SENTENZA DEL TRIBUNALE (Quinta Sezione)
23 ottobre 2024 (*)
« Diritto delle istituzioni – Regolamentazione riguardante le spese e le indennità dei deputati del Parlamento – Indennità di assistenza parlamentare – Recupero mediante compensazione delle somme indebitamente versate – Onere della prova – Prescrizione »
Nella causa T‑465/23,
Crescenzio Rivellini, residente in Napoli (Italia), rappresentato da G. Oliviero, avvocato,
ricorrente,
contro
Parlamento europeo, rappresentato da M. Ecker, S. Alves e R. Schiano, in qualità di agenti,
convenuto,
IL TRIBUNALE (Quinta Sezione),
composto da J. Svenningsen, presidente, C. Mac Eochaidh (relatore) e J. Laitenberger, giudici,
cancelliere: V. Di Bucci
vista la fase scritta del procedimento,
vista l’assenza di una domanda di fissazione di udienza presentata dalle parti nel termine di tre settimane a decorrere dalla notifica della chiusura della fase scritta del procedimento e avendo deciso, in applicazione dell’articolo 106, paragrafo 3, del regolamento di procedura del Tribunale, di statuire senza la fase orale del procedimento,
ha pronunciato la seguente
Sentenza
1 Con il suo ricorso fondato sull’articolo 263 TFUE, il sig. Crescenzio Rivellini, ricorrente, chiede l’annullamento della decisione dell’Ufficio di presidenza del Parlamento europeo del 17 aprile 2023 (in prosieguo: la «decisione impugnata»).
Fatti
2 Il ricorrente è stato membro del Parlamento tra il 14 luglio 2009 e il 30 giugno 2014.
3 Il 24 luglio 2009, su proposta del ricorrente, il Parlamento ha assunto X come assistente parlamentare accreditata (in prosieguo: «APA») per assistere il ricorrente esercitando funzioni di redazione e consulenza nonché, eventualmente, funzioni di sostegno amministrativo e di segreteria. X è entrata in servizio il 27 luglio 2009 e ha risolto il contratto il 31 dicembre 2009. Il Parlamento ha preso a carico, a titolo di indennità di assistenza parlamentare, tutte le spese sostenute dal ricorrente a titolo dell’assunzione di X come APA per un importo complessivo di EUR 32 314,34.
4 Il 29 settembre 2009, il 10 giugno 2010 e il 25 luglio 2011 il ricorrente ha concluso contratti di prestazione di servizi (in prosieguo: i «contratti controversi») con la società unipersonale a responsabilità limitata Y (in prosieguo: la «società Y»). X era l’unica socia della società Y dal 6 febbraio 2003. Il Parlamento ha preso a carico, a titolo di indennità di assistenza parlamentare, tutte le spese sostenute dal ricorrente in esecuzione dei contratti controversi per un importo complessivo di EUR 220 007,04.
5 Il 19 dicembre 2017, l’Ufficio europeo per la lotta antifrode (OLAF) ha comunicato al ricorrente l’avvio di un’indagine amministrativa concernente le indennità di assistenza parlamentare pagate dal Parlamento per il contratto di APA di X e i contratti controversi conclusi con la società Y.
6 L’8 agosto 2019, l’OLAF ha trasmesso al Parlamento la sua relazione finale (in prosieguo: la «relazione finale»). Nelle conclusioni di quest’ultima, l’OLAF ha precisato, in particolare, che l’impiego di X presso il ricorrente era fittizio, in quanto essa non si era trasferita a Bruxelles (Belgio) né aveva fornito la prova di un qualsivoglia lavoro in qualità di APA. L’OLAF ha altresì rilevato che, allorché era ancora APA, X ha omesso di dichiarare, in quanto attività esterna, i servizi forniti dalla sua società, ossia la società Y. Secondo l’OLAF, il ricorrente si trovava in una situazione di conflitto di interessi quando ha concluso i contratti controversi con la società Y. Infine, sempre secondo l’OLAF, le prove erano insufficienti per confermare che tale società aveva fornito servizi al ricorrente.
7 Con lettera del 20 aprile 2021, il Segretario generale del Parlamento ha informato il ricorrente dell’avvio di una procedura di recupero per un importo di EUR 252 321,38. Tale importo corrisponde alle spese sostenute dal ricorrente, rispettivamente, a titolo dell’assunzione di X come APA per un importo complessivo di EUR 32 314,34 e in esecuzione dei contratti controversi per un importo complessivo di EUR 220 007,04 (v. punti 3 e 4 supra). Nella stessa lettera, il Segretario generale del Parlamento ha invitato il ricorrente a presentare le sue osservazioni e a fornire la prova del lavoro svolto da X in qualità di APA e dei servizi forniti dalla società Y. Il ricorrente non ha mai risposto a tale lettera. Secondo il ricorrente, il Parlamento ha inviato tale lettera ad un indirizzo errato. Il Parlamento sostiene, dal canto suo, che detta lettera è stata ricevuta da X.
8 Il 15 ottobre 2021, tenuto conto della mancata risposta del ricorrente alla sua lettera del 20 aprile 2021, il Segretario generale del Parlamento ha deciso che l’importo di EUR 252 321,38 era stato indebitamente versato e doveva essere recuperato (in prosieguo: la «decisione di recupero»).
9 Il 31 marzo 2022, dopo vari tentativi di invio tramite corriere, per lettera raccomandata e per posta elettronica, un ufficiale giudiziario incaricato su istanza del Parlamento ha notificato al ricorrente la decisione di recupero, la nota di addebito n. 7020000091 del 19 gennaio 2022 (in prosieguo: la «nota di addebito») e una lettera di accompagnamento del Direttore generale delle finanze del Parlamento del 20 gennaio 2022.
10 Il 13 maggio 2022 il ricorrente ha presentato un reclamo presso i questori del Parlamento per chiedere l’annullamento e la revoca della decisione di recupero e della nota di addebito. Il ricorrente ha allegato al suo reclamo 40 documenti intesi a dimostrare l’effettività del lavoro svolto da X e delle prestazioni fornite dalla società Y.
11 Il 1° luglio 2022 il Parlamento ha informato il ricorrente che, a causa del mancato pagamento della nota di addebito entro il termine impartito, intendeva procedere al recupero della somma controversa mediante compensazione a valere sulla pensione di anzianità. Tale lettera indicava che la trattenuta sarebbe stata pari alla totalità di detta pensione di anzianità, vale a dire EUR 1 615,22 mensili. Il 13 ottobre 2022 e il 26 gennaio 2023, su domanda del ricorrente e in applicazione per analogia dell’articolo 545, comma 7, del codice di procedura civile italiano, l’importo di tale trattenuta è stato modificato al fine di concedere un importo minimo di sussistenza al ricorrente, attualmente fissato in EUR 1 000 mensili.
12 Il 4 ottobre 2022 i questori hanno respinto il reclamo del ricorrente in quanto infondato (in prosieguo: la «decisione dei questori»). Tale decisione gli è stata notificata il 27 ottobre 2022.
13 Il 23 dicembre 2022 il ricorrente ha presentato un reclamo presso l’Ufficio di presidenza del Parlamento avverso la decisione dei questori.
14 Il 17 aprile 2023, l’Ufficio di presidenza del Parlamento ha adottato la decisione impugnata e ha respinto il reclamo presentato dal ricorrente avverso la decisione dei questori. Tale decisione gli è stata notificata il 26 maggio 2023.
Conclusioni delle parti
15 Il ricorrente chiede, in sostanza, che il Tribunale voglia:
– annullare la decisione impugnata e ogni atto ad essa prodromico e produttivo di effetti giuridici nei suoi confronti;
– in via subordinata, dichiarare prescritto ogni addebito mosso nei suoi confronti, relativo alle somme controverse antecedenti il 19 dicembre 2012;
– sempre in via subordinata, dichiarare infondato ogni addebito dovuto per i rimborsi relativi alla società Y per i servizi che gli sono stati prestati dal 16 giugno 2010 al 30 giugno 2014;
– in via di estremo subordine, dichiarare illegittima la trattenuta operata dal Parlamento sulla sua pensione di anzianità;
– condannare il Parlamento alle spese.
16 Il Parlamento chiede che il Tribunale voglia:
– respingere il ricorso;
– condannare il ricorrente alle spese.
In diritto
Sul primo capo delle conclusioni
17 A sostegno del primo capo delle sue conclusioni, il ricorrente deduce cinque motivi.
Sul primo motivo, vertente sull’illogicità e infondatezza della motivazione relativamente alle indennità di assistenza parlamentare pagate dal Parlamento per il contratto di APA di X, sull’assenza di prove degli addebiti ascritti al ricorrente e sull’omessa valutazione delle prove fornite dallo stesso, sull’illegittimo implicito diniego di legittime richieste documentali inoltrate dal ricorrente nonché sulla prescrizione di ogni addebito mosso a X
18 Con il suo primo motivo, il ricorrente sostiene che, contrariamente a quanto ritenuto dall’Ufficio di presidenza del Parlamento, era noto che X aveva lavorato in qualità di APA e che ella risiedeva a Bruxelles. Tali elementi potrebbero essere confermati dalla consultazione delle risultanze del badge di accesso di X, ma il Parlamento avrebbe sempre rifiutato di trasmettere tali risultanze al ricorrente. Inoltre, né il Segretario generale né l’Ufficio di presidenza del Parlamento avrebbero fornito prove concrete a sostegno delle loro allegazioni. Al contrario, i servizi del Parlamento avrebbero invertito l’onere della prova esigendo dal ricorrente che egli presentasse prove dell’attività di X in qualità di APA. Siffatte prove sarebbero state del resto impossibili da fornire a distanza di oltre dieci anni dalla cessazione dalle funzioni di X in qualità di APA. In ogni caso, ogni addebito relativo al contratto di APA di X sarebbe prescritto.
19 Il Parlamento contesta tale argomentazione.
– Sull’effettività del lavoro di X in qualità di APA
20 Secondo costante giurisprudenza, poiché la definizione della nozione di «assistenza parlamentare» non rientra nella discrezionalità dei deputati, questi ultimi non sono liberi di chiedere il rimborso delle spese senza rapporto con l’impegno o l’utilizzo dei servizi forniti da tali assistenti (v. sentenza dell’8 settembre 2021, Griesbeck/Parlamento, T‑10/21, non pubblicata, EU:T:2021:542, punto 39 e giurisprudenza ivi citata; v. altresì, in tal senso, sentenza del 7 giugno 2023, TC/Parlamento, T‑309/21, con impugnazione pendente, EU:T:2023:315, punto 49 e giurisprudenza ivi citata).
21 Ne consegue che l’effettività delle prestazioni fornite dagli assistenti a favore del Parlamento deve essere dimostrata dal deputato interessato (v., in tal senso, sentenze dell’8 settembre 2021, Griesbeck/Parlamento, T‑10/21, non pubblicata, EU:T:2021:542, punto 40 e giurisprudenza ivi citata, e del 7 giugno 2023, TC/Parlamento, T‑309/21, con impugnazione pendente, EU:T:2023:315, punto 50 e giurisprudenza ivi citata).
22 Nell’ipotesi di un controllo relativo all’utilizzo delle spese di assistenza parlamentare, il deputato interessato deve quindi essere in grado di provare che gli importi riscossi sono stati utilizzati per coprire le spese effettivamente sostenute e risultanti interamente ed esclusivamente dall’assunzione di uno o più assistenti, come previsto dall’articolo 33 della decisione dell’Ufficio di presidenza del Parlamento europeo, del 19 maggio e 9 luglio 2008, recante misure di attuazione dello statuto dei deputati al Parlamento europeo (GU 2009, C 159, pag. 1; in prosieguo: le «MAS») (v., in tal senso, sentenze dell’8 settembre 2021, Griesbeck/Parlamento, T‑10/21, non pubblicata, EU:T:2021:542, punto 41 e giurisprudenza ivi citata, e del 7 giugno 2023, TC/Parlamento, T‑309/21, con impugnazione pendente, EU:T:2023:315, punto 51 e giurisprudenza ivi citata).
23 In tale contesto, il deputato deve in particolare produrre i documenti giustificativi relativi alle attività dell’APA e, pertanto, conservarli, e ciò anche in assenza di un obbligo esplicito in tal senso derivante dal diritto dell’Unione europea (v., in tal senso, sentenze dell’8 settembre 2021, Griesbeck/Parlamento, T‑10/21, non pubblicata, EU:T:2021:542, punto 41 e giurisprudenza ivi citata, e del 7 giugno 2023, TC/Parlamento, T‑309/21, con impugnazione pendente, EU:T:2023:315, punto 52 e giurisprudenza ivi citata).
24 Pertanto, in una situazione del genere, è sul ricorrente, e non sul Parlamento, che grava l’onere della prova dell’effettività, della necessità e del nesso diretto delle spese di assistenza parlamentare con l’esercizio del suo mandato (v. sentenza dell’8 settembre 2021, Griesbeck/Parlamento, T‑10/21, non pubblicata, EU:T:2021:542, punto 42 e giurisprudenza ivi citata).
25 Tenuto conto della giurisprudenza richiamata ai precedenti punti da 20 a 24, erroneamente il ricorrente afferma che il Parlamento ha illegittimamente invertito l’onere della prova constatando, ai punti 109 e 110 della decisione impugnata, che egli non aveva prodotto alcuna prova che dimostrasse l’effettività del lavoro di X in qualità di APA. Spettava infatti al ricorrente provare l’effettività del lavoro di X, la quale poteva essere dimostrata, come rilevato dall’Ufficio di presidenza del Parlamento, da numerosi elementi di prova concreti, quali agende, che attestano appuntamenti o l’attività di X, messaggi di posta elettronica redatti da quest’ultima e scambiati, in particolare, con il ricorrente nonché documenti, anche in formato elettronico, provenienti da X (v., in tal senso, sentenze del 24 marzo 2021, Bennahmias/Parlamento, T‑798/19, non pubblicata, EU:T:2021:158, punto 69 e giurisprudenza ivi citata, e del 14 luglio 2021, Rochefort/Parlamento, T‑172/20, non pubblicata, EU:T:2021:439, punto 47 e giurisprudenza ivi citata).
