’esistenza di un tale collegamento o che, considerati in astratto, potrebbero costituire indizi in tal senso, ma deve, al contrario, fornire elementi oggettivi e concordanti che permettano alla Corte di verificare l’esistenza del suddetto collegamento (sentenza del 2 marzo 2023, Bursa Română de Mărfuri, C‑394/21, EU:C:2023:146, punti 51 e 52 nonché la giurisprudenza ivi citata).

29      Nella sua domanda di pronuncia pregiudiziale, il giudice del rinvio si limita a fare riferimento all’argomentazione di Ente Cambiano secondo cui il versamento, da parte delle banche di credito cooperativo il cui patrimonio netto al 31 dicembre 2015 è superiore ad una soglia di EUR 200 milioni, di una somma corrispondente al 20% del loro patrimonio netto a questa data, penalizza le più solide tra queste banche di credito cooperativo, che sarebbero suscettibili di attirare gli investitori di altri Stati membri. Detto giudice non fornisce però alcun elemento concreto che permetta di confermare un interesse da parte di soggetti di altri Stati membri a far uso della libertà di circolazione dei capitali nella situazione oggetto del procedimento principale (v., per analogia, sentenza del 20 settembre 2018, Fremoluc, C‑343/17, EU:C:2018:754, punto 30). Poiché tale domanda non soddisfa i requisiti stabiliti dalla giurisprudenza citata ai punti 27 e 28 della presente sentenza, la questione pregiudiziale è irricevibile anche nella parte in cui riguarda l’articolo 63 TFUE.

30      Quanto alla direttiva 2008/7, invocata da Ente Cambiano nell’ambito del procedimento principale, secondo le indicazioni contenute nella domanda di pronuncia pregiudiziale, in conformità all’articolo 2, commi da 3 bis a 3 quater, del decreto‑legge n. 18/2016, risulta che il versamento al pubblico Erario contestato da Ente Cambiano, previsto da tale decreto‑legge, così come la sua aliquota e la sua base di calcolo, la quale corrisponde non già ad un utile o ad un reddito di tale ente, bensì al suo patrimonio netto quale registrato nel suo bilancio alla data del 31 dicembre 2015, si verifica nel momento del conferimento dell’azienda bancaria ad una società di capitali in cambio di azioni di quest’ultima. Pertanto, il fatto generatore di tale versamento risiederebbe nella realizzazione di tale operazione specifica e non nell’esercizio di un’attività, mentre il suo carattere vincolante deriverebbe dalla sanzione collegata all’inosservanza degli obblighi connessi a tale versamento, parimenti prevista dalla disposizione sopra citata.

31      Orbene, se tali elementi permetterebbero di dimostrare l’applicabilità ratione materiae della direttiva 2008/7 alla controversia di cui al procedimento principale, sicché, a condizione che il conferimento del ramo di attività in questione sia stato effettuato da una società di capitali, occorrerebbe esaminare se il suddetto versamento debba essere qualificato come «imposta indiretta», ai sensi di tale direttiva, gravante su un’operazione di ristrutturazione ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 1, lettera a), di detta direttiva, al quale fa rinvio l’articolo 5, paragrafo 1, lettera e), di quest’ultima, le indicazioni di cui sopra non permettono di concludere per l’applicabilità ratione personae di questa stessa direttiva a tale controversia. Infatti, il giudice del rinvio non ha affrontato la questione relativa al punto se le banche di credito cooperativo, come la ricorrente di cui al procedimento principale prima della sua ristrutturazione e della modifica del suo statuto dopo aver esercitato l’opzione prevista dall’articolo 2, comma 3 bis, del decreto‑legge n. 18/2016, rientrino nella nozione di «società di capitali», ai sensi della direttiva 2008/7, come definita dall’articolo 2 di quest’ultima.

32      Detto giudice non ha fornito neppure, nella domanda suddetta, alcun elemento relativo alla questione se le eccezioni all’articolo 5 della direttiva in parola, risultanti dall’articolo 6 di quest’ultima, siano applicabili nel caso di specie.

