Provvedimento in causa n. C-548/22 del 12/09/2024
Organo giudicante: Corte di giustizia
Procedura: Rinvio pregiudiziale
Stato della causa: Concluso
Esito: Irricevibile

SENTENZA DELLA CORTE (Prima Sezione)

 

12 settembre 2024 (*)

« Rinvio pregiudiziale – Accordo quadro CES, UNICE e CEEP sul lavoro a tempo determinato – Clausole 4 e 5 – Principio di non discriminazione – Parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro – Magistrati onorari e magistrati ordinari – Misure volte a sanzionare il ricorso abusivo ai contratti a tempo determinato – Lavoro a tempo determinato – Procedura di stabilizzazione delle funzioni – Rinuncia ex lege ad ogni pretesa per il periodo precedente alla stabilizzazione delle funzioni – Risarcimento dei danni derivanti dalla mancanza di un adeguato recepimento del diritto dell’Unione »

Nella causa C‑548/22,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dal Giudice di pace di Fondi (Italia), con decisione del 18 agosto 2022, pervenuta in cancelleria il 18 agosto 2022, nel procedimento

M.M.

contro

Presidenza del Consiglio dei ministri,

Ministero della Giustizia,

Ministero dell’Economia e delle Finanze,

LA CORTE (Prima Sezione),

composta da A. Arabadjiev (relatore), presidente di sezione, T. von Danwitz, P.G. Xuereb, A. Kumin e I. Ziemele, giudici,

avvocato generale: J. Kokott

cancelliere: C. Di Bella, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 1° febbraio 2024,

considerate le osservazioni presentate:

–        per M.M., da G. Falso e E. Iorio, avvocati;

–        per il governo italiano, da G. Palmieri, in qualità di agente, assistita da L. Fiandaca e F. Sclafani, avvocati dello Stato;

–        per la Commissione europea, da B.-R. Killmann e D. Recchia, in qualità di agenti,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 29 febbraio 2024,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’articolo 288 TFUE, degli articoli 17, 31, 34 e 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (in prosieguo: la «Carta»), dell’articolo 7 della direttiva 2003/88/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 4 novembre 2003, concernente taluni aspetti dell’organizzazione dell’orario di lavoro (GU 2003, L 299, pag. 9), della clausola 4 dell’accordo quadro sul lavoro a tempo parziale, concluso il 6 giugno 1997 (in prosieguo: l’«accordo quadro sul lavoro a tempo parziale»), contenuto nell’allegato della direttiva 97/81/CE del Consiglio del 15 dicembre 1997 relativa all’accordo quadro sul lavoro a tempo parziale concluso dall’UNICE, dal CEEP e dalla CES (GU 1998, L 14, pag. 9), nonché della clausola 4 dell’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato, concluso il 18 marzo 1999 (in prosieguo: l’«accordo quadro sul lavoro a tempo determinato»), contenuto nell’allegato della direttiva 1999/70/CE del Consiglio del 28 giugno 1999 relativa all’accordo quadro CES, UNICE e CEEP sul lavoro a tempo determinato (GU 1999, L 175, pag. 43).

2        Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra, da un lato, M.M., viceprocuratore onorario, e, dall’altro, la Presidenza del Consiglio dei ministri (Italia), il Ministero della Giustizia (Italia) e il Ministero dell’Economia e delle Finanze (Italia), in merito alla domanda di M.M. diretta ad ottenere il versamento di somme che le sarebbero asseritamente dovute per l’esercizio delle sue funzioni di magistrato onorario.

 Contesto normativo

 Diritto dellUnione

 Accordo quadro sul lavoro a tempo parziale

3        La clausola 4 dell’accordo quadro sul lavoro a tempo parziale, rubricata «Principio di non discriminazione», al punto 1 dispone quanto segue:

«Per quanto attiene alle condizioni di impiego, i lavoratori a tempo parziale non devono essere trattati in modo meno favorevole rispetto ai lavoratori a tempo pieno comparabili per il solo motivo di lavorare a tempo parziale, a meno che un trattamento differente sia giustificato da ragioni obiettive».

 Accordo quadro sul lavoro a tempo determinato

4        La clausola 2 dell’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato, rubricata «Campo d’applicazione», al punto 1 così prevede:

«Il presente accordo si applica ai lavoratori a tempo determinato con un contratto di assunzione o un rapporto di lavoro disciplinato dalla legge, dai contratti collettivi o dalla prassi in vigore di ciascuno Stato membro».

5        La clausola 4 dell’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato, rubricata «Principio di non discriminazione», al punto 1 recita nel modo seguente:

«Per quanto riguarda le condizioni di impiego, i lavoratori a tempo determinato non possono essere trattati in modo meno favorevole dei lavoratori a tempo indeterminato comparabili per il solo fatto di avere un contratto o rapporto di lavoro a tempo determinato, a meno che non sussistano ragioni oggettive».

6        La clausola 5 dell’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato, rubricata «Misure di prevenzione degli abusi», così dispone:

«1.      Per prevenire gli abusi derivanti dall’utilizzo di una successione di contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato, gli Stati membri, previa consultazione delle parti sociali a norma delle leggi, dei contratti collettivi e della prassi nazionali, e/o le parti sociali stesse, dovranno introdurre, in assenza di norme equivalenti per la prevenzione degli abusi e in un modo che tenga conto delle esigenze di settori e/o categorie specifici di lavoratori, una o più misure relative a:

a)      ragioni obiettive per la giustificazione del rinnovo dei suddetti contratti o rapporti;

b)      la durata massima totale dei contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato successivi;

c)      il numero dei rinnovi dei suddetti contratti o rapporti.

2.      Gli Stati membri, previa consultazione delle parti sociali, e/o le parti sociali stesse dovranno, se del caso, stabilire a quali condizioni i contratti e i rapporti di lavoro a tempo determinato:

a)      devono essere considerati “successivi”;

b)      devono essere ritenuti contratti o rapporti a tempo indeterminato».

 Direttiva 2003/88

7        L’articolo 7 della direttiva 2003/88, rubricato «Ferie annuali», al paragrafo 1 dispone quanto segue:

«Gli Stati membri prendono le misure necessarie affinché ogni lavoratore benefici di ferie annuali retribuite di almeno 4 settimane, secondo le condizioni di ottenimento e di concessione previste dalle legislazioni e/o prassi nazionali».

 Diritto italiano

8        L’articolo 29, commi da 1 a 3 e 5, del decreto legislativo del 13 luglio 2017, n. 116 – Riforma organica della magistratura onoraria e altre disposizioni sui giudici di pace, nonché disciplina transitoria relativa ai magistrati onorari in servizio, a norma della legge 28 aprile 2016, n. 57 (GURI n. 177 del 31 luglio 2017; in prosieguo: il «decreto legislativo n. 116»), come sostituito dall’articolo 1, comma 629, della legge del 30 dicembre 2021, n. 234 – Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2022 e bilancio pluriennale per il triennio 2022-2024 (supplemento ordinario alla GURI n. 310 del 31 dicembre 2021) (in prosieguo: l’«articolo 29 del decreto legislativo n. 116») così recita:

«1.      I magistrati onorari in servizio alla data di entrata in vigore del presente decreto possono essere confermati a domanda sino al compimento del settantesimo anno di età.

