SENTENZA DEL TRIBUNALE (Sesta Sezione)
16 ottobre 2024 (*)
« Marchio dell’Unione europea – Opposizione – Domanda di marchio dell’Unione europea denominativo ALDO COPPOLA AMO – Marchi nazionali e registrazione internazionale denominativi anteriori MIAMO – Marchio nazionale e registrazione internazionale figurativi anteriori MIAMO Healthy Skin System – Impedimento alla registrazione relativo – Assenza di rischio di confusione – Articolo 8, paragrafo 1, lettera b), del regolamento (UE) 2017/1001 »
Nella causa T‑508/23,
Medspa Srl, con sede in Milano (Italia), rappresentata da M. Baghetti, avvocato,
ricorrente,
contro
Ufficio dell’Unione europea per la proprietà intellettuale (EUIPO), rappresentato da R. Raponi, in qualità di agente,
convenuto,
controinteressata nel procedimento dinanzi alla commissione di ricorso dell’UAMI e interveniente dinanzi al Tribunale:
Hic Srl, con sede in Milano, rappresentata da A. Mascetti e G. Beltrame, avvocati,
IL TRIBUNALE (Sesta Sezione),
composto da M.J. Costeira (relatrice), presidente, M. Kancheva e E. Tichy-Fisslberger, giudici,
cancelliere: R. Ūkelytė, amministratrice
vista la fase scritta del procedimento,
in seguito all’udienza del 25 aprile 2024,
ha pronunciato la seguente
Sentenza
1 Con ricorso ai sensi dell’articolo 263 TFUE, la Medspa Srl, ricorrente, chiede l’annullamento della decisione della quarta commissione di ricorso dell’Ufficio dell’Unione europea per la proprietà intellettuale (EUIPO) del 9 giugno 2023 (procedimento R 1625/2022-4) (in prosieguo: la «decisione impugnata»).
I. Fatti
2 Il 23 maggio 2019 la HIC Srl, interveniente, ha presentato all’EUIPO una domanda di registrazione di marchio dell’Unione europea per il segno denominativo ALDO COPPOLA AMO.
3 Il marchio richiesto designava prodotti e servizi rientranti, in particolare, nelle classi 3, 21, 41 e 44 ai sensi dell’accordo di Nizza relativo alla classificazione internazionale dei prodotti e dei servizi ai fini della registrazione dei marchi, del 15 giugno 1957, come riveduto e modificato.
4 Il 28 novembre 2019 la ricorrente ha proposto opposizione alla registrazione del marchio richiesto per i prodotti e i servizi di cui al precedente punto 3.
5 L’opposizione era fondata sui seguenti marchi anteriori:
– la registrazione internazionale n. 1 292 994 che designa l’Unione europea del segno figurativo, riprodotto di seguito, che designa prodotti e servizi rientranti nelle classi 3 e 44:
– la registrazione internazionale n. 1 260 992 che designa l’Unione del segno denominativo MIAMO che designa prodotti e servizi rientranti nelle classi 3 e 44;
– il marchio italiano figurativo n. 1 669 574, qui di seguito riprodotto, che designa prodotti e servizi rientranti nelle classi 3, 41 e 44:
– il marchio italiano denominativo MIAMO n. 1 622 714 che designa prodotti e servizi rientranti nelle classi 3 e 44;
– il marchio italiano denominativo MIAMO n. 2 018 000 028 182 che designa prodotti e servizi rientranti nelle classi 3, 21, 41 e 44.
6 Il motivo dedotto a sostegno dell’opposizione era quello di cui all’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), del regolamento (UE) 2017/1001 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 14 giugno 2017, sul marchio dell’Unione europea (GU 2017, L 154, pag. 1).
7 L’8 luglio 2022 la divisione di opposizione ha respinto l’opposizione.
8 Il 23 agosto 2022 la ricorrente ha proposto ricorso dinanzi all’EUIPO avverso la decisione della divisione di opposizione.
9 Con la decisione impugnata, la commissione di ricorso ha respinto il ricorso. In primo luogo, ha proceduto all’esame dell’opposizione rispetto alla registrazione internazionale n. 1 260 992 del marchio denominativo MIAMO. Anzitutto, ha considerato, in sostanza, che il pubblico di riferimento fosse composto dal pubblico in generale e dal pubblico professionale il cui livello di attenzione variava da medio a superiore alla media e che il territorio di riferimento fosse quello dell’Unione. Al pari della divisione di opposizione, ha poi condotto la sua analisi come se tutti i prodotti e i servizi di cui trattasi fossero identici. Inoltre, ha osservato che la somiglianza dei segni in conflitto sotto il profilo visivo e fonetico era molto ridotta e che gli stessi o erano diversi sotto il profilo concettuale o la loro comparazione sotto tale profilo era irrilevante. Inoltre, la commissione di ricorso ha precisato che, poiché la ricorrente non aveva dedotto l’elevato carattere distintivo del marchio anteriore, basava la propria analisi sul carattere distintivo intrinseco di quest’ultimo, che ha considerato normale. Infine, alla luce di tali considerazioni, essa ha concluso nel senso che non sussisteva alcun rischio di confusione ai sensi dell’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), del regolamento 2017/1001.
10 In secondo luogo, la commissione di ricorso ha affermato che non poteva constatarsi alcun rischio di confusione ai sensi di tale disposizione neppure in relazione agli altri marchi anteriori dedotti a sostegno dell’opposizione. Infatti, per quanto riguarda i marchi denominativi anteriori, si sarebbe applicata la stessa valutazione effettuata in relazione alla registrazione internazionale n. 1 260 992 del segno denominativo MIAMO. Quanto ai marchi figurativi anteriori, essi presentavano elementi che li avrebbero ancor più differenziati dal marchio richiesto.
II. Conclusioni delle parti
11 La ricorrente chiede, in sostanza, che il Tribunale voglia:
– annullare la decisione impugnata e accogliere l’opposizione;
– in subordine, annullare detta decisione e rinviare la causa alla commissione di ricorso per il riesame;
– in ogni caso, dichiarare che la ricorrente non è tenuta a rimborsare le spese sostenute dall’interveniente dinanzi alla divisione di opposizione e alla commissione di ricorso;
– condannare l’EUIPO e l’interveniente alle spese sostenute dinanzi alla divisione di opposizione, alla commissione di ricorso e al Tribunale.
12 L’EUIPO chiede che il Tribunale voglia:
– respingere il ricorso;
– condannare la ricorrente alle spese in caso di convocazione di un’udienza.
13 L’interveniente chiede che il Tribunale voglia:
– respingere il ricorso;
– condannare la ricorrente alle spese.
III. In diritto
A. Sulla competenza del Tribunale a conoscere del terzo capo delle conclusioni della ricorrente
14 Con il terzo capo delle conclusioni, la ricorrente chiede al Tribunale di dichiarare che essa non è tenuta a rimborsare le spese sostenute dall’interveniente dinanzi alla divisione di opposizione e alla commissione di ricorso.
15 L’EUIPO sostiene che tale capo delle conclusioni non ha portata autonoma in quanto è incluso nella domanda di annullamento della decisione impugnata.
16 Interrogata su tale punto all’udienza, la ricorrente ha precisato che tale capo delle conclusioni doveva essere considerato come avente portata autonoma.
17 A tal riguardo, è sufficiente ricordare che, nell’ambito del controllo di legittimità fondato sull’articolo 263 TFUE, il Tribunale non è competente a pronunciare sentenze dichiarative (v. sentenza del 13 settembre 2023, Transformers Manufacturing Company/EUIPO – H&F (TMC TRANSFORMERS), T‑163/22, non pubblicata, EU:T:2023:534, punto 18 e giurisprudenza citata).
18 Ne consegue che il terzo capo delle conclusioni della ricorrente deve essere respinto per incompetenza.
B. Sulla ricevibilità
1. Sull’eccezione di irricevibilità attinente alla tardività del controricorso dell’EUIPO
19 In udienza, la ricorrente ha sostenuto che il controricorso dell’EUIPO era irricevibile in quanto depositato tardivamente. Essa sostiene che tale memoria, depositata il 7 novembre 2023, è stata presentata più di 2 mesi dopo la notifica del ricorso, avvenuta il 18 agosto 2023.
20 L’EUIPO ha contestato gli argomenti della ricorrente e ha chiesto il rigetto dell’eccezione di irricevibilità.
21 A questo proposito, occorre ricordare che, secondo l’articolo 179 del regolamento di procedura del Tribunale, il convenuto presenta il controricorso entro due mesi decorrenti dalla notifica del ricorso. Ai sensi dell’articolo 60 del regolamento di procedura, tale termine deve essere aumentato di un termine forfettario di dieci giorni, in ragione della distanza.
22 Inoltre, con decisione dell’11 luglio 2018, relativa al deposito e alla notifica di atti di procedura mediante l’applicazione e-Curia (GU 2018, L 240, pag. 72), il Tribunale ha istituito una modalità di deposito e di notifica di atti di procedura per via elettronica.
23 Conformemente all’articolo 6, primo e secondo comma, di tale decisione, gli atti di procedura sono notificati mediante e-Curia ai titolari di un profilo utente nelle cause che li riguardano e i destinatari delle notifiche sono avvisati con messaggio di posta elettronica quando detti atti siano disponibili. Ai sensi dell’articolo 6, terzo comma, prima e seconda frase, della medesima decisione, l’atto di procedura si considera notificato nel momento in cui il destinatario chiede di accedere a tale atto. In mancanza di domande di accesso, l’atto si considera notificato alla scadenza del settimo giorno successivo a quello dell’invio del relativo avviso mediante posta elettronica.
24 Nel caso di specie, dal fascicolo elettronico risulta che, come sostenuto dall’EUIPO in udienza, un messaggio di posta elettronica è stato inviato all’EUIPO, il 21 agosto 2023, mediante l’applicazione e-Curia e che quest’ultimo ha chiesto di accedere all’atto introduttivo del giudizio il 28 agosto 2023. L’EUIPO ha depositato il controricorso il 7 novembre 2023, ossia entro il termine di due mesi prescritto dall’articolo 179 del regolamento di procedura, aumentato del termine in ragione della distanza previsto all’articolo 60 del medesimo regolamento di procedura.
25 Il fatto che la ricorrente non sia stata informata della data in cui l’EUIPO ha chiesto l’accesso al ricorso non ha alcuna rilevanza sul termine di deposito del controricorso presso la cancelleria del Tribunale, conformemente alle disposizioni pertinenti del regolamento di procedura citate al precedente punto 21.
26 Occorre quindi respingere l’eccezione di irricevibilità vertente sulla tardività del controricorso dell’EUIPO.
2. Sulla ricevibilità degli elementi di prova prodotti per la prima volta dinanzi al Tribunale
27 La ricorrente ha precisato, nel ricorso, che gli allegati A 8, A 10 ter e A 12 ter allo stesso, benché presentati per la prima volta dinanzi al Tribunale, dovevano essere considerati ricevibili. A suo avviso, dalla sentenza del 18 giugno 2020, Primart/EUIPO (C‑702/18 P, EU:C:2020:489), emerge che l’articolo 76 del regolamento n. 207/2009 del Consiglio, del 26 febbraio 2009, sul marchio dell’Unione europea (GU 2009, L 78, pag. 1) (divenuto articolo 95 del regolamento 2017/1001) non può essere interpretato nel senso che argomenti diretti a mettere in discussione considerazioni della commissione di ricorso vertenti su questioni sulle quali essa deve necessariamente pronunciarsi non facciano parte dell’oggetto della controversia dinanzi al Tribunale se non sono stati dedotti nel corso del procedimento dinnanzi alla commissione di ricorso. Secondo la ricorrente, lo stesso vale anche per gli elementi di prova diretti a suffragare siffatti argomenti. Essa aggiunge che anche elementi di prova diretti a «rafforzare» quelli precedentemente allegati dovrebbero essere ricevibili. Inoltre, l’avvocato generale Bobek, nelle sue conclusioni nella causa Primart/EUIPO (C‑702/18 P, EU:C:2019:1030), avrebbe precisato che la commissione di ricorso poteva, indipendentemente da quanto sostenuto dalle parti, decidere sulla base di fatti di dominio pubblico. Ebbene, nel caso di specie, da un lato, poiché gli allegati A 8, A 10 ter e A 12 ter sono estratti da siti Internet e dal registro dei marchi dell’Unione europea, essi sarebbero liberamente accessibili alla commissione di ricorso. Dall’altro, essi verterebbero sull’interpretazione degli elementi dominanti del marchio richiesto.
28 L’interveniente contesta la ricevibilità di tali allegati in quanto sono stati prodotti per la prima volta dinanzi al Tribunale.
29 L’EUIPO sostiene che gli allegati A 8 e A 12 ter al ricorso sono irricevibili per lo stesso motivo addotto dall’interveniente.
30 A tal riguardo, occorre ricordare che un ricorso proposto dinanzi al Tribunale ai sensi dell’articolo 72, paragrafo 2, del regolamento 2017/1001 mira al controllo della legittimità delle decisioni delle commissioni di ricorso. Nell’ambito di detto regolamento, ai sensi dell’articolo 95, tale controllo deve effettuarsi in base all’ambito fattuale e giuridico della lite quale è stato presentato dinanzi alla commissione di ricorso [v. sentenza del 1º febbraio 2005, SPAG/UAMI – Dann e Backer (HOOLIGAN), T‑57/03, EU:T:2005:29, punto 17 e giurisprudenza citata]. Ne consegue che il Tribunale non può annullare o riformare la decisione oggetto del ricorso per motivi che emergano dopo la sua pronuncia (sentenze dell’11 maggio 2006, Sunrider/UAMI, C‑416/04 P, EU:C:2006:310, punto 55, e del 13 marzo 2007, UAMI/Kaul, C‑29/05 P, EU:C:2007:162, punto 53).
31 La funzione del Tribunale non è quindi quella di riesaminare le circostanze di fatto alla luce delle prove presentate per la prima volta dinanzi ad esso. Infatti, l’ammissione di tali prove contrasta con l’articolo 188 del regolamento di procedura, secondo cui le memorie delle parti non possono modificare l’oggetto della controversia dinanzi alla commissione di ricorso. Pertanto, le prove prodotte per la prima volta dinanzi al Tribunale devono essere dichiarate irricevibili, senza che occorra esaminarle [v. sentenza del 14 maggio 2009, Fiorucci/UAMI – Edwin (ELIO FIORUCCI), T‑165/06, EU:T:2009:157, punto 22 e giurisprudenza citata].
32 Diverso è il caso in cui le commissioni di ricorso, per determinare la percezione che il pubblico di riferimento avrà dei marchi in conflitto, si basino su fatti noti o sulle conoscenze particolari di tali fatti noti da parte dei loro membri. In un’eventualità del genere, la parte alla quale tale valutazione arreca pregiudizio può contestarne l’accuratezza nell’ambito del suo ricorso dinanzi al Tribunale e le prove addotte a sostegno di tale contestazione sono, quindi, ricevibili [v. sentenza del 21 dicembre 2022, Sanrio/EUIPO – Miroglio Fashion (SANRIO CHARACTERS), T‑43/22, non pubblicata, EU:T:2022:844, punto 19 e giurisprudenza citata].
33 Nel caso di specie, occorre rilevare che gli allegati A 8, A 10 ter e A 12 ter del ricorso non sono stati presentati dalla ricorrente nel corso del procedimento dinanzi all’EUIPO.
34 Gli allegati A 8 e A 12 ter contengono estratti di siti Internet riguardanti l’origine del cognome Coppola e l’asserita notorietà di Aldo Coppola. Tali allegati sono stati presentati a sostegno dell’argomento della ricorrente relativo al fatto che il pubblico di riferimento conosce gli elementi denominativi «aldo coppola» che compongono il marchio richiesto e suffragano la contestazione delle valutazioni di cui ai punti da 42 a 49, 66 e 67 della decisione impugnata, con le quali la commissione di ricorso ha ritenuto, in sostanza, che detti elementi denominativi, la cui presenza all’interno del marchio richiesto accentuava l’assenza di rischio di confusione, fossero più distintivi all’interno di quest’ultimo.
35 Ebbene, è d’obbligo rilevare che tali valutazioni della commissione di ricorso non sono state svolte alla luce della sua percezione di un fatto noto ai sensi della giurisprudenza citata al precedente punto 32, bensì alla luce della posizione assunta dalla divisione di opposizione e degli argomenti presentati dalla ricorrente e dall’interveniente nel corso del procedimento dinanzi all’EUIPO.
36 Pertanto, gli allegati A 8 e A 12 ter del ricorso devono essere respinti, senza che sia necessario esaminare il loro valore probatorio [v., in tal senso, sentenza del 24 novembre 2005, Sadas/UAMI – LTJ Diffusion (ARTHUR ET FELICIE), T‑346/04, EU:T:2005:420, punto 19 e giurisprudenza citata].
37 Gli argomenti dedotti dalla ricorrente non sono tali da mettere in discussione tale conclusione.
38 Da un lato, occorre respingere l’argomento della ricorrente relativo alla sentenza del 18 giugno 2020, Primart/EUIPO (C‑702/18 P, EU:C:2020:489). A tal riguardo, è sufficiente notare che, ai punti da 41 a 43 di tale sentenza, la Corte opera una distinzione tra gli elementi di diritto e gli elementi di fatto. Solo i primi sono considerati come facenti parte dell’oggetto della lite dinanzi al Tribunale, anche se non sono stati dedotti nel corso del procedimento dinanzi alla commissione di ricorso, in quanto quest’ultima deve necessariamente pronunciarsi su di essi. Ebbene, gli allegati A 8 e A 12 ter al ricorso non possono essere considerati elementi di diritto.
