SENTENZA DELLA CORTE (Settima Sezione)
17 ottobre 2024 (*)
« Rinvio pregiudiziale – Politica sociale – Direttiva 1999/70/CE – Accordo quadro CES, UNICE e CEEP sul lavoro a tempo determinato – Clausola 4 – Settore pubblico – Docenti – Assunzione come dipendenti pubblici di ruolo di lavoratori con contratto a tempo determinato mediante una procedura di selezione per titoli – Determinazione dell’anzianità di servizio – Computo parziale dei periodi di servizio prestati nell’ambito di contratti di lavoro a tempo determinato – Recupero successivo del periodo di anzianità di servizio non computato – Irrilevanza ai fini della valutazione dell’esistenza di una discriminazione »
Nella causa C‑322/23 [Lufoni] (i),
avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dal Tribunale di Lecce (Italia), con ordinanza del 22 maggio 2023, pervenuta in cancelleria il 24 maggio 2023, nel procedimento
ED
contro
Ministero dell’Istruzione e del Merito,
Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS),
LA CORTE (Settima Sezione),
composta da F. Biltgen, presidente della Prima Sezione, facente funzione di presidente della Settima Sezione, M.L. Arastey Sahún (relatrice), presidente della Quinta Sezione, e J. Passer, giudice,
avvocata generale: J. Kokott
cancelliere: A. Calot Escobar
vista la fase scritta del procedimento,
considerate le osservazioni presentate:
– per l’Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS), da C. D’Aloisio, E. De Rose, E. Sciplino e A. Sgroi, avvocati;
– per il governo italiano, da G. Palmieri, in qualità di agente, assistita da L. Fiandaca e F. Sclafani, avvocati dello Stato;
– per la Commissione europea, da D. Recchia e F. van Schaik, in qualità di agenti,
vista la decisione, adottata dopo aver sentito l’avvocata generale, di giudicare la causa senza conclusioni,
ha pronunciato la seguente
Sentenza
1 La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione della clausola 4 dell’Accordo quadro sul lavoro a tempo determinato, concluso il 18 marzo 1999 (in prosieguo: l’«accordo quadro»), che figura in allegato alla direttiva 1999/70/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999, relativa all’accordo quadro CES, UNICE e CEEP sul lavoro a tempo determinato (GU 1999, L 175, pag. 43).
2 Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra ED, da un lato, e il Ministero dell’Istruzione e del Merito (Italia) e l’Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS) (Italia), dall’altro, in relazione al calcolo, alla data della nomina di ED come docente di ruolo, dell’anzianità di servizio da egli maturata nell’ambito di una serie di contratti a tempo determinato conclusi come docente non di ruolo.
Contesto normativo
Diritto dell’Unione
3 La clausola 3 dell’accordo quadro enuncia quanto segue:
«1. Ai fini del presente accordo, il termine “lavoratore a tempo determinato” indica una persona con un contratto o un rapporto di lavoro definiti direttamente fra il datore di lavoro e il lavoratore e il cui termine è determinato da condizioni oggettive, quali il raggiungimento di una certa data, il completamento di un compito specifico o il verificarsi di un evento specifico.
2. Ai fini del presente accordo, il termine “lavoratore a tempo indeterminato comparabile” indica un lavoratore con un contratto o un rapporto di lavoro di durata indeterminata appartenente allo stesso stabilimento e addetto a lavoro/occupazione identico o simile, tenuto conto delle qualifiche/competenze. In assenza di un lavoratore a tempo indeterminato comparabile nello stesso stabilimento, il raffronto si dovrà fare in riferimento al contratto collettivo applicabile o, in mancanza di quest’ultimo, in conformità con la legge, i contratti collettivi o le prassi nazionali».
4 La clausola 4, punti 1 e 4, di tale accordo quadro è così formulata:
«1. Per quanto riguarda le condizioni di impiego, i lavoratori a tempo determinato non possono essere trattati in modo meno favorevole dei lavoratori a tempo indeterminato comparabili per il solo fatto di avere un contratto o rapporto di lavoro a tempo determinato, a meno che non sussistano ragioni oggettive.
(...)
4. I criteri del periodo di anzianità di servizio relativi a particolari condizioni di lavoro dovranno essere gli stessi sia per i lavoratori a tempo determinato sia per quelli a tempo indeterminato, eccetto quando criteri diversi in materia di periodo di anzianità siano giustificati da motivazioni oggettive».
Diritto italiano
Decreto legislativo n. 297/1994
5 L’articolo 485, comma 1, del decreto legislativo del 16 aprile 1994, n. 297 – Approvazione del testo unico delle disposizioni legislative vigenti in materia di istruzione, relative alle scuole di ogni ordine e grado (supplemento ordinario alla GURI n. 115 del 19 maggio 1994), nella versione applicabile al procedimento principale (in prosieguo: il «decreto legislativo n. 297/1994»), così prevede:
«Al personale docente delle scuole di istruzione secondaria ed artistica, il servizio prestato presso le predette scuole statali e pareggiate, comprese quelle all’estero, in qualità di docente non di ruolo, è riconosciuto come servizio di ruolo, ai fini giuridici ed economici, per intero per i primi quattro anni e per i due terzi del periodo eventualmente eccedente, nonché ai soli fini economici per il rimanente terzo. I diritti economici derivanti da detto riconoscimento sono conservati e valutati in tutte le classi di stipendio successive a quella attribuita al momento del riconoscimento medesimo».
6 L’articolo 489, comma 1, di tale decreto legislativo dispone quanto segue:
«Ai fini del riconoscimento di cui ai precedenti articoli il servizio di insegnamento è da considerarsi come anno scolastico intero se ha avuto la durata prevista agli effetti della validità dell’anno dall’ordinamento scolastico vigente al momento della prestazione».
Legge n. 124/1999
7 Ai sensi dell’articolo 11, comma 14, della legge del 3 maggio 1999, n. 124 – Disposizioni urgenti in materia di personale scolastico (GURI n. 107 del 10 maggio 1999), nella versione applicabile al procedimento principale (in prosieguo: la «legge n. 124/1999»):
«Il comma 1 dell’articolo 489 del [decreto legislativo n. 297/1994] è da intendere nel senso che il servizio di insegnamento non di ruolo prestato a decorrere dall’anno scolastico 1974-1975 è considerato come anno scolastico intero se ha avuto la durata di almeno 180 giorni oppure se il servizio sia stato prestato ininterrottamente dal 1° febbraio fino al termine delle operazioni di scrutinio finale».
Decreto del Presidente della Repubblica n. 399/1988
8 L’articolo 4, comma 3, del decreto del Presidente della Repubblica del 23 agosto 1988, n. 399 – Norme risultanti dalla disciplina prevista dall’accordo per il triennio 1988-1990 del 9 giugno 1988 relativo al personale del comparto scuola (supplemento ordinario alla GURI n. 213 del 10 settembre 1988; in prosieguo: il «decreto del Presidente della Repubblica n. 399/1988»), dispone quanto segue:
«Al compimento del sedicesimo anno per i docenti laureati della scuola secondaria superiore, del diciottesimo anno per i coordinatori amministrativi, per i docenti della scuola materna ed elementare, della scuola media e per i docenti diplomati della scuola secondaria superiore, del ventesimo anno per il personale ausiliario e collaboratore, del ventiquattresimo anno per i docenti dei conservatori di musica e delle accademie, l’anzianità utile ai soli fini economici è interamente valida ai fini dell’attribuzione delle successive posizioni stipendiali».
Procedimento principale e questioni pregiudiziali
9 ED ha lavorato come docente presso la scuola secondaria superiore, in forza di diversi contratti a tempo determinato, durante gli anni scolastici dal 1996/1997 al 1998/1999, dal 2000/2001 al 2009/2010 e dal 2011/2012 al 2014/2015, prima di essere nominato docente a tempo indeterminato con immissione in ruolo decorrente dal 1º settembre 2015, a seguito di una procedura di assunzione per titoli.
10 In occasione di tale immissione in ruolo, a ED è stata riconosciuta, ai fini giuridici ed economici, in forza della normativa nazionale applicabile, un’anzianità di servizio maturata in forza di tali contratti a tempo determinato pari a 10 anni, 5 mesi e 10 giorni.
11 ED, ritenendo che il calcolo di tale anzianità violasse la clausola 4 dell’accordo quadro in quanto non prenderebbe in considerazione l’intera durata del servizio che egli ha prestato prima della sua immissione in ruolo, ha proposto, il 22 aprile 2021, un ricorso dinanzi al Tribunale di Lecce (Italia), giudice del rinvio, affinché gli fosse riconosciuta un’anzianità di servizio maturata sulla base di detti contratti a tempo determinato pari a 10 anni, 10 mesi e 17 giorni.
12 Per quanto riguarda il sistema di calcolo dell’anzianità di servizio previsto dalla normativa nazionale, tale giudice rileva, da un lato, che l’articolo 11, comma 14, della legge n. 124/1999 prevede che, se, per un dato anno scolastico, il servizio prestato in qualità di docente non di ruolo abbia avuto una durata di almeno 180 giorni o si sia protratto dal 1º febbraio fino al termine delle operazioni di scrutinio finale, esso si considera prestato per un anno scolastico intero. Per contro, quando un servizio siffatto non soddisfa nessuna di queste due condizioni, esso non viene preso in considerazione.