2.      I magistrati onorari in servizio alla data di entrata in vigore del presente decreto che non accedano alla conferma, tanto nell’ipotesi di mancata presentazione della domanda, quanto in quella di mancato superamento della procedura valutativa di cui al comma 3, hanno diritto, salva la facoltà di rifiuto, ad un’indennità pari, rispettivamente, ad euro 2.500 al lordo delle ritenute fiscali, per ciascun anno di servizio nel corso del quale il magistrato sia stato impegnato in udienza per almeno ottanta giornate, e ad euro 1.500 al lordo delle ritenute fiscali, per ciascun anno di servizio prestato nel corso del quale il magistrato sia stato impegnato in udienza per meno di ottanta giornate, e comunque nel limite complessivo procapite di euro 50.000 al lordo delle ritenute fiscali. Il servizio prestato per periodi superiori a sei mesi, ai fini del calcolo dell’indennità dovuta ai sensi del periodo precedente, è parificato ad un anno. La percezione dell’indennità comporta rinuncia ad ogni ulteriore pretesa di qualsivoglia natura conseguente al rapporto onorario cessato.

3.      Ai fini della conferma di cui al comma 1, il Consiglio superiore della magistratura procede con delibera ad indire tre distinte procedure valutative da tenere con cadenza annuale nel triennio 2022-2024. Esse riguardano i magistrati onorari in servizio che rispettivamente, alla data di entrata in vigore del presente decreto, abbiano maturato:

a)      oltre 16 anni di servizio;

b)      tra i 12 e i 16 anni di servizio;

c)      meno di 12 anni di servizio.

(...)

5.      La domanda di partecipazione alle procedure valutative di cui al comma 3 comporta rinuncia ad ogni ulteriore pretesa di qualsivoglia natura conseguente al rapporto onorario pregresso, salvo il diritto all’indennità di cui al comma 2 in caso di mancata conferma».

 Procedimento principale e questione pregiudiziale

9        M.M. è una magistrata onoraria che esercita, dal 4 aprile 2001, la funzione di viceprocuratore onorario. Dalla decisione di rinvio emerge che la funzione di M.M. è comparabile a quella di un magistrato ordinario che esercita l’attività di pubblico ministero, e che M.M. ha lo stesso status giuridico e beneficia dello stesso trattamento economico di cui godono i giudici onorari di pace. Dalla sua entrata in servizio, tale magistrata è stata rinnovata più volte nelle sue funzioni, da ultimo con delibera del Consiglio superiore della magistratura del 29 aprile 2020.

10      Dal 4 aprile 2001 M.M. ha partecipato, segnatamente, a dieci udienze penali, oggetto del procedimento principale, in qualità di pubblico ministero, per le quali ha percepito un’indennità di importo pari a EUR 98 per udienza, sul quale sono state applicate trattenute fiscali. Dalla decisione di rinvio risulta che nessun contributo previdenziale o assistenziale è stato versato per conto di M.M., privandola di qualsiasi protezione sociale. Per contro, la retribuzione giornaliera lorda di un magistrato ordinario, che esercita le sue funzioni a tempo indeterminato, ammonta a EUR 248 e lo Stato versa, per ciascun magistrato ordinario, contributi agli istituti competenti al fine di garantire la loro protezione sociale.

11      Ritenendosi vittima di una disparità di trattamento illegittima per quanto riguarda la retribuzione delle sue funzioni, M.M. ha proposto ricorso dinanzi al Tribunale di Roma (Italia) per ottenere il risarcimento del danno che avrebbe subito a causa della mancata trasposizione, nell’ordinamento giuridico italiano, delle direttive 1999/70 e 2003/88 e della direttiva 92/85/CEE del Consiglio, del 19 ottobre 1992, concernente l’attuazione di misure volte a promuovere il miglioramento della sicurezza e della salute sul lavoro delle lavoratrici gestanti, puerpere o in periodo di allattamento (decima direttiva particolare ai sensi dell’articolo 16, paragrafo 1 della direttiva 89/391/CEE) (GU 1992, L 348, pag. 1). Con ordinanza del 13 gennaio 2021, tale giudice ha condannato la Presidenza del Consiglio dei ministri a risarcire il danno patrimoniale e non patrimoniale causato a M.M. dalla mancata trasposizione di dette direttive, sebbene, alla data di presentazione della decisione di rinvio, non le fosse ancora stato versato alcun risarcimento in forza di tale condanna.

12      In seguito, M.M. ha adito il Giudice di pace di Fondi (Italia), giudice del rinvio, con un ricorso diretto ad ottenere, in relazione a dette udienze, il pagamento di un importo ulteriore pari a EUR 150 per udienza, per una somma complessiva pari a EUR 1 500, a titolo di risarcimento danni, a causa del protrarsi della mancata trasposizione di dette direttive. A sostegno del suo ricorso, ella deduce che la disparità di trattamento esistente tra il suo trattamento economico e quello dei magistrati ordinari costituisce una discriminazione vietata dalle direttive 1999/70, 97/81 e 2003/88.

13      A tale proposito, dalla decisione di rinvio risulta che, secondo M.M., pur avendo svolto le funzioni di procuratore onorario ininterrottamente dal 4 aprile 2001, la stessa è stata costretta, al fine di evitare la cessazione immediata da tali funzioni il 28 giugno 2022, a presentare domanda di partecipazione alla procedura valutativa prevista dall’articolo 29 del decreto legislativo n. 116.

14      Ai sensi di tale articolo, un magistrato onorario in servizio può presentare domanda di partecipazione ad una procedura valutativa di stabilizzazione che gli consente, in caso di superamento di quest’ultima, di restare in servizio fino al settantesimo anno di età. Lo stesso può anche non presentare domanda di partecipazione a detta procedura e, di conseguenza, cessare dalle sue funzioni. In tal caso, quest’ultimo ha diritto, nel limite complessivo di EUR 50 000 lordi, a un’indennità di importo pari a EUR 1 500 lordi per ciascun anno di servizio in cui è stato impegnato in udienza per meno di 80 giornate oppure a un’indennità di importo pari a EUR 2 500 lordi per ciascun anno di servizio in cui è stato impegnato in udienza per almeno 80 giornate. Tale indennità sarebbe concessa anche ai magistrati onorari che, pur avendo presentato domanda di partecipazione a detta procedura, non l’abbiano superata.

15      Orbene, la domanda di partecipazione alla procedura di stabilizzazione o la percezione di detta indennità comporterebbe per un magistrato onorario come M.M. la rinuncia, ex lege, ad ogni ulteriore pretesa di qualsivoglia natura conseguente all’esercizio delle funzioni di magistrato onorario svolte in precedenza. L’unica possibilità di non rinunciare a tale pretesa consiste nel cessare dal servizio senza ricevere alcuna indennità.

16      Di conseguenza, M.M. sostiene, dinanzi al giudice del rinvio, che la normativa italiana non le consente di esigere le somme alle quali avrebbe diritto per la mancata trasposizione delle direttive 1999/70, 2003/88 e 92/85, cosicché, da un lato, tale normativa sarebbe in contrasto con il diritto dell’Unione e, dall’altro, tale giudice dovrebbe disapplicare detta normativa.