39 Dall’altro lato, per quanto riguarda l’argomento della ricorrente secondo cui elementi di prova diretti a «rafforzare» quelli precedentemente dedotti dovrebbero essere considerati ricevibili, è sufficiente rilevare che, come si evince dal precedente punto 30, il controllo della legittimità delle decisioni delle commissioni di ricorso deve essere effettuato alla luce del contesto fattuale e giuridico della lite quale presentato dinanzi alla commissione di ricorso, ragion per cui gli elementi di prova che non sono stati dedotti dinanzi all’EUIPO non possono essere considerati ricevibili, anche supponendo che essi «rafforzino» quelli dedotti dinanzi a quest’ultimo.
40 L’allegato A 10 ter, anch’esso prodotto al fine di dimostrare la conoscenza, da parte del pubblico di riferimento, degli elementi denominativi «aldo coppola» che compongono il marchio richiesto, contiene estratti del registro dei marchi dell’Unione europea.
41 A tal riguardo, occorre rilevare che, contrariamente a quanto sostiene l’interveniente, dalla giurisprudenza si evince che gli estratti del registro dei marchi dell’Unione europea non sono prove propriamente dette, ma riguardano la prassi decisionale dell’EUIPO, alla quale una parte deve avere la possibilità di riferirsi per la prima volta dinanzi al Tribunale, poiché si tratta di contestare alla commissione di ricorso non di non aver preso in considerazione elementi di fatto in una sentenza o in una decisione precisa, bensì di aver violato una disposizione del regolamento 2017/1001 e di dedurre la giurisprudenza o una prassi decisionale a sostegno di tale motivo [v. sentenza del 26 giugno 2018, Sicignano/EUIPO – IN.PRO.DI (GiCapri «a giacchett’e capri»), T‑619/16, non pubblicata, EU:T:2018:385, punto 31 e giurisprudenza citata].
42 Alla luce delle considerazioni che precedono, occorre dichiarare irricevibili gli allegati A 8 e A 12 ter al ricorso. L’allegato A 10 ter al medesimo ricorso è invece ricevibile.
C. Nel merito
1. Sulle prime parti del primo e del secondo capo delle conclusioni della ricorrente, dirette all’annullamento della decisione impugnata
43 A sostegno delle prime parti del primo e del secondo capo delle conclusioni dirette all’annullamento della decisione impugnata, la ricorrente deduce un motivo unico, vertente sulla violazione dell’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), del regolamento 2017/1001.
44 In particolare, essa sostiene che la commissione di ricorso ha commesso errori di valutazione nella comparazione dei segni in conflitto e nella valutazione globale del rischio di confusione.
45 L’EUIPO e l’interveniente contestano gli argomenti della ricorrente.
46 Ai sensi dell’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 2017/1001, in seguito all’opposizione del titolare di un marchio anteriore, il marchio richiesto è escluso dalla registrazione se, a causa dell’identità o della somiglianza di detto marchio con il marchio anteriore e dell’identità o della somiglianza dei prodotti o servizi per i quali i due marchi sono stati richiesti, sussiste un rischio di confusione per il pubblico del territorio nel quale il marchio anteriore è tutelato. Il rischio di confusione comprende il rischio di associazione con il marchio anteriore.
47 Il rischio di confusione è la probabilità che il pubblico possa credere che i prodotti o i servizi controversi provengano dalla stessa impresa o da imprese economicamente collegate. Il rischio di confusione deve essere valutato complessivamente, secondo la percezione che il pubblico di riferimento ha dei segni e dei prodotti o servizi di cui trattasi e prendendo in considerazione tutti i fattori pertinenti del caso di specie, in particolare l’interdipendenza tra la somiglianza dei segni e quella dei prodotti o dei servizi designati [v. sentenza del 9 luglio 2003, Laboratorios RTB/UAMI – Giorgio Beverly Hills (GIORGIO BEVERLY HILLS), T‑162/01, EU:T:2003:199, punti da 30 a 33 e giurisprudenza citata].
48 Ai fini dell’applicazione dell’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), del regolamento 2017/1001, un rischio di confusione presuppone un’identità o una somiglianza dei marchi in conflitto e, al tempo stesso, un’identità o una somiglianza dei prodotti o dei servizi che essi designano. Si tratta di condizioni cumulative [v. sentenza del 22 gennaio 2009, Commercy/UAMI – easyGroup IP Licensing (easyHotel), T‑316/07, EU:T:2009:14, punto 42 e giurisprudenza citata].
49 È alla luce di tali considerazioni che occorre esaminare se, come sostiene la ricorrente, la commissione di ricorso abbia violato l’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), del regolamento 2017/1001, nel ritenere che, nel caso di specie, non potesse sussistere un rischio di confusione.
50 Poiché la commissione di ricorso ha iniziato l’esame del rischio di confusione riguardo alla registrazione internazionale n. 1 260 992 del segno denominativo MIAMO, occorre analizzare, in primo luogo, le relative valutazioni, prima di procedere, in secondo luogo, all’esame delle valutazioni relative agli altri marchi anteriori.
a) Sull’opposizione fondata sulla registrazione internazionale anteriore n. 1 260 992 del segno denominativo MIAMO
1) Sul pubblico e sul territorio di riferimento
51 Per quanto riguarda il pubblico di riferimento, ai punti da 28 a 31 della decisione impugnata, la commissione di ricorso ha ritenuto, in sostanza, che esso fosse composto dal pubblico in generale e dal pubblico professionale il cui livello di attenzione variava da medio a superiore alla media.
52 Queste valutazioni, peraltro non contestate dalla ricorrente, devono essere approvate.
53 Per quanto riguarda il territorio di riferimento, al punto 32 della decisione impugnata, la commissione di ricorso ha rilevato che, poiché il marchio anteriore era una registrazione internazionale che designa l’Unione, il territorio rilevante era quindi quello dell’Unione.
54 A questo proposito, occorre ricordare che, ai sensi dell’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), del regolamento 2017/1001, la sussistenza di un rischio di confusione risultante dalla somiglianza, da un lato, tra il marchio di cui si chiede la registrazione e un marchio anteriore e, dall’altro, tra i prodotti o i servizi designati da tali marchi deve essere valutata con riferimento al pubblico del territorio nel quale il marchio anteriore è tutelato [v. sentenza del 18 novembre 2020, LG Electronics/EUIPO – Staszewski (K7), T‑21/20, non pubblicata, EU:T:2020:550, punto 22 e giurisprudenza citata].
55 Poiché la ricorrente sostiene che il territorio da prendere in considerazione ai fini del presente procedimento è quello dell’Italia, è sufficiente osservare che, come giustamente rilevato dalla commissione di ricorso al punto 33 della decisione impugnata, per negare la registrazione di un marchio dell’Unione europea è sufficiente che un impedimento alla registrazione relativo, ai sensi dell’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), del regolamento 2017/1001, esista in una parte dell’Unione, che può essere eventualmente costituita da un solo Stato membro [v., in tal senso, sentenza del 14 dicembre 2006, Mast-Jägermeister/UAMI – Licorera Zacapaneca (VENADO con riquadro e a.), T‑81/03, T‑82/03 e T‑103/03, EU:T:2006:397, punti 76 e 83]. A contrario, la conclusione della commissione di ricorso, secondo cui non sussiste alcun rischio di confusione nell’Unione, comprende il territorio italiano. In un simile caso di assenza di rischio di confusione, la riduzione del territorio del pubblico di riferimento dell’intera Unione a un solo Stato membro non può influire su tale conclusione. L’argomento della ricorrente deve quindi essere respinto in quanto inconferente.
56 Le valutazioni della commissione di ricorso relative al territorio rilevante devono quindi essere parimenti confermate.
2) Sulla comparazione dei prodotti e dei servizi
57 Al punto 34 della decisione impugnata, per ragioni di economia procedurale, la commissione di ricorso, al pari della divisione di opposizione, ha condotto la sua analisi come se tutti i prodotti e i servizi designati dal marchio richiesto fossero identici a quelli oggetto della registrazione internazionale anteriore n. 1 260 992, il che era l’approccio migliore per esaminare l’opposizione.
58 Non vi è motivo di mettere in discussione tale approccio, peraltro non contestato dalla ricorrente.
3) Sulla comparazione dei segni
59 La valutazione globale del rischio di confusione deve basarsi, per quanto riguarda la somiglianza visiva, fonetica o concettuale dei marchi in conflitto, sull’impressione complessiva prodotta dagli stessi, tenendo conto, in particolare, dei loro elementi distintivi e dominanti. La percezione dei marchi che il consumatore medio ha dei prodotti o dei servizi controversi svolge un ruolo determinante nella valutazione complessiva di detto rischio. A tal riguardo, il consumatore medio di solito percepisce un marchio come un tutt’uno e non ne esamina i vari dettagli (v. sentenza del 12 giugno 2007, UAMI/Shaker, C‑334/05 P, EU:C:2007:333, punto 35 e giurisprudenza citata).
60 È alla luce di tali considerazioni che occorre valutare, prima di procedere all’esame dell’eventuale somiglianza dei segni in conflitto sui piani visivo, fonetico e concettuale, l’eventuale esistenza di elementi distintivi e dominanti all’interno di detti segni.
i) Sugli elementi distintivi e dominanti dei segni in conflitto
61 Ai punti da 38 a 49 della decisione impugnata, la commissione di ricorso ha rilevato che la registrazione internazionale anteriore n. 1 260 992 era priva di significato nel suo insieme. Essa ha ritenuto che tanto il pubblico italofono quanto il pubblico spagnolo avrebbero potuto scomporla in due parole, vale a dire «mi» e «amo». Il primo avrebbe percepito l’unione di tali parole, vale a dire l’unione del pronome «mi» (in francese «me») e della prima persona al singolare dell’indicativo presente del verbo «amare» (in francese «aimer»), nel senso di «amo me stesso/a» e il secondo l’avrebbe intesa come il significato di «mio signore» o «mio padrone». Per la maggioranza della restante parte del pubblico di riferimento, tale unione di parole non avrebbe avuto, invece, alcun significato. Secondo la commissione di ricorso, in ogni modo, il segno anteriore, essendo una singola parola, non ha elementi che possono essere percepiti come più distintivi di altri per tutto il pubblico di riferimento.
62 Per quanto riguarda il marchio richiesto, la commissione di ricorso ha rilevato che una parte non trascurabile del pubblico di riferimento, in particolare il pubblico italiano, avrebbe riconosciuto gli elementi «aldo coppola» come un nome e un cognome italiani piuttosto comuni. Tale parte del pubblico di riferimento avrebbe riconosciuto anche l’elemento «amo» nel senso di «amare» alla prima persona del singolare dell’indicativo presente. Anche il pubblico spagnolo avrebbe percepito tale elemento nel senso di «signore» o «padrone». Per la maggioranza della parte restante del pubblico di riferimento, il marchio richiesto non avrebbe avuto invece significato, anche se l’elemento denominativo «Coppola» fosse stato riconosciuto come un cognome di origine italiana. Secondo la commissione di ricorso, è prevedibile che il pubblico di riferimento si ricordi gli elementi «aldo coppola» per la loro lunghezza e posizione nell’impressione complessiva prodotta da detto marchio. Inoltre, per una parte significativa di detto pubblico, tali elementi costituirebbero un’indicazione di un patronimico. Tuttavia, l’elemento «amo», non essendo privo di carattere distintivo, non sarebbe trascurabile nell’impressione complessiva prodotta dal marchio richiesto.
63 La ricorrente sostiene, in sostanza, che gli elementi «aldo coppola» del marchio richiesto sono un nome e un cognome molto diffusi. In particolare, il cognome Coppola si posizionerebbe al 71º posto in Italia in termini di diffusione e popolarità. Tale cognome sarebbe anche diffuso in tutto il mondo. Inoltre, si tratterebbe di un fatto noto. Pertanto, il carattere distintivo di tali elementi sarebbe intaccato, ragion per cui il pubblico di riferimento presterebbe attenzione all’elemento «amo».
64 L’EUIPO e l’interveniente contestano gli argomenti della ricorrente.
65 Secondo una giurisprudenza costante, per valutare il carattere dominante di una o più componenti determinate di un marchio complesso, occorre tenere conto, in particolare, delle qualità intrinseche di ciascuna di tali componenti paragonandole a quelle di altre componenti. Inoltre ed in via accessoria, può essere presa in considerazione la posizione relativa delle diverse componenti nella configurazione del marchio complesso [sentenza 23 ottobre 2002, Matratzen Concord/UAMI – Hukla Germany (MATRATZEN), T‑6/01, EU:T:2002:261, punto 35; v., altresì, sentenza 13 maggio 2015, easyGroup IP Licensing/UAMI – TUI (easyAir-tours), T‑608/13, non pubblicata, EU:T:2015:282, punto 36 e giurisprudenza citata].
66 Il carattere distintivo di un elemento costitutivo di un marchio dipende dalla maggiore o minore attitudine di tale elemento a concorrere ad identificare i prodotti o i servizi per i quali il marchio è stato registrato come provenienti da un’impresa determinata e quindi a distinguere tali prodotti o tali servizi da quelli di altre imprese. Nell’ambito di tale valutazione, vanno prese in considerazione in particolare le qualità intrinseche dell’elemento di cui trattasi, per accertare se esso sia o meno privo di qualsiasi carattere descrittivo dei prodotti o dei servizi per i quali il marchio è stato registrato [v. sentenze del 13 giugno 2006, Inex/UAMI – Wiseman (Rappresentazione di una pelle di mucca), T‑153/03, EU:T:2006:157, punto 35 e giurisprudenza citata, e del 22 maggio 2019, Andrea Incontri/EUIPO – Higicol (ANDREA INCONTRI), T‑197/16, non pubblicata, EU:T:2019:347, punto 43 e giurisprudenza citata].
67 Nel caso di un marchio denominativo composto da un nome e da un cognome, occorre tener conto di tutti i fattori rilevanti del caso di specie e, in particolare, della circostanza che il cognome di cui trattasi sia poco comune o, al contrario, molto diffuso, il che può influire sul carattere distintivo di tale cognome [v., in tal senso, sentenze del 24 giugno 2010, Becker/Harman International Industries, C‑51/09 P, EU:C:2010:368, punto 36; del 5 ottobre 2011, Cooperativa Vitivinicola Arousana/UAMI – Sotelo Ares (ROSALIA DE CASTRO), T‑421/10, non pubblicata, EU:T:2011:565, punto 50, e del 22 maggio 2019, ANDREA INCONTRI, T‑197/16, non pubblicata, EU:T:2019:347, punto 44].
68 La questione se un elemento denominativo sia percepito come un nome diffuso o no è rilevante anche ai fini della valutazione del carattere distintivo di detto elemento [v., in tal senso, sentenze del 3 giugno 2015, Giovanni Cosmetics/UAMI – Vasconcelos & Gonçalves (GIOVANNI GALLI), T‑559/13, EU:T:2015:353, punto 34 (non pubblicata), e del 22 maggio 2019, ANDREA INCONTRI, T‑197/16, non pubblicata, EU:T:2019:347, punto 45].
69 Nel caso di specie, i segni da confrontare sono il marchio denominativo richiesto ALDO COPPOLA AMO, da un lato, e la registrazione internazionale anteriore n. 1 260 992 MIAMO, dall’altro.
70 Per quanto riguarda la registrazione internazionale anteriore, va notato che essa è composta dall’elemento «miamo».
71 Come emerge dal punto 41 della decisione impugnata, senza che la ricorrente lo contesti, il pubblico italofono e il pubblico spagnolo potranno scomporre la registrazione internazionale anteriore n. 1 260 992 in due parole, ossia «mi» e «amo», e percepirla rispettivamente nel senso di «mi amo» e «mio signore» o «mio padrone». A tal riguardo, occorre ricordare che, sebbene, secondo la giurisprudenza citata al precedente punto 59, il consumatore medio di solito percepisca un marchio come un tutt’uno e non ne esamini i vari dettagli, ciò non toglie che, percependo un segno denominativo, lo scomporrà in elementi denominativi che, per lui, suggeriscono un significato concreto o che somigliano a parole che conosce [v. sentenza del 21 dicembre 2021, Dr. Spiller/EUIPO – Rusch (Alpenrausch Dr. Spiller), T‑6/20, non pubblicata, EU:T:2021:920, punto 98 e giurisprudenza citata]. Tuttavia, come rilevato dalla commissione di ricorso, nel caso di specie, dato che la registrazione internazionale anteriore è composta da una sola parola, nessuno degli elementi che la compongono sarà considerato più distintivo dell’altro da tale parte del pubblico di riferimento.
72 Altrettanto correttamente la commissione di ricorso ha ritenuto che, per il restante pubblico di riferimento, la registrazione internazionale anteriore n. 1 260 992 non veicolava alcun significato e, per il fatto di essere composta da una sola parola, non conteneva alcun elemento che potesse essere percepito come più distintivo di un altro.
73 Per quanto riguarda il marchio richiesto, in primo luogo, è pacifico che l’elemento «aldo» sarà percepito dal pubblico di riferimento in Italia come un nome proprio maschile. Tuttavia, contrariamente a quanto sostiene la ricorrente, dal fascicolo non risulta che si tratti di un nome molto diffuso. Infatti, la ricorrente si limita ad affermare che il nome Aldo è molto diffuso in Italia senza fornire la minima prova a sostegno della sua affermazione. Pertanto, si deve concludere che, conformemente alla giurisprudenza citata al precedente punto 68, tale elemento gode di un carattere distintivo normale nell’insieme che compone il marchio richiesto.