33      Tenuto conto di tali incertezze riguardanti l’applicabilità della direttiva 2008/7 alla controversia di cui al procedimento principale, nonché dell’assenza di qualsiasi precisazione in merito all’eventuale qualificazione di «imposta indiretta», ai sensi della direttiva summenzionata, occorre constatare che la domanda di pronuncia pregiudiziale non contiene gli elementi necessari per ritenere che tale direttiva sia applicabile a detta controversia, sicché la Corte non può valutare in quale misura una risposta alla questione sollevata sia necessaria per permettere al giudice del rinvio di emettere la propria decisione.

34      Ne consegue che la domanda di pronuncia pregiudiziale è irricevibile anche nella parte che riguarda la direttiva summenzionata.

35      Occorre tuttavia ricordare che il giudice del rinvio conserva la facoltà di presentare una nuova domanda di pronuncia pregiudiziale fornendo alla Corte tutti gli elementi che consentano a quest’ultima di statuire (v., in tal senso, sentenza dell’11 settembre 2019, Călin, C‑676/17, EU:C:2019:700, punto 41 e la giurisprudenza ivi citata).

36      Date tali circostanze, la domanda di pronuncia pregiudiziale deve essere dichiarata irricevibile.

 Sulle spese

37      Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

Per questi motivi, la Corte (Sesta Sezione) dichiara:

La domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dalla Corte suprema di cassazione (Italia), con ordinanza dell’11 ottobre 2022, è irricevibile.

von Danwitz

Xuereb

Ziemele

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 22 febbraio 2024.

Il cancelliere

 

Il presidente di sezione

A. Calot Escobar

 

T. von Danwitz

 

SENTENZA DELLA CORTE (Sesta Sezione)

22 febbraio 2024 (*)

«Rinvio pregiudiziale – Articolo 63 TFUE – Libera circolazione dei capitali – Direttiva 2008/7/CE – Banche di credito cooperativo il cui patrimonio netto supera una certa soglia – Normativa nazionale che impone a tali banche il pagamento di una somma corrispondente al 20% di detto patrimonio netto per conferire la loro azienda bancaria ad una società per azioni in cambio di titoli di quest’ultima – Articolo 94, lettera c), del regolamento di procedura della Corte – Obbligo di indicare le ragioni che giustificano la necessità di una risposta della Corte – Situazione puramente interna – Irricevibilità»

Nella causa C‑660/22,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dalla Corte suprema di cassazione (Italia), con ordinanza dell’11 ottobre 2022, pervenuta in cancelleria il 20 ottobre 2022, nel procedimento

Ente Cambiano società cooperativa per azioni

contro

Agenzia delle Entrate,

LA CORTE (Sesta Sezione),

composta da T. von Danwitz (relatore), presidente di sezione, P.G. Xuereb e I. Ziemele, giudice,

avvocato generale: A.M. Collins

cancelliere: A. Calot Escobar

vista la fase scritta del procedimento,

considerate le osservazioni presentate:

–        per Ente Cambiano società cooperativa per azioni, da A. Cevese, A. Dal Ferro, M. Miccinesi e F. Pistolesi, avvocati;

–        per il governo italiano, da G. Palmieri, in qualità di agente, assistita da M. Cherubini e G.M. De Socio, avvocati dello Stato;

–        per la Commissione europea, da A. Armenia, M. Mataija e P. Messina, in qualità di agenti,

vista la decisione, adottata dopo aver sentito l’avvocato generale, di giudicare la causa senza conclusioni,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’articolo 63 TFUE nonché degli articoli 101, 102, 120 e 173 TFUE.

2        Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia che oppone Ente Cambiano società cooperativa per azioni all’Agenzia delle Entrate (Italia), vertente sul rimborso di una somma pari al 20% del patrimonio netto di detta società alla data del 31 dicembre 2015, versata all’amministrazione di cui sopra al fine di conservare la veste giuridica di società cooperativa conferendo la propria azienda bancaria ad una società per azioni in cambio di titoli di quest’ultima.