17      Detto giudice evidenzia che, nelle sue sentenze del 16 luglio 2020, Governo della Repubblica italiana (Status dei giudici di pace italiani) (C‑658/18, EU:C:2020:572) e del 7 aprile 2022, Ministero della Giustizia e a. (Status dei giudici di pace italiani) (C‑236/20, EU:C:2022:263), la Corte ha dichiarato che gli Stati membri devono garantire la trasposizione delle direttive contemplate al punto 16 della presente sentenza per quanto riguarda i giudici di pace, la cui funzione è equiparata dalla legge italiana a quella dei viceprocuratori onorari.

18      Orbene, nel caso di specie, se l’articolo 29 del decreto legislativo n. 116 si applicasse a M.M., ella sarebbe tenuta a rinunciare a tutte le pretese di qualsiasi natura derivanti dall’esercizio delle funzioni di magistrato onorario e sarebbe quindi privata della tutela dei suoi diritti garantita da tali direttive.

19      Inoltre, il giudice del rinvio indica, in sostanza, che, al fine di contrastare la precarietà dei magistrati onorari, la legislazione italiana ha previsto, con tale disposizione nazionale, una stabilizzazione incerta delle loro funzioni, mediante la loro partecipazione a procedure valutative di stabilizzazione oppure il versamento di un’indennità irrisoria in considerazione del danno subito a seguito della cessazione dalle loro funzioni.

20      Ciò premesso, il Giudice di pace di Fondi ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte la seguente questione pregiudiziale:

«Se l’articolo 288 [TFUE], gli articoli 17, 31, 34 e 47 della [Carta], nonché l’articolo 7 della direttiva [2003/88], la clausola 4 dell’[accordo quadro sul lavoro a tempo parziale], nonché la clausola 4 dell’[accordo quadro sul lavoro a tempo determinato] devono essere interpretati nel senso che essi ostano ad una normativa nazionale, come quella prevista dall’articolo 29 del [decreto legislativo n. 116], la quale preveda la rinuncia automatica ex lege ad ogni pretesa riguardante l’attuazione delle [direttive 1999/70, 97/81 e 2003/88], con perdita di ogni altra tutela retributiva, lavorativa e di protezione sociale garantita dal diritto europeo:

a)      nel caso di semplice presentazione della domanda di partecipazione da parte di un magistrato onorario, quale lavoratore europeo a tempo definito e parziale comparabile al magistrato professionale quale lavoratore europeo a tempo indefinito e pieno, a procedure di stabilizzazione che siano solo formalmente attuative della clausola 5, punto 1, dell’[accordo quadro sul lavoro a tempo determinato],

b)      ovvero, nel caso di mancato superamento delle dette procedure o di mancata presentazione della domanda, con la percezione di un’indennità di importo manifestamente inadeguato e sproporzionato ai danni subiti per il mancato recepimento delle menzionate direttive».

 Procedimento dinanzi alla Corte

21      Il giudice del rinvio ha chiesto che il presente rinvio pregiudiziale venga sottoposto al procedimento accelerato di cui all’articolo 105 del regolamento di procedura della Corte. A sostegno della sua domanda, detto giudice rileva che, ai sensi dell’articolo 29 del decreto legislativo n. 116, la ricorrente nel procedimento principale è obbligata a scegliere tra, da un lato, la rinuncia ad ogni pretesa che ella potrebbe avanzare nei confronti dello Stato italiano e, dall’altro, la cessazione immediata dalle sue funzioni giudiziarie, senza risarcimento dei danni subiti a causa della mancata trasposizione, da parte della Repubblica italiana, delle direttive 97/81, 1999/70 e 2003/88. Tale scelta comporterebbe un grave pregiudizio all’indipendenza della magistratura, il che giustificherebbe un rapido trattamento della presente causa.

22      Al riguardo, occorre ricordare che, ai sensi dell’articolo 105, paragrafo 1, del regolamento di procedura, su domanda del giudice del rinvio o, in via eccezionale, d’ufficio, quando la natura della causa richiede un suo rapido trattamento, il presidente della Corte, sentiti il giudice relatore e l’avvocato generale, può decidere di sottoporre un rinvio pregiudiziale a procedimento accelerato, in deroga alle disposizioni di tale regolamento.

23      Nel caso di specie, il 30 settembre 2022, il presidente della Corte, sentiti il giudice relatore e l’avvocato generale, ha deciso di respingere la domanda di cui al punto 21 della presente sentenza.

24      Infatti, la decisione di rinvio non consente alla Corte di comprendere né le conseguenze che M.M. subirebbe in assenza di procedimento accelerato né in che modo tale assenza potrebbe pregiudicare concretamente l’indipendenza della magistratura.

25      In ogni caso, si deve rammentare che, in assenza di elementi di prova che indichino che un esame della causa con il procedimento accelerato consenta di evitare siffatte conseguenze, l’incertezza giuridica gravante sulla ricorrente nel procedimento principale non può, di per sé, giustificare l’impiego di tale procedimento (v., in tal senso, ordinanza del presidente della Corte del 27 giugno 2016, S., C‑283/16, EU:C:2016:482, punto 11).

 Sulla ricevibilità della domanda di pronuncia pregiudiziale

26      Secondo costante giurisprudenza, il procedimento istituito dall’articolo 267 TFUE costituisce uno strumento di cooperazione tra la Corte e i giudici nazionali, grazie al quale la prima fornisce ai secondi gli elementi di interpretazione del diritto dell’Unione loro necessari per risolvere la controversia che sono chiamati a dirimere (sentenza del 22 febbraio 2024, Ente Cambiano società cooperativa per azioni, C‑660/22, EU:C:2024:152, punto 20 e giurisprudenza ivi citata).

27      Poiché tale procedimento si fonda sulla decisione di rinvio, il giudice nazionale deve esplicitare, nella decisione di rinvio stessa, il contesto di fatto e di diritto della controversia di cui al procedimento principale e fornire i necessari chiarimenti in merito alle ragioni della scelta delle disposizioni del diritto dell’Unione di cui esso chiede l’interpretazione, nonché al collegamento che esso stabilisce tra tali disposizioni e la normativa nazionale applicabile alla controversia di cui è adito (sentenza del 22 febbraio 2024, Ente Cambiano società cooperativa per azioni, C‑660/22, EU:C:2024:152, punto 21 e giurisprudenza ivi citata).

28      A tal proposito, occorre altresì sottolineare che le informazioni contenute nelle decisioni di rinvio devono, da un lato, permettere alla Corte di fornire risposte utili alle questioni sollevate dal giudice nazionale e, dall’altro, consentire ai governi degli Stati membri e agli altri interessati di esercitare il diritto a presentare osservazioni conferito loro dall’articolo 23 dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea. Spetta alla Corte assicurare il rispetto di tale diritto, tenuto conto del fatto che, in virtù di tale disposizione, soltanto le decisioni di rinvio vengono notificate agli interessati (sentenza del 22 febbraio 2024, Ente Cambiano società cooperativa per azioni, C‑660/22, EU:C:2024:152, punto 22 e giurisprudenza ivi citata).

29      Tali requisiti cumulativi relativi al contenuto di una decisione di rinvio sono esplicitamente indicati all’articolo 94 del regolamento di procedura, che il giudice del rinvio, nell’ambito della cooperazione istituita dall’articolo 267 TFUE, è tenuto a conoscere e deve rispettare scrupolosamente. Essi sono inoltre richiamati ai punti 13, 15 e 16 delle raccomandazioni della Corte di giustizia dell’Unione europea all’attenzione dei giudici nazionali, relative alla presentazione di domande di pronuncia pregiudiziale (GU 2019, C 380, pag. 1) (sentenza del 22 febbraio 2024, Ente Cambiano società cooperativa per azioni, C‑660/22, EU:C:2024:152, punto 23 e giurisprudenza ivi citata).