26 È vero che il ricorrente afferma che l’Ufficio di presidenza del Parlamento ha omesso di valutare le prove da lui fornite.
27 Tuttavia, nelle sue memorie, il ricorrente non ha individuato quali prove non sarebbero state prese in considerazione dall’Ufficio di presidenza del Parlamento. In ogni caso, il Tribunale constata che l’Ufficio di presidenza del Parlamento ha esaminato i documenti che il ricorrente aveva presentato in allegato al suo reclamo. Al punto 143 della decisione impugnata, l’Ufficio di presidenza del Parlamento precisa infatti che tali documenti non contenevano alcun elemento nuovo rispetto ai documenti che egli aveva già trasmesso ai questori. Orbene, i questori avevano ritenuto, senza che tale conclusione fosse contestata dal ricorrente nel suo reclamo, che tali documenti non dimostrassero l’esistenza di un’attività di X a beneficio del ricorrente (v. punti 35 e 144 della decisione impugnata).
28 Il ricorrente sostiene altresì che l’effettività del lavoro di X in qualità di APA avrebbe potuto essere dimostrata se egli avesse potuto ottenere una copia delle risultanze del badge di accesso di X, che il Parlamento avrebbe rifiutato di rilasciargli.
29 Anche supponendo che il ricorrente abbia presentato una tale richiesta presso il Parlamento, circostanza non provata dal ricorrente e contestata dal Parlamento, e che fosse tecnicamente possibile concedere una copia dei dati del badge di accesso di X, benché il Parlamento affermi che tale tipo di dati sono conservati solo per un periodo di quattro mesi, detti dati non avrebbero potuto dimostrare, di per sé, l’effettività del lavoro di X in qualità di APA. Invero, secondo la giurisprudenza, la sola presenza fisica dell’assistente parlamentare nei locali del Parlamento nei giorni in questione, anche se debitamente comprovata e indipendentemente dalla sua frequenza, non può essere sufficiente a dimostrare l’effettività dell’esecuzione di compiti conformi all’articolo 33 delle MAS. È inoltre necessario dimostrare che, in occasione di tali spostamenti, sono stati effettivamente svolti compiti connessi all’esercizio del mandato parlamentare (v., in tal senso, sentenza del 14 luglio 2021, Arnautu/Parlamento, T‑740/20, non pubblicata, EU:T:2021:444, punto 98 e giurisprudenza ivi citata).
30 Infine, il Tribunale constata che, anche nell’ambito del presente procedimento, il ricorrente non riesce a dimostrare l’effettività del lavoro di X. Al massimo, il ricorrente afferma che era «noto» che X aveva effettivamente lavorato in qualità di APA. Tuttavia, tale affermazione molto generica non è suffragata da alcun elemento concreto né da alcuna prova.
31 Dall’insieme degli elementi che precedono risulta che, come concluso dall’Ufficio di presidenza del Parlamento, il ricorrente non ha provato l’effettività del lavoro di X in qualità di APA.
32 Tale conclusione non è messa in discussione dall’argomento del ricorrente secondo il quale, poiché il Segretario generale e l’Ufficio di presidenza del Parlamento non hanno indicato quale norma del diritto dell’Unione definisse specificamente l’attività che un APA era tenuto a svolgere, era per lui impossibile fornire gli elementi di prova pertinenti. A tale riguardo, il Tribunale ricorda che le MAS sono state pubblicate nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea, cosicché esse costituiscono, a decorrere da tale pubblicazione, l’unico diritto positivo in materia, diritto di cui si presume la conoscenza da parte di ciascuno (v., in tal senso, sentenza del 19 giugno 2015, Italia/Commissione, T‑358/11, EU:T:2015:394, punto 129 e giurisprudenza ivi citata). In ogni caso, il Tribunale constata che il testo degli articoli 33 e 62 delle MAS è stato riprodotto a pagina 2 della lettera del Segretario generale del 20 aprile 2021, ai punti 13 e 15 della decisione di recupero nonché ai punti 22 e 23 della decisione impugnata. Orbene, gli articoli 33 e 62 delle MAS stabiliscono, in sostanza, che l’assistenza in questione è direttamente legata all’esercizio del mandato parlamentare del deputato. Inoltre, il contratto di APA concluso tra il Parlamento e X stabiliva espressamente che quest’ultima era assunta per assistere il ricorrente esercitando funzioni di redazione e consulenza nonché, eventualmente, funzioni di sostegno amministrativo e di segreteria (v. punto 3 supra). In tali circostanze, il ricorrente non può validamente sostenere di ignorare quale specifica attività X fosse tenuta ad esercitare in qualità di APA e, pertanto, quale tipo di prova egli dovesse presentare al Parlamento al fine di dimostrare l’effettività del lavoro di X in qualità di APA.
33 Tale conclusione non è messa in discussione neppure dagli argomenti del ricorrente relativi alla nozione di «residenza». Dai punti 35 e 36 della decisione impugnata risulta infatti che il ricorrente non ha contestato, nel suo reclamo presso l’Ufficio di presidenza del Parlamento, la constatazione dei questori secondo cui X non risiedeva a Bruxelles quando era APA e che tale constatazione era, pertanto, divenuta definitiva. Non essendosi l’Ufficio di presidenza del Parlamento pronunciato su tale punto, gli argomenti del ricorrente relativi alla residenza di X sono inconferenti ai fini della messa in discussione della decisione impugnata. Ad abundantiam, e come rilevato dai questori al punto 62 della loro decisione, il Segretario generale del Parlamento ha concluso per il carattere fittizio del contratto di APA stipulato da X unicamente a causa della mancanza di prove relative all’effettività del suo lavoro (v. punto 25 della decisione di recupero), e non a causa della mancanza di prove della sua residenza a Bruxelles. Il Segretario generale del Parlamento si è infatti limitato a rilevare, senza trarne la minima conseguenza, che X non risiedeva a Bruxelles, contrariamente a quanto previsto dalle norme statutarie (v. punto 26 della decisione di recupero).
– Sulla prescrizione del credito del Parlamento
34 Il ricorrente sostiene che, in ogni caso, il credito del Parlamento è prescritto. Infatti, ai crediti dell’Unione nei confronti di terzi sarebbe applicabile un termine di prescrizione di cinque anni. Orbene, il contratto di APA di X sarebbe cessato il 31 dicembre 2009. Pertanto, quando, il 19 dicembre 2017, l’OLAF lo ha informato dell’avvio di un’indagine, la somma in questione sarebbe già stata prescritta e, a fortiori, lo sarebbe stata anche alla data di adozione della decisione impugnata.
35 In via preliminare, il Tribunale rileva che, alla data della notifica della decisione di recupero e della nota di addebito al ricorrente, le norme sulla prescrizione dei crediti dell’Unione nei confronti dei terzi erano stabilite dal regolamento (UE, Euratom) 2018/1046 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 18 luglio 2018, che stabilisce le regole finanziarie applicabili al bilancio generale dell’Unione, che modifica i regolamenti (UE) n. 1296/2013, (UE) n. 1301/2013, (UE) n. 1303/2013, (UE) n. 1304/2013, (UE) n. 1309/2013, (UE) n. 1316/2013, (UE) n. 223/2014, (UE) n. 283/2014 e la decisione n. 541/2014/UE e abroga il regolamento (UE, Euratom) n. 966/2012 (GU 2018, L 193, pag. 1; in prosieguo: il «regolamento finanziario»), conformemente agli articoli 281 e 282 di tale regolamento (v., in tal senso e per analogia, sentenza del 10 ottobre 2014, Marchiani/Parlamento, T‑479/13, non pubblicata, EU:T:2014:866, punto 71).
36 Ai sensi dell’articolo 98, paragrafo 2, secondo comma, del regolamento finanziario, l’ordinatore trasmette la nota di addebito immediatamente dopo l’accertamento del credito e al più tardi entro un periodo di cinque anni a decorrere dal momento in cui l’istituzione dell’Unione è stata normalmente in grado di far valere il proprio credito.
37 Il tenore letterale di tale articolo indica quindi chiaramente che il termine di prescrizione inizia a decorrere dal momento in cui l’istituzione dell’Unione è stata normalmente in grado di far valere il proprio credito. Orbene, un’istituzione dell’Unione è normalmente in grado di far valere il proprio credito a partire dalla data in cui essa dispone degli elementi giustificativi che consentono di appurare un determinato credito come certo, liquido ed esigibile, ovvero avrebbe potuto disporre di tali elementi giustificativi, se essa avesse agito con la diligenza richiesta (v., in tal senso e per analogia, sentenza del 14 giugno 2016, Marchiani/Parlamento, C‑566/14 P, EU:C:2016:437, punto 103).
38 Ciò premesso, è solo l’8 agosto 2019, data di trasmissione della relazione finale al Parlamento (v. punto 6 supra), che tale istituzione ha preso conoscenza del carattere fittizio del contratto di APA di X ed era, pertanto, legittimata a far valere il proprio credito (v., in tal senso e per analogia, sentenza del 14 giugno 2016, Marchiani/Parlamento, C‑566/14 P, EU:C:2016:437, punto 107). Inoltre, né il ricorrente ha sostenuto né alcun elemento del fascicolo attesta che il Parlamento fosse venuto a conoscenza di tali elementi prima della ricezione della relazione finale.
39 In tali circostanze, è a partire dall’8 agosto 2019 che ha iniziato a decorrere il termine di prescrizione quinquennale fissato dall’articolo 98, paragrafo 2, secondo comma, del regolamento finanziario. Orbene, tale termine di prescrizione non era ancora scaduto quando, il 31 marzo 2022, il Parlamento ha fatto notificare la decisione di recupero e la nota di addebito al ricorrente (v. punto 9 supra).
40 Pertanto, il credito di EUR 32 314,34, relativo all’indennità di assistenza parlamentare per il contratto di APA di X, non era prescritto al 31 marzo 2022.
41 Di conseguenza, il primo motivo deve essere respinto.
Sul secondo motivo, vertente su errori di motivazione per quanto riguarda i rimborsi relativi ai contratti di servizi con la società Y, sulla legittimità, la regolarità e la conformità della condotta tenuta alla luce delle disposizioni del diritto dell’Unione e sulla prescrizione totale o parziale degli addebiti mossi
42 Con il suo secondo motivo, il ricorrente contesta le valutazioni dell’Ufficio di presidenza del Parlamento relative ai contratti controversi che egli ha concluso con la società Y (v. punto 4 supra). Per quanto riguarda il contratto concluso il 29 settembre 2009 (in prosieguo: il «primo contratto controverso»), il ricorrente afferma che l’addebito secondo cui X era contestualmente un’APA e la legale rappresentante della società Y è prescritto. Inoltre, contrariamente a quanto risulta dalla decisione impugnata, l’Ufficio di presidenza del Parlamento non avrebbe dimostrato che il ricorrente e X sarebbero stati partner stabili in un’unione di fatto. Orbene, il ricorrente e X non sarebbero mai stati partner del genere, né avrebbero mai convissuto o avuto la stessa residenza anagrafica. In ogni caso, anche supponendo che una tale unione sia provata nel caso di specie, l’Ufficio di presidenza del Parlamento non avrebbe specificato quale norma del diritto dell’Unione sarebbe stata violata. Per quanto riguarda il contratto concluso il 10 giugno 2010 (in prosieguo: il «secondo contratto controverso») e il contratto concluso il 25 luglio 2011 (in prosieguo: il «terzo contratto controverso»), il ricorrente afferma che X non era più l’amministratrice della società Y a tali date. Inoltre, i servizi del Parlamento avrebbero confermato ogni anno la regolarità dei pagamenti effettuati in virtù dei contratti controversi con riguardo all’articolo 41 delle MAS. La motivazione della decisione impugnata che mette in discussione tali precedenti valutazioni dei servizi del Parlamento sarebbe peraltro piuttosto debole. Inoltre, conformemente all’articolo 132, paragrafo 1, del regolamento finanziario, il ricorrente non sarebbe stato tenuto a conservare i documenti pertinenti relativi ai contratti controversi per più di tre anni. Il Parlamento non può quindi addebitare al ricorrente di non aver provato l’effettività dei servizi che la società Y gli avrebbe fornito in esecuzione dei contratti controversi. In ogni caso, qualsiasi addebito relativo ai primi due contratti controversi sarebbe prescritto. Lo stesso varrebbe per quanto riguarda gli addebiti relativi all’esecuzione del terzo contratto controverso fino al 19 dicembre 2012, vale a dire cinque anni prima della notifica al ricorrente dell’avvio di un’indagine da parte dell’OLAF.
43 Il Parlamento contesta tale argomentazione.
– Sull’assenza di conflitto di interessi
44 L’articolo 43, lettera c), primo e secondo trattino, delle MAS stabilisce che «[g]li importi versati (...) non possono essere destinati direttamente o indirettamente a (...) coprire le spese sostenute nell’ambito di un contratto di prestazione di servizi che potrebbero dar luogo a un conflitto d’interessi, in particolare qualora il deputato o una delle persone menzionate alla lettera d) (...) detenga interamente o parzialmente una società (...) che opera come suo prestatore di servizi [o] faccia parte del consiglio di amministrazione o di altre istanze od organi esecutivi di una società (...) che opera come suo prestatore di servizi».
45 L’articolo 43, lettera d), delle MAS dispone che «[g]li importi versati (...) non possono essere destinati direttamente o indirettamente a (...) finanziare contratti intesi a permettere l’assunzione o il ricorso a servizi del (...) partner stabile in un’unione di fatto [del deputato], secondo la definizione dell’articolo 58, paragrafo 2 (...)».