74 In secondo luogo, le parti concordano sul fatto che l’elemento «coppola» sarà percepito dal pubblico di riferimento come un cognome italiano. Tuttavia, la ricorrente non è riuscita a dimostrare che si trattava di un cognome molto diffuso. A questo proposito, è sufficiente notare che, come emerge dal precedente punto 42, l’allegato A 8 al ricorso, dedotto a sostegno della sua affermazione secondo cui detto cognome era diffuso, è irricevibile in quanto è stato prodotto per la prima volta dinanzi al Tribunale. In ogni caso, occorre notare, al pari dell’EUIPO, che la circostanza che esso figuri al 71º posto nella classifica dei cognomi più diffusi in Italia non è sufficiente a dimostrare che si tratti di un cognome molto diffuso in tale Stato membro e, ancor meno, in tutto il mondo.
75 Inoltre, contrariamente a quanto sostiene la ricorrente, non si tratta neppure di un fatto noto, per cui spettava alla ricorrente fornire, nell’ambito del procedimento amministrativo, elementi che consentissero di evidenziare la conoscenza di tale cognome da parte del pubblico di riferimento.
76 Di conseguenza, l’elemento «coppola» ha un carattere distintivo normale nell’insieme che compone il marchio richiesto.
77 In terzo luogo, l’elemento «amo», non avendo alcun rapporto con i prodotti e i servizi designati dal marchio richiesto, non è privo di carattere distintivo, come rilevato dalla commissione di ricorso.
78 Alla luce delle considerazioni che precedono, occorre rilevare che, tenuto conto della loro lunghezza e della loro posizione, gli elementi «aldo coppola» possono essere conservati nella memoria dal pubblico di riferimento. Tuttavia, l’elemento «amo» non può essere considerato trascurabile nell’impressione complessiva prodotta dal marchio richiesto.
79 È alla luce delle considerazioni che precedono che occorre esaminare se il confronto dei segni in conflitto, svolto dalla commissione di ricorso, sul piano visivo, fonetico e concettuale sia viziato da errori di valutazione.
ii) Sul confronto visivo, fonetico e concettuale dei segni in conflitto
80 Per quanto riguarda la somiglianza visiva e fonetica, al punto 51 della decisione impugnata, la commissione di ricorso ha affermato che i segni in conflitto coincidevano per la presenza delle ultime tre lettere «a», «m» e «o» e che essi differivano per il numero di lettere e di suoni, nonché per la loro diversa struttura iniziale. Essa ha concluso nel senso di una somiglianza visiva e fonetica molto ridotta.
81 Per quanto riguarda la somiglianza concettuale, la commissione di ricorso ha rilevato, al punto 52 della decisione impugnata, che il pubblico italiano e il pubblico spagnolo avrebbero potuto percepire il marchio richiesto come composto dal nome e dal cognome Aldo Coppola, ai quali è aggiunta la parola «amo», senza alcun nesso concettuale. Essa ha ritenuto che, per tale parte del pubblico di riferimento, sebbene percepisse la registrazione internazionale anteriore nel senso di significare «mi amo» e «mio signore» o «mio padrone», i segni in conflitto fossero diversi. Per la parte del pubblico di riferimento per la quale detti segni non sono dotati di alcun significato, il confronto concettuale sarebbe stato irrilevante.
82 Infine, la ricorrente sostiene che la commissione di ricorso ha errato nell’applicare sic et simpliciter i principi in forza de quali, da un lato, la prima parte di un segno attirerebbe principalmente l’attenzione del pubblico di riferimento e, dall’altro, i consumatori tenderebbero ad abbreviare il marchio richiesto facendo esclusivamente riferimento agli elementi «aldo coppola». Infatti, come riconosciuto dalla giurisprudenza, il primo principio non dovrebbe essere applicato in maniera indiscriminata. Per quanto riguarda il secondo principio, tenuto conto della natura di «house mark» del marchio richiesto o della sua scarsa distintività, la parte italofona del pubblico di riferimento non avrebbe fatto riferimento a tale marchio prendendo in considerazione unicamente il cognome Coppola. La ricorrente sostiene che, confrontando gli elementi «miamo» che compongono la registrazione internazionale anteriore e «amo» che è il marchio richiesto, i segni in conflitto divergono da detta registrazione internazionale solo per il prefisso «mi», per cui sono pressoché identici sul piano visivo. Essa aggiunge che, sul piano fonetico, essi sono ancor più simili atteso che il tono più forte della pronuncia cade in entrambi i segni sulla lettera «a». Sottolinea che, sul piano concettuale, poiché il pubblico italofono percepirà i segni in conflitto come un rinvio ai concetti di amare e amarsi, tali segni sono pressoché identici.
83 L’EUIPO e l’interveniente contestano gli argomenti della ricorrente.
84 In primo luogo, per quanto riguarda la somiglianza visiva, occorre ricordare che dalla giurisprudenza relativa ai marchi denominativi si evince che ciò che rileva nella valutazione della somiglianza visiva di marchi del genere è la presenza, in ciascuno di essi, di più lettere nello stesso ordine [v., in tal senso, sentenza del 25 marzo 2009, Kaul/UAMI – Bayer (ARCOL), T‑402/07, EU:T:2009:85, punto 83].
85 Nel caso di specie, occorre rilevare che i segni in conflitto coincidono per le lettere «a», «m» e «o» che costituiscono il suffisso del segno anteriore e il terzo elemento del segno richiesto. Tali segni si differenziano, invece, da un lato, per gli altri due elementi del marchio richiesto, vale a dire «aldo» e «coppola», e per il prefisso «mi» della registrazione internazionale anteriore n. 1 260 992 e, dall’altro, per le strutture e le lunghezze distinte, vale a dire tre elementi e quattordici lettere per il marchio richiesto e un unico elemento di cinque lettere per detta registrazione internazionale. Pertanto, sebbene i segni in conflitto coincidano nella sequenza delle lettere «a», «m» e «o», le notevoli differenze esistenti tra loro saranno facilmente percepite dal pubblico di riferimento, ragion per cui la commissione di ricorso ha potuto concludere, senza commettere errori di valutazione, nel senso che tali segni presentavano un grado di somiglianza visiva molto ridotta.
86 Sebbene la ricorrente sostenga che la commissione di ricorso ha applicato sic et simpliciter i principi in forza de quali, da un lato, la prima parte di un segno attira principalmente l’attenzione del pubblico di riferimento e, dall’altro, i consumatori tendono ad abbreviare il marchio richiesto facendo riferimento esclusivamente agli elementi «aldo coppola», occorre rilevare che ciò deriva da una lettura erronea della decisione impugnata. A tal riguardo, è sufficiente notare che, al punto 51 di detta decisione, la commissione di ricorso ha tenuto conto, nella sua valutazione, del numero di lettere e della struttura iniziale dei segni in conflitto. Essa ha pertanto basato la sua analisi sull’impressione visiva complessiva prodotta da detti segni, conformemente alla giurisprudenza citata al precedente punto 59. Date tali circostanze, non può esserle addebitato di aver applicato sic et simpliciter i principi sopra menzionati.
87 Sul piano fonetico, occorre considerare che, a prescindere dalla loro pronuncia, i segni in conflitto presentano, data la loro struttura e la loro lunghezza diverse, solo uno scarso grado di somiglianza, nonostante la presenza delle lettere «a», «m» e «o» nei due segni.
88 Da un punto di vista concettuale, va ricordato che, quando uno dei marchi in conflitto presenta un significato agli occhi del pubblico di riferimento e l’altro marchio ne è privo, si deve rilevare che i marchi di cui trattasi presentano differenze sul piano concettuale [v., in tal senso, sentenza del 19 settembre 2017, RP Technik/EUIPO – Tecnomarmi (RP ROYAL PALLADIUM), T‑768/15, non pubblicata, EU:T:2017:630, punti 88 e 89].
89 Inoltre, qualora nessuno dei segni di cui trattasi abbia un significato considerato nel suo insieme, si deve constatare che il confronto sul piano concettuale non è possibile [v., in tal senso, sentenze del 21 settembre 2017, Novartis/EUIPO – Meda (Zymara), T‑214/15, non pubblicata, EU:T:2017:637, punto 149, e del 5 ottobre 2017, Forest Pharma/EUIPO – Ipsen Pharma (COLINEB), T‑36/17, non pubblicata, EU:T:2017:690, punto 96].
90 Nel caso di specie, va notato che, come si evince dai precedenti punti da 70 a 77, una parte del pubblico di riferimento, vale a dire il pubblico italofono e il pubblico spagnolo, probabilmente scomporrà la registrazione internazionale anteriore n. 1 260 992 in due parole, ossia «mi» e «amo», e la percepirà come se significasse «mi amo» e «mio signore» o «mio padrone», e per l’altra parte di detto pubblico, essa sarà priva di significato. Per quanto riguarda il marchio richiesto, occorre rilevare che, per il pubblico italiano e spagnolo, esso sarà inteso come un nome e un cognome ai quali è stata aggiunta la parola «amo» senza alcun nesso concettuale e per il resto del pubblico di riferimento, che percepirà solo il cognome Coppola, non trasmetterà alcun significato particolare.
91 Date tali circostanze, si deve ritenere che, per il pubblico italiano e spagnolo, i segni in conflitto siano concettualmente diversi e, per il resto del pubblico di riferimento, il confronto sotto il profilo concettuale non sia possibile.
4) Sul carattere distintivo della registrazione internazionale anteriore n. 1 260 992
92 Ai punti da 54 a 56 della decisione impugnata, la commissione di ricorso ha precisato che, poiché la ricorrente non aveva rivendicato l’elevata distintività della registrazione internazionale anteriore n. 1 260 992, essa fondava la sua analisi sul suo carattere distintivo intrinseco. A tal proposito, ha osservato che, da un lato, nella misura in cui il pubblico italiano e spagnolo attribuivano un significato alla parola «miamo», tale significato non aveva alcuna relazione con i prodotti e i servizi oggetto di detta registrazione internazionale e, dall’altro, per il resto del pubblico di riferimento, tale parola era priva di significato. Pertanto, la capacità distintiva della registrazione internazionale anteriore doveva essere considerata normale.
93 Non vi è motivo di mettere in discussione tali valutazioni, peraltro non contestate dalla ricorrente.
5) Sulla valutazione globale del rischio di confusione
94 Ai punti da 58 a 69 della decisione impugnata, la commissione di ricorso ha rilevato, in sostanza, che i prodotti e i servizi di cui trattasi erano considerati identici, ma che i segni in conflitto presentavano solo una ridotta somiglianza visiva e fonetica ed erano diversi sotto il profilo concettuale. Essa è giunta alla conclusione che, tenuto conto del carattere distintivo normale della registrazione internazionale anteriore n. 1 260 992, era escluso qualsiasi rischio di confusione, anche in presenza di prodotti e servizi identici.
95 Rispondendo all’argomento della ricorrente vertente, in sostanza, sull’applicazione, nel caso di specie, della sentenza del 6 ottobre 2005, Medion (C‑120/04, EU:C:2005:594), la commissione di ricorso ha ritenuto che la parola «amo» che compone il marchio richiesto non fosse identica alla registrazione internazionale anteriore n. 1 260 992, per cui detta sentenza non era applicabile. Essa ha aggiunto che le decisioni anteriori citate dalla ricorrente a tal riguardo relative al marchio AMO non erano pertinenti in quanto, nel caso di specie, il marchio richiesto non si limitava all’elemento «amo».
96 Inoltre, rispondendo all’argomento della ricorrente secondo cui il pubblico di riferimento avrebbe potuto percepire gli elementi denominativi «aldo coppola» come riferiti all’house mark e l’elemento «amo» come riferito al marchio «di linea» o «di prodotto», la commissione di ricorso ha ritenuto che le prove fornite dalla ricorrente per dimostrare tale affermazione non fossero sufficienti e che, in ogni caso, l’asserita notorietà del nome Aldo Coppola avrebbe confermato l’assenza di rischio di confusione.
97 La ricorrente contesta alla commissione di ricorso di non aver rilevato che la ridotta somiglianza tra i segni in conflitto dal punto di vista visivo e fonetico era compensata dall’identità tra prodotti e i servizi di cui trattasi. Essa ritiene quindi che sussista un rischio di confusione quanto meno per il pubblico di riferimento in Italia.
98 Inoltre, la ricorrente rileva che il suffisso «amo» della registrazione internazionale anteriore viene riprodotto nel marchio richiesto, ragion per cui è applicabile la sentenza del 6 ottobre 2005, Medion (C‑120/04, EU:C:2005:594). Infatti, la commissione di ricorso avrebbe già fatto applicazione della giurisprudenza derivante da tale sentenza in un procedimento relativo agli stessi marchi anteriori e al marchio AMO. La ricorrente aggiunge che la commissione di ricorso ha implicitamente riconosciuto che l’elemento denominativo «amo» del marchio richiesto manteneva una posizione distintiva autonoma, precisando che esso non era trascurabile nella sua impressione complessiva in quanto non privo di carattere distintivo.
99 In aggiunta, la ricorrente sostiene che, contrariamente alle valutazioni contenute nella decisione impugnata, il pubblico di riferimento può percepire gli elementi denominativi «aldo coppola» come house mark e l’elemento «amo» come il marchio di linea o di prodotto. Del resto l’EUIPO avrebbe riconosciuto una siffatta prassi in diversi altri procedimenti. Tale constatazione sarebbe altresì supportata dal fatto che la società Aldo Coppola International, collegata all’interveniente, sarebbe titolare dei marchi dell’Unione europea ALDO COPPOLA e ALDO COPPOLA INFUSION ELEMENTS e che quest’ultimo segno sarebbe utilizzato secondo la suddivisione per ALDO COPPOLA AMO. La ricorrente aggiunge che, alla data di deposito del marchio richiesto, esistevano molteplici registrazioni di marchi dell’Unione europea di titolarità della società Aldo Coppola International contenenti l’house mark ALDO COPPOLA seguito dal marchio di linea. Essa evidenzia che il parrucchiere Aldo Coppola, la cui scomparsa nel 2013 è stata oggetto di vari articoli nei giornali nazionali e internazionali, era noto al pubblico di riferimento. Aggiunge che la giustapposizione tra l’house mark ALDO COPPOLA e l’elemento denominativo «amo», simile alla registrazione internazionale anteriore, genera un rischio di confusione per associazione, in quanto il pubblico di riferimento sarebbe indotto a ritenere che sussista un legame tra la ricorrente e l’interveniente.
100 Infine, la ricorrente ritiene che la commissione di ricorso avrebbe dovuto prendere in considerazione non solo il marchio richiesto come riprodotto nel registro, ma anche tutte le forme in cui esso è oggetto di un utilizzo conforme all’articolo 18 del regolamento 2017/1001, il che dimostrerebbe la «separazione» degli elementi «aldo coppola» e «amo».
101 L’EUIPO e l’interveniente contestano gli argomenti della ricorrente.
102 Secondo la giurisprudenza, la valutazione globale del rischio di confusione implica una certa interdipendenza tra i fattori presi in considerazione e, in particolare, tra la somiglianza dei marchi e quella dei prodotti o dei servizi designati. Pertanto, uno scarso grado di somiglianza tra i prodotti o i servizi designati può essere compensato da un elevato grado di somiglianza tra i marchi e viceversa (sentenze del 29 settembre 1998, Canon, C‑39/97, EU:C:1998:442, punto 17, e del 14 dicembre 2006, VENADO con riquadro e a., T‑81/03, T‑82/03 e T‑103/03, EU:T:2006:397, punto 74).
103 Tuttavia, non è automatico concludere nel senso della sussistenza di un rischio di confusione ogni volta che esiste identità tra i prodotti e uno scarso grado di somiglianza tra i marchi in conflitto. Infatti, se è certamente vero che, in forza del principio di interdipendenza, uno scarso grado di somiglianza tra i prodotti o i servizi designati può essere compensato da un elevato grado di somiglianza tra i marchi, viceversa, nulla impedisce di constatare che, alla luce delle circostanze di un caso di specie, non sussiste rischio di confusione, anche in presenza di prodotti identici e di uno scarso grado di somiglianza tra i marchi in conflitto [v. sentenza del 27 giugno 2019, Sandrone/EUIPO – J. García Carrión (Luciano Sandrone), T‑268/18, EU:T:2019:452, punto 96 e giurisprudenza citata].
104 Nel caso di specie, dalle considerazioni che precedono si evince che i prodotti e i servizi di cui trattasi sono considerati identici, che il pubblico di riferimento è composto dal pubblico in generale e dal pubblico professionale, il cui livello di attenzione varia da medio a superiore alla media, e che la capacità distintiva della registrazione internazionale anteriore n. 1 260 992 è normale.
105 Nondimeno, i segni in conflitto sono molto poco simili sotto il profilo visivo e fonetico. In particolare, vi sono evidenti differenze in termini di lunghezza e struttura. Mentre il marchio richiesto è composto da tre elementi e da quattordici lettere, la registrazione internazionale anteriore n. 1 260 992 è costituita da un unico elemento di cinque lettere. Pertanto, la sola somiglianza risiede nella sequenza di lettere «a», «m» e «o», che è il terzo elemento del marchio richiesto e il suffisso di detta registrazione internazionale. Inoltre, i segni in conflitto o sono diversi sotto il profilo concettuale o il loro confronto non è possibile sotto tale profilo.
106 Pertanto, il pubblico di riferimento sarà in grado di comprendere le differenze significative che caratterizzano i marchi in conflitto, per cui è escluso che tale pubblico possa credere all’esistenza di un collegamento economico tra i titolari di detti marchi o ad un’origine commerciale comune dei prodotti e dei servizi di cui trattasi.