 Contesto giuridico

 Diritto dellUnione

3        La direttiva 2008/7/CE del Consiglio, del 12 febbraio 2008, concernente le imposte indirette sulla raccolta di capitali (GU 2008, L 46, pag. 11), ha, in virtù del suo articolo 16, abrogato e sostituito, a far data dal 1° gennaio 2009, la direttiva 69/335/CEE del Consiglio, del 17 luglio 1969, concernente le imposte indirette sulla raccolta di capitali (GU 1969, L 249, pag. 25).

4        L’articolo 1 della direttiva 2008/7, intitolato «Oggetto», prevede quanto segue:

«La presente direttiva disciplina l’applicazione di imposte indirette nei casi seguenti:

a)      conferimenti di capitale a società di capitali;

b)      operazioni di ristrutturazione relative a società di capitali;

c)      emissione di taluni titoli e obbligazioni».

5        L’articolo 2 di detta direttiva, intitolato «Società di capitali», recita:

«1.      Ai fini della presente direttiva si intende per società di capitali:

a)      qualsiasi società corrispondente a uno dei tipi di cui all’allegato I;

b)      qualsiasi società, associazione o persona giuridica le cui quote sociali rappresentative del capitale o del patrimonio sociale possono essere negoziate in borsa;

c)      qualsiasi società, associazione o persona giuridica che persegue scopi di lucro, i cui membri hanno il diritto di cedere senza autorizzazione preventiva le loro quote sociali a terzi e sono responsabili per i debiti della società, associazione o persona giuridica soltanto nei limiti della loro partecipazione.

2.      Ai fini della presente direttiva, è assimilata alle società di capitali ogni altra società, associazione o persona giuridica che persegua scopi di lucro».

6        L’articolo 3 della direttiva sopra citata, intitolato «Conferimenti di capitale», ha il seguente tenore:

«Ai fini della presente direttiva e fatto salvo l’articolo 4, le operazioni seguenti sono considerate “conferimenti di capitale”:

a)      la costituzione di una società di capitali;

b)      la trasformazione in società di capitali di una società, associazione o persona giuridica che non sia una società di capitali;

c)      l’aumento del capitale sociale di una società di capitali mediante conferimento di beni di qualsiasi natura;

(…)».

7        L’articolo 4 della medesima direttiva, intitolato «Operazioni di ristrutturazione», contiene un paragrafo 1, così formulato:

«Ai fini della presente direttiva, le seguenti “operazioni di ristrutturazione” non sono considerate conferimenti di capitale:

a)      il trasferimento da parte di una o più società di capitali della totalità dei loro patrimoni, o di uno o più rami della loro attività, a una o più società di capitali in via di costituzione o già esistenti, a condizione che il trasferimento sia remunerato perlomeno in parte mediante titoli rappresentativi del capitale della società acquirente;

(…)».

8        L’articolo 5 della direttiva 2008/7, intitolato «Operazioni non soggette all’imposta indiretta», dispone, al paragrafo 1, quanto segue:

«Gli Stati membri non assoggettano le società di capitali ad alcuna forma di imposta indiretta per le operazioni seguenti:

(…)

d)      modifica dell’atto costitutivo o dello statuto di una società di capitali, e in particolare le operazioni seguenti:

(…)

iii)      la modifica dell’oggetto sociale di una società di capitali;

(…)

e)      le operazioni di ristrutturazione di cui all’articolo 4».

9        L’articolo 6 di detta direttiva, intitolato «[Imposte, diritti] e imposta sul valore aggiunto», prevede, al paragrafo 1, quanto segue:

«Gli Stati membri possono applicare, in deroga alle disposizioni dell’articolo 5, le imposte e i diritti seguenti:

a)      imposte sui trasferimenti di valori mobiliari, riscosse forfettariamente o no;

b)      imposte di trasferimento, ivi comprese le tasse di pubblicità fondiaria, sul conferimento ad una società di capitali, di beni immobili o di aziende commerciali situati nel loro territorio;

c)      imposte di trasferimento sui beni di qualsiasi natura che sono oggetto di un conferimento ad una società di capitali, nella misura in cui il trasferimento di tali beni è remunerato altrimenti che con quote sociali;

d)      imposte sulla costituzione, iscrizione o cancellazione di privilegi ed ipoteche;

e)      diritti di carattere remunerativo;

f)      imposta sul valore aggiunto».