46 Risulta quindi dall’articolo 43, lettera c), delle MAS che un deputato europeo non ha il diritto di utilizzare le indennità di assistenza parlamentare per coprire le spese sostenute nell’ambito di un contratto di prestazione di servizi che potrebbero dar luogo a un conflitto d’interessi, in particolare qualora il suo partner stabile in un’unione di fatto detenga interamente o parzialmente la società che fornisce detti servizi o faccia parte dei suoi organi direttivi.
47 Il ricorrente afferma, anzitutto, che né il Segretario generale né l’Ufficio di presidenza del Parlamento hanno indicato quale norma del diritto dell’Unione sarebbe stata violata.
48 Tale argomento deve essere respinto. Il ricorrente non può infatti far valere la sua ignoranza delle MAS, dal momento che queste ultime sono state pubblicate nella Gazzetta ufficiale (v. punto 32 supra). In ogni caso, il testo dell’articolo 43, lettere c) e d), delle MAS è stato parzialmente riprodotto a pagina 2 della lettera del Segretario generale del 20 aprile 2021 nonché al punto 14 della decisione di recupero. Inoltre, la circostanza che la decisione impugnata non contenga alcun riferimento a detto articolo 43 delle MAS si spiega con la portata limitata del reclamo che il ricorrente aveva inviato all’Ufficio di presidenza del Parlamento (v. punto 50 infra).
49 Il ricorrente contesta poi, in sostanza, l’esistenza di qualsiasi conflitto di interessi quando ha concluso, il 29 settembre 2009, il 10 giugno 2010 e il 25 luglio 2011, i contratti controversi. In particolare, il ricorrente nega di essere stato il partner stabile in un’unione di fatto di X al momento della conclusione del primo contratto controverso.
50 Tale argomento deve essere respinto. Infatti, secondo il punto 35 della decisione impugnata, il ricorrente non ha confutato, nel suo reclamo, la constatazione dei questori secondo la quale egli intratteneva una relazione sentimentale e stabile con X dal 1999, come attestava il suo libro intitolato Non faccio nomi… solo cognomi! (in prosieguo: il «libro»), pubblicato sul proprio sito Internet. Inoltre, secondo lo stesso punto 35 della decisione impugnata, il ricorrente non ha confutato, nel suo reclamo, la constatazione dei questori secondo la quale egli si trovava in situazione di conflitto di interessi, a causa dell’esistenza di tale relazione sentimentale, quando ha concluso i contratti controversi con la società Y. Poiché tali due constatazioni non sono state contestate dal ricorrente, l’Ufficio di presidenza del Parlamento le ha considerate definitive (v. punto 36 della decisione impugnata). In tali circostanze, gli argomenti del ricorrente sono inconferenti ai fini della messa in discussione della decisione impugnata, poiché essa non ha riesaminato tali elementi.
51 Ad abundantiam, il Tribunale constata che, come rilevato dai questori al punto 84 della loro decisione, il ricorrente afferma espressamente nel suo libro che, nel 2009, X «era da dieci anni la compagna della [sua] vita». Dinanzi al Tribunale, il ricorrente non ha contestato né l’effettività di tale libro né l’esattezza di tale citazione. Per di più, il Tribunale osserva che, al momento della pubblicazione di detto libro nel 2020, X era ancora presentata dal ricorrente, segnatamente nella dedica, come «la donna della [sua] vita». Inoltre, in occasione della sua audizione da parte dell’OLAF il 25 gennaio 2018, e in risposta ad un quesito vertente su un articolo pubblicato il 1° marzo 2010 sul giornale italiano La Repubblica, il ricorrente ha ammesso l’esistenza di una relazione sentimentale con X «da circa 7/8 anni» e ha precisato che detta relazione era «pubblica». Tali elementi sono sufficienti a dimostrare l’esistenza di una relazione sentimentale tra il ricorrente e X, almeno durante il periodo dal 1999 al 2020, e di conseguenza, a fortiori, al momento della conclusione dei contratti controversi il 29 settembre 2009, il 10 giugno 2010 e il 25 luglio 2011.
52 Tale conclusione non è messa in discussione dal fatto che, secondo il ricorrente, egli non ha mai convissuto con X né condiviso con quest’ultima la residenza anagrafica. Anche supponendo che X e il ricorrente non abbiano mai vissuto insieme, benché tale allegazione non sia suffragata da alcuna prova nell’atto introduttivo del ricorso, è sufficiente constatare che detta circostanza non osta all’esistenza di una relazione sentimentale tra loro.
53 Tale conclusione non è messa in discussione neppure dall’articolo 58, paragrafo 2, delle MAS. Invero, contrariamente a quanto affermato dal ricorrente, tale disposizione non subordina l’esistenza di un’unione stabile di fatto al rilascio di un attestato ufficiale da parte delle autorità di uno Stato membro. In base al tenore letterale di tale disposizione, detto attestato ufficiale è richiesto unicamente per consentire al membro stabile di un’unione di fatto di un deputato europeo di beneficiare del medesimo trattamento nel settore delle pensioni di reversibilità rispetto a quello riservato ai coniugi dei deputati europei.
54 Inoltre, il ricorrente non contesta che X abbia firmato, in qualità di legale rappresentante della società Y, il primo contratto controverso, mentre, in tale periodo, ella era ancora la sua APA. Quanto al secondo e al terzo contratto controverso, il ricorrente afferma che X non era più l’amministratrice della società Y. Tuttavia, i questori hanno rilevato, senza che tale elemento fosse contraddetto dal ricorrente, che era effettivamente X ad aver firmato, qualificandosi come legale rappresentante della società Y, il secondo contratto controverso (v. punto 86 della decisione dei questori). Tali elementi sono peraltro corroborati dalla copia del secondo contratto controverso che figura in allegato alla relazione finale. Inoltre, il ricorrente non ha neppure smentito il fatto che X deteneva una partecipazione nella società Y al momento della firma dei contratti controversi, vuoi da parte di X vuoi, per quanto riguarda il terzo contratto controverso, da parte della sorella di quest’ultima. Lungi dall’essere priva di qualsiasi rilevanza, come affermato dal ricorrente, la circostanza che X conservasse una partecipazione nella società Y al momento della conclusione dei contratti controversi impediva che le indennità di assistenza parlamentare potessero coprire le spese sostenute nell’ambito di detti contratti (v. punto 46 supra).
55 Come precisato dai questori ai punti 87 e 88 della loro decisione e senza che tale conclusione fosse rimessa in discussione nel reclamo (v. punto 35 della decisione impugnata), risulta quindi dagli elementi di cui ai precedenti punti da 51 a 54 che il ricorrente si trovava in una situazione di conflitto di interessi contraria all’articolo 43, lettera c), delle MAS quando ha concluso i contratti controversi con la società Y.
– Sull’effettività delle prestazioni della società Y
56 Il ricorrente sostiene che i servizi del Parlamento avrebbero certificato la regolarità dei pagamenti effettuati in virtù dei contratti controversi alla luce dell’articolo 41, paragrafi 3 e 4, delle MAS. Inoltre, il ricorrente avrebbe prodotto numerose prove a dimostrazione dell’effettività delle prestazioni della società Y nell’ambito dei contratti controversi.
57 A tale riguardo, l’articolo 41, paragrafi 3 e 4, delle MAS prevedeva quanto segue:
«3. Il terzo erogatore trasmette al servizio competente, entro e non oltre il 30 marzo successivo all’esercizio finanziario di riferimento come pure alla cessazione del suo contratto, un rapporto ricapitolativo e certificato delle prestazioni di servizi effettuate nel periodo di riferimento.
Tale rapporto certifica che le pertinenti operazioni sono state effettuate in conformità delle disposizioni previste dalla legislazione nazionale applicabile.
4. Dopo la verifica del rapporto, al terzo erogatore è inviata, entro e non oltre il 1° giugno, una comunicazione, con copia al deputato, che constata la regolarità o l’irregolarità dei pagamenti effettuati e indica, se del caso, i documenti mancanti da fornire. In caso di cessazione del contratto del terzo erogatore, la comunicazione è inviata entro e non oltre due mesi dal ricevimento di detto rapporto.
Qualora la comunicazione constati l’irregolarità dei pagamenti, i documenti necessari per stabilirne la regolarità sono presentati al servizio competente entro e non oltre il 1° luglio ovvero, in caso di scioglimento del contratto del terzo erogatore, entro il termine di un mese dalla comunicazione. In mancanza, il Parlamento applica gli articoli 67 e 68».
58 A tale riguardo, il Tribunale constata che il ricorrente non ha prodotto dinanzi ad esso alcuna prova che dimostri che il Parlamento, come da egli sostenuto, ha certificato la regolarità dei pagamenti effettuati in virtù dei contratti controversi. Parimenti, il ricorrente non sostiene, ai punti da 36 a 38 dell’atto introduttivo del ricorso, di aver fornito una tale prova al Segretario generale, ai questori o all’Ufficio di presidenza del Parlamento. L’effettività delle asserite notifiche del Parlamento che certificano la regolarità dei pagamenti effettuati in virtù dei contratti controversi non è quindi dimostrata.
59 Inoltre, e come precisato al punto 70 della decisione impugnata, l’articolo 41, paragrafi 3 e 4, delle MAS non era applicabile al terzo contratto controverso. Tale contratto è stato infatti concluso il 25 luglio 2011, ossia successivamente all’abrogazione, il 7 luglio 2010, di detti paragrafi [articolo 1, punto 15, lettera b), e articolo 2, paragrafo 1, della decisione dell’Ufficio di presidenza del Parlamento europeo dell’11 e 23 novembre 2009, del 14 dicembre 2009, del 19 aprile 2010 e del 5 luglio 2010, recante modifica delle [MAS] (GU 2010, C 180, pag. 1)]. Il Parlamento non può quindi aver certificato i pagamenti effettuati in virtù del terzo contratto controverso sulla base dell’articolo 41, paragrafi 3 e 4, delle MAS.
60 Infine, anche supponendo che il Parlamento abbia certificato la regolarità dei pagamenti effettuati in virtù dei contratti controversi, il Tribunale ricorda nondimeno che, come rilevato dall’Ufficio di presidenza del Parlamento ai punti 72 e 73 della decisione impugnata, la procedura stabilita dall’articolo 41, paragrafi 3 e 4, delle MAS perseguiva un obiettivo strettamente contabile. Invero, tale procedura era intesa a controllare l’effettività del lavoro fornito dal prestatore di servizi e non poteva quindi essere confusa con la procedura di recupero di cui all’articolo 68 delle MAS. Pertanto, l’esito positivo di regolarizzazioni contabili che sarebbero state realizzate nell’ambito dell’articolo 41 delle MAS non pregiudicherebbe in alcun modo l’ulteriore avvio di una procedura di recupero ai sensi dell’articolo 68 delle MAS, né l’esito di una tale procedura (v., in tal senso e per analogia, sentenza dell’8 settembre 2021, Griesbeck/Parlamento, T‑10/21, non pubblicata, EU:T:2021:542, punti 73 e 74).
61 Facendo in tal modo espresso riferimento alla giurisprudenza del Tribunale richiamata al precedente punto 60, l’Ufficio di presidenza del Parlamento, ai punti 72 e 73 della decisione impugnata, ha motivato la sua conclusione in modo giuridicamente sufficiente. Analogamente, e contrariamente a quanto sostenuto dal ricorrente, tale conclusione non viola il principio della certezza del diritto, poiché, come spiegato al precedente punto 60, le procedure previste dall’articolo 41, paragrafi 3 e 4, delle MAS e dall’articolo 68 delle MAS non erano confondibili e non perseguivano gli stessi obiettivi.
62 In ogni caso, l’effettività delle prestazioni fornite al ricorrente dalla società Y, che sarebbero state la contropartita dei pagamenti controversi, non è dimostrata.
63 È vero che il ricorrente ha presentato ai questori una serie di documenti intesi a dimostrare che la società Y gli aveva fornito servizi nell’ambito dei contratti controversi. Tuttavia, dopo aver esaminato tali documenti, i questori hanno ritenuto che nessuno di essi provasse una qualsivoglia attività della società Y legata ai contratti controversi (v. punti da 89 a 92 della decisione dei questori). Tale valutazione non è stata contestata dal ricorrente nell’ambito del suo reclamo, cosicché essa è divenuta definitiva e non è stata quindi riesaminata dall’Ufficio di presidenza del Parlamento (v. punti 35, 36 e 144 della decisione impugnata).
64 Parimenti, il ricorrente ha presentato all’Ufficio di presidenza del Parlamento documenti volti a dimostrare che la società Y gli aveva fornito servizi in virtù dei contratti controversi. Tuttavia, l’Ufficio di presidenza del Parlamento ha ritenuto che tali documenti non contenessero alcun elemento nuovo rispetto ai documenti che egli aveva già trasmesso ai questori (v. punto 143 della decisione impugnata). Su questo punto, il ricorrente si limita ad affermare che l’Ufficio di presidenza del Parlamento non ha esaminato tali documenti. Tuttavia, il ricorrente non ha addotto alcun elemento concreto a sostegno di tale allegazione. Inoltre, e soprattutto, il Tribunale rileva che il ricorrente non contesta, nelle sue memorie, la valutazione dell’Ufficio di presidenza del Parlamento di cui al punto 143 della decisione impugnata.
65 Infine, il ricorrente sostiene che, in ogni caso, non gli si può contestare la mancata prova dell’attività della società Y. Infatti, ai sensi dell’articolo 132, paragrafo 1, del regolamento finanziario, l’obbligo di conservazione di dati relativi al finanziamento, di importo pari o inferiore a EUR 60 000, è di soli tre anni. Esso non sarebbe quindi stato tenuto a conservare, oltre tale periodo di tre anni, i documenti relativi agli anni dal 2009 al 2012 e 2014.
