Provvedimento in causa n. C-482/22 del 27/04/2023
Organo giudicante: Corte di giustizia
Procedura: Rinvio pregiudiziale
Stato della causa: Concluso
Esito: Definito

ORDINANZA DELLA CORTE (Sesta Sezione)

27 aprile 2023 (*)

«Rinvio pregiudiziale – Articoli 53 e 99 del regolamento di procedura della Corte – Articolo 267 TFUE – Portata dell’obbligo di rinvio dei giudici nazionali di ultima istanza – Eccezioni a tale obbligo – Criteri – Situazioni in cui la corretta interpretazione del diritto dell’Unione si impone con un’evidenza tale da non lasciare adito ad alcun ragionevole dubbio – Condizione, applicabile al giudice nazionale di ultima istanza, di essere convinto che la medesima evidenza si imponga anche agli altri giudici di ultima istanza degli Stati membri e alla Corte»

Nella causa C‑482/22,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dal Consiglio di Stato (Italia), con sentenza del 14 luglio 2022, pervenuta in cancelleria il 14 luglio 2022, nel procedimento

GO,

UL,

KC,

PE,

HY,

EM,

Associazione Raggio Verde

contro

Regione Lazio,

nei confronti di:

NGR - New Green Roma Srl,

Roma Capitale,

Città Metropolitana di Roma Capitale,

LA CORTE (Sesta Sezione),

composta da P.G. Xuereb, presidente di sezione, A. Arabadjiev (relatore), presidente della Prima Sezione, facente funzione di giudice della Sesta Sezione, e A. Kumin, giudice,

avvocato generale: N. Emiliou

cancelliere: A. Calot Escobar

vista la decisione, adottata dopo aver sentito l’avvocato generale, di statuire con ordinanza motivata, conformemente all’articolo 53, paragrafo 2, e all’articolo 99 del regolamento di procedura della Corte,

ha emesso la seguente

Ordinanza

1        La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’articolo 267 TFUE e dell’allegato I alla direttiva 1999/31/CE del Consiglio, del 26 aprile 1999, relativa alle discariche di rifiuti (GU 1999, L 182, pag. 1).

2        Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra GO, UL, KC, PE, HY, EM e l’Associazione Raggio Verde, da un lato, e la Regione Lazio (Italia), dall’altro, in merito alla determinazione della Direzione politiche ambientali di tale Regione relativa alla valutazione di impatto ambientale di un progetto di impianto di discarica per rifiuti inerti da realizzarsi su un terreno sito in Roma (Italia).

 Contesto normativo

 Diritto dellUnione

3        L’allegato I alla direttiva 1999/31, intitolato «Requisiti generali per tutte le categorie di discariche», così dispone:

«1.      Ubicazione

1.1.      Per l’ubicazione di una discarica si devono prendere in considerazione i seguenti fattori:

a)      le distanze fra i confini dell’area e le zone residenziali e di ricreazione, le vie navigabili, i bacini idrici e le altre aree agricole o urbane;

b)      l’esistenza di acque freatiche e costiere e di zone di protezione naturale nelle vicinanze;

c)      le condizioni geologiche e idrogeologiche della zona;

(...).

1.2.      La discarica può essere autorizzata solo se le caratteristiche del luogo, per quanto riguarda i fattori summenzionati o le misure correttive da adottare indicano che la discarica non costituisce un grave rischio ecologico.

(...)

3.      Protezione del terreno e delle acque

3.1.      L’ubicazione e la progettazione di una discarica devono soddisfare le condizioni necessarie per impedire l’inquinamento del terreno, delle acque freatiche o delle acque superficiali e per assicurare un’efficiente raccolta del colaticcio, ove ciò sia richiesto ai sensi del punto 2. La protezione del suolo, delle acque freatiche e delle acque superficiali dev’essere realizzata mediante la combinazione di una barriera geologica e di un rivestimento della parte inferiore durante la fase attiva o di esercizio e mediante la combinazione di una barriera geologica e di un rivestimento della parte superiore durante la fase passiva o postoperativa.