13 Pertanto, dall’ordinanza di rinvio si evince che, per quanto riguarda ED, gli anni scolastici 2000/2001, 2011/2012 e 2012/2013 non sono stati presi in considerazione, in quanto, per tali anni, la durata del suo servizio non soddisfaceva le condizioni previste da tale articolo 11, comma 14, della legge n. 124/1999.
14 D’altro lato, una volta calcolata la durata del servizio prestato secondo le norme menzionate al punto 12 della presente sentenza, tale durata, conformemente all’articolo 485 del decreto legislativo n. 297/1994, sarebbe presa in considerazione per intero per i primi quattro anni, mentre, per gli anni successivi, essa sarebbe presa in considerazione per due terzi ai fini giuridici ed economici. Il rimanente terzo sarebbe computato, ai fini economici, vale a dire ai fini dell’attribuzione delle successive posizioni stipendiali, alle scadenze previste all’articolo 4, comma 3, del decreto del Presidente della Repubblica n. 399/1988 e, segnatamente, al compimento del sedicesimo anno di servizio per i docenti laureati della scuola secondaria superiore.
15 Il giudice del rinvio aggiunge che l’articolo 4, paragrafo 3, del decreto del Presidente della Repubblica n. 399/1988 ha una particolare rilevanza ai fini della soluzione della controversia principale, in quanto, in forza di tale disposizione, sarebbe possibile recuperare, ai fini economici, ossia quelli oggetto di tale controversia, la parte dell’anzianità che non è computata al momento dell’immissione in ruolo dell’interessato. Le persone che si trovano nella stessa situazione di ED vedrebbero così il riconoscimento dell’intera durata del servizio prestato in qualità di docenti non di ruolo non già respinto, bensì soltanto rinviato al sedicesimo anno di servizio.
16 Il giudice del rinvio rileva che, nella sentenza del 20 settembre 2018, Motter (C‑466/17; in prosieguo: la «sentenza Motter», EU:C:2018:758), che verteva sul sistema di calcolo dell’anzianità di cui trattasi nel procedimento principale, la Corte non ha tenuto conto, in particolare, di tale articolo 4, comma 3, del decreto del Presidente della Repubblica n. 399/1988, dal momento che l’ordinanza di rinvio nella causa che ha dato luogo a tale sentenza non menzionava tale disposizione. Secondo il giudice del rinvio, è quindi necessario, nel caso di specie, sottoporre alla Corte nuove questioni pregiudiziali, fornendo un contesto normativo più completo.
17 Esso precisa altresì che gli elementi evocati dalla Corte nella medesima sentenza quanto alla comparabilità delle situazioni di cui trattasi e quanto alle giustificazioni oggettive invocate dal governo italiano sono trasponibili alla presente causa.
18 Inoltre, la Corte suprema di cassazione (Italia), nella sua sentenza n. 31149, del 28 novembre 2019, pronunciata sulla base della sentenza Motter, avrebbe dichiarato che l’articolo 485 del decreto legislativo n. 297/1994 si poneva in contrasto con la clausola 4 dell’accordo quadro e che tale articolo 485 dovesse, di conseguenza, essere disapplicato nei casi in cui l’anzianità di servizio dei docenti a tempo determinato che vengono successivamente immessi in ruolo, calcolata conformemente ai criteri di cui all’articolo 485 e all’articolo 489 di detto decreto legislativo, come integrato dall’articolo 11, comma 14, della legge n. 124/1999, fosse inferiore a quella riconoscibile a un docente che si trova in una situazione comparabile assunto ab origine a tempo indeterminato.
19 La Corte suprema di cassazione avrebbe quindi dichiarato che l’esistenza di una discriminazione deve essere valutata confrontando, alla data dell’immissione in ruolo dell’interessato, l’anzianità di servizio risultante dal calcolo previsto da ciascuno dei due sistemi di calcolo di cui al punto precedente al fine di adottare il sistema più vantaggioso.
20 Nel caso di specie, ED chiederebbe, in applicazione dei principi stabiliti dalla Corte suprema di cassazione, che gli venga riconosciuta un’anzianità di servizio di 10 anni, 10 mesi e 17 giorni, ossia maggiore di 5 mesi e 7 giorni rispetto all’anzianità che gli era stata riconosciuta.
21 Il giudice del rinvio osserva che, secondo il sistema di calcolo fatto valere da ED, quest’ultimo perderebbe, in particolare, il diritto, previsto all’articolo 4, comma 3, del decreto del Presidente della Repubblica n. 399/1988, ad ottenere il riconoscimento, al compimento del suo sedicesimo anno di servizio, di un periodo di anzianità supplementare di 3 anni, 2 mesi e 20 giorni, ai soli fini economici.
22 Infatti, la circostanza che, secondo la giurisprudenza della Corte suprema di cassazione, il momento determinante per valutare l’esistenza di una discriminazione ai sensi della clausola 4 dell’accordo quadro sia quello dell’immissione in ruolo avrebbe come conseguenza, in pratica, una maggiorazione dell’anzianità di ED di circa 5 mesi, ma una perdita del beneficio del riconoscimento del periodo di anzianità supplementare menzionato al punto precedente.
23 Pertanto, il giudice del rinvio ritiene che il sistema di calcolo dell’anzianità risultante dalla giurisprudenza della Corte suprema di cassazione porti a una maggiore disparità tra i lavoratori a tempo determinato e i lavoratori a tempo indeterminato che si trovano in situazioni comparabili rispetto al sistema di calcolo dell’anzianità previsto all’articolo 485 del decreto legislativo n. 297/1994, e di cui quest’ultimo giudice ha rilevato il carattere discriminatorio, il che potrebbe essere contrario ai principi elaborati dalla Corte nella sentenza del 18 ottobre 2012, Valenza e a. (da C‑302/11 a C‑305/11, EU:C:2012:646).
24 Di conseguenza, il giudice del rinvio si chiede se il recupero dell’anzianità, quale previsto all’articolo 4, comma 3, del decreto del Presidente della Repubblica n. 399/1988, possa costituire una giustificazione oggettiva della differenza di trattamento giudicata contraria alla clausola 4 dell’accordo quadro.
25 Ciò posto, tale giudice sottolinea al riguardo, in sostanza, che detto recupero dell’anzianità, ai sensi di tale articolo 4, comma 3, può essere ritenuto una circostanza di fatto futura e incerta, legata a considerazioni di fatto specifiche per ciascun individuo.
26 In tali circostanze, il Tribunale di Lecce ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:
«1) Se la clausola 4 [dell’accordo quadro] della direttiva 99/70 osti a una normativa nazionale quale quella costituita dagli articoli 485 e 489 del decreto legislativo n. 297/1994, dall’articolo 11, comma 14, della legge n. 124/99 nonché dall’articolo 4, comma 3, del decreto del Presidente della Repubblica n. 399/88 che prevedono un computo dell’anzianità pre-ruolo, effettuato tenendo conto dell’articolo 11, comma 14 citato, per intero solo per i primi 4 anni e, per i successivi, una valutazione dei 2/3 ai fini giuridici ed economici e del restante terzo ai soli fini economici e dopo il raggiungimento di una determinata anzianità di servizio prevista dall’articolo 4, comma 3, del decreto del Presidente della Repubblica n. 399/88.
2) In ogni caso, se ai fini della valutazione della sussistenza di una discriminazione ex clausola 4 [dell’accordo quadro] della direttiva 99/70 il giudice nazionale debba tenere conto della sola anzianità pre-ruolo riconosciuta al momento dell’immissione in servizio o se, al contrario, debba tenersi conto dell’intero complesso normativo riguardante il trattamento della citata anzianità e quindi anche delle norme che prevedono, in periodi successivi all’immissione in ruolo, un recupero totale di anzianità di servizio ai soli fini economici».
Sulle questioni pregiudiziali
Sulla ricevibilità
27 Il governo italiano sostiene che le questioni pregiudiziali sono irricevibili, in quanto la risposta ad esse non solleva alcun dubbio, in particolare alla luce della sentenza Motter. Peraltro, la prima questione sarebbe ipotetica, dal momento che rifletterebbe un disaccordo del giudice del rinvio con la giurisprudenza della Corte suprema di cassazione e l’ordinamento giuridico interno offrirebbe mezzi per superare tale disaccordo.
28 A tale proposito, secondo costante giurisprudenza, nell’ambito del procedimento istituito dall’articolo 267 TFUE, spetta esclusivamente al giudice nazionale, cui è stata sottoposta la controversia e che deve assumersi la responsabilità dell’emananda decisione giurisdizionale, valutare, alla luce delle particolarità del caso di specie, tanto la necessità di una pronuncia pregiudiziale per essere in grado di emettere la propria sentenza, quanto la rilevanza delle questioni che sottopone alla Corte. Di conseguenza, allorché le questioni sollevate riguardano l’interpretazione del diritto dell’Unione, la Corte, in via di principio, è tenuta a statuire (sentenza del 9 marzo 2023, Vapo Atlantic, C‑604/21, EU:C:2023:175, punto 31 e giurisprudenza ivi citata).