66 Al riguardo, e senza che sia necessario pronunciarsi sull’applicabilità nel caso di specie dell’articolo 132, paragrafo 1, del regolamento finanziario, la quale è contestata dal Parlamento, l’argomento del ricorrente deve essere respinto. Infatti, come precisato ai precedenti punti 22 e 23 e come l’Ufficio di presidenza del Parlamento ha ricordato con chiarezza al punto 130 della decisione impugnata, nell’ipotesi di un controllo relativo all’utilizzo delle spese di assistenza parlamentare, il deputato interessato deve in particolare produrre i documenti giustificativi relativi alle attività della società con la quale ha concluso un contratto di prestazione di servizi e, pertanto, conservarli, e ciò anche in assenza di un obbligo esplicito in tal senso derivante dal diritto dell’Unione (v., in tal senso e per analogia, sentenze del 20 settembre 2019, LL/Parlamento, T‑615/15 RENV, non pubblicata, EU:T:2019:636, punti 67 e 70 e giurisprudenza ivi citata, e del 7 giugno 2023, TC/Parlamento, T‑309/21, con impugnazione pendente, EU:T:2023:315, punti 51 e 52 e giurisprudenza ivi citata).
67 Dall’insieme delle considerazioni che precedono risulta che il ricorrente non ha dimostrato l’effettività delle prestazioni fornite dalla società Y.
– Sulla prescrizione del credito del Parlamento
68 Gli argomenti del ricorrente relativi alla prescrizione dei fatti addebitati, e pertanto del credito del Parlamento, devono anch’essi essere respinti. Per motivi analoghi a quelli esposti ai precedenti punti da 35 a 39, il termine di prescrizione quinquennale fissato dall’articolo 98, paragrafo 2, secondo comma, del regolamento finanziario ha infatti iniziato a decorrere solo a partire dall’8 agosto 2019. Invero, è solo a partire da tale data che il Parlamento è venuto a conoscenza del fatto che il ricorrente si trovava in una situazione di conflitto di interessi quando ha concluso i contratti controversi con la società Y e che l’effettività dei servizi forniti da tale società non era dimostrata. In tali circostanze, il termine di prescrizione non era ancora scaduto quando, il 31 marzo 2022, il Parlamento ha fatto notificare la decisione di recupero e la nota di addebito al ricorrente (v. punto 9 supra).
69 Pertanto, il credito di EUR 220 007,04, relativo all’indennità di assistenza parlamentare riguardante i contratti controversi, non era prescritto al 31 marzo 2022.
70 Di conseguenza, il secondo motivo deve essere respinto.
Sul terzo motivo, vertente sull’illogicità della motivazione e sulla violazione dei principi di certezza del diritto e di tutela del legittimo affidamento, nonché sulla prescrizione delle condotte ascritte al ricorrente
71 Con il suo terzo motivo, il ricorrente ribadisce che i crediti del Parlamento sono prescritti.
72 Il Parlamento sostiene che il terzo motivo di ricorso è irricevibile in quanto, nonostante la sua formulazione, non contiene alcun argomento volto a dimostrare che la decisione impugnata si basa su una motivazione illogica o che essa viola i principi della certezza del diritto e della tutela del legittimo affidamento. Quanto all’addebito relativo alla prescrizione dei crediti di cui trattasi, il Parlamento contesta l’argomento del ricorrente.
73 Al riguardo, in virtù dell’articolo 21, primo comma, dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, applicabile al procedimento dinanzi al Tribunale conformemente all’articolo 53, primo comma, del medesimo Statuto, e dell’articolo 76, lettera d), del regolamento di procedura del Tribunale, il ricorso deve contenere, in particolare, l’oggetto della controversia e un’esposizione sommaria dei motivi invocati. Dalla giurisprudenza risulta che tale esposizione deve essere sufficientemente chiara e precisa per consentire al convenuto di preparare la sua difesa e al Tribunale di esercitare il suo controllo. Ne discende che gli elementi essenziali di fatto e di diritto sui quali un ricorso si basa devono emergere in modo coerente e comprensibile dal testo dell’atto introduttivo stesso. Ciò significa che l’atto introduttivo deve chiarire il motivo sul quale il ricorso stesso si basa, sicché la sua semplice enunciazione astratta non risponde alle prescrizioni del regolamento di procedura (v., in tal senso, sentenza del 12 marzo 2020, Elche Club de Fútbol/Commissione, T‑901/16, EU:T:2020:97, punto 79 e giurisprudenza ivi citata).
74 Nel caso di specie, il Tribunale constata che il ricorrente non ha dedotto, nell’ambito del terzo motivo, alcun argomento volto a dimostrare che la decisione impugnata si basa su una motivazione illogica o che viola i principi della certezza del diritto e della tutela del legittimo affidamento. In tale misura, il terzo motivo è manifestamente irricevibile.
75 Inoltre, per quanto riguarda i crediti del Parlamento, il Tribunale ha già concluso che essi non erano prescritti nel caso di specie (v. punti da 35 a 40 nonché 68 e 69 supra).
76 Tale conclusione non è messa in discussione dagli argomenti del ricorrente relativi all’articolo 73 bis del regolamento (CE, Euratom) n. 1605/2002 del Consiglio, del 25 giugno 2002, che stabilisce il regolamento finanziario applicabile al bilancio generale delle Comunità europee (GU 2002, L 248, pag. 1), e all’articolo 85 ter del regolamento (CE, Euratom) n. 2342/2002 della Commissione, del 23 dicembre 2002, recante modalità d’esecuzione del regolamento n. 1605/2002 (GU 2002, L 357, pag. 1).
77 Invero, oltre al fatto che sono stati abrogati il 1º gennaio 2013, l’articolo 73 bis del regolamento n. 1605/2002 e l’articolo 85 ter del regolamento n. 2342/2002 non sono applicabili nel caso di specie. Come rilevato ai precedenti punti 35 e 36, conformemente agli articoli 281 e 282 del regolamento finanziario, le norme sulla prescrizione relative ai crediti dell’Unione nei confronti dei terzi erano stabilite, alla data della notifica della decisione di recupero e della nota di addebito al ricorrente, dall’articolo 98, paragrafo 2, del regolamento finanziario.
78 Tenuto conto della sua inapplicabilità nel caso di specie, il Tribunale non esaminerà la legittimità dell’articolo 85 ter del regolamento n. 2342/2002, supponendo che il punto 46 dell’atto introduttivo del ricorso debba essere inteso nel senso che solleva un’eccezione di illegittimità di detto articolo. Inoltre, nell’ambito del sindacato di legittimità fondato sull’articolo 263 TFUE, il Tribunale è manifestamente incompetente a deferire alla Corte europea dei diritti dell’uomo o a qualsiasi altro «organo» la questione di un’eventuale revisione dell’articolo 85 ter del regolamento n. 2342/2002, come il ricorrente invita a fare.
79 La conclusione di cui al precedente punto 75 non è messa in discussione neppure dall’articolo 85, secondo comma, seconda frase, dello Statuto dei funzionari dell’Unione europea, come applicato dal Tribunale della funzione pubblica nella sentenza del 12 marzo 2014, CR/Parlamento (F‑128/12, EU:F:2014:38). Invero, fatta eccezione per l’ipotesi in cui una norma vincolante per i membri del Parlamento ne imponga il rispetto, detto Statuto non è applicabile ai deputati europei, dal momento che essi non sono né funzionari né agenti dell’Unione (v., in tal senso, sentenza del 13 luglio 2018, Curto/Parlamento, T‑275/17, EU:T:2018:479, punto 79; v. altresì, in tal senso e per analogia, sentenza del 26 febbraio 2015, H/Corte di giustizia, C‑221/14 P, non pubblicata, EU:C:2015:126, punti 32 e 34). Orbene, il ricorrente omette di precisare quale norma del diritto dell’Unione renderebbe l’articolo 85, secondo comma, seconda frase, di detto Statuto applicabile nel caso di specie. In ogni caso, una tale applicabilità è già stata esclusa dal Tribunale in una situazione analoga (sentenza del 3 maggio 2023, SN/Parlamento, T‑249/21, non pubblicata, EU:T:2023:233, punto 33).
80 Infine, la conclusione di cui al precedente punto 75 non è neppure messa in discussione dal riferimento del ricorrente all’articolo 41, paragrafi da 2 a 4, delle MAS. Infatti, è già stato rilevato, al precedente punto 59, che l’articolo 41, paragrafi 3 e 4, delle MAS è stato abrogato il 7 luglio 2010. Inoltre, come precisato ai precedenti punti 60 e 61, le procedure previste dall’articolo 41, paragrafi 3 e 4, delle MAS, quando questi ultimi erano ancora applicabili, e dall’articolo 68 delle MAS non erano confondibili e non perseguivano gli stessi obiettivi.
81 Di conseguenza, il terzo motivo deve essere respinto.
Sul quarto motivo, vertente sulla violazione del principio generale in materia di ripartizione dell’onere della prova e su un’illegittima inversione di tale onere
82 Con il suo quarto motivo, il ricorrente sostiene che l’Ufficio di presidenza del Parlamento ha invertito l’onere della prova, in particolare al punto 105 della decisione impugnata. Secondo il ricorrente spettava infatti al Parlamento provare gli addebiti che gli sono stati mossi, e non il contrario. Tale conclusione si imporrebbe alla luce dei principi generalmente riconosciuti in tutti gli Stati membri, ma anche, in particolare, alla luce del principio della «vicinanza della prova», quale sancito nel diritto italiano.
83 Il Parlamento contesta tale argomento.
84 A tale riguardo, secondo una costante giurisprudenza richiamata ai precedenti punti da 21 a 24 e 66, è sul ricorrente, e non sul Parlamento, che grava l’onere della prova dell’effettività, della necessità e del nesso diretto delle spese di assistenza parlamentare con l’esercizio del suo mandato. Pertanto, il ricorrente sostiene erroneamente che l’Ufficio di presidenza del Parlamento ha illegittimamente invertito l’onere della prova nel caso di specie.
85 Quanto alla violazione del principio della «vicinanza della prova», un principio del genere non esiste, in quanto tale, allo stato attuale del diritto dell’Unione per quanto riguarda la prova dell’effettività, della necessità e del nesso diretto delle spese di assistenza parlamentare con l’esercizio del suo mandato.
86 Di conseguenza, il quarto motivo deve essere respinto.
Sul quinto motivo, vertente sull’illegittima trattenuta dalla pensione del ricorrente e sulla palese violazione dell’articolo 545, comma 7, del codice di procedura civile italiano
87 Con il suo quinto motivo, dedotto in subordine, il ricorrente sostiene che il Parlamento ha violato l’articolo 545, comma 7, del codice di procedura civile italiano. Una corretta applicazione delle disposizioni di detto articolo avrebbe infatti dovuto portare a limitare la trattenuta sulla sua pensione di anzianità alla somma di EUR 123,04 mensili, cosicché il ricorrente avrebbe avuto diritto a ricevere la somma di EUR 1 492,18 mensili. Orbene, dal 1° gennaio 2023, il Parlamento trattiene ogni mese EUR 615,22 sulla pensione di anzianità del ricorrente, lasciando a quest’ultimo solo EUR 1 000 mensili.
88 Il Parlamento eccepisce l’irricevibilità del quinto motivo, in quanto la sua decisione di trattenere mensilmente la somma di EUR 615,22 è stata adottata il 26 gennaio 2023 e notificata al ricorrente il 24 febbraio 2023. Orbene, il ricorrente non avrebbe proposto alcun ricorso di annullamento avverso tale decisione entro il termine di due mesi previsto dall’articolo 263 TFUE. In subordine, il Parlamento sostiene che l’articolo 545 del codice di procedura civile italiano non è applicabile, in quanto tale, nel caso di specie, e che la trattenuta controversa è fondata sull’articolo 102 del regolamento finanziario.
89 Al riguardo, anche supponendo che il quinto motivo sia effettivamente a sostegno del primo capo delle conclusioni, l’argomento del ricorrente deve essere respinto.
90 Come infatti precisato dallo stesso ricorrente al punto 18 dell’atto introduttivo del ricorso, l’importo attuale della trattenuta controversa non deriva dalla decisione impugnata, la quale costituisce l’unico atto espressamente contemplato dal primo capo delle conclusioni, ma è stato fissato dalla decisione del 26 gennaio 2023 (v. punto 11 supra).
91 In tali circostanze, gli argomenti del ricorrente sono inconferenti, in quanto, anche supponendo che siano ricevibili e fondati, non consentirebbero di mettere in discussione la legittimità della decisione impugnata.
92 Di conseguenza, occorre respingere il quinto motivo e, pertanto, il primo capo delle conclusioni nella sua interezza, senza che sia necessario pronunciarsi sulla ricevibilità di quest’ultimo nella parte in cui riguarda «ogni atto prodromico» alla decisione impugnata (v., in tal senso, sentenza del 26 febbraio 2002, Consiglio/Boehringer, C‑23/00 P, EU:C:2002:118, punto 52).
Sui capi dal secondo al quarto delle conclusioni
93 Con i capi dal secondo al quarto delle sue conclusioni, formulati in subordine, il ricorrente chiede al Tribunale di pronunciare una sentenza dichiarativa.
94 A tale riguardo, è sufficiente ricordare che da una giurisprudenza costante emerge che il Tribunale non è competente, nell’ambito del controllo di legittimità fondato sull’articolo 263 TFUE, a pronunciare sentenze dichiarative (v. sentenza del 13 settembre 2018, DenizBank/Consiglio, T‑798/14, EU:T:2018:546, punto 135 e giurisprudenza ivi citata).
95 Pertanto, i capi dal secondo al quarto delle conclusioni devono essere respinti per incompetenza del Tribunale a pronunciarsi al riguardo.
96 Di conseguenza, il ricorso è respinto nella sua interezza.
Sulle spese
97 Ai sensi dell’articolo 134, paragrafo 1, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda.
98 Poiché il Parlamento ne ha fatto domanda, il ricorrente, rimasto soccombente, deve essere condannato alle spese.
Per questi motivi,
IL TRIBUNALE (Quinta Sezione)
dichiara e statuisce:
1) Il ricorso è respinto.
2) Il sig. Crescenzio Rivellini è condannato alle spese.
Svenningsen |
Mac Eochaidh |
Laitenberger |
Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 23 ottobre 2024.