107 Gli altri argomenti della ricorrente non sono idonei a mettere in discussione tale conclusione.
108 Sotto un primo profilo, la ricorrente non può proficuamente avvalersi della sentenza del 6 ottobre 2005, Medion (C‑120/04, EU:C:2005:594). Secondo tale sentenza, quand’anche l’elemento comune dei segni in conflitto non possa essere considerato come dominante l’impressione complessiva, se ne deve tener conto nella valutazione della somiglianza dei medesimi, qualora costituisca in quanto tale il marchio anteriore e conservi una posizione distintiva autonoma nel marchio, composto in particolare da tale elemento, di cui è chiesta la registrazione. Invero, quando un elemento comune mantiene una posizione distintiva autonoma nel segno composto, l’impressione complessiva prodotta dal segno in parola può indurre il pubblico a credere che i prodotti o i servizi in causa provengano, in ogni caso, da imprese economicamente collegate, circostanza in cui si deve ravvisare un rischio di confusione (sentenza del 22 ottobre 2015, BGW, C‑20/14, EU:C:2015:714, punto 38).
109 Nel caso di specie, è sufficiente rilevare che l’elemento «amo» del marchio richiesto non costituisce di per sé la registrazione internazionale anteriore n. 1 260 992 MIAMO. A questo proposito, contrariamente a quanto afferma la ricorrente, dalla sentenza del 6 ottobre 2005, Medion (C‑120/04, EU:C:2005:594), non si evince che la Corte abbia ritenuto che vi fosse un rischio di confusione quando, come nel caso di specie, detta registrazione internazionale sia riprodotta all’interno del segno richiesto «con la sola elisione del prefisso “mi”» e mantenga una posizione autonoma distintiva all’interno del segno così composto [v., in tal senso, sentenza dell’8 novembre 2023, SkinIdent/EUIPO – Beiersdorf (NIVEA SKIN-IDENTICAL Q10), T‑665/22, non pubblicata, EU:T:2023:704, punto 41].
110 Certo, il Tribunale ha ritenuto che un rischio di confusione potesse sussistere anche nell’ipotesi in cui il marchio anteriore non fosse riprodotto in modo identico all’interno del marchio posteriore, accettando alterazioni minime, che non andavano oltre la quasi identità [sentenze 10 ottobre 2012, Bimbo/UAMI – Panrico (BIMBO DOUGHNUTS), T‑569/10, non pubblicata, EU:T:2012:535, punti 96 e 97; del 26 maggio 2016, Aldi Einkauf/EUIPO – Dyado Liben (Casale Fresco), T‑254/15, non pubblicata, EU:T:2016:319, punti 42 e 43, e del 14 giugno 2017, Aydin/EUIPO – Kaporal Groupe (ROYAL & CAPORAL), T‑95/16, non pubblicata, EU:T:2017:388, punto 73]. La Corte, adita nell’ambito di un’impugnazione, non ha tuttavia confermato esplicitamente tale approccio. Al contrario, ha ritenuto che il Tribunale non avesse concluso per l’esistenza di un rischio di confusione a partire dalla sola constatazione che il marchio anteriore modificato occupava, nel marchio richiesto, una posizione distintiva autonoma, ma l’aveva dedotta da una valutazione globale tenendo conto di tutti i fattori pertinenti del caso di specie (sentenza dell’8 novembre 2023, NIVEA SKIN-IDENTICAL Q10, T‑665/22, non pubblicata, EU:T:2023:704, punto 43 e giurisprudenza citata).
111 Ebbene, nella presente causa, l’elemento «amo» non può essere considerato quasi identico alla registrazione internazionale anteriore n. 1 260 992 MIAMO e l’alterazione derivante dalla soppressione del suffisso «mi» nel marchio richiesto non può essere considerata minima, in quanto rappresenta due delle cinque lettere che compongono detta registrazione internazionale.
112 In ogni caso, le cause che hanno dato origine alle sentenze a cui la ricorrente fa riferimento a sostegno della sua tesi si distinguono nettamente dalla presente causa.
113 Infatti, a differenza della causa che ha dato origine alla sentenza dell’8 maggio 2012, Panzeri/UAMI – Royal Trophy (Royal Veste e premia lo sport) (T‑348/10, non pubblicata, EU:T:2012:221), in cui l’elemento comune era «veste lo sport», l’elemento comune nel caso di specie, ossia l’elemento «amo», è molto più breve.
114 Inoltre, neanche l’analogia con le cause che hanno dato origine alle sentenze del 25 marzo 2010, Nestlé/UAMI – Master Beverage Industries (Golden Eagle e Golden Eagle Deluxe) (da T‑5/08 a T‑7/08, EU:T:2010:123), e del 18 maggio 2011, Glenton España/UAMI – Polo/Lauren (POLO SANTA MARIA) (T‑376/09, non pubblicata, EU:T:2011:225), è fondata, in quanto, nel caso di specie, l’elemento comune è denominativo, mentre dette cause riguardavano marchi figurativi.
115 Per quanto riguarda le decisioni anteriori dell’EUIPO citate dalla ricorrente, basti ricordare che le decisioni che le commissioni di ricorso dell’EUIPO devono adottare, ai sensi del regolamento 2017/1001, relativamente alla registrazione di un segno come marchio dell’Unione europea, rientrano nell’esercizio di una competenza vincolata e non di un potere discrezionale. Pertanto, la legittimità di dette decisioni deve essere valutata unicamente sulla base di tale regolamento, come interpretato dal giudice dell’Unione, e non su quella di una prassi decisionale precedente a queste ultime [v., in tal senso, sentenza del 26 aprile 2007, Alcon/UAMI, C‑412/05 P, EU:C:2007:252, punto 65].
116 La Corte ha dichiarato che, alla luce dei principi della parità di trattamento e di buona amministrazione, l’EUIPO, nell’ambito dell’istruzione di una domanda di registrazione di un marchio dell’Unione europea, doveva prendere in considerazione le decisioni già adottate per domande simili e chiedersi con particolare attenzione se occorresse o meno decidere nello stesso senso. Tuttavia, essa ha aggiunto che i principi della parità di trattamento e di buona amministrazione dovevano conciliarsi con il rispetto della legittimità. Conseguentemente, la persona che chiede la registrazione di un segno come marchio non può invocare a proprio vantaggio un’eventuale illegittimità commessa in favore di altri al fine di ottenere una decisione identica. Del resto, per motivi di certezza del diritto e, specificamente, di buona amministrazione, l’esame di ogni domanda di registrazione deve essere rigoroso e completo per evitare l’indebita registrazione dei marchi. Tale esame deve avvenire in ogni caso concreto. Infatti, la registrazione di un segno come marchio dipende da criteri specifici, applicabili nell’ambito delle circostanze di fatto del caso di specie, destinati a verificare se il segno di cui trattasi rientri in un impedimento alla registrazione (sentenza del 10 marzo 2011, Agencja Wydawnicza Technopol/UAMI, C‑51/10 P, EU:C:2011:139, punti da 74 a 77).
117 Nel caso di specie, poiché la commissione di ricorso ha proceduto ad un esame completo e concreto del marchio richiesto per negare la registrazione, la ricorrente non può proficuamente far valere decisioni anteriori dell’EUIPO per inficiare la conclusione secondo la quale la registrazione del marchio richiesto è incompatibile con il regolamento 2017/1001 [v., in tal senso, sentenza del 17 gennaio 2024, Ilovepdf/EUIPO (ILOVEPDF), T‑60/23, non pubblicata, EU:T:2024:9, punto 66].
118 Per il resto, contrariamente a quanto sostiene la ricorrente, la commissione di ricorso non ha riconosciuto sic et simpliciter che l’elemento denominativo «amo» del marchio richiesto manteneva una posizione distintiva autonoma affermando che esso non era trascurabile nella sua impressione complessiva. Infatti, al punto 49 della decisione impugnata, la commissione di ricorso, conformemente alla giurisprudenza citata al precedente punto 59, ha preso in considerazione l’impressione complessiva prodotta dal marchio richiesto, precisando che l’elemento «amo», pur non disponendo dello stesso carattere distintivo degli elementi «aldo coppola», non era trascurabile.
119 Sotto un secondo profilo, la ricorrente non dimostra che, da un lato, gli elementi «aldo coppola» che compongono il marchio richiesto sono tali da essere percepiti dal pubblico di riferimento come l’house mark e l’elemento «amo» come il marchio di linea o di prodotto.
120 Infatti, per quanto riguarda gli estratti del registro dei marchi dell’Unione europea relativi a marchi contenenti gli elementi «aldo coppola», occorre ricordare che il fattore rilevante per contestare il carattere distintivo di un elemento consiste nella sua presenza effettiva nel mercato e non in registri o banche dati [v. sentenza del 25 maggio 2016, Ice Mountain Ibiza/EUIPO – Marbella Atlantic Ocean Club (ocean beach club ibiza), T‑5/15, non pubblicata, EU:T:2016:311, punto 35 e giurisprudenza citata]. Pertanto, tale circostanza non è idonea a dimostrare che il pubblico di riferimento si sia effettivamente trovato di fronte ad una presenza effettiva di tali marchi nel mercato.
121 Per quanto riguarda gli estratti del sito Internet dell’interveniente, occorre rilevare che, sebbene contengano la prova che prodotti del marchio ALDO COPPOLA sono commercializzati dall’interveniente, essi non possono essere sufficienti per dimostrare che il pubblico di riferimento ha familiarità con una siffatta commercializzazione.
122 In ogni caso, affermazioni del genere contraddicono gli argomenti esposti al precedente punto 63 secondo i quali, in sostanza, gli elementi «aldo coppola» hanno uno scarso carattere distintivo. A tal riguardo, va ricordato che, conformemente alla giurisprudenza, il carattere distintivo di un marchio ai sensi del regolamento 2017/1001 significa che tale marchio è idoneo ad identificare il prodotto per il quale è richiesta la registrazione come proveniente da una determinata impresa e, quindi, a distinguere tale prodotto da quelli di altre imprese [v. sentenze del 18 luglio 2013, Specsavers International Healthcare e a., C‑252/12, EU:C:2013:497, punto 22 e giurisprudenza citata, e del 13 settembre 2016, hyphen/EUIPO – Skylotec (Rappresentazione di un poligono), T‑146/15, EU:T:2016:469, punto 26 e giurisprudenza citata]. Ebbene, ritenere che il pubblico di riferimento possa percepire elementi che compongono un marchio nel senso che rinviano a un house mark equivarrebbe a riconoscere loro un elevato carattere distintivo.
123 Dall’altro lato, la ricorrente non dimostra nemmeno che il pubblico di riferimento associa gli elementi «aldo coppola» all’omonimo parrucchiere. Infatti, come risulta dal precedente punto 42, l’allegato A 12 ter citato a sostegno di tale argomento è irricevibile. Inoltre, le altre prove addotte al riguardo non sono tali da dimostrare la notorietà di tale parrucchiere. In particolare, gli articoli contenuti in Il Corriere della Sera, Italy Magazine e Vogue, datati 2013, non sono sufficienti a dimostrare l’esistenza di un’ampia copertura mediatica del parrucchiere Aldo Coppola al momento del deposito del marchio richiesto, ossia il 23 maggio 2019. Quanto agli estratti del sito Internet dell’interveniente relativi alla rete di franchising creata da Aldo Coppola, è sufficiente osservare che essi non hanno data. Pertanto, a prescindere dalla questione se la scarsa somiglianza tra i segni in conflitto sul piano visivo e fonetico possa essere controbilanciata dal contenuto concettuale del marchio richiesto derivante dal nome Aldo Coppola, sollevata in subordine nella decisione impugnata, la commissione di ricorso non è incorsa in alcun errore di valutazione per aver affermato che la ricorrente non aveva dimostrato la notorietà del parrucchiere Aldo Coppola alla data di riferimento.
124 Sotto un terzo profilo, nella misura in cui la ricorrente sostiene che la commissione di ricorso avrebbe dovuto prendere in considerazione non solo il marchio richiesto come riprodotto nel registro, ma anche tutte le forme di utilizzo conforme all’articolo 18 del regolamento 2017/1001, a dimostrazione della separazione degli elementi «aldo coppola» e «amo», è sufficiente precisare che la somiglianza dei marchi in conflitto deve essere valutata dal punto di vista del consumatore medio, facendo riferimento alle qualità intrinseche di detti marchi e non a circostanze relative al comportamento della persona che chiede la registrazione di un marchio dell’Unione europea (v., in tal senso, sentenza del 2 settembre 2010, Calvin Klein Trademark Trust/UAMI, C‑254/09 P, EU:C:2010:488, punto 46).
125 Di conseguenza, la commissione di ricorso ha giustamente ritenuto che l’opposizione fondata sulla registrazione internazionale n. 1 260 992 del segno denominativo MIAMO dovesse essere respinta ai sensi dell’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), del regolamento 2017/1001.
b) Sull’opposizione fondata sugli altri marchi anteriori
126 Al punto 71 della decisione impugnata, la commissione di ricorso ha rilevato che, per quanto riguarda gli altri marchi denominativi anteriori, si applicava la stessa valutazione effettuata riguardo alla registrazione internazionale denominativo anteriore n. 1 260 992 MIAMO. Quanto ai marchi figurativi anteriori, essa ha ritenuto che mostrassero ancor più differenze dal marchio richiesto, vale a dire la rappresentazione della lettera «m» all’inizio, che rafforzava l’iniziale dell’elemento denominativo «miamo», nonché gli altri elementi denominativi «healthy skin system». Essa è giunta alla conclusione che doveva essere escluso qualsiasi rischio di confusione anche in relazione agli altri marchi anteriori.
127 Ebbene, la ricorrente non ha prodotto alcuna prova che contesti specificamente tali valutazioni della commissione di ricorso.
128 La conclusione della commissione di ricorso deve, in ogni caso, essere confermata. Infatti, per quanto riguarda gli altri marchi denominativi anteriori, essi sono identici alla registrazione internazionale denominativo n. 1 260 992 MIAMO, per cui la conclusione di cui al precedente punto 125 si applica anche ad essi. Per quanto riguarda i marchi figurativi anteriori, poiché, come risulta dal precedente punto 5, essi presentano maggiori differenze con il marchio richiesto, in particolare per la presenza della lettera «m» nella parte iniziale e per gli elementi denominativi aggiuntivi «healthy skin system», la commissione di ricorso ha giustamente escluso l’esistenza di un rischio di confusione nella mente del pubblico di riferimento.
129 Alla luce di tutte le considerazioni che precedono, occorre respingere in quanto infondato il motivo unico e, pertanto, le prime parti del primo e del secondo capo delle conclusioni della ricorrente dirette all’annullamento della decisione impugnata.
2. Sulla seconda parte del primo capo delle conclusioni, diretta a chiedere al Tribunale di accogliere l’opposizione, e sulla seconda parte del secondo capo delle conclusioni, diretta a chiedere al Tribunale di rinviare la causa dinanzi alla commissione di ricorso per il riesame
130 Con la seconda parte del primo capo delle conclusioni, la ricorrente chiede al Tribunale di accogliere l’opposizione.
131 L’EUIPO sostiene che le condizioni per una domanda del genere non sono soddisfatte.
132 A tal riguardo, occorre rilevare che la ricorrente, con la seconda parte del primo capo delle conclusioni, chiede al Tribunale, in sostanza, di adottare la decisione che, a suo avviso, l’EUIPO avrebbe dovuto adottare, vale a dire una decisione che constati che le condizioni per l’opposizione sono soddisfatte. Essa chiede quindi la riforma della decisione impugnata, quale prevista all’articolo 72, paragrafo 3, del regolamento 2017/1001.
133 Tuttavia, occorre ricordare che il controllo che il Tribunale esercita ai sensi all’articolo 72, paragrafo 3, del regolamento 2017/1001 è un controllo della legittimità delle decisioni delle commissioni di ricorso dell’EUIPO e che esso può annullare o riformare la decisione oggetto del ricorso solo se essa, nel momento in cui è stata adottata, era viziata da uno dei motivi enunciati all’articolo 72, paragrafo 2, del regolamento 2017/1001 (v. sentenza del 5 luglio 2011, Edwin/UAMI, C‑263/09 P, EU:C:2011:452, punto 71 e giurisprudenza citata).
134 Poiché il motivo unico dedotto dalla ricorrente a sostegno della domanda di annullamento è stato respinto, come dichiarato al precedente punto 129, la decisione impugnata non è viziata da alcuna delle illegittimità di cui all’articolo 72, paragrafo 2, del regolamento 2017/1001, per cui la domanda di riforma deve, di conseguenza, essere respinta.
135 Per quanto riguarda la seconda parte del secondo capo delle conclusioni della ricorrente, formulata in subordine, con la quale quest’ultima chiede al Tribunale di rinviare la causa dinanzi alla commissione di ricorso ai fini del riesame, occorre ricordare che, nell’ambito di un ricorso proposto dinanzi al giudice dell’Unione avverso la decisione di una commissione di ricorso dell’EUIPO, quest’ultimo è tenuto, ai sensi dell’articolo 72, paragrafo 6, del regolamento 2017/1001, ad adottare i provvedimenti necessari per conformarsi alla sentenza del giudice dell’Unione.
136 Da tutto quanto precede risulta che il presente ricorso deve essere integralmente respinto.
IV. Sulle spese
137 Ai sensi dell’articolo 134, paragrafo 1, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda.
138 La ricorrente, poiché è rimasta soccombente e si è tenuta un’udienza, deve essere condannata a pagare le spese, conformemente alle domande dell’EUIPO e dell’interveniente.
Per questi motivi,
IL TRIBUNALE (Sesta Sezione)
dichiara e statuisce:
1) Il ricorso è respinto.
2) La Medspa Srl è condannata alle spese.
Costeira |
Kancheva |
Tichy-Fisslberger |
Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 16 ottobre 2024.