30      Occorre rilevare che, con la sua questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 288 TFUE, gli articoli 17, 31, 34 e 47 della Carta, l’articolo 7 della direttiva 2003/88, la clausola 4 dell’accordo quadro sul lavoro a tempo parziale e la clausola 4 dell’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato debbano essere interpretati nel senso che essi ostano a una normativa nazionale che prevede che i magistrati onorari, per poter continuare ad esercitare le loro funzioni, sono tenuti a partecipare ad una procedura valutativa che, da un lato, in caso di superamento della stessa, consente loro di ottenere la conversione del loro rapporto di lavoro a tempo determinato in un rapporto di lavoro a tempo indeterminato, con cessazione al settantesimo anno di età e, dall’altro, in caso di mancato superamento, consente a tali magistrati di percepire un’indennità, qualora sia il superamento sia il mancato superamento della procedura valutativa con accettazione dell’indennità comportino la rinuncia, ex lege, a ogni pretesa che essi possano far valere, in forza di tali disposizioni, per quanto riguarda le funzioni di magistrato onorario esercitate in precedenza.

31      Al riguardo, si deve rilevare, in primo luogo, che il giudice del rinvio non chiede un’interpretazione autonoma dell’articolo 288 TFUE né degli articoli 17, 31, 34 et 47 della Carta, tali disposizioni essendo richiamate unicamente a sostegno della domanda di interpretazione della direttiva 2003/88, dell’accordo quadro sul lavoro a tempo parziale nonché dell’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato [v., per analogia, sentenza del 7 aprile 2022, Ministero della Giustizia e a. (Status dei giudici di pace italiani), C‑236/20, EU:C:2022:263, punto 26].

32      In secondo luogo, per quanto riguarda l’articolo 7 della direttiva 2003/88, occorre constatare che tale articolo non è pertinente ai fini della soluzione della controversia di cui al procedimento principale, in quanto, nell’ambito di tale controversia, M.M. invoca non già il rispetto del diritto alle ferie annuali retribuite, sancito da detta disposizione, bensì, in sostanza, il pagamento di una retribuzione pari a quella percepita da un magistrato ordinario.

33      In terzo luogo, per quanto concerne la clausola 4 dell’accordo quadro sul lavoro a tempo parziale, occorre rilevare che nessun elemento risultante dalla decisione di rinvio consente di stabilire che M.M. lavori a tempo parziale, ai sensi di tale accordo quadro.

34      In quarto luogo, per quanto riguarda la clausola 4 dell’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato, si deve rilevare che, con la sua questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se sia conforme a tale clausola il meccanismo previsto dall’articolo 29 del decreto legislativo n. 116, in quanto detta disposizione nazionale, pur consentendo la conversione del rapporto di lavoro a tempo determinato di un magistrato onorario in un rapporto di lavoro a tempo indeterminato, impedirebbe a tale magistrato di ottenere la stessa retribuzione percepita dai magistrati ordinari che esercitano funzioni comparabili, giacché tale conversione comporterebbe la rinuncia, ex lege, a ogni pretesa derivante dalla cessazione dalle funzioni di magistrato onorario precedentemente esercitate.

35      Al fine di rispondere a tale questione, è necessario stabilire, in via preliminare, se detta clausola dell’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato imponga di concedere la stessa retribuzione, per le funzioni esercitate, ai magistrati onorari e ai magistrati ordinari. A tal proposito, in particolare, occorre valutare, in primo luogo, se un magistrato onorario che si trovi nella situazione di M.M. possa essere qualificato come «lavoratore» a tempo determinato ai sensi della clausola 2 dell’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato, in secondo luogo, se l’asserita differenza di trattamento riguardi una «condizione di impiego» ai sensi della clausola 4 di detto accordo quadro, in terzo luogo, se tale magistrato si trovi in una situazione comparabile a quella di un magistrato ordinario e, in quarto luogo, se e, in caso affermativo, in che misura tale differenza di trattamento possa essere giustificata sulla base di una «ragione oggettiva» ai sensi di quest’ultima clausola (v., in tal senso, sentenza del 27 giugno 2024, Peigli, C‑41/23, EU:C:2024:554, punti da 39 a 50).

36      Orbene, occorre constatare che, anche supponendo che le prime tre condizioni contemplate al punto precedente della presente sentenza siano soddisfatte, la Corte non dispone di elementi che le consentano di procedere alla valutazione dell’eventuale sussistenza di una «ragione oggettiva», ai sensi della clausola 4, paragrafo 1, di detto accordo quadro. In tale contesto, la Corte non dispone di informazioni che permettano di chiarire se eventuali differenze riguardanti, in particolare, il tipo e il valore del contenzioso che tali categorie di magistrati sono chiamati a dirimere oppure le modalità di assunzione di detti magistrati consentano di giustificare la legittimità di una differenza di trattamento come quella di cui trattasi. Infine, le informazioni a disposizione della Corte non consentono di valutare le differenze retributive tra i magistrati onorari e i magistrati ordinari.

37      Si deve altresì rilevare che dalla decisione di rinvio risulta che, sebbene M.M. esiga la stessa «retribuzione giornaliera» percepita da un magistrato ordinario, ella deduce una disparità di trattamento facendo riferimento alla retribuzione che percepirebbe non già per una giornata lavorativa, bensì per la partecipazione ad udienze di durata non superiore a cinque ore. In tali circostanze, la Corte non dispone di informazioni che le consentano di stabilire se le pretese della ricorrente nel procedimento principale riguardino lo stesso tipo di prestazioni effettuate dai magistrati ordinari.

38      Del resto, dai paragrafi 34 e 36 delle conclusioni dell’avvocato generale emerge, in sostanza, che la domanda di pronuncia pregiudiziale non consente di stabilire se, o in che misura, la retribuzione percepita dalla ricorrente nel procedimento principale, che è inferiore a quella percepita dai magistrati ordinari, debba essere considerata un trattamento meno favorevole non giustificato ai sensi della clausola 4, paragrafo 1, dell’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato.

39      Tenuto conto delle considerazioni che precedono, occorre constatare che la domanda di pronuncia pregiudiziale non soddisfa i requisiti di cui all’articolo 94 del regolamento di procedura e che deve pertanto essere dichiarata irricevibile.

40      Occorre tuttavia ricordare che il giudice del rinvio conserva la facoltà di presentare una nuova domanda di pronuncia pregiudiziale fornendo alla Corte tutti gli elementi che consentano a quest’ultima di statuire (sentenza del 22 febbraio 2024, Ente Cambiano società cooperativa per azioni, C‑660/22, EU:C:2024:152, punto 35).

 Sulle spese

41      Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

Per questi motivi, la Corte (Prima Sezione) dichiara:

La domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Giudice di pace di Fondi (Italia), con decisione del 18 agosto 2022, è irricevibile.

Arabadjiev

von Danwitz

Xuereb

Kumin

 

Ziemele

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 12 settembre 2024.

Il cancelliere

 

Il presidente di sezione

A. Calot Escobar

 

A. Arabadjiev


*      Lingua processuale: l’italiano.