29 Nel caso di specie, da un lato, occorre ricordare che non è in alcun modo fatto divieto a un giudice nazionale di sottoporre alla Corte una questione pregiudiziale la cui risposta, ad avviso di uno degli interessati che hanno partecipato al procedimento dinnanzi alla Corte, non lasci adito a ragionevoli dubbi. Pertanto, quand’anche fosse così, la domanda di pronuncia pregiudiziale contenente simili questioni non diviene per questo irricevibile (v., in tal senso, sentenza del 9 marzo 2023, Vapo Atlantic, C‑604/21, EU:C:2023:175, punto 33 e giurisprudenza ivi citata).
30 D’altro lato, il giudice del rinvio indica le ragioni per le quali, a suo avviso, una risposta alle questioni sollevate è necessaria ai fini della soluzione della controversia oggetto del procedimento principale. A tal riguardo, esso afferma di nutrire dubbi quanto alla conformità, alla giurisprudenza della Corte, delle conclusioni che la Corte suprema di cassazione ha tratto dalla sentenza Motter. Esso aggiunge che, in tale sentenza, la Corte non ha preso in considerazione tutti gli aspetti della normativa nazionale di cui trattasi nel procedimento principale e che sussistono dubbi quanto all’interpretazione da adottare della clausola 4 dell’accordo quadro in situazioni come quella di ED. Il problema posto dalla prima questione non è quindi di natura ipotetica.
31 Ne consegue che le questioni pregiudiziali sono ricevibili.
Nel merito
32 Con le sue questioni, che occorre esaminare congiuntamente, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se la clausola 4 dell’accordo quadro debba essere interpretata nel senso che essa osta a una normativa nazionale che, ai fini del riconoscimento dell’anzianità di servizio di un lavoratore al momento della sua nomina come dipendente pubblico di ruolo, limiti ai due terzi il computo dei periodi di servizio prestati oltre i quattro anni in forza di contratti di lavoro a tempo determinato, anche quando, dopo un certo numero di anni di servizio, il rimanente terzo dei periodi di servizio prestato sia recuperato ai soli fini economici.
33 Al riguardo, occorre ricordare che la clausola 4 dell’accordo quadro, che ha effetto diretto, sancisce, al punto 1, il divieto, per quanto riguarda le condizioni di impiego, di trattare i lavoratori a tempo determinato in modo meno favorevole dei lavoratori a tempo indeterminato comparabili per il solo fatto di avere un contratto o rapporto di lavoro a tempo determinato, a meno che un diverso trattamento non sia giustificato da ragioni oggettive. Il punto 4 di tale clausola 4 sancisce il medesimo divieto per quanto riguarda i criteri di periodi di anzianità relativi a condizioni particolari di impiego (sentenza del 30 novembre 2023, Ministero dell’Istruzione e INPS, C‑270/22, in prosieguo: la «sentenza Ministero dell’Istruzione e INPS», EU:C:2023:933, punti 52 e 53 nonché giurisprudenza ivi citata).
34 Inoltre, la Corte ha già dichiarato che norme, quali quelle in questione nel procedimento principale, relative ai periodi di servizio necessari per poter essere classificato in una categoria retributiva rientrano nella nozione di «condizioni di impiego» ai sensi di detta clausola 4 (sentenza Ministero dell’Istruzione e INPS, punto 55 e giurisprudenza ivi citata).
35 Pertanto, al fine di rispondere alle questioni sollevate, occorre esaminare se una normativa nazionale, come quella di cui trattasi nel procedimento principale, operi una differenza di trattamento, ai sensi della clausola 4 dell’accordo quadro, prima di determinare, eventualmente, se una siffatta differenza possa essere giustificata da ragioni oggettive, ai sensi di tale clausola.
36 Per quanto riguarda, in primo luogo, la questione se la normativa nazionale in questione nel procedimento principale operi una differenza di trattamento, ai sensi della clausola 4 dell’accordo quadro, occorre rilevare che l’ordinanza di rinvio fa riferimento all’articolo 485, comma 1, e all’articolo 489, comma 1, del decreto legislativo n. 297/1994, all’articolo 11, comma 14, della legge n. 124/1999 nonché all’articolo 4, comma 3, del decreto del Presidente della Repubblica n. 399/1988.
37 L’articolo 485, comma 1, del decreto legislativo n. 297/1994 era in discussione nella causa che ha dato luogo alla sentenza Motter.
38 Orbene, il giudice del rinvio afferma che, in tale causa, la Corte non disponeva di un contesto normativo completo, ragion per cui ha deciso di procedere al presente rinvio pregiudiziale. In tale contesto, esso menziona le altre disposizioni citate al punto 36 della presente sentenza.
39 A tal riguardo, occorre rilevare che le ragioni addotte dal giudice del rinvio per giustificare il presente rinvio pregiudiziale sono sostanzialmente identiche a quelle che hanno portato il Tribunale ordinario di Ravenna (Italia) a presentare la domanda di pronuncia pregiudiziale che ha portato alla sentenza Ministero dell’Istruzione e INPS, come si evince dal punto 41 di quest’ultima. Tale sentenza è stata pronunciata il 30 novembre 2023, vale a dire successivamente alla presentazione della domanda di pronuncia pregiudiziale nella presente causa.
40 Nella suddetta sentenza, la Corte ha rilevato che, conformemente alla normativa nazionale in questione nel procedimento principale, i docenti a tempo indeterminato assunti mediante concorso possono, ai fini del loro inquadramento in una categoria retributiva, vedersi integralmente riconosciuta la loro anzianità di servizio (v., in tal senso, sentenza Ministero dell’Istruzione e INPS, punto 57).
41 Per quanto riguarda, invece, i docenti assunti a tempo determinato immessi in ruolo mediante concorso per titoli, i periodi di servizio prestati a tempo determinato nel corso di un anno scolastico che non raggiungono le soglie fissate dall’articolo 489 del decreto legislativo n. 297/1994, come integrato dall’articolo 11, comma 14, della legge n. 124/1999, non vengono computati ai fini del riconoscimento della loro anzianità di servizio. Inoltre, i periodi che raggiungono dette soglie vengono computati in misura integrale solo per quattro anni, mentre tale computo è limitato ai due terzi per gli anni successivi, conformemente all’articolo 485 del decreto legislativo n. 297/1994 (v., in tal senso, sentenza Ministero dell’Istruzione e INPS, punto 58). Come menzionato al punto 13 della presente sentenza, nei confronti di ED è stato applicato l’insieme di tali disposizioni.
42 Per di più, al punto 59 della sentenza Ministero dell’Istruzione e INPS, la Corte ha espressamente tenuto conto del meccanismo di recupero previsto all’articolo 4, comma 3, del decreto del Presidente della Repubblica n. 399/1988, in forza del quale il terzo dell’anzianità di servizio non computato al momento dell’immissione in ruolo può, eventualmente, dopo un determinato periodo, essere recuperato ai fini dell’attribuzione ai docenti interessati delle successive posizioni stipendiali. A tal riguardo, la Corte ha sottolineato che un siffatto recupero può avvenire solo dopo un periodo particolarmente lungo, vale a dire tra il sedicesimo e il ventiquattresimo anno di servizio. Essa ha altresì osservato, in sostanza, che tale recupero è valido solo nel caso in cui il docente interessato faccia ancora parte, alla scadenza di tale periodo, dell’organico del Ministero dell’Istruzione e del Merito.
43 È tenendo conto dell’insieme delle disposizioni di cui ai due punti precedenti che la Corte ha dichiarato che una normativa nazionale, come quella di cui trattasi nel procedimento principale, opera una differenza di trattamento a danno dei docenti assunti a tempo determinato rispetto ai docenti assunti a tempo indeterminato mediante concorsi generali, ai quali non si applicano le limitazioni menzionate al punto precedente (sentenza Ministero dell’Istruzione e INPS, punto 60).
44 Dalla sentenza Ministero dell’Istruzione e INPS risulta quindi che una normativa come quella di cui trattasi nel procedimento principale opera una differenza di trattamento, ai sensi della clausola 4 dell’accordo quadro, e che il meccanismo di recupero previsto all’articolo 4, comma 3, del decreto del Presidente della Repubblica n. 399/1988, al quale il giudice del rinvio riconosce un’importanza particolare, fa parte delle norme che operano una siffatta differenza di trattamento.
45 Occorre aggiungere che, come evidenzia lo stesso giudice del rinvio, mentre i due terzi dell’anzianità di servizio presa in considerazione al momento dell’immissione in ruolo di un docente avviene ai fini giuridici ed economici, l’eventuale recupero, in applicazione dell’articolo 4, comma 3, del decreto del Presidente della Repubblica n. 399/1988, del rimanente terzo dell’anzianità di servizio avviene ai soli fini economici.
46 Ne consegue che detto meccanismo di recupero è caratterizzato non solo dal fatto, menzionato al punto 42 della presente sentenza, che la sua eventuale applicazione – subordinata alla condizione che la persona interessata eserciti ancora mansioni di docente di ruolo – è rinviata di vari anni – nel caso di ED, al compimento del suo sedicesimo anno di servizio – ed è, pertanto, futura e incerta, ma anche dal fatto che, anche qualora tale meccanismo sia applicato, i suoi effetti hanno una portata limitata.
47 Pertanto, la circostanza che, in taluni casi, l’applicazione di tale meccanismo possa eventualmente essere favorevole ai docenti interessati è, se del caso, atta a compensare soltanto parzialmente la differenza di trattamento subita, al momento della loro immissione in ruolo, attraverso l’applicazione di una normativa nazionale come quella di cui trattasi nel procedimento principale.