 Diritto italiano

10      L’articolo 2, commi da 3 bis a 3 quater, del decreto‑legge del 14 febbraio 2016, n. 18 – Misure urgenti concernenti la riforma delle banche di credito cooperativo, la garanzia sulla cartolarizzazione delle sofferenze, il regime fiscale relativo alle procedure di crisi e la gestione collettiva del risparmio (GURI n. 37, del 15 febbraio 2016), convertito in legge, con modifiche, dalla legge dell’8 aprile 2016, n. 49 (GURI n. 87, del 14 aprile 2016), nella versione applicabile alla controversia di cui al procedimento principale (in prosieguo: il «decreto‑legge n. 18/2016»), così dispone:

«3 bis.      In deroga a quanto previsto dall’articolo 150‑bis, comma 5, del [decreto legislativo del 1º settembre 1993, n. 385 – Testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia (supplemento ordinario alla GURI n. 230, del 30 settembre 1993)], la devoluzione non si produce per le banche di credito cooperativo che, entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, presentino alla Banca d’Italia, ai sensi dell’articolo 58 del [citato decreto legislativo del 1º settembre 1993, n. 385], istanza, anche congiunta, di conferimento delle rispettive aziende bancarie ad una medesima società per azioni, anche di nuova costituzione, autorizzata all’esercizio dell’attività bancaria, purché la banca istante o, in caso di istanza congiunta, almeno una delle banche istanti possieda, alla data del 31 dicembre 2015, un patrimonio netto superiore a duecento milioni di euro, come risultante dal bilancio riferito a tale data, su cui il revisore contabile ha espresso un giudizio senza rilievi.

3 ter.      All’atto del conferimento, la banca di credito cooperativo conferente versa al bilancio dello Stato un importo pari al 20 per cento del patrimonio netto al 31 dicembre 2015, come risultante dal bilancio riferito a tale data, su cui il revisore contabile ha espresso un giudizio senza rilievi.

3 quater.      A seguito del conferimento, la banca di credito cooperativo conferente, che mantiene le riserve indivisibili al netto del versamento di cui al comma 3‑ter, modifica il proprio oggetto sociale per escludere l’esercizio dell’attività bancaria e si obbliga a mantenere le clausole mutualistiche di cui all’articolo 2514 del codice civile, nonché ad assicurare ai soci servizi funzionali al mantenimento del rapporto con la società per azioni conferitaria, di formazione e informazione sui temi del risparmio e di promozione di programmi di assistenza. (…). In caso di inosservanza degli obblighi previsti dal presente comma e dai commi 3‑bis e 3‑ter, il patrimonio della conferente o, a seconda dei casi, della banca di credito cooperativo è devoluto ai sensi dell’articolo 17 della legge 23 dicembre 2000, n. 388. (…)».

 Procedimento principale e questione pregiudiziale

11      Ente Cambiano, già Banca di Credito Cooperativo di Cambiano società cooperativa per azioni, una banca di credito cooperativo il cui patrimonio netto era superiore ad EUR 200 milioni alla data del 31 dicembre 2015, ha versato all’Erario italiano la somma di EUR 54 208 740, corrispondenti al 20% di detto patrimonio netto a quella data, esercitando l’opzione cosiddetta «way‑out», prevista dall’articolo 2, comma 3 bis, del decreto‑legge n. 18/2016.

12      Successivamente, Ente Cambiano ha presentato un’istanza di rimborso di tale somma, in quanto riteneva che l’obbligo di versare quest’ultima fosse contrario sia alla Costituzione italiana che al diritto dell’Unione. Poiché l’istanza di rimborso presentata da Ente Cambiano è stata oggetto di una decisione di rigetto implicita, essa ha presentato un ricorso avverso detta decisione dinanzi alla Commissione tributaria provinciale di Firenze (Italia). Avendo quest’ultima respinto tale ricorso, Ente Cambiano ha interposto appello dinanzi alla Commissione tributaria regionale della Toscana (Italia), che l’ha respinto con sentenza del 15 novembre 2018.