3.2.      La barriera geologica è determinata da condizioni geologiche e idrogeologiche al di sotto e in prossimità di una discarica tali da assicurare una capacità di attenuazione sufficiente per evitare rischi per il suolo e le acque freatiche.

Il substrato della base e dei lati della discarica deve consistere in uno strato di minerale che risponda a requisiti di permeabilità e spessore aventi sul piano della protezione del terreno, delle acque freatiche e delle acque superficiali un effetto combinato almeno equivalente a quello risultante dai seguenti criteri:

(...).

La barriera geologica, qualora non soddisfi naturalmente le condizioni di cui sopra, può essere completata artificialmente e rinforzata con modalità diverse che forniscano una protezione equivalente. Una barriera geologica creata artificialmente dovrebbe avere uno spessore non inferiore a 0,5 m.

3.3.      La barriera geologica sopra descritta dev’essere accompagnata da un sistema di raccolta e di impermeabilizzazione del colaticcio attivo conformemente ai seguenti principi, in modo da assicurare che l’accumulo di colaticcio alla base della discarica sia ridotto al minimo:

(...)

Gli Stati membri possono fissare requisiti generali o specifici per le discariche di rifiuti inerti e per le modalità tecniche sopra menzionate.

Se l’autorità competente, considerati i possibili rischi ecologici, giunge alla conclusione che è necessario evitare la formazione del colaticcio, può prescrivere un’impermeabilizzazione di superficie. Raccomandazioni per l’impermeabilizzazione di superficie:

(...)».

 Diritto italiano

4        L’allegato I al decreto legislativo del 13 gennaio 2003, n. 36 – Attuazione della direttiva 1999/31/CE relativa alle discariche di rifiuti (supplemento ordinario alla GURI n. 59 del 12 marzo 2003), al suo punto 1.2.2., intitolato «Barriera geologica», prevede quanto segue:

«La barriera geologica è determinata da condizioni geologiche e idrogeologiche al di sotto e in prossimità di una discarica per rifiuti inerti tali da assicurare una capacità di attenuazione sufficiente per evitare l’inquinamento del suolo, delle acque superficiali e delle acque sotterranee.

Il substrato della base e dei lati della discarica consiste in una formazione geologica naturale che risponda a requisiti di permeabilità e spessore almeno equivalente a quello risultante dai seguenti criteri:

conducibilità idraulica k ≤ 1x 10-7 m/s;

spessore ≥ 1 m.

Le caratteristiche di permeabilità idraulica della barriera geologica naturale devono essere accertate mediante apposita indagine in sito.

La barriera geologica, qualora non soddisfi naturalmente le condizioni di cui sopra, può essere completata artificialmente attraverso un sistema barriera di confinamento opportunamente realizzata che fornisca una protezione idraulica equivalente in termini di tempo di attraversamento (...)».

 Procedimento principale e questioni pregiudiziali

5        Il 27 febbraio 2019 la Direzione politiche ambientali della Regione Lazio ha adottato la determinazione n. G02176, relativa alla valutazione di impatto ambientale di un progetto di impianto di discarica per rifiuti inerti da realizzarsi su un terreno sito in Roma da parte della NGR New Green Roma Srl (in prosieguo: la «determinazione n. G02176»).

6        I ricorrenti nel procedimento principale hanno proposto ricorso avverso tale determinazione dinanzi al Tribunale amministrativo regionale per il Lazio (Italia).

7        Con sentenza del 16 febbraio 2021, tale organo giurisdizionale ha dichiarato il ricorso improcedibile.

8        I ricorrenti nel procedimento principale hanno proposto appello avverso tale sentenza dinanzi al Consiglio di Stato (Italia), giudice del rinvio, sostenendo, in particolare, che la determinazione n. G02176 sarebbe stata adottata in violazione del requisito previsto nell’allegato I, punti 3.1. e 3.3., alla direttiva 1999/31, dal momento che la barriera geologica nell’area di collocazione della discarica non sarebbe più esistente, quale conseguenza dell’attività estrattiva effettuata in tale area e dell’affioramento della falda che sarebbe risultato da detta attività. Secondo tali ricorrenti, l’area di collocazione del progetto di impianto di discarica porrebbe problemi dal punto di vista idrologico.