 

 

SENTENZA DELLA CORTE (Prima Sezione)

 

12 settembre 2024 (*)

« Rinvio pregiudiziale – Accordo quadro CES, UNICE e CEEP sul lavoro a tempo determinato – Clausole 4 e 5 – Principio di non discriminazione – Parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro – Magistrati onorari e magistrati ordinari – Misure volte a sanzionare il ricorso abusivo ai contratti a tempo determinato – Lavoro a tempo determinato – Procedura di stabilizzazione delle funzioni – Rinuncia ex lege ad ogni pretesa per il periodo precedente alla stabilizzazione delle funzioni – Risarcimento dei danni derivanti dalla mancanza di un adeguato recepimento del diritto dell’Unione »

Nella causa C‑548/22,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dal Giudice di pace di Fondi (Italia), con decisione del 18 agosto 2022, pervenuta in cancelleria il 18 agosto 2022, nel procedimento

M.M.

contro

Presidenza del Consiglio dei ministri,

Ministero della Giustizia,

Ministero dell’Economia e delle Finanze,

LA CORTE (Prima Sezione),

composta da A. Arabadjiev (relatore), presidente di sezione, T. von Danwitz, P.G. Xuereb, A. Kumin e I. Ziemele, giudici,

avvocato generale: J. Kokott

cancelliere: C. Di Bella, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 1° febbraio 2024,

considerate le osservazioni presentate:

–        per M.M., da G. Falso e E. Iorio, avvocati;

–        per il governo italiano, da G. Palmieri, in qualità di agente, assistita da L. Fiandaca e F. Sclafani, avvocati dello Stato;

–        per la Commissione europea, da B.-R. Killmann e D. Recchia, in qualità di agenti,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 29 febbraio 2024,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’articolo 288 TFUE, degli articoli 17, 31, 34 e 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (in prosieguo: la «Carta»), dell’articolo 7 della direttiva 2003/88/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 4 novembre 2003, concernente taluni aspetti dell’organizzazione dell’orario di lavoro (GU 2003, L 299, pag. 9), della clausola 4 dell’accordo quadro sul lavoro a tempo parziale, concluso il 6 giugno 1997 (in prosieguo: l’«accordo quadro sul lavoro a tempo parziale»), contenuto nell’allegato della direttiva 97/81/CE del Consiglio del 15 dicembre 1997 relativa all’accordo quadro sul lavoro a tempo parziale concluso dall’UNICE, dal CEEP e dalla CES (GU 1998, L 14, pag. 9), nonché della clausola 4 dell’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato, concluso il 18 marzo 1999 (in prosieguo: l’«accordo quadro sul lavoro a tempo determinato»), contenuto nell’allegato della direttiva 1999/70/CE del Consiglio del 28 giugno 1999 relativa all’accordo quadro CES, UNICE e CEEP sul lavoro a tempo determinato (GU 1999, L 175, pag. 43).

2        Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra, da un lato, M.M., viceprocuratore onorario, e, dall’altro, la Presidenza del Consiglio dei ministri (Italia), il Ministero della Giustizia (Italia) e il Ministero dell’Economia e delle Finanze (Italia), in merito alla domanda di M.M. diretta ad ottenere il versamento di somme che le sarebbero asseritamente dovute per l’esercizio delle sue funzioni di magistrato onorario.

 Contesto normativo

 Diritto dellUnione

 Accordo quadro sul lavoro a tempo parziale

3        La clausola 4 dell’accordo quadro sul lavoro a tempo parziale, rubricata «Principio di non discriminazione», al punto 1 dispone quanto segue:

«Per quanto attiene alle condizioni di impiego, i lavoratori a tempo parziale non devono essere trattati in modo meno favorevole rispetto ai lavoratori a tempo pieno comparabili per il solo motivo di lavorare a tempo parziale, a meno che un trattamento differente sia giustificato da ragioni obiettive».

 Accordo quadro sul lavoro a tempo determinato

4        La clausola 2 dell’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato, rubricata «Campo d’applicazione», al punto 1 così prevede:

«Il presente accordo si applica ai lavoratori a tempo determinato con un contratto di assunzione o un rapporto di lavoro disciplinato dalla legge, dai contratti collettivi o dalla prassi in vigore di ciascuno Stato membro».

5        La clausola 4 dell’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato, rubricata «Principio di non discriminazione», al punto 1 recita nel modo seguente:

«Per quanto riguarda le condizioni di impiego, i lavoratori a tempo determinato non possono essere trattati in modo meno favorevole dei lavoratori a tempo indeterminato comparabili per il solo fatto di avere un contratto o rapporto di lavoro a tempo determinato, a meno che non sussistano ragioni oggettive».

6        La clausola 5 dell’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato, rubricata «Misure di prevenzione degli abusi», così dispone:

«1.      Per prevenire gli abusi derivanti dall’utilizzo di una successione di contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato, gli Stati membri, previa consultazione delle parti sociali a norma delle leggi, dei contratti collettivi e della prassi nazionali, e/o le parti sociali stesse, dovranno introdurre, in assenza di norme equivalenti per la prevenzione degli abusi e in un modo che tenga conto delle esigenze di settori e/o categorie specifici di lavoratori, una o più misure relative a:

a)      ragioni obiettive per la giustificazione del rinnovo dei suddetti contratti o rapporti;

b)      la durata massima totale dei contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato successivi;

c)      il numero dei rinnovi dei suddetti contratti o rapporti.

2.      Gli Stati membri, previa consultazione delle parti sociali, e/o le parti sociali stesse dovranno, se del caso, stabilire a quali condizioni i contratti e i rapporti di lavoro a tempo determinato:

a)      devono essere considerati “successivi”;

b)      devono essere ritenuti contratti o rapporti a tempo indeterminato».

 Direttiva 2003/88

7        L’articolo 7 della direttiva 2003/88, rubricato «Ferie annuali», al paragrafo 1 dispone quanto segue:

«Gli Stati membri prendono le misure necessarie affinché ogni lavoratore benefici di ferie annuali retribuite di almeno 4 settimane, secondo le condizioni di ottenimento e di concessione previste dalle legislazioni e/o prassi nazionali».

 Diritto italiano

8        L’articolo 29, commi da 1 a 3 e 5, del decreto legislativo del 13 luglio 2017, n. 116 – Riforma organica della magistratura onoraria e altre disposizioni sui giudici di pace, nonché disciplina transitoria relativa ai magistrati onorari in servizio, a norma della legge 28 aprile 2016, n. 57 (GURI n. 177 del 31 luglio 2017; in prosieguo: il «decreto legislativo n. 116»), come sostituito dall’articolo 1, comma 629, della legge del 30 dicembre 2021, n. 234 – Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2022 e bilancio pluriennale per il triennio 2022-2024 (supplemento ordinario alla GURI n. 310 del 31 dicembre 2021) (in prosieguo: l’«articolo 29 del decreto legislativo n. 116») così recita:

«1.      I magistrati onorari in servizio alla data di entrata in vigore del presente decreto possono essere confermati a domanda sino al compimento del settantesimo anno di età.