13      Ente Cambiano ha proposto un ricorso per cassazione contro tale sentenza dinanzi al giudice del rinvio, la Corte suprema di cassazione (Italia), facendo valere sia l’incostituzionalità della normativa nazionale controversa nel procedimento principale sia l’incompatibilità di quest’ultima con il diritto dell’Unione.

14      Detto giudice fa presente, anzitutto, di aver sottoposto alla Corte Costituzionale (Italia) alcune questioni di costituzionalità riguardanti l’articolo 2, commi 3 ter e 3 quater, del decreto‑legge n. 18/2016, che sono state dichiarate non fondate da quest’ultima con sentenza del 9 luglio 2021, n. 149/2021.

15      Il giudice del rinvio precisa, inoltre, che le suddette disposizioni si iscrivono nell’ambito di una riforma delle banche di credito cooperativo destinata a risolvere le debolezze strutturali derivanti dal loro modello economico e di governance nonché dalle piccole dimensioni della maggior parte di esse, rafforzando il loro patrimonio al fine di far fronte ad eventuali crisi. A tal fine, il modello principale previsto dal legislatore italiano sarebbe l’adesione di tali banche ad un gruppo bancario cooperativo, alla testa del quale si troverebbe una società holding capogruppo, costituita sotto forma di società per azioni con capitale minimo di un miliardo di euro detenuto in maggioranza dalle banche suddette, e che eserciterebbe poteri di direzione e di coordinamento nei loro confronti. Tale adesione non determinerebbe alcuna conseguenza sul loro patrimonio. Soltanto le banche di credito cooperativo il cui patrimonio netto supera la soglia fissata potrebbero evitare di aderire ad un gruppo siffatto, assoggettandosi agli obblighi previsti dall’articolo 2, commi da 3 bis a 3 quater, del decreto‑legge n. 18/2016, a pena di devoluzione del loro patrimonio ai fondi mutualistici di promozione e di sviluppo della cooperazione.

16      Il giudice del rinvio aggiunge che i motivi dedotti con il ricorso per cassazione relativi ad una violazione del diritto dell’Unione riguardano, segnatamente, i principi di libera concorrenza e di salvaguardia del mercato, sanciti dagli articoli 101, 102, 120 e 173 TFUE, nonché il principio di libera circolazione dei capitali, quale enunciato all’articolo 63 TFUE e precisato dalla direttiva 2008/7.

17      Detto giudice precisa che Ente Cambiano sostiene che l’obbligo di versamento in questione viola la direttiva summenzionata, nella misura in cui quest’ultima sancisce la neutralità fiscale dei conferimenti di capitale, tranne che nei casi previsti dall’articolo 6 della direttiva stessa, che non si applicherebbero nel caso di specie.

18      In tale contesto, detto giudice si interroga sulla conformità dell’articolo 2, commi 3 ter e 3 quater, del decreto‑legge n. 18/2016 al diritto dell’Unione, precisando, da un lato, che esso condivide i dubbi di Ente Cambiano riguardo alla compatibilità di tale disposizione con i principi di libera circolazione dei capitali, di libera concorrenza e di salvaguardia del mercato riconosciuti dal diritto dell’Unione e, dall’altro, che esso non reputa possibile un’interpretazione conforme a tale diritto della disposizione suddetta.

19      Alla luce di tali circostanze, la Corte suprema di cassazione ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte la seguente questione pregiudiziale:

«Se gli articoli 63 e seguenti, 101, 102, 120 e 173 TFUE ostino ad una disciplina nazionale che, come l’articolo 2, commi 3‑ter e 3‑quater, [del decreto‑legge n. 18/2016], condizioni, al versamento di una somma pari al 20 per cento del patrimonio netto al 31 dicembre 2015, la possibilità per le banche di credito cooperativo aventi alla data del 31 dicembre 2015 un patrimonio netto superiore a duecento milioni di euro, in luogo dell’adesione ad un gruppo, di conferire l’azienda bancaria ad una società per azioni, anche di nuova costituzione, autorizzata all’esercizio dell’attività bancaria, modificando il proprio statuto in modo da escludere l’esercizio dell’attività bancaria e mantenendo nel contempo le clausole mutualistiche di cui all’articolo 2514 del codice civile, assicurando ai soci servizi funzionali al mantenimento del rapporto con la società per azioni conferitaria di formazione ed informazione sui temi del risparmio e di promozione dei programmi di assistenza».