Il cancelliere |
Il presidente |
V. Di Bucci |
S. Papasavvas |
* Lingua processuale: l’italiano.
SENTENZA DEL TRIBUNALE (Sesta Sezione) 16 ottobre 2024 (*)
« Marchio dell’Unione europea – Opposizione – Domanda di marchio dell’Unione europea denominativo ALDO COPPOLA AMO – Marchi nazionali e registrazione internazionale denominativi anteriori MIAMO – Marchio nazionale e registrazione internazionale figurativi anteriori MIAMO Healthy Skin System – Impedimento alla registrazione relativo – Assenza di rischio di confusione – Articolo 8, paragrafo 1, lettera b), del regolamento (UE) 2017/1001 » Nella causa T‑508/23, Medspa Srl, con sede in Milano (Italia), rappresentata da M. Baghetti, avvocato, ricorrente, contro Ufficio dell’Unione europea per la proprietà intellettuale (EUIPO), rappresentato da R. Raponi, in qualità di agente, convenuto, controinteressata nel procedimento dinanzi alla commissione di ricorso dell’UAMI e interveniente dinanzi al Tribunale: Hic Srl, con sede in Milano, rappresentata da A. Mascetti e G. Beltrame, avvocati, IL TRIBUNALE (Sesta Sezione), composto da M.J. Costeira (relatrice), presidente, M. Kancheva e E. Tichy-Fisslberger, giudici, cancelliere: R. Ūkelytė, amministratrice vista la fase scritta del procedimento, in seguito all’udienza del 25 aprile 2024, ha pronunciato la seguente Sentenza 1 Con ricorso ai sensi dell’articolo 263 TFUE, la Medspa Srl, ricorrente, chiede l’annullamento della decisione della quarta commissione di ricorso dell’Ufficio dell’Unione europea per la proprietà intellettuale (EUIPO) del 9 giugno 2023 (procedimento R 1625/2022-4) (in prosieguo: la «decisione impugnata»). I. Fatti 2 Il 23 maggio 2019 la HIC Srl, interveniente, ha presentato all’EUIPO una domanda di registrazione di marchio dell’Unione europea per il segno denominativo ALDO COPPOLA AMO. 3 Il marchio richiesto designava prodotti e servizi rientranti, in particolare, nelle classi 3, 21, 41 e 44 ai sensi dell’accordo di Nizza relativo alla classificazione internazionale dei prodotti e dei servizi ai fini della registrazione dei marchi, del 15 giugno 1957, come riveduto e modificato. 4 Il 28 novembre 2019 la ricorrente ha proposto opposizione alla registrazione del marchio richiesto per i prodotti e i servizi di cui al precedente punto 3. 5 L’opposizione era fondata sui seguenti marchi anteriori: – la registrazione internazionale n. 1 292 994 che designa l’Unione europea del segno figurativo, riprodotto di seguito, che designa prodotti e servizi rientranti nelle classi 3 e 44: – la registrazione internazionale n. 1 260 992 che designa l’Unione del segno denominativo MIAMO che designa prodotti e servizi rientranti nelle classi 3 e 44; – il marchio italiano figurativo n. 1 669 574, qui di seguito riprodotto, che designa prodotti e servizi rientranti nelle classi 3, 41 e 44: – il marchio italiano denominativo MIAMO n. 1 622 714 che designa prodotti e servizi rientranti nelle classi 3 e 44; – il marchio italiano denominativo MIAMO n. 2 018 000 028 182 che designa prodotti e servizi rientranti nelle classi 3, 21, 41 e 44. 6 Il motivo dedotto a sostegno dell’opposizione era quello di cui all’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), del regolamento (UE) 2017/1001 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 14 giugno 2017, sul marchio dell’Unione europea (GU 2017, L 154, pag. 1). 7 L’8 luglio 2022 la divisione di opposizione ha respinto l’opposizione. 8 Il 23 agosto 2022 la ricorrente ha proposto ricorso dinanzi all’EUIPO avverso la decisione della divisione di opposizione. 9 Con la decisione impugnata, la commissione di ricorso ha respinto il ricorso. In primo luogo, ha proceduto all’esame dell’opposizione rispetto alla registrazione internazionale n. 1 260 992 del marchio denominativo MIAMO. Anzitutto, ha considerato, in sostanza, che il pubblico di riferimento fosse composto dal pubblico in generale e dal pubblico professionale il cui livello di attenzione variava da medio a superiore alla media e che il territorio di riferimento fosse quello dell’Unione. Al pari della divisione di opposizione, ha poi condotto la sua analisi come se tutti i prodotti e i servizi di cui trattasi fossero identici. Inoltre, ha osservato che la somiglianza dei segni in conflitto sotto il profilo visivo e fonetico era molto ridotta e che gli stessi o erano diversi sotto il profilo concettuale o la loro comparazione sotto tale profilo era irrilevante. Inoltre, la commissione di ricorso ha precisato che, poiché la ricorrente non aveva dedotto l’elevato carattere distintivo del marchio anteriore, basava la propria analisi sul carattere distintivo intrinseco di quest’ultimo, che ha considerato normale. Infine, alla luce di tali considerazioni, essa ha concluso nel senso che non sussisteva alcun rischio di confusione ai sensi dell’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), del regolamento 2017/1001. 10 In secondo luogo, la commissione di ricorso ha affermato che non poteva constatarsi alcun rischio di confusione ai sensi di tale disposizione neppure in relazione agli altri marchi anteriori dedotti a sostegno dell’opposizione. Infatti, per quanto riguarda i marchi denominativi anteriori, si sarebbe applicata la stessa valutazione effettuata in relazione alla registrazione internazionale n. 1 260 992 del segno denominativo MIAMO. Quanto ai marchi figurativi anteriori, essi presentavano elementi che li avrebbero ancor più differenziati dal marchio richiesto. II. Conclusioni delle parti 11 La ricorrente chiede, in sostanza, che il Tribunale voglia: – annullare la decisione impugnata e accogliere l’opposizione; – in subordine, annullare detta decisione e rinviare la causa alla commissione di ricorso per il riesame; – in ogni caso, dichiarare che la ricorrente non è tenuta a rimborsare le spese sostenute dall’interveniente dinanzi alla divisione di opposizione e alla commissione di ricorso; – condannare l’EUIPO e l’interveniente alle spese sostenute dinanzi alla divisione di opposizione, alla commissione di ricorso e al Tribunale. 12 L’EUIPO chiede che il Tribunale voglia: – respingere il ricorso; – condannare la ricorrente alle spese in caso di convocazione di un’udienza. 13 L’interveniente chiede che il Tribunale voglia: – respingere il ricorso; – condannare la ricorrente alle spese. III. In diritto A. Sulla competenza del Tribunale a conoscere del terzo capo delle conclusioni della ricorrente 14 Con il terzo capo delle conclusioni, la ricorrente chiede al Tribunale di dichiarare che essa non è tenuta a rimborsare le spese sostenute dall’interveniente dinanzi alla divisione di opposizione e alla commissione di ricorso. 15 L’EUIPO sostiene che tale capo delle conclusioni non ha portata autonoma in quanto è incluso nella domanda di annullamento della decisione impugnata. 16 Interrogata su tale punto all’udienza, la ricorrente ha precisato che tale capo delle conclusioni doveva essere considerato come avente portata autonoma. 17 A tal riguardo, è sufficiente ricordare che, nell’ambito del controllo di legittimità fondato sull’articolo 263 TFUE, il Tribunale non è competente a pronunciare sentenze dichiarative (v. sentenza del 13 settembre 2023, Transformers Manufacturing Company/EUIPO – H&F (TMC TRANSFORMERS), T‑163/22, non pubblicata, EU:T:2023:534, punto 18 e giurisprudenza citata). 18 Ne consegue che il terzo capo delle conclusioni della ricorrente deve essere respinto per incompetenza. B. Sulla ricevibilità 1. Sull’eccezione di irricevibilità attinente alla tardività del controricorso dell’EUIPO 19 In udienza, la ricorrente ha sostenuto che il controricorso dell’EUIPO era irricevibile in quanto depositato tardivamente. Essa sostiene che tale memoria, depositata il 7 novembre 2023, è stata presentata più di 2 mesi dopo la notifica del ricorso, avvenuta il 18 agosto 2023. 20 L’EUIPO ha contestato gli argomenti della ricorrente e ha chiesto il rigetto dell’eccezione di irricevibilità. 21 A questo proposito, occorre ricordare che, secondo l’articolo 179 del regolamento di procedura del Tribunale, il convenuto presenta il controricorso entro due mesi decorrenti dalla notifica del ricorso. Ai sensi dell’articolo 60 del regolamento di procedura, tale termine deve essere aumentato di un termine forfettario di dieci giorni, in ragione della distanza. 22 Inoltre, con decisione dell’11 luglio 2018, relativa al deposito e alla notifica di atti di procedura mediante l’applicazione e-Curia (GU 2018, L 240, pag. 72), il Tribunale ha istituito una modalità di deposito e di notifica di atti di procedura per via elettronica. 23 Conformemente all’articolo 6, primo e secondo comma, di tale decisione, gli atti di procedura sono notificati mediante e-Curia ai titolari di un profilo utente nelle cause che li riguardano e i destinatari delle notifiche sono avvisati con messaggio di posta elettronica quando detti atti siano disponibili. Ai sensi dell’articolo 6, terzo comma, prima e seconda frase, della medesima decisione, l’atto di procedura si considera notificato nel momento in cui il destinatario chiede di accedere a tale atto. In mancanza di domande di accesso, l’atto si considera notificato alla scadenza del settimo giorno successivo a quello dell’invio del relativo avviso mediante posta elettronica. 24 Nel caso di specie, dal fascicolo elettronico risulta che, come sostenuto dall’EUIPO in udienza, un messaggio di posta elettronica è stato inviato all’EUIPO, il 21 agosto 2023, mediante l’applicazione e-Curia e che quest’ultimo ha chiesto di accedere all’atto introduttivo del giudizio il 28 agosto 2023. L’EUIPO ha depositato il controricorso il 7 novembre 2023, ossia entro il termine di due mesi prescritto dall’articolo 179 del regolamento di procedura, aumentato del termine in ragione della distanza previsto all’articolo 60 del medesimo regolamento di procedura. 25 Il fatto che la ricorrente non sia stata informata della data in cui l’EUIPO ha chiesto l’accesso al ricorso non ha alcuna rilevanza sul termine di deposito del controricorso presso la cancelleria del Tribunale, conformemente alle disposizioni pertinenti del regolamento di procedura citate al precedente punto 21. 26 Occorre quindi respingere l’eccezione di irricevibilità vertente sulla tardività del controricorso dell’EUIPO. 2. Sulla ricevibilità degli elementi di prova prodotti per la prima volta dinanzi al Tribunale 27 La ricorrente ha precisato, nel ricorso, che gli allegati A 8, A 10 ter e A 12 ter allo stesso, benché presentati per la prima volta dinanzi al Tribunale, dovevano essere considerati ricevibili. A suo avviso, dalla sentenza del 18 giugno 2020, Primart/EUIPO (C‑702/18 P, EU:C:2020:489), emerge che l’articolo 76 del regolamento n. 207/2009 del Consiglio, del 26 febbraio 2009, sul marchio dell’Unione europea (GU 2009, L 78, pag. 1) (divenuto articolo 95 del regolamento 2017/1001) non può essere interpretato nel senso che argomenti diretti a mettere in discussione considerazioni della commissione di ricorso vertenti su questioni sulle quali essa deve necessariamente pronunciarsi non facciano parte dell’oggetto della controversia dinanzi al Tribunale se non sono stati dedotti nel corso del procedimento dinnanzi alla commissione di ricorso. Secondo la ricorrente, lo stesso vale anche per gli elementi di prova diretti a suffragare siffatti argomenti. Essa aggiunge che anche elementi di prova diretti a «rafforzare» quelli precedentemente allegati dovrebbero essere ricevibili. Inoltre, l’avvocato generale Bobek, nelle sue conclusioni nella causa Primart/EUIPO (C‑702/18 P, EU:C:2019:1030), avrebbe precisato che la commissione di ricorso poteva, indipendentemente da quanto sostenuto dalle parti, decidere sulla base di fatti di dominio pubblico. Ebbene, nel caso di specie, da un lato, poiché gli allegati A 8, A 10 ter e A 12 ter sono estratti da siti Internet e dal registro dei marchi dell’Unione europea, essi sarebbero liberamente accessibili alla commissione di ricorso. Dall’altro, essi verterebbero sull’interpretazione degli elementi dominanti del marchio richiesto. 28 L’interveniente contesta la ricevibilità di tali allegati in quanto sono stati prodotti per la prima volta dinanzi al Tribunale. 29 L’EUIPO sostiene che gli allegati A 8 e A 12 ter al ricorso sono irricevibili per lo stesso motivo addotto dall’interveniente. 30 A tal riguardo, occorre ricordare che un ricorso proposto dinanzi al Tribunale ai sensi dell’articolo 72, paragrafo 2, del regolamento 2017/1001 mira al controllo della legittimità delle decisioni delle commissioni di ricorso. Nell’ambito di detto regolamento, ai sensi dell’articolo 95, tale controllo deve effettuarsi in base all’ambito fattuale e giuridico della lite quale è stato presentato dinanzi alla commissione di ricorso [v. sentenza del 1º febbraio 2005, SPAG/UAMI – Dann e Backer (HOOLIGAN), T‑57/03, EU:T:2005:29, punto 17 e giurisprudenza citata]. Ne consegue che il Tribunale non può annullare o riformare la decisione oggetto del ricorso per motivi che emergano dopo la sua pronuncia (sentenze dell’11 maggio 2006, Sunrider/UAMI, C‑416/04 P, EU:C:2006:310, punto 55, e del 13 marzo 2007, UAMI/Kaul, C‑29/05 P, EU:C:2007:162, punto 53). 31 La funzione del Tribunale non è quindi quella di riesaminare le circostanze di fatto alla luce delle prove presentate per la prima volta dinanzi ad esso. Infatti, l’ammissione di tali prove contrasta con l’articolo 188 del regolamento di procedura, secondo cui le memorie delle parti non possono modificare l’oggetto della controversia dinanzi alla commissione di ricorso. Pertanto, le prove prodotte per la prima volta dinanzi al Tribunale devono essere dichiarate irricevibili, senza che occorra esaminarle [v. sentenza del 14 maggio 2009, Fiorucci/UAMI – Edwin (ELIO FIORUCCI), T‑165/06, EU:T:2009:157, punto 22 e giurisprudenza citata]. 32 Diverso è il caso in cui le commissioni di ricorso, per determinare la percezione che il pubblico di riferimento avrà dei marchi in conflitto, si basino su fatti noti o sulle conoscenze particolari di tali fatti noti da parte dei loro membri. In un’eventualità del genere, la parte alla quale tale valutazione arreca pregiudizio può contestarne l’accuratezza nell’ambito del suo ricorso dinanzi al Tribunale e le prove addotte a sostegno di tale contestazione sono, quindi, ricevibili [v. sentenza del 21 dicembre 2022, Sanrio/EUIPO – Miroglio Fashion (SANRIO CHARACTERS), T‑43/22, non pubblicata, EU:T:2022:844, punto 19 e giurisprudenza citata]. 33 Nel caso di specie, occorre rilevare che gli allegati A 8, A 10 ter e A 12 ter del ricorso non sono stati presentati dalla ricorrente nel corso del procedimento dinanzi all’EUIPO. 34 Gli allegati A 8 e A 12 ter contengono estratti di siti Internet riguardanti l’origine del cognome Coppola e l’asserita notorietà di Aldo Coppola. Tali allegati sono stati presentati a sostegno dell’argomento della ricorrente relativo al fatto che il pubblico di riferimento conosce gli elementi denominativi «aldo coppola» che compongono il marchio richiesto e suffragano la contestazione delle valutazioni di cui ai punti da 42 a 49, 66 e 67 della decisione impugnata, con le quali la commissione di ricorso ha ritenuto, in sostanza, che detti elementi denominativi, la cui presenza all’interno del marchio richiesto accentuava l’assenza di rischio di confusione, fossero più distintivi all’interno di quest’ultimo. 35 Ebbene, è d’obbligo rilevare che tali valutazioni della commissione di ricorso non sono state svolte alla luce della sua percezione di un fatto noto ai sensi della giurisprudenza citata al precedente punto 32, bensì alla luce della posizione assunta dalla divisione di opposizione e degli argomenti presentati dalla ricorrente e dall’interveniente nel corso del procedimento dinanzi all’EUIPO. 36 Pertanto, gli allegati A 8 e A 12 ter del ricorso devono essere respinti, senza che sia necessario esaminare il loro valore probatorio [v., in tal senso, sentenza del 24 novembre 2005, Sadas/UAMI – LTJ Diffusion (ARTHUR ET FELICIE), T‑346/04, EU:T:2005:420, punto 19 e giurisprudenza citata]. 37 Gli argomenti dedotti dalla ricorrente non sono tali da mettere in discussione tale conclusione. 38 Da un lato, occorre respingere l’argomento della ricorrente relativo alla sentenza del 18 giugno 2020, Primart/EUIPO (C‑702/18 P, EU:C:2020:489). A tal riguardo, è sufficiente notare che, ai punti da 41 a 43 di tale sentenza, la Corte opera una distinzione tra gli elementi di diritto e gli elementi di fatto. Solo i primi sono considerati come facenti parte dell’oggetto della lite dinanzi al Tribunale, anche se non sono stati dedotti nel corso del procedimento dinanzi alla commissione di ricorso, in quanto quest’ultima deve necessariamente pronunciarsi su di essi. Ebbene, gli allegati A 8 e A 12 ter al ricorso non possono essere considerati elementi di diritto. 39 Dall’altro lato, per quanto riguarda l’argomento della ricorrente secondo cui elementi di prova diretti a «rafforzare» quelli precedentemente dedotti dovrebbero essere considerati ricevibili, è sufficiente rilevare che, come si evince dal precedente punto 30, il controllo della legittimità delle decisioni delle commissioni di ricorso deve essere effettuato alla luce del contesto fattuale e giuridico della lite quale presentato dinanzi alla commissione di ricorso, ragion per cui gli elementi di prova che non sono stati dedotti dinanzi all’EUIPO non possono essere considerati ricevibili, anche supponendo che essi «rafforzino» quelli dedotti dinanzi a quest’ultimo. 