Il cancelliere |
Il presidente |
V. Di Bucci |
S. Papasavvas |
* Lingua processuale: l’italiano.
SENTENZA DEL TRIBUNALE (Quinta Sezione) 23 ottobre 2024 (*)
« Diritto delle istituzioni – Regolamentazione riguardante le spese e le indennità dei deputati del Parlamento – Indennità di assistenza parlamentare – Recupero mediante compensazione delle somme indebitamente versate – Onere della prova – Prescrizione » Nella causa T‑465/23, Crescenzio Rivellini, residente in Napoli (Italia), rappresentato da G. Oliviero, avvocato, ricorrente, contro Parlamento europeo, rappresentato da M. Ecker, S. Alves e R. Schiano, in qualità di agenti, convenuto, IL TRIBUNALE (Quinta Sezione), composto da J. Svenningsen, presidente, C. Mac Eochaidh (relatore) e J. Laitenberger, giudici, cancelliere: V. Di Bucci vista la fase scritta del procedimento, vista l’assenza di una domanda di fissazione di udienza presentata dalle parti nel termine di tre settimane a decorrere dalla notifica della chiusura della fase scritta del procedimento e avendo deciso, in applicazione dell’articolo 106, paragrafo 3, del regolamento di procedura del Tribunale, di statuire senza la fase orale del procedimento, ha pronunciato la seguente Sentenza 1 Con il suo ricorso fondato sull’articolo 263 TFUE, il sig. Crescenzio Rivellini, ricorrente, chiede l’annullamento della decisione dell’Ufficio di presidenza del Parlamento europeo del 17 aprile 2023 (in prosieguo: la «decisione impugnata»). Fatti 2 Il ricorrente è stato membro del Parlamento tra il 14 luglio 2009 e il 30 giugno 2014. 3 Il 24 luglio 2009, su proposta del ricorrente, il Parlamento ha assunto X come assistente parlamentare accreditata (in prosieguo: «APA») per assistere il ricorrente esercitando funzioni di redazione e consulenza nonché, eventualmente, funzioni di sostegno amministrativo e di segreteria. X è entrata in servizio il 27 luglio 2009 e ha risolto il contratto il 31 dicembre 2009. Il Parlamento ha preso a carico, a titolo di indennità di assistenza parlamentare, tutte le spese sostenute dal ricorrente a titolo dell’assunzione di X come APA per un importo complessivo di EUR 32 314,34. 4 Il 29 settembre 2009, il 10 giugno 2010 e il 25 luglio 2011 il ricorrente ha concluso contratti di prestazione di servizi (in prosieguo: i «contratti controversi») con la società unipersonale a responsabilità limitata Y (in prosieguo: la «società Y»). X era l’unica socia della società Y dal 6 febbraio 2003. Il Parlamento ha preso a carico, a titolo di indennità di assistenza parlamentare, tutte le spese sostenute dal ricorrente in esecuzione dei contratti controversi per un importo complessivo di EUR 220 007,04. 5 Il 19 dicembre 2017, l’Ufficio europeo per la lotta antifrode (OLAF) ha comunicato al ricorrente l’avvio di un’indagine amministrativa concernente le indennità di assistenza parlamentare pagate dal Parlamento per il contratto di APA di X e i contratti controversi conclusi con la società Y. 6 L’8 agosto 2019, l’OLAF ha trasmesso al Parlamento la sua relazione finale (in prosieguo: la «relazione finale»). Nelle conclusioni di quest’ultima, l’OLAF ha precisato, in particolare, che l’impiego di X presso il ricorrente era fittizio, in quanto essa non si era trasferita a Bruxelles (Belgio) né aveva fornito la prova di un qualsivoglia lavoro in qualità di APA. L’OLAF ha altresì rilevato che, allorché era ancora APA, X ha omesso di dichiarare, in quanto attività esterna, i servizi forniti dalla sua società, ossia la società Y. Secondo l’OLAF, il ricorrente si trovava in una situazione di conflitto di interessi quando ha concluso i contratti controversi con la società Y. Infine, sempre secondo l’OLAF, le prove erano insufficienti per confermare che tale società aveva fornito servizi al ricorrente. 7 Con lettera del 20 aprile 2021, il Segretario generale del Parlamento ha informato il ricorrente dell’avvio di una procedura di recupero per un importo di EUR 252 321,38. Tale importo corrisponde alle spese sostenute dal ricorrente, rispettivamente, a titolo dell’assunzione di X come APA per un importo complessivo di EUR 32 314,34 e in esecuzione dei contratti controversi per un importo complessivo di EUR 220 007,04 (v. punti 3 e 4 supra). Nella stessa lettera, il Segretario generale del Parlamento ha invitato il ricorrente a presentare le sue osservazioni e a fornire la prova del lavoro svolto da X in qualità di APA e dei servizi forniti dalla società Y. Il ricorrente non ha mai risposto a tale lettera. Secondo il ricorrente, il Parlamento ha inviato tale lettera ad un indirizzo errato. Il Parlamento sostiene, dal canto suo, che detta lettera è stata ricevuta da X. 8 Il 15 ottobre 2021, tenuto conto della mancata risposta del ricorrente alla sua lettera del 20 aprile 2021, il Segretario generale del Parlamento ha deciso che l’importo di EUR 252 321,38 era stato indebitamente versato e doveva essere recuperato (in prosieguo: la «decisione di recupero»). 9 Il 31 marzo 2022, dopo vari tentativi di invio tramite corriere, per lettera raccomandata e per posta elettronica, un ufficiale giudiziario incaricato su istanza del Parlamento ha notificato al ricorrente la decisione di recupero, la nota di addebito n. 7020000091 del 19 gennaio 2022 (in prosieguo: la «nota di addebito») e una lettera di accompagnamento del Direttore generale delle finanze del Parlamento del 20 gennaio 2022. 10 Il 13 maggio 2022 il ricorrente ha presentato un reclamo presso i questori del Parlamento per chiedere l’annullamento e la revoca della decisione di recupero e della nota di addebito. Il ricorrente ha allegato al suo reclamo 40 documenti intesi a dimostrare l’effettività del lavoro svolto da X e delle prestazioni fornite dalla società Y. 11 Il 1° luglio 2022 il Parlamento ha informato il ricorrente che, a causa del mancato pagamento della nota di addebito entro il termine impartito, intendeva procedere al recupero della somma controversa mediante compensazione a valere sulla pensione di anzianità. Tale lettera indicava che la trattenuta sarebbe stata pari alla totalità di detta pensione di anzianità, vale a dire EUR 1 615,22 mensili. Il 13 ottobre 2022 e il 26 gennaio 2023, su domanda del ricorrente e in applicazione per analogia dell’articolo 545, comma 7, del codice di procedura civile italiano, l’importo di tale trattenuta è stato modificato al fine di concedere un importo minimo di sussistenza al ricorrente, attualmente fissato in EUR 1 000 mensili. 12 Il 4 ottobre 2022 i questori hanno respinto il reclamo del ricorrente in quanto infondato (in prosieguo: la «decisione dei questori»). Tale decisione gli è stata notificata il 27 ottobre 2022. 13 Il 23 dicembre 2022 il ricorrente ha presentato un reclamo presso l’Ufficio di presidenza del Parlamento avverso la decisione dei questori. 14 Il 17 aprile 2023, l’Ufficio di presidenza del Parlamento ha adottato la decisione impugnata e ha respinto il reclamo presentato dal ricorrente avverso la decisione dei questori. Tale decisione gli è stata notificata il 26 maggio 2023. Conclusioni delle parti 15 Il ricorrente chiede, in sostanza, che il Tribunale voglia: – annullare la decisione impugnata e ogni atto ad essa prodromico e produttivo di effetti giuridici nei suoi confronti; – in via subordinata, dichiarare prescritto ogni addebito mosso nei suoi confronti, relativo alle somme controverse antecedenti il 19 dicembre 2012; – sempre in via subordinata, dichiarare infondato ogni addebito dovuto per i rimborsi relativi alla società Y per i servizi che gli sono stati prestati dal 16 giugno 2010 al 30 giugno 2014; – in via di estremo subordine, dichiarare illegittima la trattenuta operata dal Parlamento sulla sua pensione di anzianità; – condannare il Parlamento alle spese. 16 Il Parlamento chiede che il Tribunale voglia: – respingere il ricorso; – condannare il ricorrente alle spese. In diritto Sul primo capo delle conclusioni 17 A sostegno del primo capo delle sue conclusioni, il ricorrente deduce cinque motivi. Sul primo motivo, vertente sull’illogicità e infondatezza della motivazione relativamente alle indennità di assistenza parlamentare pagate dal Parlamento per il contratto di APA di X, sull’assenza di prove degli addebiti ascritti al ricorrente e sull’omessa valutazione delle prove fornite dallo stesso, sull’illegittimo implicito diniego di legittime richieste documentali inoltrate dal ricorrente nonché sulla prescrizione di ogni addebito mosso a X 18 Con il suo primo motivo, il ricorrente sostiene che, contrariamente a quanto ritenuto dall’Ufficio di presidenza del Parlamento, era noto che X aveva lavorato in qualità di APA e che ella risiedeva a Bruxelles. Tali elementi potrebbero essere confermati dalla consultazione delle risultanze del badge di accesso di X, ma il Parlamento avrebbe sempre rifiutato di trasmettere tali risultanze al ricorrente. Inoltre, né il Segretario generale né l’Ufficio di presidenza del Parlamento avrebbero fornito prove concrete a sostegno delle loro allegazioni. Al contrario, i servizi del Parlamento avrebbero invertito l’onere della prova esigendo dal ricorrente che egli presentasse prove dell’attività di X in qualità di APA. Siffatte prove sarebbero state del resto impossibili da fornire a distanza di oltre dieci anni dalla cessazione dalle funzioni di X in qualità di APA. In ogni caso, ogni addebito relativo al contratto di APA di X sarebbe prescritto. 19 Il Parlamento contesta tale argomentazione. – Sull’effettività del lavoro di X in qualità di APA 20 Secondo costante giurisprudenza, poiché la definizione della nozione di «assistenza parlamentare» non rientra nella discrezionalità dei deputati, questi ultimi non sono liberi di chiedere il rimborso delle spese senza rapporto con l’impegno o l’utilizzo dei servizi forniti da tali assistenti (v. sentenza dell’8 settembre 2021, Griesbeck/Parlamento, T‑10/21, non pubblicata, EU:T:2021:542, punto 39 e giurisprudenza ivi citata; v. altresì, in tal senso, sentenza del 7 giugno 2023, TC/Parlamento, T‑309/21, con impugnazione pendente, EU:T:2023:315, punto 49 e giurisprudenza ivi citata). 21 Ne consegue che l’effettività delle prestazioni fornite dagli assistenti a favore del Parlamento deve essere dimostrata dal deputato interessato (v., in tal senso, sentenze dell’8 settembre 2021, Griesbeck/Parlamento, T‑10/21, non pubblicata, EU:T:2021:542, punto 40 e giurisprudenza ivi citata, e del 7 giugno 2023, TC/Parlamento, T‑309/21, con impugnazione pendente, EU:T:2023:315, punto 50 e giurisprudenza ivi citata). 22 Nell’ipotesi di un controllo relativo all’utilizzo delle spese di assistenza parlamentare, il deputato interessato deve quindi essere in grado di provare che gli importi riscossi sono stati utilizzati per coprire le spese effettivamente sostenute e risultanti interamente ed esclusivamente dall’assunzione di uno o più assistenti, come previsto dall’articolo 33 della decisione dell’Ufficio di presidenza del Parlamento europeo, del 19 maggio e 9 luglio 2008, recante misure di attuazione dello statuto dei deputati al Parlamento europeo (GU 2009, C 159, pag. 1; in prosieguo: le «MAS») (v., in tal senso, sentenze dell’8 settembre 2021, Griesbeck/Parlamento, T‑10/21, non pubblicata, EU:T:2021:542, punto 41 e giurisprudenza ivi citata, e del 7 giugno 2023, TC/Parlamento, T‑309/21, con impugnazione pendente, EU:T:2023:315, punto 51 e giurisprudenza ivi citata). 23 In tale contesto, il deputato deve in particolare produrre i documenti giustificativi relativi alle attività dell’APA e, pertanto, conservarli, e ciò anche in assenza di un obbligo esplicito in tal senso derivante dal diritto dell’Unione europea (v., in tal senso, sentenze dell’8 settembre 2021, Griesbeck/Parlamento, T‑10/21, non pubblicata, EU:T:2021:542, punto 41 e giurisprudenza ivi citata, e del 7 giugno 2023, TC/Parlamento, T‑309/21, con impugnazione pendente, EU:T:2023:315, punto 52 e giurisprudenza ivi citata). 24 Pertanto, in una situazione del genere, è sul ricorrente, e non sul Parlamento, che grava l’onere della prova dell’effettività, della necessità e del nesso diretto delle spese di assistenza parlamentare con l’esercizio del suo mandato (v. sentenza dell’8 settembre 2021, Griesbeck/Parlamento, T‑10/21, non pubblicata, EU:T:2021:542, punto 42 e giurisprudenza ivi citata). 25 Tenuto conto della giurisprudenza richiamata ai precedenti punti da 20 a 24, erroneamente il ricorrente afferma che il Parlamento ha illegittimamente invertito l’onere della prova constatando, ai punti 109 e 110 della decisione impugnata, che egli non aveva prodotto alcuna prova che dimostrasse l’effettività del lavoro di X in qualità di APA. Spettava infatti al ricorrente provare l’effettività del lavoro di X, la quale poteva essere dimostrata, come rilevato dall’Ufficio di presidenza del Parlamento, da numerosi elementi di prova concreti, quali agende, che attestano appuntamenti o l’attività di X, messaggi di posta elettronica redatti da quest’ultima e scambiati, in particolare, con il ricorrente nonché documenti, anche in formato elettronico, provenienti da X (v., in tal senso, sentenze del 24 marzo 2021, Bennahmias/Parlamento, T‑798/19, non pubblicata, EU:T:2021:158, punto 69 e giurisprudenza ivi citata, e del 14 luglio 2021, Rochefort/Parlamento, T‑172/20, non pubblicata, EU:T:2021:439, punto 47 e giurisprudenza ivi citata). 26 È vero che il ricorrente afferma che l’Ufficio di presidenza del Parlamento ha omesso di valutare le prove da lui fornite. 