9        Detti ricorrenti hanno chiesto al giudice del rinvio di sottoporre alla Corte, in via pregiudiziale, questioni relative all’interpretazione della direttiva 2011/92/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 dicembre 2011, concernente la valutazione dell’impatto ambientale di determinati progetti pubblici e privati (GU 2012, L 26, pag. 1), e dell’allegato I alla direttiva 1999/31.

10      Il giudice del rinvio osserva che il progetto autorizzato dalla determinazione n. G02176 prevede la messa in opera sul fondo dell’invaso previsto per la collocazione dell’impianto di discarica di un sistema di impermeabilizzazione e di uno strato di argilla compatta spesso un metro, le cui caratteristiche soddisfano taluni requisiti di permeabilità previsti per le discariche di rifiuti non pericolosi.

11      A tal riguardo, il giudice del rinvio ritiene che la normativa dell’Unione riconosca un’equivalenza tra barriera geologica e barriera artificiale. Pertanto, non esisterebbe un valore minimo d’impermeabilità, relativo alla sola barriera geologica, al di sotto del quale vi sia un divieto assoluto di realizzazione di una discarica di rifiuti inerti, indipendentemente dalla concreta e verificata possibilità di realizzare una barriera di contenimento artificiale.

12      Il giudice del rinvio ritiene, tuttavia, di dover sottoporre alla Corte una questione pregiudiziale relativa all’interpretazione dell’allegato I alla direttiva 1999/31, nonché alcune questioni pregiudiziali relative all’interpretazione dell’articolo 267 TFUE.

13      Infatti il giudice del rinvio osserva che, nella sentenza del 6 ottobre 1982, Cilfit e a. (283/81, EU:C:1982:335), la Corte ha precisato che, al fine di evitare che in uno Stato membro si consolidi una giurisprudenza nazionale in contrasto con il diritto dell’Unione, laddove non sia previsto alcun ricorso giurisdizionale avverso la decisione di un giudice nazionale, tale giudice è, in linea di principio, tenuto a rivolgersi alla Corte, in conformità all’articolo 267, terzo comma, TFUE, quando è chiamato a pronunciarsi su una questione di interpretazione del diritto dell’Unione.

14      Secondo detta sentenza, i giudici nazionali non sarebbero, per contro, tenuti a disporre il rinvio pregiudiziale, in particolare, qualora la corretta applicazione del diritto dell’Unione si imponga con un’evidenza tale da non lasciar adito ad alcun dubbio ragionevole.

15      Tuttavia, i criteri che consentono di determinare se un giudice nazionale si trovi in una siffatta situazione, enunciati in detta sentenza e nella giurisprudenza successiva, sarebbero difficili da accertare.

16      Orbene, l’errata applicazione di tali criteri potrebbe far sorgere la responsabilità civile dei giudici supremi italiani sulla base dell’articolo 2, comma 3-bis, della legge del 13 aprile 1988, n. 117 – Risarcimento dei danni cagionati nell’esercizio delle funzioni giudiziarie e responsabilità civile dei magistrati (GURI n. 88, del 15 aprile 1988), disposizione ai sensi della quale, in caso di violazione manifesta del diritto dell’Unione, si deve tener conto anche dell’inosservanza dell’obbligo di rinvio pregiudiziale, nonché del contrasto dell’atto o del provvedimento con l’interpretazione espressa dalla Corte. Pertanto, tali giudici sarebbero costretti, per prevenire la proposizione dell’azione di risarcimento danni, a disporre sistematicamente il rinvio pregiudiziale, allungando così la durata del procedimento, in violazione del principio di ragionevole durata del processo, sancito dalla Costituzione italiana e dal diritto dell’Unione.