48 In ogni caso, l’esistenza di un trattamento meno favorevole, ai sensi della clausola 4, punto 1, dell’accordo quadro, va valutata oggettivamente [sentenza del 20 febbraio 2024, X (Assenza di motivi di recesso), C‑715/20, EU:C:2024:139, punto 51]. Pertanto, l’esistenza di una differenza di trattamento deve essere valutata alla luce degli elementi di fatto e di diritto che possono essere accertati al momento in cui quest’ultima è invocata dalla persona che ritiene di esserne colpita, senza che possano essere presi in considerazione eventuali elementi futuri, la cui esistenza stessa e la cui esatta portata restano incerte a tale momento.
49 Ciò posto, affinché una siffatta differenza di trattamento costituisca una discriminazione vietata dalla clausola 4 dell’accordo quadro, occorre poi che essa riguardi situazioni comparabili e che non sia giustificata da ragioni oggettive (sentenza Ministero dell’Istruzione e INPS, punto 61 e giurisprudenza ivi citata).
50 Pertanto, per quanto riguarda, in secondo luogo, la comparabilità delle situazioni di cui trattasi, al fine di valutare se i lavoratori svolgano un lavoro identico o simile, ai sensi dell’accordo quadro, occorre stabilire, in conformità alla clausola 3, punto 2, e alla clausola 4, punto 1, del medesimo, se, tenuto conto di un insieme di fattori, come la natura del lavoro, le condizioni di formazione e le condizioni di impiego, si possa ritenere che tali lavoratori si trovino in una situazione comparabile. Se è dimostrato che, nell’ambito del loro impiego, i lavoratori a tempo determinato esercitano le medesime mansioni dei lavoratori impiegati dallo stesso datore di lavoro a tempo indeterminato oppure occupano il loro stesso posto, le situazioni di queste due categorie di lavoratori devono, in linea di principio, essere considerate comparabili (sentenza Ministero dell’Istruzione e INPS, punti 62 e 63 nonché giurisprudenza ivi citata).
51 A tal riguardo, dall’ordinanza di rinvio risulta che, nel procedimento principale, è pacifico che le situazioni di cui trattasi sono comparabili, in particolare per quanto riguarda le mansioni svolte dai docenti assunti a tempo determinato e da quelli assunti a tempo indeterminato.
52 Del resto, la Corte ha già dichiarato che le mansioni svolte da docenti non di ruolo, come ED, devono, in linea di principio, essere considerate comparabili a quelle dei docenti assunti a tempo indeterminato (v., in tal senso, sentenza Ministero dell’Istruzione e INPS, punto 67 nonché giurisprudenza ivi citata).
53 In terzo e ultimo luogo, per quanto riguarda la questione se una differenza di trattamento, come quella di cui trattasi nel procedimento principale, possa essere giustificata da «ragioni oggettive», ai sensi della clausola 4 dell’accordo quadro, occorre ricordare che tale nozione deve essere intesa nel senso che essa non consente di giustificare una differenza di trattamento tra i lavoratori a tempo determinato e i lavoratori a tempo indeterminato con il mero fatto che essa è prevista da una norma nazionale generale e astratta. Detta nozione richiede che la disparità di trattamento constatata sia giustificata dalla sussistenza di elementi precisi e concreti, che contraddistinguono la condizione di impiego di cui trattasi, nel particolare contesto in cui essa si inscrive (sentenza Ministero dell’Istruzione e INPS, punto 69 nonché giurisprudenza ivi citata).
54 In base a criteri oggettivi e trasparenti, deve essere possibile verificare che tale disparità risponda a una reale necessità, che la stessa sia idonea a conseguire l’obiettivo perseguito e che essa sia necessaria a tal fine. Tali elementi possono risultare, segnatamente, dalla particolare natura delle mansioni per l’espletamento delle quali sono stati conclusi contratti a tempo determinato e dalle caratteristiche inerenti a queste ultime o, eventualmente, dal perseguimento di una legittima finalità di politica sociale di uno Stato membro (sentenza Ministero dell’Istruzione e INPS, punto 70 nonché giurisprudenza ivi citata).
55 Nel caso di specie, il giudice del rinvio afferma che le ragioni oggettive invocate dal governo italiano nella causa che ha dato luogo alla sentenza Motter sono trasponibili alla presente causa. Dal punto 42 di quest’ultima sentenza si evince che tale governo invocava obiettivi consistenti, in sostanza, da un lato, nel rispecchiare le differenze nell’attività lavorativa tra i docenti di ruolo assunti sin dall’inizio mediante concorsi generali e i docenti immessi in ruolo dopo aver acquisito un’esperienza professionale nell’ambito di contratti di lavoro a tempo determinato e, dall’altro, nell’evitare il prodursi di discriminazioni alla rovescia a danno dei primi. Occorre altresì precisare che detto governo, nelle sue osservazioni scritte, rinvia anche agli obiettivi esaminati dalla Corte nella sentenza Motter.
56 Secondo la giurisprudenza della Corte, ciascuno di tali obiettivi può configurare una «ragione oggettiva» ai sensi del punto 1 o del punto 4 della clausola 4 dell’accordo quadro (sentenza Ministero dell’Istruzione e INPS, punto 73 nonché giurisprudenza ivi citata).
57 La Corte ha altresì ammesso che detti obiettivi possono, in linea di principio e fatta salva la verifica da parte del giudice del rinvio, essere considerati rispondenti a una reale necessità e che la normativa nazionale di cui trattasi nel procedimento principale può, in linea di principio, essere considerata idonea a conseguire tali medesimi obiettivi (v., in tal senso, sentenza Ministero dell’Istruzione e INPS, punti 75 e 76 nonché giurisprudenza ivi citata).
58 Tuttavia, la Corte ha dichiarato che una normativa come quella di cui trattasi nel procedimento principale eccede quanto necessario per conseguire i due obiettivi menzionati al punto 55 della presente sentenza, in quanto prevede che il servizio di insegnamento di durata inferiore ai 180 giorni all’anno o prestato in modo non continuativo tra il 1º febbraio e il termine delle operazioni di scrutinio finale non sia preso in considerazione, neppure in misura limitata, e tale esclusione è combinata con la considerazione dell’anzianità di servizio eccedente i quattro anni maturata nell’ambito di contratti di lavoro a tempo determinato solo nella misura di due terzi (v., in tal senso, sentenza Ministero dell’Istruzione e INPS, punto 81).
59 Pertanto, la Corte ha dichiarato, al punto 84 della sentenza Ministero dell’Istruzione e INPS, che la clausola 4 dell’accordo quadro osta a una normativa nazionale come quella di cui trattasi nel procedimento principale, pur tenendo conto, ai fini di tale interpretazione, del fatto che tale normativa consente, dopo un certo numero di anni di servizio, il recupero a fini economici del terzo dell’anzianità di servizio non computato al momento dell’immissione in ruolo dell’interessato.
60 Infine, il giudice del rinvio evoca la possibilità che la giustificazione oggettiva della differenza di trattamento di cui trattasi nel procedimento principale risieda in tale meccanismo di recupero, previsto all’articolo 4, comma 3, del decreto del Presidente della Repubblica n. 399/1988.
61 A tal riguardo, oltre al fatto che l’applicazione di tale meccanismo è futura e incerta e che, anche qualora quest’ultimo trovi applicazione, esso ha solo una portata limitata, occorre constatare che, poiché, come risulta dal punto 44 della presente sentenza, detto meccanismo fa parte delle norme che operano una siffatta differenza di trattamento, quest’ultimo non può essere invocato come una «ragione oggettiva», ai sensi della clausola 4 dell’accordo quadro, al fine di giustificare tale differenza di trattamento.
62 Alla luce delle considerazioni che precedono, occorre rispondere alle questioni sollevate dichiarando che la clausola 4 dell’accordo quadro deve essere interpretata nel senso che essa osta a una normativa nazionale che, ai fini del riconoscimento dell’anzianità di servizio di un lavoratore al momento della sua nomina come dipendente pubblico di ruolo, limita ai due terzi il computo dei periodi di servizio prestati oltre i quattro anni in forza di contratti di lavoro a tempo determinato, anche quando, dopo un dato numero di anni di servizio, il rimanente terzo dei periodi di servizio prestato sia recuperato ai soli fini economici.
Sulle spese
63 Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice del rinvio, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.
Per questi motivi, la Corte (Settima Sezione) dichiara:
La clausola 4 dell’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato, concluso il 18 marzo 1999, che figura in allegato alla direttiva 1999/70/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999, relativa all’accordo quadro CES, UNICE e CEEP sul lavoro a tempo determinato,
deve essere interpretata nel senso che:
essa osta a una normativa nazionale che, ai fini del riconoscimento dell’anzianità di servizio di un lavoratore al momento della sua nomina come dipendente pubblico di ruolo, limita ai due terzi il computo dei periodi di servizio prestati oltre i quattro anni in forza di contratti di lavoro a tempo determinato, anche quando, dopo un dato numero di anni di servizio, il rimanente terzo dei periodi di servizio prestato sia recuperato ai soli fini economici.
Firme
* Lingua processuale: l’italiano.
i Il nome della presente causa è un nome fittizio. Non corrisponde al nome reale di nessuna delle parti del procedimento.