27 Tuttavia, nelle sue memorie, il ricorrente non ha individuato quali prove non sarebbero state prese in considerazione dall’Ufficio di presidenza del Parlamento. In ogni caso, il Tribunale constata che l’Ufficio di presidenza del Parlamento ha esaminato i documenti che il ricorrente aveva presentato in allegato al suo reclamo. Al punto 143 della decisione impugnata, l’Ufficio di presidenza del Parlamento precisa infatti che tali documenti non contenevano alcun elemento nuovo rispetto ai documenti che egli aveva già trasmesso ai questori. Orbene, i questori avevano ritenuto, senza che tale conclusione fosse contestata dal ricorrente nel suo reclamo, che tali documenti non dimostrassero l’esistenza di un’attività di X a beneficio del ricorrente (v. punti 35 e 144 della decisione impugnata). 28 Il ricorrente sostiene altresì che l’effettività del lavoro di X in qualità di APA avrebbe potuto essere dimostrata se egli avesse potuto ottenere una copia delle risultanze del badge di accesso di X, che il Parlamento avrebbe rifiutato di rilasciargli. 29 Anche supponendo che il ricorrente abbia presentato una tale richiesta presso il Parlamento, circostanza non provata dal ricorrente e contestata dal Parlamento, e che fosse tecnicamente possibile concedere una copia dei dati del badge di accesso di X, benché il Parlamento affermi che tale tipo di dati sono conservati solo per un periodo di quattro mesi, detti dati non avrebbero potuto dimostrare, di per sé, l’effettività del lavoro di X in qualità di APA. Invero, secondo la giurisprudenza, la sola presenza fisica dell’assistente parlamentare nei locali del Parlamento nei giorni in questione, anche se debitamente comprovata e indipendentemente dalla sua frequenza, non può essere sufficiente a dimostrare l’effettività dell’esecuzione di compiti conformi all’articolo 33 delle MAS. È inoltre necessario dimostrare che, in occasione di tali spostamenti, sono stati effettivamente svolti compiti connessi all’esercizio del mandato parlamentare (v., in tal senso, sentenza del 14 luglio 2021, Arnautu/Parlamento, T‑740/20, non pubblicata, EU:T:2021:444, punto 98 e giurisprudenza ivi citata). 30 Infine, il Tribunale constata che, anche nell’ambito del presente procedimento, il ricorrente non riesce a dimostrare l’effettività del lavoro di X. Al massimo, il ricorrente afferma che era «noto» che X aveva effettivamente lavorato in qualità di APA. Tuttavia, tale affermazione molto generica non è suffragata da alcun elemento concreto né da alcuna prova. 31 Dall’insieme degli elementi che precedono risulta che, come concluso dall’Ufficio di presidenza del Parlamento, il ricorrente non ha provato l’effettività del lavoro di X in qualità di APA. 32 Tale conclusione non è messa in discussione dall’argomento del ricorrente secondo il quale, poiché il Segretario generale e l’Ufficio di presidenza del Parlamento non hanno indicato quale norma del diritto dell’Unione definisse specificamente l’attività che un APA era tenuto a svolgere, era per lui impossibile fornire gli elementi di prova pertinenti. A tale riguardo, il Tribunale ricorda che le MAS sono state pubblicate nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea, cosicché esse costituiscono, a decorrere da tale pubblicazione, l’unico diritto positivo in materia, diritto di cui si presume la conoscenza da parte di ciascuno (v., in tal senso, sentenza del 19 giugno 2015, Italia/Commissione, T‑358/11, EU:T:2015:394, punto 129 e giurisprudenza ivi citata). In ogni caso, il Tribunale constata che il testo degli articoli 33 e 62 delle MAS è stato riprodotto a pagina 2 della lettera del Segretario generale del 20 aprile 2021, ai punti 13 e 15 della decisione di recupero nonché ai punti 22 e 23 della decisione impugnata. Orbene, gli articoli 33 e 62 delle MAS stabiliscono, in sostanza, che l’assistenza in questione è direttamente legata all’esercizio del mandato parlamentare del deputato. Inoltre, il contratto di APA concluso tra il Parlamento e X stabiliva espressamente che quest’ultima era assunta per assistere il ricorrente esercitando funzioni di redazione e consulenza nonché, eventualmente, funzioni di sostegno amministrativo e di segreteria (v. punto 3 supra). In tali circostanze, il ricorrente non può validamente sostenere di ignorare quale specifica attività X fosse tenuta ad esercitare in qualità di APA e, pertanto, quale tipo di prova egli dovesse presentare al Parlamento al fine di dimostrare l’effettività del lavoro di X in qualità di APA. 33 Tale conclusione non è messa in discussione neppure dagli argomenti del ricorrente relativi alla nozione di «residenza». Dai punti 35 e 36 della decisione impugnata risulta infatti che il ricorrente non ha contestato, nel suo reclamo presso l’Ufficio di presidenza del Parlamento, la constatazione dei questori secondo cui X non risiedeva a Bruxelles quando era APA e che tale constatazione era, pertanto, divenuta definitiva. Non essendosi l’Ufficio di presidenza del Parlamento pronunciato su tale punto, gli argomenti del ricorrente relativi alla residenza di X sono inconferenti ai fini della messa in discussione della decisione impugnata. Ad abundantiam, e come rilevato dai questori al punto 62 della loro decisione, il Segretario generale del Parlamento ha concluso per il carattere fittizio del contratto di APA stipulato da X unicamente a causa della mancanza di prove relative all’effettività del suo lavoro (v. punto 25 della decisione di recupero), e non a causa della mancanza di prove della sua residenza a Bruxelles. Il Segretario generale del Parlamento si è infatti limitato a rilevare, senza trarne la minima conseguenza, che X non risiedeva a Bruxelles, contrariamente a quanto previsto dalle norme statutarie (v. punto 26 della decisione di recupero). – Sulla prescrizione del credito del Parlamento 34 Il ricorrente sostiene che, in ogni caso, il credito del Parlamento è prescritto. Infatti, ai crediti dell’Unione nei confronti di terzi sarebbe applicabile un termine di prescrizione di cinque anni. Orbene, il contratto di APA di X sarebbe cessato il 31 dicembre 2009. Pertanto, quando, il 19 dicembre 2017, l’OLAF lo ha informato dell’avvio di un’indagine, la somma in questione sarebbe già stata prescritta e, a fortiori, lo sarebbe stata anche alla data di adozione della decisione impugnata. 35 In via preliminare, il Tribunale rileva che, alla data della notifica della decisione di recupero e della nota di addebito al ricorrente, le norme sulla prescrizione dei crediti dell’Unione nei confronti dei terzi erano stabilite dal regolamento (UE, Euratom) 2018/1046 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 18 luglio 2018, che stabilisce le regole finanziarie applicabili al bilancio generale dell’Unione, che modifica i regolamenti (UE) n. 1296/2013, (UE) n. 1301/2013, (UE) n. 1303/2013, (UE) n. 1304/2013, (UE) n. 1309/2013, (UE) n. 1316/2013, (UE) n. 223/2014, (UE) n. 283/2014 e la decisione n. 541/2014/UE e abroga il regolamento (UE, Euratom) n. 966/2012 (GU 2018, L 193, pag. 1; in prosieguo: il «regolamento finanziario»), conformemente agli articoli 281 e 282 di tale regolamento (v., in tal senso e per analogia, sentenza del 10 ottobre 2014, Marchiani/Parlamento, T‑479/13, non pubblicata, EU:T:2014:866, punto 71). 36 Ai sensi dell’articolo 98, paragrafo 2, secondo comma, del regolamento finanziario, l’ordinatore trasmette la nota di addebito immediatamente dopo l’accertamento del credito e al più tardi entro un periodo di cinque anni a decorrere dal momento in cui l’istituzione dell’Unione è stata normalmente in grado di far valere il proprio credito. 37 Il tenore letterale di tale articolo indica quindi chiaramente che il termine di prescrizione inizia a decorrere dal momento in cui l’istituzione dell’Unione è stata normalmente in grado di far valere il proprio credito. Orbene, un’istituzione dell’Unione è normalmente in grado di far valere il proprio credito a partire dalla data in cui essa dispone degli elementi giustificativi che consentono di appurare un determinato credito come certo, liquido ed esigibile, ovvero avrebbe potuto disporre di tali elementi giustificativi, se essa avesse agito con la diligenza richiesta (v., in tal senso e per analogia, sentenza del 14 giugno 2016, Marchiani/Parlamento, C‑566/14 P, EU:C:2016:437, punto 103). 38 Ciò premesso, è solo l’8 agosto 2019, data di trasmissione della relazione finale al Parlamento (v. punto 6 supra), che tale istituzione ha preso conoscenza del carattere fittizio del contratto di APA di X ed era, pertanto, legittimata a far valere il proprio credito (v., in tal senso e per analogia, sentenza del 14 giugno 2016, Marchiani/Parlamento, C‑566/14 P, EU:C:2016:437, punto 107). Inoltre, né il ricorrente ha sostenuto né alcun elemento del fascicolo attesta che il Parlamento fosse venuto a conoscenza di tali elementi prima della ricezione della relazione finale. 39 In tali circostanze, è a partire dall’8 agosto 2019 che ha iniziato a decorrere il termine di prescrizione quinquennale fissato dall’articolo 98, paragrafo 2, secondo comma, del regolamento finanziario. Orbene, tale termine di prescrizione non era ancora scaduto quando, il 31 marzo 2022, il Parlamento ha fatto notificare la decisione di recupero e la nota di addebito al ricorrente (v. punto 9 supra). 40 Pertanto, il credito di EUR 32 314,34, relativo all’indennità di assistenza parlamentare per il contratto di APA di X, non era prescritto al 31 marzo 2022. 41 Di conseguenza, il primo motivo deve essere respinto. Sul secondo motivo, vertente su errori di motivazione per quanto riguarda i rimborsi relativi ai contratti di servizi con la società Y, sulla legittimità, la regolarità e la conformità della condotta tenuta alla luce delle disposizioni del diritto dell’Unione e sulla prescrizione totale o parziale degli addebiti mossi 42 Con il suo secondo motivo, il ricorrente contesta le valutazioni dell’Ufficio di presidenza del Parlamento relative ai contratti controversi che egli ha concluso con la società Y (v. punto 4 supra). Per quanto riguarda il contratto concluso il 29 settembre 2009 (in prosieguo: il «primo contratto controverso»), il ricorrente afferma che l’addebito secondo cui X era contestualmente un’APA e la legale rappresentante della società Y è prescritto. Inoltre, contrariamente a quanto risulta dalla decisione impugnata, l’Ufficio di presidenza del Parlamento non avrebbe dimostrato che il ricorrente e X sarebbero stati partner stabili in un’unione di fatto. Orbene, il ricorrente e X non sarebbero mai stati partner del genere, né avrebbero mai convissuto o avuto la stessa residenza anagrafica. In ogni caso, anche supponendo che una tale unione sia provata nel caso di specie, l’Ufficio di presidenza del Parlamento non avrebbe specificato quale norma del diritto dell’Unione sarebbe stata violata. Per quanto riguarda il contratto concluso il 10 giugno 2010 (in prosieguo: il «secondo contratto controverso») e il contratto concluso il 25 luglio 2011 (in prosieguo: il «terzo contratto controverso»), il ricorrente afferma che X non era più l’amministratrice della società Y a tali date. Inoltre, i servizi del Parlamento avrebbero confermato ogni anno la regolarità dei pagamenti effettuati in virtù dei contratti controversi con riguardo all’articolo 41 delle MAS. La motivazione della decisione impugnata che mette in discussione tali precedenti valutazioni dei servizi del Parlamento sarebbe peraltro piuttosto debole. Inoltre, conformemente all’articolo 132, paragrafo 1, del regolamento finanziario, il ricorrente non sarebbe stato tenuto a conservare i documenti pertinenti relativi ai contratti controversi per più di tre anni. Il Parlamento non può quindi addebitare al ricorrente di non aver provato l’effettività dei servizi che la società Y gli avrebbe fornito in esecuzione dei contratti controversi. In ogni caso, qualsiasi addebito relativo ai primi due contratti controversi sarebbe prescritto. Lo stesso varrebbe per quanto riguarda gli addebiti relativi all’esecuzione del terzo contratto controverso fino al 19 dicembre 2012, vale a dire cinque anni prima della notifica al ricorrente dell’avvio di un’indagine da parte dell’OLAF. 43 Il Parlamento contesta tale argomentazione. – Sull’assenza di conflitto di interessi 44 L’articolo 43, lettera c), primo e secondo trattino, delle MAS stabilisce che «[g]li importi versati (...) non possono essere destinati direttamente o indirettamente a (...) coprire le spese sostenute nell’ambito di un contratto di prestazione di servizi che potrebbero dar luogo a un conflitto d’interessi, in particolare qualora il deputato o una delle persone menzionate alla lettera d) (...) detenga interamente o parzialmente una società (...) che opera come suo prestatore di servizi [o] faccia parte del consiglio di amministrazione o di altre istanze od organi esecutivi di una società (...) che opera come suo prestatore di servizi». 45 L’articolo 43, lettera d), delle MAS dispone che «[g]li importi versati (...) non possono essere destinati direttamente o indirettamente a (...) finanziare contratti intesi a permettere l’assunzione o il ricorso a servizi del (...) partner stabile in un’unione di fatto [del deputato], secondo la definizione dell’articolo 58, paragrafo 2 (...)». 46 Risulta quindi dall’articolo 43, lettera c), delle MAS che un deputato europeo non ha il diritto di utilizzare le indennità di assistenza parlamentare per coprire le spese sostenute nell’ambito di un contratto di prestazione di servizi che potrebbero dar luogo a un conflitto d’interessi, in particolare qualora il suo partner stabile in un’unione di fatto detenga interamente o parzialmente la società che fornisce detti servizi o faccia parte dei suoi organi direttivi. 