 Sulla questione pregiudiziale

20      Secondo una giurisprudenza costante della Corte, il procedimento istituito dall’articolo 267 TFUE costituisce uno strumento di cooperazione tra la Corte e i giudici nazionali, grazie al quale la prima fornisce ai secondi gli elementi di interpretazione del diritto dell’Unione loro necessari per risolvere la controversia che sono chiamati a dirimere (sentenza del 26 marzo 2020, Miasto Łowicz e Prokurator Generalny, C‑558/18 e C‑563/18, EU:C:2020:234, punto 44 nonché la giurisprudenza ivi citata).

21      Poiché tale procedimento si fonda sulla decisione di rinvio, il giudice nazionale deve esplicitare, nella decisione di rinvio stessa, il contesto di fatto e di diritto della controversia oggetto del procedimento principale e fornire i necessari chiarimenti in merito alle ragioni della scelta delle disposizioni del diritto dell’Unione di cui esso chiede l’interpretazione, nonché al collegamento che esso stabilisce tra tali disposizioni e la normativa nazionale applicabile alla controversia di cui è investito [v. in tal senso, segnatamente, sentenza del 4 giugno 2020, C.F. (Verifica fiscale), C‑430/19, EU:C:2020:429, punto 23 e la giurisprudenza ivi citata].

22      A tal proposito, occorre altresì sottolineare che le informazioni contenute nelle decisioni di rinvio devono, da un lato, permettere alla Corte di fornire risposte utili alle questioni sollevate dal giudice nazionale e, dall’altro, consentire ai governi degli Stati membri e agli altri interessati di esercitare il diritto a presentare osservazioni conferito loro dall’articolo 23 dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea. Spetta alla Corte assicurare il rispetto di tale diritto, tenuto conto del fatto che, in virtù di tale disposizione, soltanto le decisioni di rinvio vengono notificate agli interessati (v., in tal senso, sentenza del 2 settembre 2021, Irish Ferries, C‑570/19, EU:C:2021:664, punto 134 e la giurisprudenza ivi citata).

23      Tali requisiti cumulativi relativi al contenuto di una decisione di rinvio sono esplicitamente indicati all’articolo 94 del regolamento di procedura della Corte, che il giudice del rinvio, nell’ambito della cooperazione istituita dall’articolo 267 TFUE, deve conoscere e rispettare scrupolosamente (ordinanza del 3 luglio 2014, Talasca, C‑19/14, EU:C:2014:2049, punto 21; sentenza del 9 settembre 2021, Toplofikatsia Sofia e a., C‑208/20 e C‑256/20, EU:C:2021:719, punto 20 nonché la giurisprudenza ivi citata). Essi sono inoltre richiamati ai punti 13, 15 e 16 delle raccomandazioni della Corte di giustizia dell’Unione europea all’attenzione dei giudici nazionali, relative alla presentazione di domande di pronuncia pregiudiziale (GU 2019, C 380, pag. 1).

24      Nel caso di specie, con la sua questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se gli articoli 63, 101, 102, 120 e 173 TFUE ostino ad una normativa nazionale la quale stabilisca che la facoltà in virtù della quale le banche di credito cooperativo con patrimonio netto superiore a EUR 200 milioni a una certa data possono, anziché aderire ad un gruppo bancario cooperativo, conferire la loro azienda bancaria ad una società per azioni ricevendo in contropartita azioni di quest’ultima, è subordinata al versamento di una somma corrispondente al 20% del loro patrimonio netto a quella stessa data. Risulta altresì dalla domanda di pronuncia pregiudiziale che Ente Cambiano invoca, nell’ambito della controversia di cui al procedimento principale, la direttiva 2008/7, che ha abrogato e sostituito la direttiva 69/335, in collegamento con la libera circolazione dei capitali in merito alla quale tale giudice sottopone la propria questione.