SENTENZA DELLA CORTE (Settima Sezione) 17 ottobre 2024 (*)
« Rinvio pregiudiziale – Politica sociale – Direttiva 1999/70/CE – Accordo quadro CES, UNICE e CEEP sul lavoro a tempo determinato – Clausola 4 – Settore pubblico – Docenti – Assunzione come dipendenti pubblici di ruolo di lavoratori con contratto a tempo determinato mediante una procedura di selezione per titoli – Determinazione dell’anzianità di servizio – Computo parziale dei periodi di servizio prestati nell’ambito di contratti di lavoro a tempo determinato – Recupero successivo del periodo di anzianità di servizio non computato – Irrilevanza ai fini della valutazione dell’esistenza di una discriminazione » Nella causa C‑322/23 [Lufoni] (i), avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dal Tribunale di Lecce (Italia), con ordinanza del 22 maggio 2023, pervenuta in cancelleria il 24 maggio 2023, nel procedimento ED contro Ministero dell’Istruzione e del Merito, Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS), LA CORTE (Settima Sezione), composta da F. Biltgen, presidente della Prima Sezione, facente funzione di presidente della Settima Sezione, M.L. Arastey Sahún (relatrice), presidente della Quinta Sezione, e J. Passer, giudice, avvocata generale: J. Kokott cancelliere: A. Calot Escobar vista la fase scritta del procedimento, considerate le osservazioni presentate: – per l’Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS), da C. D’Aloisio, E. De Rose, E. Sciplino e A. Sgroi, avvocati; – per il governo italiano, da G. Palmieri, in qualità di agente, assistita da L. Fiandaca e F. Sclafani, avvocati dello Stato; – per la Commissione europea, da D. Recchia e F. van Schaik, in qualità di agenti, vista la decisione, adottata dopo aver sentito l’avvocata generale, di giudicare la causa senza conclusioni, ha pronunciato la seguente Sentenza 1 La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione della clausola 4 dell’Accordo quadro sul lavoro a tempo determinato, concluso il 18 marzo 1999 (in prosieguo: l’«accordo quadro»), che figura in allegato alla direttiva 1999/70/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999, relativa all’accordo quadro CES, UNICE e CEEP sul lavoro a tempo determinato (GU 1999, L 175, pag. 43). 2 Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra ED, da un lato, e il Ministero dell’Istruzione e del Merito (Italia) e l’Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS) (Italia), dall’altro, in relazione al calcolo, alla data della nomina di ED come docente di ruolo, dell’anzianità di servizio da egli maturata nell’ambito di una serie di contratti a tempo determinato conclusi come docente non di ruolo. Contesto normativo Diritto dell’Unione 3 La clausola 3 dell’accordo quadro enuncia quanto segue: «1. Ai fini del presente accordo, il termine “lavoratore a tempo determinato” indica una persona con un contratto o un rapporto di lavoro definiti direttamente fra il datore di lavoro e il lavoratore e il cui termine è determinato da condizioni oggettive, quali il raggiungimento di una certa data, il completamento di un compito specifico o il verificarsi di un evento specifico. 2. Ai fini del presente accordo, il termine “lavoratore a tempo indeterminato comparabile” indica un lavoratore con un contratto o un rapporto di lavoro di durata indeterminata appartenente allo stesso stabilimento e addetto a lavoro/occupazione identico o simile, tenuto conto delle qualifiche/competenze. In assenza di un lavoratore a tempo indeterminato comparabile nello stesso stabilimento, il raffronto si dovrà fare in riferimento al contratto collettivo applicabile o, in mancanza di quest’ultimo, in conformità con la legge, i contratti collettivi o le prassi nazionali». 4 La clausola 4, punti 1 e 4, di tale accordo quadro è così formulata: «1. Per quanto riguarda le condizioni di impiego, i lavoratori a tempo determinato non possono essere trattati in modo meno favorevole dei lavoratori a tempo indeterminato comparabili per il solo fatto di avere un contratto o rapporto di lavoro a tempo determinato, a meno che non sussistano ragioni oggettive. (...) 4. I criteri del periodo di anzianità di servizio relativi a particolari condizioni di lavoro dovranno essere gli stessi sia per i lavoratori a tempo determinato sia per quelli a tempo indeterminato, eccetto quando criteri diversi in materia di periodo di anzianità siano giustificati da motivazioni oggettive». Diritto italiano Decreto legislativo n. 297/1994 5 L’articolo 485, comma 1, del decreto legislativo del 16 aprile 1994, n. 297 – Approvazione del testo unico delle disposizioni legislative vigenti in materia di istruzione, relative alle scuole di ogni ordine e grado (supplemento ordinario alla GURI n. 115 del 19 maggio 1994), nella versione applicabile al procedimento principale (in prosieguo: il «decreto legislativo n. 297/1994»), così prevede: «Al personale docente delle scuole di istruzione secondaria ed artistica, il servizio prestato presso le predette scuole statali e pareggiate, comprese quelle all’estero, in qualità di docente non di ruolo, è riconosciuto come servizio di ruolo, ai fini giuridici ed economici, per intero per i primi quattro anni e per i due terzi del periodo eventualmente eccedente, nonché ai soli fini economici per il rimanente terzo. I diritti economici derivanti da detto riconoscimento sono conservati e valutati in tutte le classi di stipendio successive a quella attribuita al momento del riconoscimento medesimo». 6 L’articolo 489, comma 1, di tale decreto legislativo dispone quanto segue: «Ai fini del riconoscimento di cui ai precedenti articoli il servizio di insegnamento è da considerarsi come anno scolastico intero se ha avuto la durata prevista agli effetti della validità dell’anno dall’ordinamento scolastico vigente al momento della prestazione». Legge n. 124/1999 7 Ai sensi dell’articolo 11, comma 14, della legge del 3 maggio 1999, n. 124 – Disposizioni urgenti in materia di personale scolastico (GURI n. 107 del 10 maggio 1999), nella versione applicabile al procedimento principale (in prosieguo: la «legge n. 124/1999»): «Il comma 1 dell’articolo 489 del [decreto legislativo n. 297/1994] è da intendere nel senso che il servizio di insegnamento non di ruolo prestato a decorrere dall’anno scolastico 1974-1975 è considerato come anno scolastico intero se ha avuto la durata di almeno 180 giorni oppure se il servizio sia stato prestato ininterrottamente dal 1° febbraio fino al termine delle operazioni di scrutinio finale». Decreto del Presidente della Repubblica n. 399/1988 8 L’articolo 4, comma 3, del decreto del Presidente della Repubblica del 23 agosto 1988, n. 399 – Norme risultanti dalla disciplina prevista dall’accordo per il triennio 1988-1990 del 9 giugno 1988 relativo al personale del comparto scuola (supplemento ordinario alla GURI n. 213 del 10 settembre 1988; in prosieguo: il «decreto del Presidente della Repubblica n. 399/1988»), dispone quanto segue: «Al compimento del sedicesimo anno per i docenti laureati della scuola secondaria superiore, del diciottesimo anno per i coordinatori amministrativi, per i docenti della scuola materna ed elementare, della scuola media e per i docenti diplomati della scuola secondaria superiore, del ventesimo anno per il personale ausiliario e collaboratore, del ventiquattresimo anno per i docenti dei conservatori di musica e delle accademie, l’anzianità utile ai soli fini economici è interamente valida ai fini dell’attribuzione delle successive posizioni stipendiali». Procedimento principale e questioni pregiudiziali 9 ED ha lavorato come docente presso la scuola secondaria superiore, in forza di diversi contratti a tempo determinato, durante gli anni scolastici dal 1996/1997 al 1998/1999, dal 2000/2001 al 2009/2010 e dal 2011/2012 al 2014/2015, prima di essere nominato docente a tempo indeterminato con immissione in ruolo decorrente dal 1º settembre 2015, a seguito di una procedura di assunzione per titoli. 10 In occasione di tale immissione in ruolo, a ED è stata riconosciuta, ai fini giuridici ed economici, in forza della normativa nazionale applicabile, un’anzianità di servizio maturata in forza di tali contratti a tempo determinato pari a 10 anni, 5 mesi e 10 giorni. 11 ED, ritenendo che il calcolo di tale anzianità violasse la clausola 4 dell’accordo quadro in quanto non prenderebbe in considerazione l’intera durata del servizio che egli ha prestato prima della sua immissione in ruolo, ha proposto, il 22 aprile 2021, un ricorso dinanzi al Tribunale di Lecce (Italia), giudice del rinvio, affinché gli fosse riconosciuta un’anzianità di servizio maturata sulla base di detti contratti a tempo determinato pari a 10 anni, 10 mesi e 17 giorni. 12 Per quanto riguarda il sistema di calcolo dell’anzianità di servizio previsto dalla normativa nazionale, tale giudice rileva, da un lato, che l’articolo 11, comma 14, della legge n. 124/1999 prevede che, se, per un dato anno scolastico, il servizio prestato in qualità di docente non di ruolo abbia avuto una durata di almeno 180 giorni o si sia protratto dal 1º febbraio fino al termine delle operazioni di scrutinio finale, esso si considera prestato per un anno scolastico intero. Per contro, quando un servizio siffatto non soddisfa nessuna di queste due condizioni, esso non viene preso in considerazione. 