47 Il ricorrente afferma, anzitutto, che né il Segretario generale né l’Ufficio di presidenza del Parlamento hanno indicato quale norma del diritto dell’Unione sarebbe stata violata. 48 Tale argomento deve essere respinto. Il ricorrente non può infatti far valere la sua ignoranza delle MAS, dal momento che queste ultime sono state pubblicate nella Gazzetta ufficiale (v. punto 32 supra). In ogni caso, il testo dell’articolo 43, lettere c) e d), delle MAS è stato parzialmente riprodotto a pagina 2 della lettera del Segretario generale del 20 aprile 2021 nonché al punto 14 della decisione di recupero. Inoltre, la circostanza che la decisione impugnata non contenga alcun riferimento a detto articolo 43 delle MAS si spiega con la portata limitata del reclamo che il ricorrente aveva inviato all’Ufficio di presidenza del Parlamento (v. punto 50 infra). 49 Il ricorrente contesta poi, in sostanza, l’esistenza di qualsiasi conflitto di interessi quando ha concluso, il 29 settembre 2009, il 10 giugno 2010 e il 25 luglio 2011, i contratti controversi. In particolare, il ricorrente nega di essere stato il partner stabile in un’unione di fatto di X al momento della conclusione del primo contratto controverso. 50 Tale argomento deve essere respinto. Infatti, secondo il punto 35 della decisione impugnata, il ricorrente non ha confutato, nel suo reclamo, la constatazione dei questori secondo la quale egli intratteneva una relazione sentimentale e stabile con X dal 1999, come attestava il suo libro intitolato Non faccio nomi… solo cognomi! (in prosieguo: il «libro»), pubblicato sul proprio sito Internet. Inoltre, secondo lo stesso punto 35 della decisione impugnata, il ricorrente non ha confutato, nel suo reclamo, la constatazione dei questori secondo la quale egli si trovava in situazione di conflitto di interessi, a causa dell’esistenza di tale relazione sentimentale, quando ha concluso i contratti controversi con la società Y. Poiché tali due constatazioni non sono state contestate dal ricorrente, l’Ufficio di presidenza del Parlamento le ha considerate definitive (v. punto 36 della decisione impugnata). In tali circostanze, gli argomenti del ricorrente sono inconferenti ai fini della messa in discussione della decisione impugnata, poiché essa non ha riesaminato tali elementi. 51 Ad abundantiam, il Tribunale constata che, come rilevato dai questori al punto 84 della loro decisione, il ricorrente afferma espressamente nel suo libro che, nel 2009, X «era da dieci anni la compagna della [sua] vita». Dinanzi al Tribunale, il ricorrente non ha contestato né l’effettività di tale libro né l’esattezza di tale citazione. Per di più, il Tribunale osserva che, al momento della pubblicazione di detto libro nel 2020, X era ancora presentata dal ricorrente, segnatamente nella dedica, come «la donna della [sua] vita». Inoltre, in occasione della sua audizione da parte dell’OLAF il 25 gennaio 2018, e in risposta ad un quesito vertente su un articolo pubblicato il 1° marzo 2010 sul giornale italiano La Repubblica, il ricorrente ha ammesso l’esistenza di una relazione sentimentale con X «da circa 7/8 anni» e ha precisato che detta relazione era «pubblica». Tali elementi sono sufficienti a dimostrare l’esistenza di una relazione sentimentale tra il ricorrente e X, almeno durante il periodo dal 1999 al 2020, e di conseguenza, a fortiori, al momento della conclusione dei contratti controversi il 29 settembre 2009, il 10 giugno 2010 e il 25 luglio 2011. 52 Tale conclusione non è messa in discussione dal fatto che, secondo il ricorrente, egli non ha mai convissuto con X né condiviso con quest’ultima la residenza anagrafica. Anche supponendo che X e il ricorrente non abbiano mai vissuto insieme, benché tale allegazione non sia suffragata da alcuna prova nell’atto introduttivo del ricorso, è sufficiente constatare che detta circostanza non osta all’esistenza di una relazione sentimentale tra loro. 53 Tale conclusione non è messa in discussione neppure dall’articolo 58, paragrafo 2, delle MAS. Invero, contrariamente a quanto affermato dal ricorrente, tale disposizione non subordina l’esistenza di un’unione stabile di fatto al rilascio di un attestato ufficiale da parte delle autorità di uno Stato membro. In base al tenore letterale di tale disposizione, detto attestato ufficiale è richiesto unicamente per consentire al membro stabile di un’unione di fatto di un deputato europeo di beneficiare del medesimo trattamento nel settore delle pensioni di reversibilità rispetto a quello riservato ai coniugi dei deputati europei. 54 Inoltre, il ricorrente non contesta che X abbia firmato, in qualità di legale rappresentante della società Y, il primo contratto controverso, mentre, in tale periodo, ella era ancora la sua APA. Quanto al secondo e al terzo contratto controverso, il ricorrente afferma che X non era più l’amministratrice della società Y. Tuttavia, i questori hanno rilevato, senza che tale elemento fosse contraddetto dal ricorrente, che era effettivamente X ad aver firmato, qualificandosi come legale rappresentante della società Y, il secondo contratto controverso (v. punto 86 della decisione dei questori). Tali elementi sono peraltro corroborati dalla copia del secondo contratto controverso che figura in allegato alla relazione finale. Inoltre, il ricorrente non ha neppure smentito il fatto che X deteneva una partecipazione nella società Y al momento della firma dei contratti controversi, vuoi da parte di X vuoi, per quanto riguarda il terzo contratto controverso, da parte della sorella di quest’ultima. Lungi dall’essere priva di qualsiasi rilevanza, come affermato dal ricorrente, la circostanza che X conservasse una partecipazione nella società Y al momento della conclusione dei contratti controversi impediva che le indennità di assistenza parlamentare potessero coprire le spese sostenute nell’ambito di detti contratti (v. punto 46 supra). 55 Come precisato dai questori ai punti 87 e 88 della loro decisione e senza che tale conclusione fosse rimessa in discussione nel reclamo (v. punto 35 della decisione impugnata), risulta quindi dagli elementi di cui ai precedenti punti da 51 a 54 che il ricorrente si trovava in una situazione di conflitto di interessi contraria all’articolo 43, lettera c), delle MAS quando ha concluso i contratti controversi con la società Y. – Sull’effettività delle prestazioni della società Y 56 Il ricorrente sostiene che i servizi del Parlamento avrebbero certificato la regolarità dei pagamenti effettuati in virtù dei contratti controversi alla luce dell’articolo 41, paragrafi 3 e 4, delle MAS. Inoltre, il ricorrente avrebbe prodotto numerose prove a dimostrazione dell’effettività delle prestazioni della società Y nell’ambito dei contratti controversi. 57 A tale riguardo, l’articolo 41, paragrafi 3 e 4, delle MAS prevedeva quanto segue: «3. Il terzo erogatore trasmette al servizio competente, entro e non oltre il 30 marzo successivo all’esercizio finanziario di riferimento come pure alla cessazione del suo contratto, un rapporto ricapitolativo e certificato delle prestazioni di servizi effettuate nel periodo di riferimento. Tale rapporto certifica che le pertinenti operazioni sono state effettuate in conformità delle disposizioni previste dalla legislazione nazionale applicabile. 4. Dopo la verifica del rapporto, al terzo erogatore è inviata, entro e non oltre il 1° giugno, una comunicazione, con copia al deputato, che constata la regolarità o l’irregolarità dei pagamenti effettuati e indica, se del caso, i documenti mancanti da fornire. In caso di cessazione del contratto del terzo erogatore, la comunicazione è inviata entro e non oltre due mesi dal ricevimento di detto rapporto. Qualora la comunicazione constati l’irregolarità dei pagamenti, i documenti necessari per stabilirne la regolarità sono presentati al servizio competente entro e non oltre il 1° luglio ovvero, in caso di scioglimento del contratto del terzo erogatore, entro il termine di un mese dalla comunicazione. In mancanza, il Parlamento applica gli articoli 67 e 68». 58 A tale riguardo, il Tribunale constata che il ricorrente non ha prodotto dinanzi ad esso alcuna prova che dimostri che il Parlamento, come da egli sostenuto, ha certificato la regolarità dei pagamenti effettuati in virtù dei contratti controversi. Parimenti, il ricorrente non sostiene, ai punti da 36 a 38 dell’atto introduttivo del ricorso, di aver fornito una tale prova al Segretario generale, ai questori o all’Ufficio di presidenza del Parlamento. L’effettività delle asserite notifiche del Parlamento che certificano la regolarità dei pagamenti effettuati in virtù dei contratti controversi non è quindi dimostrata. 59 Inoltre, e come precisato al punto 70 della decisione impugnata, l’articolo 41, paragrafi 3 e 4, delle MAS non era applicabile al terzo contratto controverso. Tale contratto è stato infatti concluso il 25 luglio 2011, ossia successivamente all’abrogazione, il 7 luglio 2010, di detti paragrafi [articolo 1, punto 15, lettera b), e articolo 2, paragrafo 1, della decisione dell’Ufficio di presidenza del Parlamento europeo dell’11 e 23 novembre 2009, del 14 dicembre 2009, del 19 aprile 2010 e del 5 luglio 2010, recante modifica delle [MAS] (GU 2010, C 180, pag. 1)]. Il Parlamento non può quindi aver certificato i pagamenti effettuati in virtù del terzo contratto controverso sulla base dell’articolo 41, paragrafi 3 e 4, delle MAS. 60 Infine, anche supponendo che il Parlamento abbia certificato la regolarità dei pagamenti effettuati in virtù dei contratti controversi, il Tribunale ricorda nondimeno che, come rilevato dall’Ufficio di presidenza del Parlamento ai punti 72 e 73 della decisione impugnata, la procedura stabilita dall’articolo 41, paragrafi 3 e 4, delle MAS perseguiva un obiettivo strettamente contabile. Invero, tale procedura era intesa a controllare l’effettività del lavoro fornito dal prestatore di servizi e non poteva quindi essere confusa con la procedura di recupero di cui all’articolo 68 delle MAS. Pertanto, l’esito positivo di regolarizzazioni contabili che sarebbero state realizzate nell’ambito dell’articolo 41 delle MAS non pregiudicherebbe in alcun modo l’ulteriore avvio di una procedura di recupero ai sensi dell’articolo 68 delle MAS, né l’esito di una tale procedura (v., in tal senso e per analogia, sentenza dell’8 settembre 2021, Griesbeck/Parlamento, T‑10/21, non pubblicata, EU:T:2021:542, punti 73 e 74). 61 Facendo in tal modo espresso riferimento alla giurisprudenza del Tribunale richiamata al precedente punto 60, l’Ufficio di presidenza del Parlamento, ai punti 72 e 73 della decisione impugnata, ha motivato la sua conclusione in modo giuridicamente sufficiente. Analogamente, e contrariamente a quanto sostenuto dal ricorrente, tale conclusione non viola il principio della certezza del diritto, poiché, come spiegato al precedente punto 60, le procedure previste dall’articolo 41, paragrafi 3 e 4, delle MAS e dall’articolo 68 delle MAS non erano confondibili e non perseguivano gli stessi obiettivi. 62 In ogni caso, l’effettività delle prestazioni fornite al ricorrente dalla società Y, che sarebbero state la contropartita dei pagamenti controversi, non è dimostrata. 63 È vero che il ricorrente ha presentato ai questori una serie di documenti intesi a dimostrare che la società Y gli aveva fornito servizi nell’ambito dei contratti controversi. Tuttavia, dopo aver esaminato tali documenti, i questori hanno ritenuto che nessuno di essi provasse una qualsivoglia attività della società Y legata ai contratti controversi (v. punti da 89 a 92 della decisione dei questori). Tale valutazione non è stata contestata dal ricorrente nell’ambito del suo reclamo, cosicché essa è divenuta definitiva e non è stata quindi riesaminata dall’Ufficio di presidenza del Parlamento (v. punti 35, 36 e 144 della decisione impugnata). 64 Parimenti, il ricorrente ha presentato all’Ufficio di presidenza del Parlamento documenti volti a dimostrare che la società Y gli aveva fornito servizi in virtù dei contratti controversi. Tuttavia, l’Ufficio di presidenza del Parlamento ha ritenuto che tali documenti non contenessero alcun elemento nuovo rispetto ai documenti che egli aveva già trasmesso ai questori (v. punto 143 della decisione impugnata). Su questo punto, il ricorrente si limita ad affermare che l’Ufficio di presidenza del Parlamento non ha esaminato tali documenti. Tuttavia, il ricorrente non ha addotto alcun elemento concreto a sostegno di tale allegazione. Inoltre, e soprattutto, il Tribunale rileva che il ricorrente non contesta, nelle sue memorie, la valutazione dell’Ufficio di presidenza del Parlamento di cui al punto 143 della decisione impugnata. 65 Infine, il ricorrente sostiene che, in ogni caso, non gli si può contestare la mancata prova dell’attività della società Y. Infatti, ai sensi dell’articolo 132, paragrafo 1, del regolamento finanziario, l’obbligo di conservazione di dati relativi al finanziamento, di importo pari o inferiore a EUR 60 000, è di soli tre anni. Esso non sarebbe quindi stato tenuto a conservare, oltre tale periodo di tre anni, i documenti relativi agli anni dal 2009 al 2012 e 2014. 