40 L’allegato A 10 ter, anch’esso prodotto al fine di dimostrare la conoscenza, da parte del pubblico di riferimento, degli elementi denominativi «aldo coppola» che compongono il marchio richiesto, contiene estratti del registro dei marchi dell’Unione europea. 41 A tal riguardo, occorre rilevare che, contrariamente a quanto sostiene l’interveniente, dalla giurisprudenza si evince che gli estratti del registro dei marchi dell’Unione europea non sono prove propriamente dette, ma riguardano la prassi decisionale dell’EUIPO, alla quale una parte deve avere la possibilità di riferirsi per la prima volta dinanzi al Tribunale, poiché si tratta di contestare alla commissione di ricorso non di non aver preso in considerazione elementi di fatto in una sentenza o in una decisione precisa, bensì di aver violato una disposizione del regolamento 2017/1001 e di dedurre la giurisprudenza o una prassi decisionale a sostegno di tale motivo [v. sentenza del 26 giugno 2018, Sicignano/EUIPO – IN.PRO.DI (GiCapri «a giacchett’e capri»), T‑619/16, non pubblicata, EU:T:2018:385, punto 31 e giurisprudenza citata]. 42 Alla luce delle considerazioni che precedono, occorre dichiarare irricevibili gli allegati A 8 e A 12 ter al ricorso. L’allegato A 10 ter al medesimo ricorso è invece ricevibile. C. Nel merito 1. Sulle prime parti del primo e del secondo capo delle conclusioni della ricorrente, dirette all’annullamento della decisione impugnata 43 A sostegno delle prime parti del primo e del secondo capo delle conclusioni dirette all’annullamento della decisione impugnata, la ricorrente deduce un motivo unico, vertente sulla violazione dell’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), del regolamento 2017/1001. 44 In particolare, essa sostiene che la commissione di ricorso ha commesso errori di valutazione nella comparazione dei segni in conflitto e nella valutazione globale del rischio di confusione. 45 L’EUIPO e l’interveniente contestano gli argomenti della ricorrente. 46 Ai sensi dell’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 2017/1001, in seguito all’opposizione del titolare di un marchio anteriore, il marchio richiesto è escluso dalla registrazione se, a causa dell’identità o della somiglianza di detto marchio con il marchio anteriore e dell’identità o della somiglianza dei prodotti o servizi per i quali i due marchi sono stati richiesti, sussiste un rischio di confusione per il pubblico del territorio nel quale il marchio anteriore è tutelato. Il rischio di confusione comprende il rischio di associazione con il marchio anteriore. 47 Il rischio di confusione è la probabilità che il pubblico possa credere che i prodotti o i servizi controversi provengano dalla stessa impresa o da imprese economicamente collegate. Il rischio di confusione deve essere valutato complessivamente, secondo la percezione che il pubblico di riferimento ha dei segni e dei prodotti o servizi di cui trattasi e prendendo in considerazione tutti i fattori pertinenti del caso di specie, in particolare l’interdipendenza tra la somiglianza dei segni e quella dei prodotti o dei servizi designati [v. sentenza del 9 luglio 2003, Laboratorios RTB/UAMI – Giorgio Beverly Hills (GIORGIO BEVERLY HILLS), T‑162/01, EU:T:2003:199, punti da 30 a 33 e giurisprudenza citata]. 48 Ai fini dell’applicazione dell’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), del regolamento 2017/1001, un rischio di confusione presuppone un’identità o una somiglianza dei marchi in conflitto e, al tempo stesso, un’identità o una somiglianza dei prodotti o dei servizi che essi designano. Si tratta di condizioni cumulative [v. sentenza del 22 gennaio 2009, Commercy/UAMI – easyGroup IP Licensing (easyHotel), T‑316/07, EU:T:2009:14, punto 42 e giurisprudenza citata]. 49 È alla luce di tali considerazioni che occorre esaminare se, come sostiene la ricorrente, la commissione di ricorso abbia violato l’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), del regolamento 2017/1001, nel ritenere che, nel caso di specie, non potesse sussistere un rischio di confusione. 50 Poiché la commissione di ricorso ha iniziato l’esame del rischio di confusione riguardo alla registrazione internazionale n. 1 260 992 del segno denominativo MIAMO, occorre analizzare, in primo luogo, le relative valutazioni, prima di procedere, in secondo luogo, all’esame delle valutazioni relative agli altri marchi anteriori. a) Sull’opposizione fondata sulla registrazione internazionale anteriore n. 1 260 992 del segno denominativo MIAMO 1) Sul pubblico e sul territorio di riferimento 51 Per quanto riguarda il pubblico di riferimento, ai punti da 28 a 31 della decisione impugnata, la commissione di ricorso ha ritenuto, in sostanza, che esso fosse composto dal pubblico in generale e dal pubblico professionale il cui livello di attenzione variava da medio a superiore alla media. 52 Queste valutazioni, peraltro non contestate dalla ricorrente, devono essere approvate. 53 Per quanto riguarda il territorio di riferimento, al punto 32 della decisione impugnata, la commissione di ricorso ha rilevato che, poiché il marchio anteriore era una registrazione internazionale che designa l’Unione, il territorio rilevante era quindi quello dell’Unione. 54 A questo proposito, occorre ricordare che, ai sensi dell’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), del regolamento 2017/1001, la sussistenza di un rischio di confusione risultante dalla somiglianza, da un lato, tra il marchio di cui si chiede la registrazione e un marchio anteriore e, dall’altro, tra i prodotti o i servizi designati da tali marchi deve essere valutata con riferimento al pubblico del territorio nel quale il marchio anteriore è tutelato [v. sentenza del 18 novembre 2020, LG Electronics/EUIPO – Staszewski (K7), T‑21/20, non pubblicata, EU:T:2020:550, punto 22 e giurisprudenza citata]. 55 Poiché la ricorrente sostiene che il territorio da prendere in considerazione ai fini del presente procedimento è quello dell’Italia, è sufficiente osservare che, come giustamente rilevato dalla commissione di ricorso al punto 33 della decisione impugnata, per negare la registrazione di un marchio dell’Unione europea è sufficiente che un impedimento alla registrazione relativo, ai sensi dell’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), del regolamento 2017/1001, esista in una parte dell’Unione, che può essere eventualmente costituita da un solo Stato membro [v., in tal senso, sentenza del 14 dicembre 2006, Mast-Jägermeister/UAMI – Licorera Zacapaneca (VENADO con riquadro e a.), T‑81/03, T‑82/03 e T‑103/03, EU:T:2006:397, punti 76 e 83]. A contrario, la conclusione della commissione di ricorso, secondo cui non sussiste alcun rischio di confusione nell’Unione, comprende il territorio italiano. In un simile caso di assenza di rischio di confusione, la riduzione del territorio del pubblico di riferimento dell’intera Unione a un solo Stato membro non può influire su tale conclusione. L’argomento della ricorrente deve quindi essere respinto in quanto inconferente. 56 Le valutazioni della commissione di ricorso relative al territorio rilevante devono quindi essere parimenti confermate. 2) Sulla comparazione dei prodotti e dei servizi 57 Al punto 34 della decisione impugnata, per ragioni di economia procedurale, la commissione di ricorso, al pari della divisione di opposizione, ha condotto la sua analisi come se tutti i prodotti e i servizi designati dal marchio richiesto fossero identici a quelli oggetto della registrazione internazionale anteriore n. 1 260 992, il che era l’approccio migliore per esaminare l’opposizione. 58 Non vi è motivo di mettere in discussione tale approccio, peraltro non contestato dalla ricorrente. 3) Sulla comparazione dei segni 59 La valutazione globale del rischio di confusione deve basarsi, per quanto riguarda la somiglianza visiva, fonetica o concettuale dei marchi in conflitto, sull’impressione complessiva prodotta dagli stessi, tenendo conto, in particolare, dei loro elementi distintivi e dominanti. La percezione dei marchi che il consumatore medio ha dei prodotti o dei servizi controversi svolge un ruolo determinante nella valutazione complessiva di detto rischio. A tal riguardo, il consumatore medio di solito percepisce un marchio come un tutt’uno e non ne esamina i vari dettagli (v. sentenza del 12 giugno 2007, UAMI/Shaker, C‑334/05 P, EU:C:2007:333, punto 35 e giurisprudenza citata). 60 È alla luce di tali considerazioni che occorre valutare, prima di procedere all’esame dell’eventuale somiglianza dei segni in conflitto sui piani visivo, fonetico e concettuale, l’eventuale esistenza di elementi distintivi e dominanti all’interno di detti segni. i) Sugli elementi distintivi e dominanti dei segni in conflitto 61 Ai punti da 38 a 49 della decisione impugnata, la commissione di ricorso ha rilevato che la registrazione internazionale anteriore n. 1 260 992 era priva di significato nel suo insieme. Essa ha ritenuto che tanto il pubblico italofono quanto il pubblico spagnolo avrebbero potuto scomporla in due parole, vale a dire «mi» e «amo». Il primo avrebbe percepito l’unione di tali parole, vale a dire l’unione del pronome «mi» (in francese «me») e della prima persona al singolare dell’indicativo presente del verbo «amare» (in francese «aimer»), nel senso di «amo me stesso/a» e il secondo l’avrebbe intesa come il significato di «mio signore» o «mio padrone». Per la maggioranza della restante parte del pubblico di riferimento, tale unione di parole non avrebbe avuto, invece, alcun significato. Secondo la commissione di ricorso, in ogni modo, il segno anteriore, essendo una singola parola, non ha elementi che possono essere percepiti come più distintivi di altri per tutto il pubblico di riferimento. 62 Per quanto riguarda il marchio richiesto, la commissione di ricorso ha rilevato che una parte non trascurabile del pubblico di riferimento, in particolare il pubblico italiano, avrebbe riconosciuto gli elementi «aldo coppola» come un nome e un cognome italiani piuttosto comuni. Tale parte del pubblico di riferimento avrebbe riconosciuto anche l’elemento «amo» nel senso di «amare» alla prima persona del singolare dell’indicativo presente. Anche il pubblico spagnolo avrebbe percepito tale elemento nel senso di «signore» o «padrone». Per la maggioranza della parte restante del pubblico di riferimento, il marchio richiesto non avrebbe avuto invece significato, anche se l’elemento denominativo «Coppola» fosse stato riconosciuto come un cognome di origine italiana. Secondo la commissione di ricorso, è prevedibile che il pubblico di riferimento si ricordi gli elementi «aldo coppola» per la loro lunghezza e posizione nell’impressione complessiva prodotta da detto marchio. Inoltre, per una parte significativa di detto pubblico, tali elementi costituirebbero un’indicazione di un patronimico. Tuttavia, l’elemento «amo», non essendo privo di carattere distintivo, non sarebbe trascurabile nell’impressione complessiva prodotta dal marchio richiesto. 63 La ricorrente sostiene, in sostanza, che gli elementi «aldo coppola» del marchio richiesto sono un nome e un cognome molto diffusi. In particolare, il cognome Coppola si posizionerebbe al 71º posto in Italia in termini di diffusione e popolarità. Tale cognome sarebbe anche diffuso in tutto il mondo. Inoltre, si tratterebbe di un fatto noto. Pertanto, il carattere distintivo di tali elementi sarebbe intaccato, ragion per cui il pubblico di riferimento presterebbe attenzione all’elemento «amo». 64 L’EUIPO e l’interveniente contestano gli argomenti della ricorrente. 65 Secondo una giurisprudenza costante, per valutare il carattere dominante di una o più componenti determinate di un marchio complesso, occorre tenere conto, in particolare, delle qualità intrinseche di ciascuna di tali componenti paragonandole a quelle di altre componenti. Inoltre ed in via accessoria, può essere presa in considerazione la posizione relativa delle diverse componenti nella configurazione del marchio complesso [sentenza 23 ottobre 2002, Matratzen Concord/UAMI – Hukla Germany (MATRATZEN), T‑6/01, EU:T:2002:261, punto 35; v., altresì, sentenza 13 maggio 2015, easyGroup IP Licensing/UAMI – TUI (easyAir-tours), T‑608/13, non pubblicata, EU:T:2015:282, punto 36 e giurisprudenza citata]. 66 Il carattere distintivo di un elemento costitutivo di un marchio dipende dalla maggiore o minore attitudine di tale elemento a concorrere ad identificare i prodotti o i servizi per i quali il marchio è stato registrato come provenienti da un’impresa determinata e quindi a distinguere tali prodotti o tali servizi da quelli di altre imprese. Nell’ambito di tale valutazione, vanno prese in considerazione in particolare le qualità intrinseche dell’elemento di cui trattasi, per accertare se esso sia o meno privo di qualsiasi carattere descrittivo dei prodotti o dei servizi per i quali il marchio è stato registrato [v. sentenze del 13 giugno 2006, Inex/UAMI – Wiseman (Rappresentazione di una pelle di mucca), T‑153/03, EU:T:2006:157, punto 35 e giurisprudenza citata, e del 22 maggio 2019, Andrea Incontri/EUIPO – Higicol (ANDREA INCONTRI), T‑197/16, non pubblicata, EU:T:2019:347, punto 43 e giurisprudenza citata]. 67 Nel caso di un marchio denominativo composto da un nome e da un cognome, occorre tener conto di tutti i fattori rilevanti del caso di specie e, in particolare, della circostanza che il cognome di cui trattasi sia poco comune o, al contrario, molto diffuso, il che può influire sul carattere distintivo di tale cognome [v., in tal senso, sentenze del 24 giugno 2010, Becker/Harman International Industries, C‑51/09 P, EU:C:2010:368, punto 36; del 5 ottobre 2011, Cooperativa Vitivinicola Arousana/UAMI – Sotelo Ares (ROSALIA DE CASTRO), T‑421/10, non pubblicata, EU:T:2011:565, punto 50, e del 22 maggio 2019, ANDREA INCONTRI, T‑197/16, non pubblicata, EU:T:2019:347, punto 44]. 68 La questione se un elemento denominativo sia percepito come un nome diffuso o no è rilevante anche ai fini della valutazione del carattere distintivo di detto elemento [v., in tal senso, sentenze del 3 giugno 2015, Giovanni Cosmetics/UAMI – Vasconcelos & Gonçalves (GIOVANNI GALLI), T‑559/13, EU:T:2015:353, punto 34 (non pubblicata), e del 22 maggio 2019, ANDREA INCONTRI, T‑197/16, non pubblicata, EU:T:2019:347, punto 45]. 69 Nel caso di specie, i segni da confrontare sono il marchio denominativo richiesto ALDO COPPOLA AMO, da un lato, e la registrazione internazionale anteriore n. 1 260 992 MIAMO, dall’altro. 70 Per quanto riguarda la registrazione internazionale anteriore, va notato che essa è composta dall’elemento «miamo». 71 Come emerge dal punto 41 della decisione impugnata, senza che la ricorrente lo contesti, il pubblico italofono e il pubblico spagnolo potranno scomporre la registrazione internazionale anteriore n. 1 260 992 in due parole, ossia «mi» e «amo», e percepirla rispettivamente nel senso di «mi amo» e «mio signore» o «mio padrone». A tal riguardo, occorre ricordare che, sebbene, secondo la giurisprudenza citata al precedente punto 59, il consumatore medio di solito percepisca un marchio come un tutt’uno e non ne esamini i vari dettagli, ciò non toglie che, percependo un segno denominativo, lo scomporrà in elementi denominativi che, per lui, suggeriscono un significato concreto o che somigliano a parole che conosce [v. sentenza del 21 dicembre 2021, Dr. Spiller/EUIPO – Rusch (Alpenrausch Dr. Spiller), T‑6/20, non pubblicata, EU:T:2021:920, punto 98 e giurisprudenza citata]. Tuttavia, come rilevato dalla commissione di ricorso, nel caso di specie, dato che la registrazione internazionale anteriore è composta da una sola parola, nessuno degli elementi che la compongono sarà considerato più distintivo dell’altro da tale parte del pubblico di riferimento. 72 Altrettanto correttamente la commissione di ricorso ha ritenuto che, per il restante pubblico di riferimento, la registrazione internazionale anteriore n. 1 260 992 non veicolava alcun significato e, per il fatto di essere composta da una sola parola, non conteneva alcun elemento che potesse essere percepito come più distintivo di un altro. 73 Per quanto riguarda il marchio richiesto, in primo luogo, è pacifico che l’elemento «aldo» sarà percepito dal pubblico di riferimento in Italia come un nome proprio maschile. Tuttavia, contrariamente a quanto sostiene la ricorrente, dal fascicolo non risulta che si tratti di un nome molto diffuso. Infatti, la ricorrente si limita ad affermare che il nome Aldo è molto diffuso in Italia senza fornire la minima prova a sostegno della sua affermazione. Pertanto, si deve concludere che, conformemente alla giurisprudenza citata al precedente punto 68, tale elemento gode di un carattere distintivo normale nell’insieme che compone il marchio richiesto. 