13 Pertanto, dall’ordinanza di rinvio si evince che, per quanto riguarda ED, gli anni scolastici 2000/2001, 2011/2012 e 2012/2013 non sono stati presi in considerazione, in quanto, per tali anni, la durata del suo servizio non soddisfaceva le condizioni previste da tale articolo 11, comma 14, della legge n. 124/1999. 14 D’altro lato, una volta calcolata la durata del servizio prestato secondo le norme menzionate al punto 12 della presente sentenza, tale durata, conformemente all’articolo 485 del decreto legislativo n. 297/1994, sarebbe presa in considerazione per intero per i primi quattro anni, mentre, per gli anni successivi, essa sarebbe presa in considerazione per due terzi ai fini giuridici ed economici. Il rimanente terzo sarebbe computato, ai fini economici, vale a dire ai fini dell’attribuzione delle successive posizioni stipendiali, alle scadenze previste all’articolo 4, comma 3, del decreto del Presidente della Repubblica n. 399/1988 e, segnatamente, al compimento del sedicesimo anno di servizio per i docenti laureati della scuola secondaria superiore. 15 Il giudice del rinvio aggiunge che l’articolo 4, paragrafo 3, del decreto del Presidente della Repubblica n. 399/1988 ha una particolare rilevanza ai fini della soluzione della controversia principale, in quanto, in forza di tale disposizione, sarebbe possibile recuperare, ai fini economici, ossia quelli oggetto di tale controversia, la parte dell’anzianità che non è computata al momento dell’immissione in ruolo dell’interessato. Le persone che si trovano nella stessa situazione di ED vedrebbero così il riconoscimento dell’intera durata del servizio prestato in qualità di docenti non di ruolo non già respinto, bensì soltanto rinviato al sedicesimo anno di servizio. 16 Il giudice del rinvio rileva che, nella sentenza del 20 settembre 2018, Motter (C‑466/17; in prosieguo: la «sentenza Motter», EU:C:2018:758), che verteva sul sistema di calcolo dell’anzianità di cui trattasi nel procedimento principale, la Corte non ha tenuto conto, in particolare, di tale articolo 4, comma 3, del decreto del Presidente della Repubblica n. 399/1988, dal momento che l’ordinanza di rinvio nella causa che ha dato luogo a tale sentenza non menzionava tale disposizione. Secondo il giudice del rinvio, è quindi necessario, nel caso di specie, sottoporre alla Corte nuove questioni pregiudiziali, fornendo un contesto normativo più completo. 17 Esso precisa altresì che gli elementi evocati dalla Corte nella medesima sentenza quanto alla comparabilità delle situazioni di cui trattasi e quanto alle giustificazioni oggettive invocate dal governo italiano sono trasponibili alla presente causa. 18 Inoltre, la Corte suprema di cassazione (Italia), nella sua sentenza n. 31149, del 28 novembre 2019, pronunciata sulla base della sentenza Motter, avrebbe dichiarato che l’articolo 485 del decreto legislativo n. 297/1994 si poneva in contrasto con la clausola 4 dell’accordo quadro e che tale articolo 485 dovesse, di conseguenza, essere disapplicato nei casi in cui l’anzianità di servizio dei docenti a tempo determinato che vengono successivamente immessi in ruolo, calcolata conformemente ai criteri di cui all’articolo 485 e all’articolo 489 di detto decreto legislativo, come integrato dall’articolo 11, comma 14, della legge n. 124/1999, fosse inferiore a quella riconoscibile a un docente che si trova in una situazione comparabile assunto ab origine a tempo indeterminato. 19 La Corte suprema di cassazione avrebbe quindi dichiarato che l’esistenza di una discriminazione deve essere valutata confrontando, alla data dell’immissione in ruolo dell’interessato, l’anzianità di servizio risultante dal calcolo previsto da ciascuno dei due sistemi di calcolo di cui al punto precedente al fine di adottare il sistema più vantaggioso. 20 Nel caso di specie, ED chiederebbe, in applicazione dei principi stabiliti dalla Corte suprema di cassazione, che gli venga riconosciuta un’anzianità di servizio di 10 anni, 10 mesi e 17 giorni, ossia maggiore di 5 mesi e 7 giorni rispetto all’anzianità che gli era stata riconosciuta. 21 Il giudice del rinvio osserva che, secondo il sistema di calcolo fatto valere da ED, quest’ultimo perderebbe, in particolare, il diritto, previsto all’articolo 4, comma 3, del decreto del Presidente della Repubblica n. 399/1988, ad ottenere il riconoscimento, al compimento del suo sedicesimo anno di servizio, di un periodo di anzianità supplementare di 3 anni, 2 mesi e 20 giorni, ai soli fini economici. 22 Infatti, la circostanza che, secondo la giurisprudenza della Corte suprema di cassazione, il momento determinante per valutare l’esistenza di una discriminazione ai sensi della clausola 4 dell’accordo quadro sia quello dell’immissione in ruolo avrebbe come conseguenza, in pratica, una maggiorazione dell’anzianità di ED di circa 5 mesi, ma una perdita del beneficio del riconoscimento del periodo di anzianità supplementare menzionato al punto precedente. 23 Pertanto, il giudice del rinvio ritiene che il sistema di calcolo dell’anzianità risultante dalla giurisprudenza della Corte suprema di cassazione porti a una maggiore disparità tra i lavoratori a tempo determinato e i lavoratori a tempo indeterminato che si trovano in situazioni comparabili rispetto al sistema di calcolo dell’anzianità previsto all’articolo 485 del decreto legislativo n. 297/1994, e di cui quest’ultimo giudice ha rilevato il carattere discriminatorio, il che potrebbe essere contrario ai principi elaborati dalla Corte nella sentenza del 18 ottobre 2012, Valenza e a. (da C‑302/11 a C‑305/11, EU:C:2012:646). 24 Di conseguenza, il giudice del rinvio si chiede se il recupero dell’anzianità, quale previsto all’articolo 4, comma 3, del decreto del Presidente della Repubblica n. 399/1988, possa costituire una giustificazione oggettiva della differenza di trattamento giudicata contraria alla clausola 4 dell’accordo quadro. 25 Ciò posto, tale giudice sottolinea al riguardo, in sostanza, che detto recupero dell’anzianità, ai sensi di tale articolo 4, comma 3, può essere ritenuto una circostanza di fatto futura e incerta, legata a considerazioni di fatto specifiche per ciascun individuo. 26 In tali circostanze, il Tribunale di Lecce ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali: «1) Se la clausola 4 [dell’accordo quadro] della direttiva 99/70 osti a una normativa nazionale quale quella costituita dagli articoli 485 e 489 del decreto legislativo n. 297/1994, dall’articolo 11, comma 14, della legge n. 124/99 nonché dall’articolo 4, comma 3, del decreto del Presidente della Repubblica n. 399/88 che prevedono un computo dell’anzianità pre-ruolo, effettuato tenendo conto dell’articolo 11, comma 14 citato, per intero solo per i primi 4 anni e, per i successivi, una valutazione dei 2/3 ai fini giuridici ed economici e del restante terzo ai soli fini economici e dopo il raggiungimento di una determinata anzianità di servizio prevista dall’articolo 4, comma 3, del decreto del Presidente della Repubblica n. 399/88. 2) In ogni caso, se ai fini della valutazione della sussistenza di una discriminazione ex clausola 4 [dell’accordo quadro] della direttiva 99/70 il giudice nazionale debba tenere conto della sola anzianità pre-ruolo riconosciuta al momento dell’immissione in servizio o se, al contrario, debba tenersi conto dell’intero complesso normativo riguardante il trattamento della citata anzianità e quindi anche delle norme che prevedono, in periodi successivi all’immissione in ruolo, un recupero totale di anzianità di servizio ai soli fini economici». Sulle questioni pregiudiziali Sulla ricevibilità 27 Il governo italiano sostiene che le questioni pregiudiziali sono irricevibili, in quanto la risposta ad esse non solleva alcun dubbio, in particolare alla luce della sentenza Motter. Peraltro, la prima questione sarebbe ipotetica, dal momento che rifletterebbe un disaccordo del giudice del rinvio con la giurisprudenza della Corte suprema di cassazione e l’ordinamento giuridico interno offrirebbe mezzi per superare tale disaccordo. 28 A tale proposito, secondo costante giurisprudenza, nell’ambito del procedimento istituito dall’articolo 267 TFUE, spetta esclusivamente al giudice nazionale, cui è stata sottoposta la controversia e che deve assumersi la responsabilità dell’emananda decisione giurisdizionale, valutare, alla luce delle particolarità del caso di specie, tanto la necessità di una pronuncia pregiudiziale per essere in grado di emettere la propria sentenza, quanto la rilevanza delle questioni che sottopone alla Corte. Di conseguenza, allorché le questioni sollevate riguardano l’interpretazione del diritto dell’Unione, la Corte, in via di principio, è tenuta a statuire (sentenza del 9 marzo 2023, Vapo Atlantic, C‑604/21, EU:C:2023:175, punto 31 e giurisprudenza ivi citata). 29 Nel caso di specie, da un lato, occorre ricordare che non è in alcun modo fatto divieto a un giudice nazionale di sottoporre alla Corte una questione pregiudiziale la cui risposta, ad avviso di uno degli interessati che hanno partecipato al procedimento dinnanzi alla Corte, non lasci adito a ragionevoli dubbi. Pertanto, quand’anche fosse così, la domanda di pronuncia pregiudiziale contenente simili questioni non diviene per questo irricevibile (v., in tal senso, sentenza del 9 marzo 2023, Vapo Atlantic, C‑604/21, EU:C:2023:175, punto 33 e giurisprudenza ivi citata). 