2.      I magistrati onorari in servizio alla data di entrata in vigore del presente decreto che non accedano alla conferma, tanto nell’ipotesi di mancata presentazione della domanda, quanto in quella di mancato superamento della procedura valutativa di cui al comma 3, hanno diritto, salva la facoltà di rifiuto, ad un’indennità pari, rispettivamente, ad euro 2.500 al lordo delle ritenute fiscali, per ciascun anno di servizio nel corso del quale il magistrato sia stato impegnato in udienza per almeno ottanta giornate, e ad euro 1.500 al lordo delle ritenute fiscali, per ciascun anno di servizio prestato nel corso del quale il magistrato sia stato impegnato in udienza per meno di ottanta giornate, e comunque nel limite complessivo procapite di euro 50.000 al lordo delle ritenute fiscali. Il servizio prestato per periodi superiori a sei mesi, ai fini del calcolo dell’indennità dovuta ai sensi del periodo precedente, è parificato ad un anno. La percezione dell’indennità comporta rinuncia ad ogni ulteriore pretesa di qualsivoglia natura conseguente al rapporto onorario cessato.

3.      Ai fini della conferma di cui al comma 1, il Consiglio superiore della magistratura procede con delibera ad indire tre distinte procedure valutative da tenere con cadenza annuale nel triennio 2022-2024. Esse riguardano i magistrati onorari in servizio che rispettivamente, alla data di entrata in vigore del presente decreto, abbiano maturato:

a)      oltre 16 anni di servizio;

b)      tra i 12 e i 16 anni di servizio;

c)      meno di 12 anni di servizio.

(...)

5.      La domanda di partecipazione alle procedure valutative di cui al comma 3 comporta rinuncia ad ogni ulteriore pretesa di qualsivoglia natura conseguente al rapporto onorario pregresso, salvo il diritto all’indennità di cui al comma 2 in caso di mancata conferma».

 Procedimento principale e questione pregiudiziale

9        M.M. è una magistrata onoraria che esercita, dal 4 aprile 2001, la funzione di viceprocuratore onorario. Dalla decisione di rinvio emerge che la funzione di M.M. è comparabile a quella di un magistrato ordinario che esercita l’attività di pubblico ministero, e che M.M. ha lo stesso status giuridico e beneficia dello stesso trattamento economico di cui godono i giudici onorari di pace. Dalla sua entrata in servizio, tale magistrata è stata rinnovata più volte nelle sue funzioni, da ultimo con delibera del Consiglio superiore della magistratura del 29 aprile 2020.

10      Dal 4 aprile 2001 M.M. ha partecipato, segnatamente, a dieci udienze penali, oggetto del procedimento principale, in qualità di pubblico ministero, per le quali ha percepito un’indennità di importo pari a EUR 98 per udienza, sul quale sono state applicate trattenute fiscali. Dalla decisione di rinvio risulta che nessun contributo previdenziale o assistenziale è stato versato per conto di M.M., privandola di qualsiasi protezione sociale. Per contro, la retribuzione giornaliera lorda di un magistrato ordinario, che esercita le sue funzioni a tempo indeterminato, ammonta a EUR 248 e lo Stato versa, per ciascun magistrato ordinario, contributi agli istituti competenti al fine di garantire la loro protezione sociale.

11      Ritenendosi vittima di una disparità di trattamento illegittima per quanto riguarda la retribuzione delle sue funzioni, M.M. ha proposto ricorso dinanzi al Tribunale di Roma (Italia) per ottenere il risarcimento del danno che avrebbe subito a causa della mancata trasposizione, nell’ordinamento giuridico italiano, delle direttive 1999/70 e 2003/88 e della direttiva 92/85/CEE del Consiglio, del 19 ottobre 1992, concernente l’attuazione di misure volte a promuovere il miglioramento della sicurezza e della salute sul lavoro delle lavoratrici gestanti, puerpere o in periodo di allattamento (decima direttiva particolare ai sensi dell’articolo 16, paragrafo 1 della direttiva 89/391/CEE) (GU 1992, L 348, pag. 1). Con ordinanza del 13 gennaio 2021, tale giudice ha condannato la Presidenza del Consiglio dei ministri a risarcire il danno patrimoniale e non patrimoniale causato a M.M. dalla mancata trasposizione di dette direttive, sebbene, alla data di presentazione della decisione di rinvio, non le fosse ancora stato versato alcun risarcimento in forza di tale condanna.

12      In seguito, M.M. ha adito il Giudice di pace di Fondi (Italia), giudice del rinvio, con un ricorso diretto ad ottenere, in relazione a dette udienze, il pagamento di un importo ulteriore pari a EUR 150 per udienza, per una somma complessiva pari a EUR 1 500, a titolo di risarcimento danni, a causa del protrarsi della mancata trasposizione di dette direttive. A sostegno del suo ricorso, ella deduce che la disparità di trattamento esistente tra il suo trattamento economico e quello dei magistrati ordinari costituisce una discriminazione vietata dalle direttive 1999/70, 97/81 e 2003/88.

13      A tale proposito, dalla decisione di rinvio risulta che, secondo M.M., pur avendo svolto le funzioni di procuratore onorario ininterrottamente dal 4 aprile 2001, la stessa è stata costretta, al fine di evitare la cessazione immediata da tali funzioni il 28 giugno 2022, a presentare domanda di partecipazione alla procedura valutativa prevista dall’articolo 29 del decreto legislativo n. 116.

14      Ai sensi di tale articolo, un magistrato onorario in servizio può presentare domanda di partecipazione ad una procedura valutativa di stabilizzazione che gli consente, in caso di superamento di quest’ultima, di restare in servizio fino al settantesimo anno di età. Lo stesso può anche non presentare domanda di partecipazione a detta procedura e, di conseguenza, cessare dalle sue funzioni. In tal caso, quest’ultimo ha diritto, nel limite complessivo di EUR 50 000 lordi, a un’indennità di importo pari a EUR 1 500 lordi per ciascun anno di servizio in cui è stato impegnato in udienza per meno di 80 giornate oppure a un’indennità di importo pari a EUR 2 500 lordi per ciascun anno di servizio in cui è stato impegnato in udienza per almeno 80 giornate. Tale indennità sarebbe concessa anche ai magistrati onorari che, pur avendo presentato domanda di partecipazione a detta procedura, non l’abbiano superata.

15      Orbene, la domanda di partecipazione alla procedura di stabilizzazione o la percezione di detta indennità comporterebbe per un magistrato onorario come M.M. la rinuncia, ex lege, ad ogni ulteriore pretesa di qualsivoglia natura conseguente all’esercizio delle funzioni di magistrato onorario svolte in precedenza. L’unica possibilità di non rinunciare a tale pretesa consiste nel cessare dal servizio senza ricevere alcuna indennità.

16      Di conseguenza, M.M. sostiene, dinanzi al giudice del rinvio, che la normativa italiana non le consente di esigere le somme alle quali avrebbe diritto per la mancata trasposizione delle direttive 1999/70, 2003/88 e 92/85, cosicché, da un lato, tale normativa sarebbe in contrasto con il diritto dell’Unione e, dall’altro, tale giudice dovrebbe disapplicare detta normativa.

17      Detto giudice evidenzia che, nelle sue sentenze del 16 luglio 2020, Governo della Repubblica italiana (Status dei giudici di pace italiani) (C‑658/18, EU:C:2020:572) e del 7 aprile 2022, Ministero della Giustizia e a. (Status dei giudici di pace italiani) (C‑236/20, EU:C:2022:263), la Corte ha dichiarato che gli Stati membri devono garantire la trasposizione delle direttive contemplate al punto 16 della presente sentenza per quanto riguarda i giudici di pace, la cui funzione è equiparata dalla legge italiana a quella dei viceprocuratori onorari.