17      Per quanto riguarda, in particolare, il requisito, applicabile ai giudici nazionali di ultima istanza, di essere convinti che la medesima evidenza si imporrebbe anche ai giudici degli altri Stati membri e alla Corte, il quale risulterebbe dalla sentenza del 6 ottobre 1982, Cilfit e a. (283/81, EU:C:1982:335, punto 16), la Corte avrebbe precisato, nella sentenza del 28 luglio 2016, Association France Nature Environnement (C‑379/15, EU:C:2016:603, punti 51 e 52), che i giudici nazionali di ultima istanza sono tenuti a rivolgersi alla Corte in via pregiudiziale in presenza del benché minimo dubbio riguardo all’interpretazione o alla corretta applicazione del diritto dell’Unione e che essi devono fornire la prova circostanziata dell’assenza di dubbi in tal senso.

18      Il giudice del rinvio si chiede se l’osservanza di tale requisito debba essere accertata soggettivamente, oppure se sia sufficiente che i giudici di ultima istanza indichino in modo oggettivo i motivi per i quali non sussistono ragionevoli dubbi in merito all’interpretazione e all’applicazione del diritto dell’Unione, senza prendere in esame l’interpretazione che potrebbero adottare i giudici di ultima istanza degli altri Stati membri o la Corte e tenendo conto del fatto che tale diritto utilizza una terminologia a esso propria, del tenore letterale della disposizione di detto diritto in questione, del contesto in cui tale disposizione si colloca, degli obiettivi di tutela a essa sottesi, nonché dello stadio di evoluzione del diritto dell’Unione nel momento in cui detta disposizione dev’essere applicata.

19      Il giudice del rinvio ritiene che si debba seguire la seconda di tali alternative, in quanto essa consentirebbe di evitare di dover fornire una probatio diabolica e garantirebbe la concreta attuazione della deroga all’obbligo di rinvio, enunciata nella sentenza del 6 ottobre 1982, Cilfit e a. (283/81, EU:C:1982:335).

20      Tale giudice si chiede altresì se l’articolo 267 TFUE, letto alla luce dei principi di indipendenza dei giudici e di ragionevole durata del processo, debba essere interpretato nel senso che esso osta a che un giudice supremo nazionale, il quale abbia preso in esame e respinto la domanda di rinvio pregiudiziale di interpretazione del diritto dell’Unione, possa essere sottoposto, ipso iure oppure a discrezione della parte che propone l’azione, a un procedimento per responsabilità civile e disciplinare.

21      La risposta a tutti questi quesiti sarebbe rilevante, dal momento che il Consiglio di Stato sarebbe chiamato, nell’ambito del procedimento principale, a decidere su questioni importanti relative all’interpretazione e all’applicazione del diritto dell’Unione, la risposta alle quali non potrebbe essere ricavata dalla giurisprudenza della Corte, benché tali questioni si pongano in via meramente astratta. Infatti il giudice del rinvio, pur escludendo l’esistenza di ragionevoli dubbi in merito all’interpretazione delle disposizioni dell’allegato I alla direttiva 1999/31, ritiene di non poter dimostrare con certezza che l’interpretazione da dare a tali disposizioni si imponga soggettivamente, con evidenza, anche ai giudici nazionali degli altri Stati membri e alla Corte stessa.

22      Il giudice del rinvio precisa, quindi, di sollevare la questione pregiudiziale relativa a dette disposizioni solo per il caso in cui la Corte ritenga che un giudice nazionale, avverso le cui decisioni non possa proporsi un ricorso giurisdizionale di diritto interno, debba conformarsi al suo obbligo di adire la Corte ai sensi dell’articolo 267 TFUE, qualora non sia possibile dimostrare in maniera circostanziata che i giudici degli altri Stati membri e la Corte fornirebbero una risposta identica a quella individuata dal primo giudice alla questione di interpretazione del diritto dell’Unione che si pone dinanzi al medesimo.