74 In secondo luogo, le parti concordano sul fatto che l’elemento «coppola» sarà percepito dal pubblico di riferimento come un cognome italiano. Tuttavia, la ricorrente non è riuscita a dimostrare che si trattava di un cognome molto diffuso. A questo proposito, è sufficiente notare che, come emerge dal precedente punto 42, l’allegato A 8 al ricorso, dedotto a sostegno della sua affermazione secondo cui detto cognome era diffuso, è irricevibile in quanto è stato prodotto per la prima volta dinanzi al Tribunale. In ogni caso, occorre notare, al pari dell’EUIPO, che la circostanza che esso figuri al 71º posto nella classifica dei cognomi più diffusi in Italia non è sufficiente a dimostrare che si tratti di un cognome molto diffuso in tale Stato membro e, ancor meno, in tutto il mondo. 75 Inoltre, contrariamente a quanto sostiene la ricorrente, non si tratta neppure di un fatto noto, per cui spettava alla ricorrente fornire, nell’ambito del procedimento amministrativo, elementi che consentissero di evidenziare la conoscenza di tale cognome da parte del pubblico di riferimento. 76 Di conseguenza, l’elemento «coppola» ha un carattere distintivo normale nell’insieme che compone il marchio richiesto. 77 In terzo luogo, l’elemento «amo», non avendo alcun rapporto con i prodotti e i servizi designati dal marchio richiesto, non è privo di carattere distintivo, come rilevato dalla commissione di ricorso. 78 Alla luce delle considerazioni che precedono, occorre rilevare che, tenuto conto della loro lunghezza e della loro posizione, gli elementi «aldo coppola» possono essere conservati nella memoria dal pubblico di riferimento. Tuttavia, l’elemento «amo» non può essere considerato trascurabile nell’impressione complessiva prodotta dal marchio richiesto. 79 È alla luce delle considerazioni che precedono che occorre esaminare se il confronto dei segni in conflitto, svolto dalla commissione di ricorso, sul piano visivo, fonetico e concettuale sia viziato da errori di valutazione. ii) Sul confronto visivo, fonetico e concettuale dei segni in conflitto 80 Per quanto riguarda la somiglianza visiva e fonetica, al punto 51 della decisione impugnata, la commissione di ricorso ha affermato che i segni in conflitto coincidevano per la presenza delle ultime tre lettere «a», «m» e «o» e che essi differivano per il numero di lettere e di suoni, nonché per la loro diversa struttura iniziale. Essa ha concluso nel senso di una somiglianza visiva e fonetica molto ridotta. 81 Per quanto riguarda la somiglianza concettuale, la commissione di ricorso ha rilevato, al punto 52 della decisione impugnata, che il pubblico italiano e il pubblico spagnolo avrebbero potuto percepire il marchio richiesto come composto dal nome e dal cognome Aldo Coppola, ai quali è aggiunta la parola «amo», senza alcun nesso concettuale. Essa ha ritenuto che, per tale parte del pubblico di riferimento, sebbene percepisse la registrazione internazionale anteriore nel senso di significare «mi amo» e «mio signore» o «mio padrone», i segni in conflitto fossero diversi. Per la parte del pubblico di riferimento per la quale detti segni non sono dotati di alcun significato, il confronto concettuale sarebbe stato irrilevante. 82 Infine, la ricorrente sostiene che la commissione di ricorso ha errato nell’applicare sic et simpliciter i principi in forza de quali, da un lato, la prima parte di un segno attirerebbe principalmente l’attenzione del pubblico di riferimento e, dall’altro, i consumatori tenderebbero ad abbreviare il marchio richiesto facendo esclusivamente riferimento agli elementi «aldo coppola». Infatti, come riconosciuto dalla giurisprudenza, il primo principio non dovrebbe essere applicato in maniera indiscriminata. Per quanto riguarda il secondo principio, tenuto conto della natura di «house mark» del marchio richiesto o della sua scarsa distintività, la parte italofona del pubblico di riferimento non avrebbe fatto riferimento a tale marchio prendendo in considerazione unicamente il cognome Coppola. La ricorrente sostiene che, confrontando gli elementi «miamo» che compongono la registrazione internazionale anteriore e «amo» che è il marchio richiesto, i segni in conflitto divergono da detta registrazione internazionale solo per il prefisso «mi», per cui sono pressoché identici sul piano visivo. Essa aggiunge che, sul piano fonetico, essi sono ancor più simili atteso che il tono più forte della pronuncia cade in entrambi i segni sulla lettera «a». Sottolinea che, sul piano concettuale, poiché il pubblico italofono percepirà i segni in conflitto come un rinvio ai concetti di amare e amarsi, tali segni sono pressoché identici. 83 L’EUIPO e l’interveniente contestano gli argomenti della ricorrente. 84 In primo luogo, per quanto riguarda la somiglianza visiva, occorre ricordare che dalla giurisprudenza relativa ai marchi denominativi si evince che ciò che rileva nella valutazione della somiglianza visiva di marchi del genere è la presenza, in ciascuno di essi, di più lettere nello stesso ordine [v., in tal senso, sentenza del 25 marzo 2009, Kaul/UAMI – Bayer (ARCOL), T‑402/07, EU:T:2009:85, punto 83]. 85 Nel caso di specie, occorre rilevare che i segni in conflitto coincidono per le lettere «a», «m» e «o» che costituiscono il suffisso del segno anteriore e il terzo elemento del segno richiesto. Tali segni si differenziano, invece, da un lato, per gli altri due elementi del marchio richiesto, vale a dire «aldo» e «coppola», e per il prefisso «mi» della registrazione internazionale anteriore n. 1 260 992 e, dall’altro, per le strutture e le lunghezze distinte, vale a dire tre elementi e quattordici lettere per il marchio richiesto e un unico elemento di cinque lettere per detta registrazione internazionale. Pertanto, sebbene i segni in conflitto coincidano nella sequenza delle lettere «a», «m» e «o», le notevoli differenze esistenti tra loro saranno facilmente percepite dal pubblico di riferimento, ragion per cui la commissione di ricorso ha potuto concludere, senza commettere errori di valutazione, nel senso che tali segni presentavano un grado di somiglianza visiva molto ridotta. 86 Sebbene la ricorrente sostenga che la commissione di ricorso ha applicato sic et simpliciter i principi in forza de quali, da un lato, la prima parte di un segno attira principalmente l’attenzione del pubblico di riferimento e, dall’altro, i consumatori tendono ad abbreviare il marchio richiesto facendo riferimento esclusivamente agli elementi «aldo coppola», occorre rilevare che ciò deriva da una lettura erronea della decisione impugnata. A tal riguardo, è sufficiente notare che, al punto 51 di detta decisione, la commissione di ricorso ha tenuto conto, nella sua valutazione, del numero di lettere e della struttura iniziale dei segni in conflitto. Essa ha pertanto basato la sua analisi sull’impressione visiva complessiva prodotta da detti segni, conformemente alla giurisprudenza citata al precedente punto 59. Date tali circostanze, non può esserle addebitato di aver applicato sic et simpliciter i principi sopra menzionati. 87 Sul piano fonetico, occorre considerare che, a prescindere dalla loro pronuncia, i segni in conflitto presentano, data la loro struttura e la loro lunghezza diverse, solo uno scarso grado di somiglianza, nonostante la presenza delle lettere «a», «m» e «o» nei due segni. 88 Da un punto di vista concettuale, va ricordato che, quando uno dei marchi in conflitto presenta un significato agli occhi del pubblico di riferimento e l’altro marchio ne è privo, si deve rilevare che i marchi di cui trattasi presentano differenze sul piano concettuale [v., in tal senso, sentenza del 19 settembre 2017, RP Technik/EUIPO – Tecnomarmi (RP ROYAL PALLADIUM), T‑768/15, non pubblicata, EU:T:2017:630, punti 88 e 89]. 89 Inoltre, qualora nessuno dei segni di cui trattasi abbia un significato considerato nel suo insieme, si deve constatare che il confronto sul piano concettuale non è possibile [v., in tal senso, sentenze del 21 settembre 2017, Novartis/EUIPO – Meda (Zymara), T‑214/15, non pubblicata, EU:T:2017:637, punto 149, e del 5 ottobre 2017, Forest Pharma/EUIPO – Ipsen Pharma (COLINEB), T‑36/17, non pubblicata, EU:T:2017:690, punto 96]. 90 Nel caso di specie, va notato che, come si evince dai precedenti punti da 70 a 77, una parte del pubblico di riferimento, vale a dire il pubblico italofono e il pubblico spagnolo, probabilmente scomporrà la registrazione internazionale anteriore n. 1 260 992 in due parole, ossia «mi» e «amo», e la percepirà come se significasse «mi amo» e «mio signore» o «mio padrone», e per l’altra parte di detto pubblico, essa sarà priva di significato. Per quanto riguarda il marchio richiesto, occorre rilevare che, per il pubblico italiano e spagnolo, esso sarà inteso come un nome e un cognome ai quali è stata aggiunta la parola «amo» senza alcun nesso concettuale e per il resto del pubblico di riferimento, che percepirà solo il cognome Coppola, non trasmetterà alcun significato particolare. 91 Date tali circostanze, si deve ritenere che, per il pubblico italiano e spagnolo, i segni in conflitto siano concettualmente diversi e, per il resto del pubblico di riferimento, il confronto sotto il profilo concettuale non sia possibile. 4) Sul carattere distintivo della registrazione internazionale anteriore n. 1 260 992 92 Ai punti da 54 a 56 della decisione impugnata, la commissione di ricorso ha precisato che, poiché la ricorrente non aveva rivendicato l’elevata distintività della registrazione internazionale anteriore n. 1 260 992, essa fondava la sua analisi sul suo carattere distintivo intrinseco. A tal proposito, ha osservato che, da un lato, nella misura in cui il pubblico italiano e spagnolo attribuivano un significato alla parola «miamo», tale significato non aveva alcuna relazione con i prodotti e i servizi oggetto di detta registrazione internazionale e, dall’altro, per il resto del pubblico di riferimento, tale parola era priva di significato. Pertanto, la capacità distintiva della registrazione internazionale anteriore doveva essere considerata normale. 93 Non vi è motivo di mettere in discussione tali valutazioni, peraltro non contestate dalla ricorrente. 5) Sulla valutazione globale del rischio di confusione 94 Ai punti da 58 a 69 della decisione impugnata, la commissione di ricorso ha rilevato, in sostanza, che i prodotti e i servizi di cui trattasi erano considerati identici, ma che i segni in conflitto presentavano solo una ridotta somiglianza visiva e fonetica ed erano diversi sotto il profilo concettuale. Essa è giunta alla conclusione che, tenuto conto del carattere distintivo normale della registrazione internazionale anteriore n. 1 260 992, era escluso qualsiasi rischio di confusione, anche in presenza di prodotti e servizi identici. 95 Rispondendo all’argomento della ricorrente vertente, in sostanza, sull’applicazione, nel caso di specie, della sentenza del 6 ottobre 2005, Medion (C‑120/04, EU:C:2005:594), la commissione di ricorso ha ritenuto che la parola «amo» che compone il marchio richiesto non fosse identica alla registrazione internazionale anteriore n. 1 260 992, per cui detta sentenza non era applicabile. Essa ha aggiunto che le decisioni anteriori citate dalla ricorrente a tal riguardo relative al marchio AMO non erano pertinenti in quanto, nel caso di specie, il marchio richiesto non si limitava all’elemento «amo». 96 Inoltre, rispondendo all’argomento della ricorrente secondo cui il pubblico di riferimento avrebbe potuto percepire gli elementi denominativi «aldo coppola» come riferiti all’house mark e l’elemento «amo» come riferito al marchio «di linea» o «di prodotto», la commissione di ricorso ha ritenuto che le prove fornite dalla ricorrente per dimostrare tale affermazione non fossero sufficienti e che, in ogni caso, l’asserita notorietà del nome Aldo Coppola avrebbe confermato l’assenza di rischio di confusione. 97 La ricorrente contesta alla commissione di ricorso di non aver rilevato che la ridotta somiglianza tra i segni in conflitto dal punto di vista visivo e fonetico era compensata dall’identità tra prodotti e i servizi di cui trattasi. Essa ritiene quindi che sussista un rischio di confusione quanto meno per il pubblico di riferimento in Italia. 98 Inoltre, la ricorrente rileva che il suffisso «amo» della registrazione internazionale anteriore viene riprodotto nel marchio richiesto, ragion per cui è applicabile la sentenza del 6 ottobre 2005, Medion (C‑120/04, EU:C:2005:594). Infatti, la commissione di ricorso avrebbe già fatto applicazione della giurisprudenza derivante da tale sentenza in un procedimento relativo agli stessi marchi anteriori e al marchio AMO. La ricorrente aggiunge che la commissione di ricorso ha implicitamente riconosciuto che l’elemento denominativo «amo» del marchio richiesto manteneva una posizione distintiva autonoma, precisando che esso non era trascurabile nella sua impressione complessiva in quanto non privo di carattere distintivo. 99 In aggiunta, la ricorrente sostiene che, contrariamente alle valutazioni contenute nella decisione impugnata, il pubblico di riferimento può percepire gli elementi denominativi «aldo coppola» come house mark e l’elemento «amo» come il marchio di linea o di prodotto. Del resto l’EUIPO avrebbe riconosciuto una siffatta prassi in diversi altri procedimenti. Tale constatazione sarebbe altresì supportata dal fatto che la società Aldo Coppola International, collegata all’interveniente, sarebbe titolare dei marchi dell’Unione europea ALDO COPPOLA e ALDO COPPOLA INFUSION ELEMENTS e che quest’ultimo segno sarebbe utilizzato secondo la suddivisione per ALDO COPPOLA AMO. La ricorrente aggiunge che, alla data di deposito del marchio richiesto, esistevano molteplici registrazioni di marchi dell’Unione europea di titolarità della società Aldo Coppola International contenenti l’house mark ALDO COPPOLA seguito dal marchio di linea. Essa evidenzia che il parrucchiere Aldo Coppola, la cui scomparsa nel 2013 è stata oggetto di vari articoli nei giornali nazionali e internazionali, era noto al pubblico di riferimento. Aggiunge che la giustapposizione tra l’house mark ALDO COPPOLA e l’elemento denominativo «amo», simile alla registrazione internazionale anteriore, genera un rischio di confusione per associazione, in quanto il pubblico di riferimento sarebbe indotto a ritenere che sussista un legame tra la ricorrente e l’interveniente. 100 Infine, la ricorrente ritiene che la commissione di ricorso avrebbe dovuto prendere in considerazione non solo il marchio richiesto come riprodotto nel registro, ma anche tutte le forme in cui esso è oggetto di un utilizzo conforme all’articolo 18 del regolamento 2017/1001, il che dimostrerebbe la «separazione» degli elementi «aldo coppola» e «amo». 101 L’EUIPO e l’interveniente contestano gli argomenti della ricorrente. 102 Secondo la giurisprudenza, la valutazione globale del rischio di confusione implica una certa interdipendenza tra i fattori presi in considerazione e, in particolare, tra la somiglianza dei marchi e quella dei prodotti o dei servizi designati. Pertanto, uno scarso grado di somiglianza tra i prodotti o i servizi designati può essere compensato da un elevato grado di somiglianza tra i marchi e viceversa (sentenze del 29 settembre 1998, Canon, C‑39/97, EU:C:1998:442, punto 17, e del 14 dicembre 2006, VENADO con riquadro e a., T‑81/03, T‑82/03 e T‑103/03, EU:T:2006:397, punto 74). 103 Tuttavia, non è automatico concludere nel senso della sussistenza di un rischio di confusione ogni volta che esiste identità tra i prodotti e uno scarso grado di somiglianza tra i marchi in conflitto. Infatti, se è certamente vero che, in forza del principio di interdipendenza, uno scarso grado di somiglianza tra i prodotti o i servizi designati può essere compensato da un elevato grado di somiglianza tra i marchi, viceversa, nulla impedisce di constatare che, alla luce delle circostanze di un caso di specie, non sussiste rischio di confusione, anche in presenza di prodotti identici e di uno scarso grado di somiglianza tra i marchi in conflitto [v. sentenza del 27 giugno 2019, Sandrone/EUIPO – J. García Carrión (Luciano Sandrone), T‑268/18, EU:T:2019:452, punto 96 e giurisprudenza citata]. 104 Nel caso di specie, dalle considerazioni che precedono si evince che i prodotti e i servizi di cui trattasi sono considerati identici, che il pubblico di riferimento è composto dal pubblico in generale e dal pubblico professionale, il cui livello di attenzione varia da medio a superiore alla media, e che la capacità distintiva della registrazione internazionale anteriore n. 1 260 992 è normale. 105 Nondimeno, i segni in conflitto sono molto poco simili sotto il profilo visivo e fonetico. In particolare, vi sono evidenti differenze in termini di lunghezza e struttura. Mentre il marchio richiesto è composto da tre elementi e da quattordici lettere, la registrazione internazionale anteriore n. 1 260 992 è costituita da un unico elemento di cinque lettere. Pertanto, la sola somiglianza risiede nella sequenza di lettere «a», «m» e «o», che è il terzo elemento del marchio richiesto e il suffisso di detta registrazione internazionale. Inoltre, i segni in conflitto o sono diversi sotto il profilo concettuale o il loro confronto non è possibile sotto tale profilo. 106 Pertanto, il pubblico di riferimento sarà in grado di comprendere le differenze significative che caratterizzano i marchi in conflitto, per cui è escluso che tale pubblico possa credere all’esistenza di un collegamento economico tra i titolari di detti marchi o ad un’origine commerciale comune dei prodotti e dei servizi di cui trattasi. 