25      Quanto agli articoli 101, 102, 120 e 173 TFUE, detto giudice non chiarisce le ragioni per le quali esso chiede l’interpretazione di tali disposizioni, né il collegamento che esso istituisce tra queste disposizioni e la normativa nazionale applicabile alla controversia sottoposta al suo esame, in contrasto con le prescrizioni dettate dall’articolo 94, lettera c), del regolamento di procedura della Corte. Pertanto, nella parte in cui verte su tali disposizioni del Trattato FUE, la questione pregiudiziale è irricevibile.

26      Per quanto riguarda l’articolo 63 TFUE, come rilevato dalla Commissione europea nelle sue osservazioni scritte, le indicazioni contenute nella domanda di pronuncia pregiudiziale mostrano che tutti gli elementi della controversia di cui al procedimento principale, che vede quali parti in causa una società con sede in Italia e l’amministrazione tributaria italiana, si collocano all’interno di tale Stato membro.

27      Orbene, secondo una costante giurisprudenza, le disposizioni del Trattato FUE in materia di libera circolazione dei capitali non sono applicabili ad una situazione i cui elementi si collocano tutti all’interno di un unico Stato membro. In una situazione del genere, spetta al giudice del rinvio indicare alla Corte, conformemente a quanto richiesto dall’articolo 94 del regolamento di procedura, in che modo, a dispetto del suo carattere puramente interno, la controversia pendente dinanzi ad esso presenta un elemento di collegamento con le disposizioni del diritto dell’Unione relative alle libertà fondamentali che rende l’interpretazione pregiudiziale richiesta necessaria alla soluzione di tale controversia (v., in tal senso, sentenza del 15 novembre 2016, Ullens de Schooten, C‑268/15, EU:C:2016:874, punti 47 e 55 nonché la giurisprudenza ivi citata).

28      Più in particolare, risulta dalle esigenze suddette che, per ritenere esistente un siffatto elemento di collegamento, la domanda di pronuncia pregiudiziale deve fare emergere gli elementi concreti – vale a dire indizi non ipotetici, ma certi – che consentano di accertare, in modo positivo, l’esistenza di tale collegamento, tenendo presente che il giudice del rinvio non può limitarsi a sottoporre alla Corte elementi che potrebbero permettere di non escludere l’esistenza di un tale collegamento o che, considerati in astratto, potrebbero costituire indizi in tal senso, ma deve, al contrario, fornire elementi oggettivi e concordanti che permettano alla Corte di verificare l’esistenza del suddetto collegamento (sentenza del 2 marzo 2023, Bursa Română de Mărfuri, C‑394/21, EU:C:2023:146, punti 51 e 52 nonché la giurisprudenza ivi citata).

29      Nella sua domanda di pronuncia pregiudiziale, il giudice del rinvio si limita a fare riferimento all’argomentazione di Ente Cambiano secondo cui il versamento, da parte delle banche di credito cooperativo il cui patrimonio netto al 31 dicembre 2015 è superiore ad una soglia di EUR 200 milioni, di una somma corrispondente al 20% del loro patrimonio netto a questa data, penalizza le più solide tra queste banche di credito cooperativo, che sarebbero suscettibili di attirare gli investitori di altri Stati membri. Detto giudice non fornisce però alcun elemento concreto che permetta di confermare un interesse da parte di soggetti di altri Stati membri a far uso della libertà di circolazione dei capitali nella situazione oggetto del procedimento principale (v., per analogia, sentenza del 20 settembre 2018, Fremoluc, C‑343/17, EU:C:2018:754, punto 30). Poiché tale domanda non soddisfa i requisiti stabiliti dalla giurisprudenza citata ai punti 27 e 28 della presente sentenza, la questione pregiudiziale è irricevibile anche nella parte in cui riguarda l’articolo 63 TFUE.