18      Orbene, nel caso di specie, se l’articolo 29 del decreto legislativo n. 116 si applicasse a M.M., ella sarebbe tenuta a rinunciare a tutte le pretese di qualsiasi natura derivanti dall’esercizio delle funzioni di magistrato onorario e sarebbe quindi privata della tutela dei suoi diritti garantita da tali direttive.

19      Inoltre, il giudice del rinvio indica, in sostanza, che, al fine di contrastare la precarietà dei magistrati onorari, la legislazione italiana ha previsto, con tale disposizione nazionale, una stabilizzazione incerta delle loro funzioni, mediante la loro partecipazione a procedure valutative di stabilizzazione oppure il versamento di un’indennità irrisoria in considerazione del danno subito a seguito della cessazione dalle loro funzioni.

20      Ciò premesso, il Giudice di pace di Fondi ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte la seguente questione pregiudiziale:

«Se l’articolo 288 [TFUE], gli articoli 17, 31, 34 e 47 della [Carta], nonché l’articolo 7 della direttiva [2003/88], la clausola 4 dell’[accordo quadro sul lavoro a tempo parziale], nonché la clausola 4 dell’[accordo quadro sul lavoro a tempo determinato] devono essere interpretati nel senso che essi ostano ad una normativa nazionale, come quella prevista dall’articolo 29 del [decreto legislativo n. 116], la quale preveda la rinuncia automatica ex lege ad ogni pretesa riguardante l’attuazione delle [direttive 1999/70, 97/81 e 2003/88], con perdita di ogni altra tutela retributiva, lavorativa e di protezione sociale garantita dal diritto europeo:

a)      nel caso di semplice presentazione della domanda di partecipazione da parte di un magistrato onorario, quale lavoratore europeo a tempo definito e parziale comparabile al magistrato professionale quale lavoratore europeo a tempo indefinito e pieno, a procedure di stabilizzazione che siano solo formalmente attuative della clausola 5, punto 1, dell’[accordo quadro sul lavoro a tempo determinato],

b)      ovvero, nel caso di mancato superamento delle dette procedure o di mancata presentazione della domanda, con la percezione di un’indennità di importo manifestamente inadeguato e sproporzionato ai danni subiti per il mancato recepimento delle menzionate direttive».

 Procedimento dinanzi alla Corte

21      Il giudice del rinvio ha chiesto che il presente rinvio pregiudiziale venga sottoposto al procedimento accelerato di cui all’articolo 105 del regolamento di procedura della Corte. A sostegno della sua domanda, detto giudice rileva che, ai sensi dell’articolo 29 del decreto legislativo n. 116, la ricorrente nel procedimento principale è obbligata a scegliere tra, da un lato, la rinuncia ad ogni pretesa che ella potrebbe avanzare nei confronti dello Stato italiano e, dall’altro, la cessazione immediata dalle sue funzioni giudiziarie, senza risarcimento dei danni subiti a causa della mancata trasposizione, da parte della Repubblica italiana, delle direttive 97/81, 1999/70 e 2003/88. Tale scelta comporterebbe un grave pregiudizio all’indipendenza della magistratura, il che giustificherebbe un rapido trattamento della presente causa.

22      Al riguardo, occorre ricordare che, ai sensi dell’articolo 105, paragrafo 1, del regolamento di procedura, su domanda del giudice del rinvio o, in via eccezionale, d’ufficio, quando la natura della causa richiede un suo rapido trattamento, il presidente della Corte, sentiti il giudice relatore e l’avvocato generale, può decidere di sottoporre un rinvio pregiudiziale a procedimento accelerato, in deroga alle disposizioni di tale regolamento.

23      Nel caso di specie, il 30 settembre 2022, il presidente della Corte, sentiti il giudice relatore e l’avvocato generale, ha deciso di respingere la domanda di cui al punto 21 della presente sentenza.

24      Infatti, la decisione di rinvio non consente alla Corte di comprendere né le conseguenze che M.M. subirebbe in assenza di procedimento accelerato né in che modo tale assenza potrebbe pregiudicare concretamente l’indipendenza della magistratura.

25      In ogni caso, si deve rammentare che, in assenza di elementi di prova che indichino che un esame della causa con il procedimento accelerato consenta di evitare siffatte conseguenze, l’incertezza giuridica gravante sulla ricorrente nel procedimento principale non può, di per sé, giustificare l’impiego di tale procedimento (v., in tal senso, ordinanza del presidente della Corte del 27 giugno 2016, S., C‑283/16, EU:C:2016:482, punto 11).

 Sulla ricevibilità della domanda di pronuncia pregiudiziale

26      Secondo costante giurisprudenza, il procedimento istituito dall’articolo 267 TFUE costituisce uno strumento di cooperazione tra la Corte e i giudici nazionali, grazie al quale la prima fornisce ai secondi gli elementi di interpretazione del diritto dell’Unione loro necessari per risolvere la controversia che sono chiamati a dirimere (sentenza del 22 febbraio 2024, Ente Cambiano società cooperativa per azioni, C‑660/22, EU:C:2024:152, punto 20 e giurisprudenza ivi citata).

27      Poiché tale procedimento si fonda sulla decisione di rinvio, il giudice nazionale deve esplicitare, nella decisione di rinvio stessa, il contesto di fatto e di diritto della controversia di cui al procedimento principale e fornire i necessari chiarimenti in merito alle ragioni della scelta delle disposizioni del diritto dell’Unione di cui esso chiede l’interpretazione, nonché al collegamento che esso stabilisce tra tali disposizioni e la normativa nazionale applicabile alla controversia di cui è adito (sentenza del 22 febbraio 2024, Ente Cambiano società cooperativa per azioni, C‑660/22, EU:C:2024:152, punto 21 e giurisprudenza ivi citata).

28      A tal proposito, occorre altresì sottolineare che le informazioni contenute nelle decisioni di rinvio devono, da un lato, permettere alla Corte di fornire risposte utili alle questioni sollevate dal giudice nazionale e, dall’altro, consentire ai governi degli Stati membri e agli altri interessati di esercitare il diritto a presentare osservazioni conferito loro dall’articolo 23 dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea. Spetta alla Corte assicurare il rispetto di tale diritto, tenuto conto del fatto che, in virtù di tale disposizione, soltanto le decisioni di rinvio vengono notificate agli interessati (sentenza del 22 febbraio 2024, Ente Cambiano società cooperativa per azioni, C‑660/22, EU:C:2024:152, punto 22 e giurisprudenza ivi citata).

29      Tali requisiti cumulativi relativi al contenuto di una decisione di rinvio sono esplicitamente indicati all’articolo 94 del regolamento di procedura, che il giudice del rinvio, nell’ambito della cooperazione istituita dall’articolo 267 TFUE, è tenuto a conoscere e deve rispettare scrupolosamente. Essi sono inoltre richiamati ai punti 13, 15 e 16 delle raccomandazioni della Corte di giustizia dell’Unione europea all’attenzione dei giudici nazionali, relative alla presentazione di domande di pronuncia pregiudiziale (GU 2019, C 380, pag. 1) (sentenza del 22 febbraio 2024, Ente Cambiano società cooperativa per azioni, C‑660/22, EU:C:2024:152, punto 23 e giurisprudenza ivi citata).