30 D’altro lato, il giudice del rinvio indica le ragioni per le quali, a suo avviso, una risposta alle questioni sollevate è necessaria ai fini della soluzione della controversia oggetto del procedimento principale. A tal riguardo, esso afferma di nutrire dubbi quanto alla conformità, alla giurisprudenza della Corte, delle conclusioni che la Corte suprema di cassazione ha tratto dalla sentenza Motter. Esso aggiunge che, in tale sentenza, la Corte non ha preso in considerazione tutti gli aspetti della normativa nazionale di cui trattasi nel procedimento principale e che sussistono dubbi quanto all’interpretazione da adottare della clausola 4 dell’accordo quadro in situazioni come quella di ED. Il problema posto dalla prima questione non è quindi di natura ipotetica. 31 Ne consegue che le questioni pregiudiziali sono ricevibili. Nel merito 32 Con le sue questioni, che occorre esaminare congiuntamente, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se la clausola 4 dell’accordo quadro debba essere interpretata nel senso che essa osta a una normativa nazionale che, ai fini del riconoscimento dell’anzianità di servizio di un lavoratore al momento della sua nomina come dipendente pubblico di ruolo, limiti ai due terzi il computo dei periodi di servizio prestati oltre i quattro anni in forza di contratti di lavoro a tempo determinato, anche quando, dopo un certo numero di anni di servizio, il rimanente terzo dei periodi di servizio prestato sia recuperato ai soli fini economici. 33 Al riguardo, occorre ricordare che la clausola 4 dell’accordo quadro, che ha effetto diretto, sancisce, al punto 1, il divieto, per quanto riguarda le condizioni di impiego, di trattare i lavoratori a tempo determinato in modo meno favorevole dei lavoratori a tempo indeterminato comparabili per il solo fatto di avere un contratto o rapporto di lavoro a tempo determinato, a meno che un diverso trattamento non sia giustificato da ragioni oggettive. Il punto 4 di tale clausola 4 sancisce il medesimo divieto per quanto riguarda i criteri di periodi di anzianità relativi a condizioni particolari di impiego (sentenza del 30 novembre 2023, Ministero dell’Istruzione e INPS, C‑270/22, in prosieguo: la «sentenza Ministero dell’Istruzione e INPS», EU:C:2023:933, punti 52 e 53 nonché giurisprudenza ivi citata). 34 Inoltre, la Corte ha già dichiarato che norme, quali quelle in questione nel procedimento principale, relative ai periodi di servizio necessari per poter essere classificato in una categoria retributiva rientrano nella nozione di «condizioni di impiego» ai sensi di detta clausola 4 (sentenza Ministero dell’Istruzione e INPS, punto 55 e giurisprudenza ivi citata). 35 Pertanto, al fine di rispondere alle questioni sollevate, occorre esaminare se una normativa nazionale, come quella di cui trattasi nel procedimento principale, operi una differenza di trattamento, ai sensi della clausola 4 dell’accordo quadro, prima di determinare, eventualmente, se una siffatta differenza possa essere giustificata da ragioni oggettive, ai sensi di tale clausola. 36 Per quanto riguarda, in primo luogo, la questione se la normativa nazionale in questione nel procedimento principale operi una differenza di trattamento, ai sensi della clausola 4 dell’accordo quadro, occorre rilevare che l’ordinanza di rinvio fa riferimento all’articolo 485, comma 1, e all’articolo 489, comma 1, del decreto legislativo n. 297/1994, all’articolo 11, comma 14, della legge n. 124/1999 nonché all’articolo 4, comma 3, del decreto del Presidente della Repubblica n. 399/1988. 37 L’articolo 485, comma 1, del decreto legislativo n. 297/1994 era in discussione nella causa che ha dato luogo alla sentenza Motter. 38 Orbene, il giudice del rinvio afferma che, in tale causa, la Corte non disponeva di un contesto normativo completo, ragion per cui ha deciso di procedere al presente rinvio pregiudiziale. In tale contesto, esso menziona le altre disposizioni citate al punto 36 della presente sentenza. 39 A tal riguardo, occorre rilevare che le ragioni addotte dal giudice del rinvio per giustificare il presente rinvio pregiudiziale sono sostanzialmente identiche a quelle che hanno portato il Tribunale ordinario di Ravenna (Italia) a presentare la domanda di pronuncia pregiudiziale che ha portato alla sentenza Ministero dell’Istruzione e INPS, come si evince dal punto 41 di quest’ultima. Tale sentenza è stata pronunciata il 30 novembre 2023, vale a dire successivamente alla presentazione della domanda di pronuncia pregiudiziale nella presente causa. 40 Nella suddetta sentenza, la Corte ha rilevato che, conformemente alla normativa nazionale in questione nel procedimento principale, i docenti a tempo indeterminato assunti mediante concorso possono, ai fini del loro inquadramento in una categoria retributiva, vedersi integralmente riconosciuta la loro anzianità di servizio (v., in tal senso, sentenza Ministero dell’Istruzione e INPS, punto 57). 41 Per quanto riguarda, invece, i docenti assunti a tempo determinato immessi in ruolo mediante concorso per titoli, i periodi di servizio prestati a tempo determinato nel corso di un anno scolastico che non raggiungono le soglie fissate dall’articolo 489 del decreto legislativo n. 297/1994, come integrato dall’articolo 11, comma 14, della legge n. 124/1999, non vengono computati ai fini del riconoscimento della loro anzianità di servizio. Inoltre, i periodi che raggiungono dette soglie vengono computati in misura integrale solo per quattro anni, mentre tale computo è limitato ai due terzi per gli anni successivi, conformemente all’articolo 485 del decreto legislativo n. 297/1994 (v., in tal senso, sentenza Ministero dell’Istruzione e INPS, punto 58). Come menzionato al punto 13 della presente sentenza, nei confronti di ED è stato applicato l’insieme di tali disposizioni. 42 Per di più, al punto 59 della sentenza Ministero dell’Istruzione e INPS, la Corte ha espressamente tenuto conto del meccanismo di recupero previsto all’articolo 4, comma 3, del decreto del Presidente della Repubblica n. 399/1988, in forza del quale il terzo dell’anzianità di servizio non computato al momento dell’immissione in ruolo può, eventualmente, dopo un determinato periodo, essere recuperato ai fini dell’attribuzione ai docenti interessati delle successive posizioni stipendiali. A tal riguardo, la Corte ha sottolineato che un siffatto recupero può avvenire solo dopo un periodo particolarmente lungo, vale a dire tra il sedicesimo e il ventiquattresimo anno di servizio. Essa ha altresì osservato, in sostanza, che tale recupero è valido solo nel caso in cui il docente interessato faccia ancora parte, alla scadenza di tale periodo, dell’organico del Ministero dell’Istruzione e del Merito. 43 È tenendo conto dell’insieme delle disposizioni di cui ai due punti precedenti che la Corte ha dichiarato che una normativa nazionale, come quella di cui trattasi nel procedimento principale, opera una differenza di trattamento a danno dei docenti assunti a tempo determinato rispetto ai docenti assunti a tempo indeterminato mediante concorsi generali, ai quali non si applicano le limitazioni menzionate al punto precedente (sentenza Ministero dell’Istruzione e INPS, punto 60). 44 Dalla sentenza Ministero dell’Istruzione e INPS risulta quindi che una normativa come quella di cui trattasi nel procedimento principale opera una differenza di trattamento, ai sensi della clausola 4 dell’accordo quadro, e che il meccanismo di recupero previsto all’articolo 4, comma 3, del decreto del Presidente della Repubblica n. 399/1988, al quale il giudice del rinvio riconosce un’importanza particolare, fa parte delle norme che operano una siffatta differenza di trattamento. 45 Occorre aggiungere che, come evidenzia lo stesso giudice del rinvio, mentre i due terzi dell’anzianità di servizio presa in considerazione al momento dell’immissione in ruolo di un docente avviene ai fini giuridici ed economici, l’eventuale recupero, in applicazione dell’articolo 4, comma 3, del decreto del Presidente della Repubblica n. 399/1988, del rimanente terzo dell’anzianità di servizio avviene ai soli fini economici. 46 Ne consegue che detto meccanismo di recupero è caratterizzato non solo dal fatto, menzionato al punto 42 della presente sentenza, che la sua eventuale applicazione – subordinata alla condizione che la persona interessata eserciti ancora mansioni di docente di ruolo – è rinviata di vari anni – nel caso di ED, al compimento del suo sedicesimo anno di servizio – ed è, pertanto, futura e incerta, ma anche dal fatto che, anche qualora tale meccanismo sia applicato, i suoi effetti hanno una portata limitata. 47 Pertanto, la circostanza che, in taluni casi, l’applicazione di tale meccanismo possa eventualmente essere favorevole ai docenti interessati è, se del caso, atta a compensare soltanto parzialmente la differenza di trattamento subita, al momento della loro immissione in ruolo, attraverso l’applicazione di una normativa nazionale come quella di cui trattasi nel procedimento principale. 