30      Quanto alla direttiva 2008/7, invocata da Ente Cambiano nell’ambito del procedimento principale, secondo le indicazioni contenute nella domanda di pronuncia pregiudiziale, in conformità all’articolo 2, commi da 3 bis a 3 quater, del decreto‑legge n. 18/2016, risulta che il versamento al pubblico Erario contestato da Ente Cambiano, previsto da tale decreto‑legge, così come la sua aliquota e la sua base di calcolo, la quale corrisponde non già ad un utile o ad un reddito di tale ente, bensì al suo patrimonio netto quale registrato nel suo bilancio alla data del 31 dicembre 2015, si verifica nel momento del conferimento dell’azienda bancaria ad una società di capitali in cambio di azioni di quest’ultima. Pertanto, il fatto generatore di tale versamento risiederebbe nella realizzazione di tale operazione specifica e non nell’esercizio di un’attività, mentre il suo carattere vincolante deriverebbe dalla sanzione collegata all’inosservanza degli obblighi connessi a tale versamento, parimenti prevista dalla disposizione sopra citata.

31      Orbene, se tali elementi permetterebbero di dimostrare l’applicabilità ratione materiae della direttiva 2008/7 alla controversia di cui al procedimento principale, sicché, a condizione che il conferimento del ramo di attività in questione sia stato effettuato da una società di capitali, occorrerebbe esaminare se il suddetto versamento debba essere qualificato come «imposta indiretta», ai sensi di tale direttiva, gravante su un’operazione di ristrutturazione ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 1, lettera a), di detta direttiva, al quale fa rinvio l’articolo 5, paragrafo 1, lettera e), di quest’ultima, le indicazioni di cui sopra non permettono di concludere per l’applicabilità ratione personae di questa stessa direttiva a tale controversia. Infatti, il giudice del rinvio non ha affrontato la questione relativa al punto se le banche di credito cooperativo, come la ricorrente di cui al procedimento principale prima della sua ristrutturazione e della modifica del suo statuto dopo aver esercitato l’opzione prevista dall’articolo 2, comma 3 bis, del decreto‑legge n. 18/2016, rientrino nella nozione di «società di capitali», ai sensi della direttiva 2008/7, come definita dall’articolo 2 di quest’ultima.

32      Detto giudice non ha fornito neppure, nella domanda suddetta, alcun elemento relativo alla questione se le eccezioni all’articolo 5 della direttiva in parola, risultanti dall’articolo 6 di quest’ultima, siano applicabili nel caso di specie.

33      Tenuto conto di tali incertezze riguardanti l’applicabilità della direttiva 2008/7 alla controversia di cui al procedimento principale, nonché dell’assenza di qualsiasi precisazione in merito all’eventuale qualificazione di «imposta indiretta», ai sensi della direttiva summenzionata, occorre constatare che la domanda di pronuncia pregiudiziale non contiene gli elementi necessari per ritenere che tale direttiva sia applicabile a detta controversia, sicché la Corte non può valutare in quale misura una risposta alla questione sollevata sia necessaria per permettere al giudice del rinvio di emettere la propria decisione.

34      Ne consegue che la domanda di pronuncia pregiudiziale è irricevibile anche nella parte che riguarda la direttiva summenzionata.

35      Occorre tuttavia ricordare che il giudice del rinvio conserva la facoltà di presentare una nuova domanda di pronuncia pregiudiziale fornendo alla Corte tutti gli elementi che consentano a quest’ultima di statuire (v., in tal senso, sentenza dell’11 settembre 2019, Călin, C‑676/17, EU:C:2019:700, punto 41 e la giurisprudenza ivi citata).

36      Date tali circostanze, la domanda di pronuncia pregiudiziale deve essere dichiarata irricevibile.

 Sulle spese

37      Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

Per questi motivi, la Corte (Sesta Sezione) dichiara:

La domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dalla Corte suprema di cassazione (Italia), con ordinanza dell’11 ottobre 2022, è irricevibile.

von Danwitz

Xuereb

Ziemele

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 22 febbraio 2024.

Il cancelliere

 

Il presidente di sezione

A. Calot Escobar

 

T. von Danwitz

Provvedimento in causa n. C-660/22 del 22/02/2024