107 Gli altri argomenti della ricorrente non sono idonei a mettere in discussione tale conclusione. 108 Sotto un primo profilo, la ricorrente non può proficuamente avvalersi della sentenza del 6 ottobre 2005, Medion (C‑120/04, EU:C:2005:594). Secondo tale sentenza, quand’anche l’elemento comune dei segni in conflitto non possa essere considerato come dominante l’impressione complessiva, se ne deve tener conto nella valutazione della somiglianza dei medesimi, qualora costituisca in quanto tale il marchio anteriore e conservi una posizione distintiva autonoma nel marchio, composto in particolare da tale elemento, di cui è chiesta la registrazione. Invero, quando un elemento comune mantiene una posizione distintiva autonoma nel segno composto, l’impressione complessiva prodotta dal segno in parola può indurre il pubblico a credere che i prodotti o i servizi in causa provengano, in ogni caso, da imprese economicamente collegate, circostanza in cui si deve ravvisare un rischio di confusione (sentenza del 22 ottobre 2015, BGW, C‑20/14, EU:C:2015:714, punto 38). 109 Nel caso di specie, è sufficiente rilevare che l’elemento «amo» del marchio richiesto non costituisce di per sé la registrazione internazionale anteriore n. 1 260 992 MIAMO. A questo proposito, contrariamente a quanto afferma la ricorrente, dalla sentenza del 6 ottobre 2005, Medion (C‑120/04, EU:C:2005:594), non si evince che la Corte abbia ritenuto che vi fosse un rischio di confusione quando, come nel caso di specie, detta registrazione internazionale sia riprodotta all’interno del segno richiesto «con la sola elisione del prefisso “mi”» e mantenga una posizione autonoma distintiva all’interno del segno così composto [v., in tal senso, sentenza dell’8 novembre 2023, SkinIdent/EUIPO – Beiersdorf (NIVEA SKIN-IDENTICAL Q10), T‑665/22, non pubblicata, EU:T:2023:704, punto 41]. 110 Certo, il Tribunale ha ritenuto che un rischio di confusione potesse sussistere anche nell’ipotesi in cui il marchio anteriore non fosse riprodotto in modo identico all’interno del marchio posteriore, accettando alterazioni minime, che non andavano oltre la quasi identità [sentenze 10 ottobre 2012, Bimbo/UAMI – Panrico (BIMBO DOUGHNUTS), T‑569/10, non pubblicata, EU:T:2012:535, punti 96 e 97; del 26 maggio 2016, Aldi Einkauf/EUIPO – Dyado Liben (Casale Fresco), T‑254/15, non pubblicata, EU:T:2016:319, punti 42 e 43, e del 14 giugno 2017, Aydin/EUIPO – Kaporal Groupe (ROYAL & CAPORAL), T‑95/16, non pubblicata, EU:T:2017:388, punto 73]. La Corte, adita nell’ambito di un’impugnazione, non ha tuttavia confermato esplicitamente tale approccio. Al contrario, ha ritenuto che il Tribunale non avesse concluso per l’esistenza di un rischio di confusione a partire dalla sola constatazione che il marchio anteriore modificato occupava, nel marchio richiesto, una posizione distintiva autonoma, ma l’aveva dedotta da una valutazione globale tenendo conto di tutti i fattori pertinenti del caso di specie (sentenza dell’8 novembre 2023, NIVEA SKIN-IDENTICAL Q10, T‑665/22, non pubblicata, EU:T:2023:704, punto 43 e giurisprudenza citata). 111 Ebbene, nella presente causa, l’elemento «amo» non può essere considerato quasi identico alla registrazione internazionale anteriore n. 1 260 992 MIAMO e l’alterazione derivante dalla soppressione del suffisso «mi» nel marchio richiesto non può essere considerata minima, in quanto rappresenta due delle cinque lettere che compongono detta registrazione internazionale. 112 In ogni caso, le cause che hanno dato origine alle sentenze a cui la ricorrente fa riferimento a sostegno della sua tesi si distinguono nettamente dalla presente causa. 113 Infatti, a differenza della causa che ha dato origine alla sentenza dell’8 maggio 2012, Panzeri/UAMI – Royal Trophy (Royal Veste e premia lo sport) (T‑348/10, non pubblicata, EU:T:2012:221), in cui l’elemento comune era «veste lo sport», l’elemento comune nel caso di specie, ossia l’elemento «amo», è molto più breve. 114 Inoltre, neanche l’analogia con le cause che hanno dato origine alle sentenze del 25 marzo 2010, Nestlé/UAMI – Master Beverage Industries (Golden Eagle e Golden Eagle Deluxe) (da T‑5/08 a T‑7/08, EU:T:2010:123), e del 18 maggio 2011, Glenton España/UAMI – Polo/Lauren (POLO SANTA MARIA) (T‑376/09, non pubblicata, EU:T:2011:225), è fondata, in quanto, nel caso di specie, l’elemento comune è denominativo, mentre dette cause riguardavano marchi figurativi. 115 Per quanto riguarda le decisioni anteriori dell’EUIPO citate dalla ricorrente, basti ricordare che le decisioni che le commissioni di ricorso dell’EUIPO devono adottare, ai sensi del regolamento 2017/1001, relativamente alla registrazione di un segno come marchio dell’Unione europea, rientrano nell’esercizio di una competenza vincolata e non di un potere discrezionale. Pertanto, la legittimità di dette decisioni deve essere valutata unicamente sulla base di tale regolamento, come interpretato dal giudice dell’Unione, e non su quella di una prassi decisionale precedente a queste ultime [v., in tal senso, sentenza del 26 aprile 2007, Alcon/UAMI, C‑412/05 P, EU:C:2007:252, punto 65]. 116 La Corte ha dichiarato che, alla luce dei principi della parità di trattamento e di buona amministrazione, l’EUIPO, nell’ambito dell’istruzione di una domanda di registrazione di un marchio dell’Unione europea, doveva prendere in considerazione le decisioni già adottate per domande simili e chiedersi con particolare attenzione se occorresse o meno decidere nello stesso senso. Tuttavia, essa ha aggiunto che i principi della parità di trattamento e di buona amministrazione dovevano conciliarsi con il rispetto della legittimità. Conseguentemente, la persona che chiede la registrazione di un segno come marchio non può invocare a proprio vantaggio un’eventuale illegittimità commessa in favore di altri al fine di ottenere una decisione identica. Del resto, per motivi di certezza del diritto e, specificamente, di buona amministrazione, l’esame di ogni domanda di registrazione deve essere rigoroso e completo per evitare l’indebita registrazione dei marchi. Tale esame deve avvenire in ogni caso concreto. Infatti, la registrazione di un segno come marchio dipende da criteri specifici, applicabili nell’ambito delle circostanze di fatto del caso di specie, destinati a verificare se il segno di cui trattasi rientri in un impedimento alla registrazione (sentenza del 10 marzo 2011, Agencja Wydawnicza Technopol/UAMI, C‑51/10 P, EU:C:2011:139, punti da 74 a 77). 117 Nel caso di specie, poiché la commissione di ricorso ha proceduto ad un esame completo e concreto del marchio richiesto per negare la registrazione, la ricorrente non può proficuamente far valere decisioni anteriori dell’EUIPO per inficiare la conclusione secondo la quale la registrazione del marchio richiesto è incompatibile con il regolamento 2017/1001 [v., in tal senso, sentenza del 17 gennaio 2024, Ilovepdf/EUIPO (ILOVEPDF), T‑60/23, non pubblicata, EU:T:2024:9, punto 66]. 118 Per il resto, contrariamente a quanto sostiene la ricorrente, la commissione di ricorso non ha riconosciuto sic et simpliciter che l’elemento denominativo «amo» del marchio richiesto manteneva una posizione distintiva autonoma affermando che esso non era trascurabile nella sua impressione complessiva. Infatti, al punto 49 della decisione impugnata, la commissione di ricorso, conformemente alla giurisprudenza citata al precedente punto 59, ha preso in considerazione l’impressione complessiva prodotta dal marchio richiesto, precisando che l’elemento «amo», pur non disponendo dello stesso carattere distintivo degli elementi «aldo coppola», non era trascurabile. 119 Sotto un secondo profilo, la ricorrente non dimostra che, da un lato, gli elementi «aldo coppola» che compongono il marchio richiesto sono tali da essere percepiti dal pubblico di riferimento come l’house mark e l’elemento «amo» come il marchio di linea o di prodotto. 120 Infatti, per quanto riguarda gli estratti del registro dei marchi dell’Unione europea relativi a marchi contenenti gli elementi «aldo coppola», occorre ricordare che il fattore rilevante per contestare il carattere distintivo di un elemento consiste nella sua presenza effettiva nel mercato e non in registri o banche dati [v. sentenza del 25 maggio 2016, Ice Mountain Ibiza/EUIPO – Marbella Atlantic Ocean Club (ocean beach club ibiza), T‑5/15, non pubblicata, EU:T:2016:311, punto 35 e giurisprudenza citata]. Pertanto, tale circostanza non è idonea a dimostrare che il pubblico di riferimento si sia effettivamente trovato di fronte ad una presenza effettiva di tali marchi nel mercato. 121 Per quanto riguarda gli estratti del sito Internet dell’interveniente, occorre rilevare che, sebbene contengano la prova che prodotti del marchio ALDO COPPOLA sono commercializzati dall’interveniente, essi non possono essere sufficienti per dimostrare che il pubblico di riferimento ha familiarità con una siffatta commercializzazione. 122 In ogni caso, affermazioni del genere contraddicono gli argomenti esposti al precedente punto 63 secondo i quali, in sostanza, gli elementi «aldo coppola» hanno uno scarso carattere distintivo. A tal riguardo, va ricordato che, conformemente alla giurisprudenza, il carattere distintivo di un marchio ai sensi del regolamento 2017/1001 significa che tale marchio è idoneo ad identificare il prodotto per il quale è richiesta la registrazione come proveniente da una determinata impresa e, quindi, a distinguere tale prodotto da quelli di altre imprese [v. sentenze del 18 luglio 2013, Specsavers International Healthcare e a., C‑252/12, EU:C:2013:497, punto 22 e giurisprudenza citata, e del 13 settembre 2016, hyphen/EUIPO – Skylotec (Rappresentazione di un poligono), T‑146/15, EU:T:2016:469, punto 26 e giurisprudenza citata]. Ebbene, ritenere che il pubblico di riferimento possa percepire elementi che compongono un marchio nel senso che rinviano a un house mark equivarrebbe a riconoscere loro un elevato carattere distintivo. 123 Dall’altro lato, la ricorrente non dimostra nemmeno che il pubblico di riferimento associa gli elementi «aldo coppola» all’omonimo parrucchiere. Infatti, come risulta dal precedente punto 42, l’allegato A 12 ter citato a sostegno di tale argomento è irricevibile. Inoltre, le altre prove addotte al riguardo non sono tali da dimostrare la notorietà di tale parrucchiere. In particolare, gli articoli contenuti in Il Corriere della Sera, Italy Magazine e Vogue, datati 2013, non sono sufficienti a dimostrare l’esistenza di un’ampia copertura mediatica del parrucchiere Aldo Coppola al momento del deposito del marchio richiesto, ossia il 23 maggio 2019. Quanto agli estratti del sito Internet dell’interveniente relativi alla rete di franchising creata da Aldo Coppola, è sufficiente osservare che essi non hanno data. Pertanto, a prescindere dalla questione se la scarsa somiglianza tra i segni in conflitto sul piano visivo e fonetico possa essere controbilanciata dal contenuto concettuale del marchio richiesto derivante dal nome Aldo Coppola, sollevata in subordine nella decisione impugnata, la commissione di ricorso non è incorsa in alcun errore di valutazione per aver affermato che la ricorrente non aveva dimostrato la notorietà del parrucchiere Aldo Coppola alla data di riferimento. 124 Sotto un terzo profilo, nella misura in cui la ricorrente sostiene che la commissione di ricorso avrebbe dovuto prendere in considerazione non solo il marchio richiesto come riprodotto nel registro, ma anche tutte le forme di utilizzo conforme all’articolo 18 del regolamento 2017/1001, a dimostrazione della separazione degli elementi «aldo coppola» e «amo», è sufficiente precisare che la somiglianza dei marchi in conflitto deve essere valutata dal punto di vista del consumatore medio, facendo riferimento alle qualità intrinseche di detti marchi e non a circostanze relative al comportamento della persona che chiede la registrazione di un marchio dell’Unione europea (v., in tal senso, sentenza del 2 settembre 2010, Calvin Klein Trademark Trust/UAMI, C‑254/09 P, EU:C:2010:488, punto 46). 125 Di conseguenza, la commissione di ricorso ha giustamente ritenuto che l’opposizione fondata sulla registrazione internazionale n. 1 260 992 del segno denominativo MIAMO dovesse essere respinta ai sensi dell’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), del regolamento 2017/1001. b) Sull’opposizione fondata sugli altri marchi anteriori 126 Al punto 71 della decisione impugnata, la commissione di ricorso ha rilevato che, per quanto riguarda gli altri marchi denominativi anteriori, si applicava la stessa valutazione effettuata riguardo alla registrazione internazionale denominativo anteriore n. 1 260 992 MIAMO. Quanto ai marchi figurativi anteriori, essa ha ritenuto che mostrassero ancor più differenze dal marchio richiesto, vale a dire la rappresentazione della lettera «m» all’inizio, che rafforzava l’iniziale dell’elemento denominativo «miamo», nonché gli altri elementi denominativi «healthy skin system». Essa è giunta alla conclusione che doveva essere escluso qualsiasi rischio di confusione anche in relazione agli altri marchi anteriori. 127 Ebbene, la ricorrente non ha prodotto alcuna prova che contesti specificamente tali valutazioni della commissione di ricorso. 128 La conclusione della commissione di ricorso deve, in ogni caso, essere confermata. Infatti, per quanto riguarda gli altri marchi denominativi anteriori, essi sono identici alla registrazione internazionale denominativo n. 1 260 992 MIAMO, per cui la conclusione di cui al precedente punto 125 si applica anche ad essi. Per quanto riguarda i marchi figurativi anteriori, poiché, come risulta dal precedente punto 5, essi presentano maggiori differenze con il marchio richiesto, in particolare per la presenza della lettera «m» nella parte iniziale e per gli elementi denominativi aggiuntivi «healthy skin system», la commissione di ricorso ha giustamente escluso l’esistenza di un rischio di confusione nella mente del pubblico di riferimento. 129 Alla luce di tutte le considerazioni che precedono, occorre respingere in quanto infondato il motivo unico e, pertanto, le prime parti del primo e del secondo capo delle conclusioni della ricorrente dirette all’annullamento della decisione impugnata. 2. Sulla seconda parte del primo capo delle conclusioni, diretta a chiedere al Tribunale di accogliere l’opposizione, e sulla seconda parte del secondo capo delle conclusioni, diretta a chiedere al Tribunale di rinviare la causa dinanzi alla commissione di ricorso per il riesame 130 Con la seconda parte del primo capo delle conclusioni, la ricorrente chiede al Tribunale di accogliere l’opposizione. 131 L’EUIPO sostiene che le condizioni per una domanda del genere non sono soddisfatte. 132 A tal riguardo, occorre rilevare che la ricorrente, con la seconda parte del primo capo delle conclusioni, chiede al Tribunale, in sostanza, di adottare la decisione che, a suo avviso, l’EUIPO avrebbe dovuto adottare, vale a dire una decisione che constati che le condizioni per l’opposizione sono soddisfatte. Essa chiede quindi la riforma della decisione impugnata, quale prevista all’articolo 72, paragrafo 3, del regolamento 2017/1001. 133 Tuttavia, occorre ricordare che il controllo che il Tribunale esercita ai sensi all’articolo 72, paragrafo 3, del regolamento 2017/1001 è un controllo della legittimità delle decisioni delle commissioni di ricorso dell’EUIPO e che esso può annullare o riformare la decisione oggetto del ricorso solo se essa, nel momento in cui è stata adottata, era viziata da uno dei motivi enunciati all’articolo 72, paragrafo 2, del regolamento 2017/1001 (v. sentenza del 5 luglio 2011, Edwin/UAMI, C‑263/09 P, EU:C:2011:452, punto 71 e giurisprudenza citata). 134 Poiché il motivo unico dedotto dalla ricorrente a sostegno della domanda di annullamento è stato respinto, come dichiarato al precedente punto 129, la decisione impugnata non è viziata da alcuna delle illegittimità di cui all’articolo 72, paragrafo 2, del regolamento 2017/1001, per cui la domanda di riforma deve, di conseguenza, essere respinta. 135 Per quanto riguarda la seconda parte del secondo capo delle conclusioni della ricorrente, formulata in subordine, con la quale quest’ultima chiede al Tribunale di rinviare la causa dinanzi alla commissione di ricorso ai fini del riesame, occorre ricordare che, nell’ambito di un ricorso proposto dinanzi al giudice dell’Unione avverso la decisione di una commissione di ricorso dell’EUIPO, quest’ultimo è tenuto, ai sensi dell’articolo 72, paragrafo 6, del regolamento 2017/1001, ad adottare i provvedimenti necessari per conformarsi alla sentenza del giudice dell’Unione. 136 Da tutto quanto precede risulta che il presente ricorso deve essere integralmente respinto. IV. Sulle spese 137 Ai sensi dell’articolo 134, paragrafo 1, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. 138 La ricorrente, poiché è rimasta soccombente e si è tenuta un’udienza, deve essere condannata a pagare le spese, conformemente alle domande dell’EUIPO e dell’interveniente. Per questi motivi, IL TRIBUNALE (Sesta Sezione) dichiara e statuisce: 1) Il ricorso è respinto. 2) La Medspa Srl è condannata alle spese.
Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 16 ottobre 2024.
* Lingua processuale: l’italiano. | |||||||||