48 In ogni caso, l’esistenza di un trattamento meno favorevole, ai sensi della clausola 4, punto 1, dell’accordo quadro, va valutata oggettivamente [sentenza del 20 febbraio 2024, X (Assenza di motivi di recesso), C‑715/20, EU:C:2024:139, punto 51]. Pertanto, l’esistenza di una differenza di trattamento deve essere valutata alla luce degli elementi di fatto e di diritto che possono essere accertati al momento in cui quest’ultima è invocata dalla persona che ritiene di esserne colpita, senza che possano essere presi in considerazione eventuali elementi futuri, la cui esistenza stessa e la cui esatta portata restano incerte a tale momento. 49 Ciò posto, affinché una siffatta differenza di trattamento costituisca una discriminazione vietata dalla clausola 4 dell’accordo quadro, occorre poi che essa riguardi situazioni comparabili e che non sia giustificata da ragioni oggettive (sentenza Ministero dell’Istruzione e INPS, punto 61 e giurisprudenza ivi citata). 50 Pertanto, per quanto riguarda, in secondo luogo, la comparabilità delle situazioni di cui trattasi, al fine di valutare se i lavoratori svolgano un lavoro identico o simile, ai sensi dell’accordo quadro, occorre stabilire, in conformità alla clausola 3, punto 2, e alla clausola 4, punto 1, del medesimo, se, tenuto conto di un insieme di fattori, come la natura del lavoro, le condizioni di formazione e le condizioni di impiego, si possa ritenere che tali lavoratori si trovino in una situazione comparabile. Se è dimostrato che, nell’ambito del loro impiego, i lavoratori a tempo determinato esercitano le medesime mansioni dei lavoratori impiegati dallo stesso datore di lavoro a tempo indeterminato oppure occupano il loro stesso posto, le situazioni di queste due categorie di lavoratori devono, in linea di principio, essere considerate comparabili (sentenza Ministero dell’Istruzione e INPS, punti 62 e 63 nonché giurisprudenza ivi citata). 51 A tal riguardo, dall’ordinanza di rinvio risulta che, nel procedimento principale, è pacifico che le situazioni di cui trattasi sono comparabili, in particolare per quanto riguarda le mansioni svolte dai docenti assunti a tempo determinato e da quelli assunti a tempo indeterminato. 52 Del resto, la Corte ha già dichiarato che le mansioni svolte da docenti non di ruolo, come ED, devono, in linea di principio, essere considerate comparabili a quelle dei docenti assunti a tempo indeterminato (v., in tal senso, sentenza Ministero dell’Istruzione e INPS, punto 67 nonché giurisprudenza ivi citata). 53 In terzo e ultimo luogo, per quanto riguarda la questione se una differenza di trattamento, come quella di cui trattasi nel procedimento principale, possa essere giustificata da «ragioni oggettive», ai sensi della clausola 4 dell’accordo quadro, occorre ricordare che tale nozione deve essere intesa nel senso che essa non consente di giustificare una differenza di trattamento tra i lavoratori a tempo determinato e i lavoratori a tempo indeterminato con il mero fatto che essa è prevista da una norma nazionale generale e astratta. Detta nozione richiede che la disparità di trattamento constatata sia giustificata dalla sussistenza di elementi precisi e concreti, che contraddistinguono la condizione di impiego di cui trattasi, nel particolare contesto in cui essa si inscrive (sentenza Ministero dell’Istruzione e INPS, punto 69 nonché giurisprudenza ivi citata). 54 In base a criteri oggettivi e trasparenti, deve essere possibile verificare che tale disparità risponda a una reale necessità, che la stessa sia idonea a conseguire l’obiettivo perseguito e che essa sia necessaria a tal fine. Tali elementi possono risultare, segnatamente, dalla particolare natura delle mansioni per l’espletamento delle quali sono stati conclusi contratti a tempo determinato e dalle caratteristiche inerenti a queste ultime o, eventualmente, dal perseguimento di una legittima finalità di politica sociale di uno Stato membro (sentenza Ministero dell’Istruzione e INPS, punto 70 nonché giurisprudenza ivi citata). 55 Nel caso di specie, il giudice del rinvio afferma che le ragioni oggettive invocate dal governo italiano nella causa che ha dato luogo alla sentenza Motter sono trasponibili alla presente causa. Dal punto 42 di quest’ultima sentenza si evince che tale governo invocava obiettivi consistenti, in sostanza, da un lato, nel rispecchiare le differenze nell’attività lavorativa tra i docenti di ruolo assunti sin dall’inizio mediante concorsi generali e i docenti immessi in ruolo dopo aver acquisito un’esperienza professionale nell’ambito di contratti di lavoro a tempo determinato e, dall’altro, nell’evitare il prodursi di discriminazioni alla rovescia a danno dei primi. Occorre altresì precisare che detto governo, nelle sue osservazioni scritte, rinvia anche agli obiettivi esaminati dalla Corte nella sentenza Motter. 56 Secondo la giurisprudenza della Corte, ciascuno di tali obiettivi può configurare una «ragione oggettiva» ai sensi del punto 1 o del punto 4 della clausola 4 dell’accordo quadro (sentenza Ministero dell’Istruzione e INPS, punto 73 nonché giurisprudenza ivi citata). 57 La Corte ha altresì ammesso che detti obiettivi possono, in linea di principio e fatta salva la verifica da parte del giudice del rinvio, essere considerati rispondenti a una reale necessità e che la normativa nazionale di cui trattasi nel procedimento principale può, in linea di principio, essere considerata idonea a conseguire tali medesimi obiettivi (v., in tal senso, sentenza Ministero dell’Istruzione e INPS, punti 75 e 76 nonché giurisprudenza ivi citata). 58 Tuttavia, la Corte ha dichiarato che una normativa come quella di cui trattasi nel procedimento principale eccede quanto necessario per conseguire i due obiettivi menzionati al punto 55 della presente sentenza, in quanto prevede che il servizio di insegnamento di durata inferiore ai 180 giorni all’anno o prestato in modo non continuativo tra il 1º febbraio e il termine delle operazioni di scrutinio finale non sia preso in considerazione, neppure in misura limitata, e tale esclusione è combinata con la considerazione dell’anzianità di servizio eccedente i quattro anni maturata nell’ambito di contratti di lavoro a tempo determinato solo nella misura di due terzi (v., in tal senso, sentenza Ministero dell’Istruzione e INPS, punto 81). 59 Pertanto, la Corte ha dichiarato, al punto 84 della sentenza Ministero dell’Istruzione e INPS, che la clausola 4 dell’accordo quadro osta a una normativa nazionale come quella di cui trattasi nel procedimento principale, pur tenendo conto, ai fini di tale interpretazione, del fatto che tale normativa consente, dopo un certo numero di anni di servizio, il recupero a fini economici del terzo dell’anzianità di servizio non computato al momento dell’immissione in ruolo dell’interessato. 60 Infine, il giudice del rinvio evoca la possibilità che la giustificazione oggettiva della differenza di trattamento di cui trattasi nel procedimento principale risieda in tale meccanismo di recupero, previsto all’articolo 4, comma 3, del decreto del Presidente della Repubblica n. 399/1988. 61 A tal riguardo, oltre al fatto che l’applicazione di tale meccanismo è futura e incerta e che, anche qualora quest’ultimo trovi applicazione, esso ha solo una portata limitata, occorre constatare che, poiché, come risulta dal punto 44 della presente sentenza, detto meccanismo fa parte delle norme che operano una siffatta differenza di trattamento, quest’ultimo non può essere invocato come una «ragione oggettiva», ai sensi della clausola 4 dell’accordo quadro, al fine di giustificare tale differenza di trattamento. 62 Alla luce delle considerazioni che precedono, occorre rispondere alle questioni sollevate dichiarando che la clausola 4 dell’accordo quadro deve essere interpretata nel senso che essa osta a una normativa nazionale che, ai fini del riconoscimento dell’anzianità di servizio di un lavoratore al momento della sua nomina come dipendente pubblico di ruolo, limita ai due terzi il computo dei periodi di servizio prestati oltre i quattro anni in forza di contratti di lavoro a tempo determinato, anche quando, dopo un dato numero di anni di servizio, il rimanente terzo dei periodi di servizio prestato sia recuperato ai soli fini economici. Sulle spese 63 Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice del rinvio, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione. Per questi motivi, la Corte (Settima Sezione) dichiara: La clausola 4 dell’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato, concluso il 18 marzo 1999, che figura in allegato alla direttiva 1999/70/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999, relativa all’accordo quadro CES, UNICE e CEEP sul lavoro a tempo determinato, deve essere interpretata nel senso che: essa osta a una normativa nazionale che, ai fini del riconoscimento dell’anzianità di servizio di un lavoratore al momento della sua nomina come dipendente pubblico di ruolo, limita ai due terzi il computo dei periodi di servizio prestati oltre i quattro anni in forza di contratti di lavoro a tempo determinato, anche quando, dopo un dato numero di anni di servizio, il rimanente terzo dei periodi di servizio prestato sia recuperato ai soli fini economici. Firme * Lingua processuale: l’italiano. i Il nome della presente causa è un nome fittizio. Non corrisponde al nome reale di nessuna delle parti del procedimento. |