30      Occorre rilevare che, con la sua questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 288 TFUE, gli articoli 17, 31, 34 e 47 della Carta, l’articolo 7 della direttiva 2003/88, la clausola 4 dell’accordo quadro sul lavoro a tempo parziale e la clausola 4 dell’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato debbano essere interpretati nel senso che essi ostano a una normativa nazionale che prevede che i magistrati onorari, per poter continuare ad esercitare le loro funzioni, sono tenuti a partecipare ad una procedura valutativa che, da un lato, in caso di superamento della stessa, consente loro di ottenere la conversione del loro rapporto di lavoro a tempo determinato in un rapporto di lavoro a tempo indeterminato, con cessazione al settantesimo anno di età e, dall’altro, in caso di mancato superamento, consente a tali magistrati di percepire un’indennità, qualora sia il superamento sia il mancato superamento della procedura valutativa con accettazione dell’indennità comportino la rinuncia, ex lege, a ogni pretesa che essi possano far valere, in forza di tali disposizioni, per quanto riguarda le funzioni di magistrato onorario esercitate in precedenza.

31      Al riguardo, si deve rilevare, in primo luogo, che il giudice del rinvio non chiede un’interpretazione autonoma dell’articolo 288 TFUE né degli articoli 17, 31, 34 et 47 della Carta, tali disposizioni essendo richiamate unicamente a sostegno della domanda di interpretazione della direttiva 2003/88, dell’accordo quadro sul lavoro a tempo parziale nonché dell’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato [v., per analogia, sentenza del 7 aprile 2022, Ministero della Giustizia e a. (Status dei giudici di pace italiani), C‑236/20, EU:C:2022:263, punto 26].

32      In secondo luogo, per quanto riguarda l’articolo 7 della direttiva 2003/88, occorre constatare che tale articolo non è pertinente ai fini della soluzione della controversia di cui al procedimento principale, in quanto, nell’ambito di tale controversia, M.M. invoca non già il rispetto del diritto alle ferie annuali retribuite, sancito da detta disposizione, bensì, in sostanza, il pagamento di una retribuzione pari a quella percepita da un magistrato ordinario.

33      In terzo luogo, per quanto concerne la clausola 4 dell’accordo quadro sul lavoro a tempo parziale, occorre rilevare che nessun elemento risultante dalla decisione di rinvio consente di stabilire che M.M. lavori a tempo parziale, ai sensi di tale accordo quadro.

34      In quarto luogo, per quanto riguarda la clausola 4 dell’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato, si deve rilevare che, con la sua questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se sia conforme a tale clausola il meccanismo previsto dall’articolo 29 del decreto legislativo n. 116, in quanto detta disposizione nazionale, pur consentendo la conversione del rapporto di lavoro a tempo determinato di un magistrato onorario in un rapporto di lavoro a tempo indeterminato, impedirebbe a tale magistrato di ottenere la stessa retribuzione percepita dai magistrati ordinari che esercitano funzioni comparabili, giacché tale conversione comporterebbe la rinuncia, ex lege, a ogni pretesa derivante dalla cessazione dalle funzioni di magistrato onorario precedentemente esercitate.

35      Al fine di rispondere a tale questione, è necessario stabilire, in via preliminare, se detta clausola dell’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato imponga di concedere la stessa retribuzione, per le funzioni esercitate, ai magistrati onorari e ai magistrati ordinari. A tal proposito, in particolare, occorre valutare, in primo luogo, se un magistrato onorario che si trovi nella situazione di M.M. possa essere qualificato come «lavoratore» a tempo determinato ai sensi della clausola 2 dell’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato, in secondo luogo, se l’asserita differenza di trattamento riguardi una «condizione di impiego» ai sensi della clausola 4 di detto accordo quadro, in terzo luogo, se tale magistrato si trovi in una situazione comparabile a quella di un magistrato ordinario e, in quarto luogo, se e, in caso affermativo, in che misura tale differenza di trattamento possa essere giustificata sulla base di una «ragione oggettiva» ai sensi di quest’ultima clausola (v., in tal senso, sentenza del 27 giugno 2024, Peigli, C‑41/23, EU:C:2024:554, punti da 39 a 50).

36      Orbene, occorre constatare che, anche supponendo che le prime tre condizioni contemplate al punto precedente della presente sentenza siano soddisfatte, la Corte non dispone di elementi che le consentano di procedere alla valutazione dell’eventuale sussistenza di una «ragione oggettiva», ai sensi della clausola 4, paragrafo 1, di detto accordo quadro. In tale contesto, la Corte non dispone di informazioni che permettano di chiarire se eventuali differenze riguardanti, in particolare, il tipo e il valore del contenzioso che tali categorie di magistrati sono chiamati a dirimere oppure le modalità di assunzione di detti magistrati consentano di giustificare la legittimità di una differenza di trattamento come quella di cui trattasi. Infine, le informazioni a disposizione della Corte non consentono di valutare le differenze retributive tra i magistrati onorari e i magistrati ordinari.

37      Si deve altresì rilevare che dalla decisione di rinvio risulta che, sebbene M.M. esiga la stessa «retribuzione giornaliera» percepita da un magistrato ordinario, ella deduce una disparità di trattamento facendo riferimento alla retribuzione che percepirebbe non già per una giornata lavorativa, bensì per la partecipazione ad udienze di durata non superiore a cinque ore. In tali circostanze, la Corte non dispone di informazioni che le consentano di stabilire se le pretese della ricorrente nel procedimento principale riguardino lo stesso tipo di prestazioni effettuate dai magistrati ordinari.

38      Del resto, dai paragrafi 34 e 36 delle conclusioni dell’avvocato generale emerge, in sostanza, che la domanda di pronuncia pregiudiziale non consente di stabilire se, o in che misura, la retribuzione percepita dalla ricorrente nel procedimento principale, che è inferiore a quella percepita dai magistrati ordinari, debba essere considerata un trattamento meno favorevole non giustificato ai sensi della clausola 4, paragrafo 1, dell’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato.

39      Tenuto conto delle considerazioni che precedono, occorre constatare che la domanda di pronuncia pregiudiziale non soddisfa i requisiti di cui all’articolo 94 del regolamento di procedura e che deve pertanto essere dichiarata irricevibile.

40      Occorre tuttavia ricordare che il giudice del rinvio conserva la facoltà di presentare una nuova domanda di pronuncia pregiudiziale fornendo alla Corte tutti gli elementi che consentano a quest’ultima di statuire (sentenza del 22 febbraio 2024, Ente Cambiano società cooperativa per azioni, C‑660/22, EU:C:2024:152, punto 35).

 Sulle spese

41      Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

Per questi motivi, la Corte (Prima Sezione) dichiara:

La domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Giudice di pace di Fondi (Italia), con decisione del 18 agosto 2022, è irricevibile.

Arabadjiev

von Danwitz

Xuereb

Kumin

 

Ziemele

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 12 settembre 2024.

Il cancelliere

 

Il presidente di sezione

A. Calot Escobar

 

A. Arabadjiev


*      Lingua processuale: l’italiano.

 

Provvedimento in causa n. C-548/22 del 12/09/2024