66 Al riguardo, e senza che sia necessario pronunciarsi sull’applicabilità nel caso di specie dell’articolo 132, paragrafo 1, del regolamento finanziario, la quale è contestata dal Parlamento, l’argomento del ricorrente deve essere respinto. Infatti, come precisato ai precedenti punti 22 e 23 e come l’Ufficio di presidenza del Parlamento ha ricordato con chiarezza al punto 130 della decisione impugnata, nell’ipotesi di un controllo relativo all’utilizzo delle spese di assistenza parlamentare, il deputato interessato deve in particolare produrre i documenti giustificativi relativi alle attività della società con la quale ha concluso un contratto di prestazione di servizi e, pertanto, conservarli, e ciò anche in assenza di un obbligo esplicito in tal senso derivante dal diritto dell’Unione (v., in tal senso e per analogia, sentenze del 20 settembre 2019, LL/Parlamento, T‑615/15 RENV, non pubblicata, EU:T:2019:636, punti 67 e 70 e giurisprudenza ivi citata, e del 7 giugno 2023, TC/Parlamento, T‑309/21, con impugnazione pendente, EU:T:2023:315, punti 51 e 52 e giurisprudenza ivi citata). 67 Dall’insieme delle considerazioni che precedono risulta che il ricorrente non ha dimostrato l’effettività delle prestazioni fornite dalla società Y. – Sulla prescrizione del credito del Parlamento 68 Gli argomenti del ricorrente relativi alla prescrizione dei fatti addebitati, e pertanto del credito del Parlamento, devono anch’essi essere respinti. Per motivi analoghi a quelli esposti ai precedenti punti da 35 a 39, il termine di prescrizione quinquennale fissato dall’articolo 98, paragrafo 2, secondo comma, del regolamento finanziario ha infatti iniziato a decorrere solo a partire dall’8 agosto 2019. Invero, è solo a partire da tale data che il Parlamento è venuto a conoscenza del fatto che il ricorrente si trovava in una situazione di conflitto di interessi quando ha concluso i contratti controversi con la società Y e che l’effettività dei servizi forniti da tale società non era dimostrata. In tali circostanze, il termine di prescrizione non era ancora scaduto quando, il 31 marzo 2022, il Parlamento ha fatto notificare la decisione di recupero e la nota di addebito al ricorrente (v. punto 9 supra). 69 Pertanto, il credito di EUR 220 007,04, relativo all’indennità di assistenza parlamentare riguardante i contratti controversi, non era prescritto al 31 marzo 2022. 70 Di conseguenza, il secondo motivo deve essere respinto. Sul terzo motivo, vertente sull’illogicità della motivazione e sulla violazione dei principi di certezza del diritto e di tutela del legittimo affidamento, nonché sulla prescrizione delle condotte ascritte al ricorrente 71 Con il suo terzo motivo, il ricorrente ribadisce che i crediti del Parlamento sono prescritti. 72 Il Parlamento sostiene che il terzo motivo di ricorso è irricevibile in quanto, nonostante la sua formulazione, non contiene alcun argomento volto a dimostrare che la decisione impugnata si basa su una motivazione illogica o che essa viola i principi della certezza del diritto e della tutela del legittimo affidamento. Quanto all’addebito relativo alla prescrizione dei crediti di cui trattasi, il Parlamento contesta l’argomento del ricorrente. 73 Al riguardo, in virtù dell’articolo 21, primo comma, dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, applicabile al procedimento dinanzi al Tribunale conformemente all’articolo 53, primo comma, del medesimo Statuto, e dell’articolo 76, lettera d), del regolamento di procedura del Tribunale, il ricorso deve contenere, in particolare, l’oggetto della controversia e un’esposizione sommaria dei motivi invocati. Dalla giurisprudenza risulta che tale esposizione deve essere sufficientemente chiara e precisa per consentire al convenuto di preparare la sua difesa e al Tribunale di esercitare il suo controllo. Ne discende che gli elementi essenziali di fatto e di diritto sui quali un ricorso si basa devono emergere in modo coerente e comprensibile dal testo dell’atto introduttivo stesso. Ciò significa che l’atto introduttivo deve chiarire il motivo sul quale il ricorso stesso si basa, sicché la sua semplice enunciazione astratta non risponde alle prescrizioni del regolamento di procedura (v., in tal senso, sentenza del 12 marzo 2020, Elche Club de Fútbol/Commissione, T‑901/16, EU:T:2020:97, punto 79 e giurisprudenza ivi citata). 74 Nel caso di specie, il Tribunale constata che il ricorrente non ha dedotto, nell’ambito del terzo motivo, alcun argomento volto a dimostrare che la decisione impugnata si basa su una motivazione illogica o che viola i principi della certezza del diritto e della tutela del legittimo affidamento. In tale misura, il terzo motivo è manifestamente irricevibile. 75 Inoltre, per quanto riguarda i crediti del Parlamento, il Tribunale ha già concluso che essi non erano prescritti nel caso di specie (v. punti da 35 a 40 nonché 68 e 69 supra). 76 Tale conclusione non è messa in discussione dagli argomenti del ricorrente relativi all’articolo 73 bis del regolamento (CE, Euratom) n. 1605/2002 del Consiglio, del 25 giugno 2002, che stabilisce il regolamento finanziario applicabile al bilancio generale delle Comunità europee (GU 2002, L 248, pag. 1), e all’articolo 85 ter del regolamento (CE, Euratom) n. 2342/2002 della Commissione, del 23 dicembre 2002, recante modalità d’esecuzione del regolamento n. 1605/2002 (GU 2002, L 357, pag. 1). 77 Invero, oltre al fatto che sono stati abrogati il 1º gennaio 2013, l’articolo 73 bis del regolamento n. 1605/2002 e l’articolo 85 ter del regolamento n. 2342/2002 non sono applicabili nel caso di specie. Come rilevato ai precedenti punti 35 e 36, conformemente agli articoli 281 e 282 del regolamento finanziario, le norme sulla prescrizione relative ai crediti dell’Unione nei confronti dei terzi erano stabilite, alla data della notifica della decisione di recupero e della nota di addebito al ricorrente, dall’articolo 98, paragrafo 2, del regolamento finanziario. 78 Tenuto conto della sua inapplicabilità nel caso di specie, il Tribunale non esaminerà la legittimità dell’articolo 85 ter del regolamento n. 2342/2002, supponendo che il punto 46 dell’atto introduttivo del ricorso debba essere inteso nel senso che solleva un’eccezione di illegittimità di detto articolo. Inoltre, nell’ambito del sindacato di legittimità fondato sull’articolo 263 TFUE, il Tribunale è manifestamente incompetente a deferire alla Corte europea dei diritti dell’uomo o a qualsiasi altro «organo» la questione di un’eventuale revisione dell’articolo 85 ter del regolamento n. 2342/2002, come il ricorrente invita a fare. 79 La conclusione di cui al precedente punto 75 non è messa in discussione neppure dall’articolo 85, secondo comma, seconda frase, dello Statuto dei funzionari dell’Unione europea, come applicato dal Tribunale della funzione pubblica nella sentenza del 12 marzo 2014, CR/Parlamento (F‑128/12, EU:F:2014:38). Invero, fatta eccezione per l’ipotesi in cui una norma vincolante per i membri del Parlamento ne imponga il rispetto, detto Statuto non è applicabile ai deputati europei, dal momento che essi non sono né funzionari né agenti dell’Unione (v., in tal senso, sentenza del 13 luglio 2018, Curto/Parlamento, T‑275/17, EU:T:2018:479, punto 79; v. altresì, in tal senso e per analogia, sentenza del 26 febbraio 2015, H/Corte di giustizia, C‑221/14 P, non pubblicata, EU:C:2015:126, punti 32 e 34). Orbene, il ricorrente omette di precisare quale norma del diritto dell’Unione renderebbe l’articolo 85, secondo comma, seconda frase, di detto Statuto applicabile nel caso di specie. In ogni caso, una tale applicabilità è già stata esclusa dal Tribunale in una situazione analoga (sentenza del 3 maggio 2023, SN/Parlamento, T‑249/21, non pubblicata, EU:T:2023:233, punto 33). 80 Infine, la conclusione di cui al precedente punto 75 non è neppure messa in discussione dal riferimento del ricorrente all’articolo 41, paragrafi da 2 a 4, delle MAS. Infatti, è già stato rilevato, al precedente punto 59, che l’articolo 41, paragrafi 3 e 4, delle MAS è stato abrogato il 7 luglio 2010. Inoltre, come precisato ai precedenti punti 60 e 61, le procedure previste dall’articolo 41, paragrafi 3 e 4, delle MAS, quando questi ultimi erano ancora applicabili, e dall’articolo 68 delle MAS non erano confondibili e non perseguivano gli stessi obiettivi. 81 Di conseguenza, il terzo motivo deve essere respinto. Sul quarto motivo, vertente sulla violazione del principio generale in materia di ripartizione dell’onere della prova e su un’illegittima inversione di tale onere 82 Con il suo quarto motivo, il ricorrente sostiene che l’Ufficio di presidenza del Parlamento ha invertito l’onere della prova, in particolare al punto 105 della decisione impugnata. Secondo il ricorrente spettava infatti al Parlamento provare gli addebiti che gli sono stati mossi, e non il contrario. Tale conclusione si imporrebbe alla luce dei principi generalmente riconosciuti in tutti gli Stati membri, ma anche, in particolare, alla luce del principio della «vicinanza della prova», quale sancito nel diritto italiano. 83 Il Parlamento contesta tale argomento. 84 A tale riguardo, secondo una costante giurisprudenza richiamata ai precedenti punti da 21 a 24 e 66, è sul ricorrente, e non sul Parlamento, che grava l’onere della prova dell’effettività, della necessità e del nesso diretto delle spese di assistenza parlamentare con l’esercizio del suo mandato. Pertanto, il ricorrente sostiene erroneamente che l’Ufficio di presidenza del Parlamento ha illegittimamente invertito l’onere della prova nel caso di specie. 85 Quanto alla violazione del principio della «vicinanza della prova», un principio del genere non esiste, in quanto tale, allo stato attuale del diritto dell’Unione per quanto riguarda la prova dell’effettività, della necessità e del nesso diretto delle spese di assistenza parlamentare con l’esercizio del suo mandato. 86 Di conseguenza, il quarto motivo deve essere respinto. Sul quinto motivo, vertente sull’illegittima trattenuta dalla pensione del ricorrente e sulla palese violazione dell’articolo 545, comma 7, del codice di procedura civile italiano 87 Con il suo quinto motivo, dedotto in subordine, il ricorrente sostiene che il Parlamento ha violato l’articolo 545, comma 7, del codice di procedura civile italiano. Una corretta applicazione delle disposizioni di detto articolo avrebbe infatti dovuto portare a limitare la trattenuta sulla sua pensione di anzianità alla somma di EUR 123,04 mensili, cosicché il ricorrente avrebbe avuto diritto a ricevere la somma di EUR 1 492,18 mensili. Orbene, dal 1° gennaio 2023, il Parlamento trattiene ogni mese EUR 615,22 sulla pensione di anzianità del ricorrente, lasciando a quest’ultimo solo EUR 1 000 mensili. 88 Il Parlamento eccepisce l’irricevibilità del quinto motivo, in quanto la sua decisione di trattenere mensilmente la somma di EUR 615,22 è stata adottata il 26 gennaio 2023 e notificata al ricorrente il 24 febbraio 2023. Orbene, il ricorrente non avrebbe proposto alcun ricorso di annullamento avverso tale decisione entro il termine di due mesi previsto dall’articolo 263 TFUE. In subordine, il Parlamento sostiene che l’articolo 545 del codice di procedura civile italiano non è applicabile, in quanto tale, nel caso di specie, e che la trattenuta controversa è fondata sull’articolo 102 del regolamento finanziario. 89 Al riguardo, anche supponendo che il quinto motivo sia effettivamente a sostegno del primo capo delle conclusioni, l’argomento del ricorrente deve essere respinto. 90 Come infatti precisato dallo stesso ricorrente al punto 18 dell’atto introduttivo del ricorso, l’importo attuale della trattenuta controversa non deriva dalla decisione impugnata, la quale costituisce l’unico atto espressamente contemplato dal primo capo delle conclusioni, ma è stato fissato dalla decisione del 26 gennaio 2023 (v. punto 11 supra). 91 In tali circostanze, gli argomenti del ricorrente sono inconferenti, in quanto, anche supponendo che siano ricevibili e fondati, non consentirebbero di mettere in discussione la legittimità della decisione impugnata. 92 Di conseguenza, occorre respingere il quinto motivo e, pertanto, il primo capo delle conclusioni nella sua interezza, senza che sia necessario pronunciarsi sulla ricevibilità di quest’ultimo nella parte in cui riguarda «ogni atto prodromico» alla decisione impugnata (v., in tal senso, sentenza del 26 febbraio 2002, Consiglio/Boehringer, C‑23/00 P, EU:C:2002:118, punto 52). Sui capi dal secondo al quarto delle conclusioni 93 Con i capi dal secondo al quarto delle sue conclusioni, formulati in subordine, il ricorrente chiede al Tribunale di pronunciare una sentenza dichiarativa. 94 A tale riguardo, è sufficiente ricordare che da una giurisprudenza costante emerge che il Tribunale non è competente, nell’ambito del controllo di legittimità fondato sull’articolo 263 TFUE, a pronunciare sentenze dichiarative (v. sentenza del 13 settembre 2018, DenizBank/Consiglio, T‑798/14, EU:T:2018:546, punto 135 e giurisprudenza ivi citata). 95 Pertanto, i capi dal secondo al quarto delle conclusioni devono essere respinti per incompetenza del Tribunale a pronunciarsi al riguardo. 96 Di conseguenza, il ricorso è respinto nella sua interezza. Sulle spese 97 Ai sensi dell’articolo 134, paragrafo 1, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. 98 Poiché il Parlamento ne ha fatto domanda, il ricorrente, rimasto soccombente, deve essere condannato alle spese. Per questi motivi, IL TRIBUNALE (Quinta Sezione) dichiara e statuisce: 1) Il ricorso è respinto. 2) Il sig. Crescenzio Rivellini è condannato alle spese.
Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 23 ottobre 2024.
* Lingua processuale: l’italiano. | |||||||||