23      In tali circostanze, il Consiglio di Stato ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)      Se la corretta interpretazione dell’articolo 267 TFUE imponga al giudice nazionale, avverso le cui decisioni non possa proporsi un ricorso giurisdizionale di diritto interno, di operare il rinvio pregiudiziale su una questione di interpretazione del diritto [dell’Unione europea] rilevante nell’ambito della controversia principale, anche qualora possa escludersi un dubbio interpretativo sul significato da attribuire alla pertinente disposizione europea – tenuto conto della terminologia e del significato propri del diritto [dell’Unione europea] attribuibili alle parole componenti la relativa disposizione, del contesto normativo europeo in cui la stessa è inserita e degli obiettivi di tutela sottesi alla sua previsione, considerando lo stadio di evoluzione del diritto europeo al momento in cui va data applicazione alla disposizione rilevante nell’ambito del giudizio nazionale – ma non sia possibile provare in maniera circostanziata, sotto un profilo soggettivo, avuto riguardo alla condotta di altri organi giurisdizionali, che l’interpretazione fornita dal giudice procedente sia la stessa di quella suscettibile di essere data dai giudici degli altri Stati membri e dalla Corte di giustizia ove investiti di identica questione;

2)      se – per salvaguardare i valori costituzionali ed europei della indipendenza del giudice e della ragionevole durata dei processi – sia possibile interpretare l’articolo 267 TFUE, nel senso di escludere che il giudice supremo nazionale, che abbia preso in esame e ricusato la richiesta di rinvio pregiudiziale di interpretazione del diritto della Unione europea, sia sottoposto automaticamente, ovvero a discrezione della sola parte che propone l’azione, ad un procedimento per responsabilità civile e disciplinare.

3)      Per l’ipotesi in cui [la] Corte di giustizia dovesse risolvere negativamente [le prime due questioni]:

se è conforme alla direttiva 1999/31, Allegato I, l’ubicazione di una discarica in un’area di vuoto di cava, priva di barriera geologica naturale originaria, o comunque caratterizzata da una barriera geologica di limitata consistenza, in particolare nell’ipotesi in cui vi sia il dubbio che, nel pregresso esercizio dell’attività di cava, sia stata intercettata la falda originaria profonda».

 Sulle questioni pregiudiziali

 Sulla prima questione

24      Ai sensi dell’articolo 99 del regolamento di procedura, quando la risposta a una questione pregiudiziale può essere chiaramente desunta dalla giurisprudenza, la Corte, su proposta del giudice relatore, sentito l’avvocato generale, può statuire in qualsiasi momento con ordinanza motivata.

25      Occorre applicare tale disposizione alla presente causa, per quanto riguarda la risposta alla prima questione.

26      Con la sua prima questione il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 267 TFUE debba essere interpretato nel senso che un giudice nazionale avverso le cui decisioni non possa proporsi alcun ricorso giurisdizionale di diritto interno, il quale, tenendo conto del fatto che il diritto dell’Unione utilizza una terminologia a esso propria, nonché della necessità di collocare ogni disposizione di tale diritto nel suo contesto e di interpretarla alla luce dell’insieme delle disposizioni di detto diritto, delle finalità dello stesso e del suo stadio di evoluzione nel momento in cui dev’essere applicato, ritenga che la corretta interpretazione della disposizione del diritto dell’Unione applicabile alla controversia di cui è investito si imponga con un’evidenza tale da non lasciar adito ad alcun ragionevole dubbio deve, per potersi astenere dal sottoporre alla Corte una questione di interpretazione della disposizione in parola, dimostrare in maniera circostanziata che, dal punto di vista soggettivo, gli altri giudici di ultima istanza degli Stati membri e la Corte adotterebbero la medesima interpretazione di detta disposizione.

27      A tal riguardo occorre rammentare che, qualora non esista alcun ricorso giurisdizionale di diritto interno avverso la decisione di un giudice nazionale, quest’ultimo è, in linea di principio, tenuto a rivolgersi alla Corte ai sensi dell’articolo 267, terzo comma, TFUE quando è chiamato a pronunciarsi su una questione d’interpretazione del diritto dell’Unione (sentenza del 6 ottobre 2021, Consorzio Italian Management e Catania Multiservizi, C‑561/19, EU:C:2021:799, punto 32 e giurisprudenza ivi citata).

28      Tuttavia, secondo una giurisprudenza costante della Corte, un giudice nazionale avverso le cui decisioni non possa proporsi ricorso giurisdizionale di diritto interno può astenersi dal sottoporre alla Corte una questione di interpretazione del diritto dell’Unione, e risolverla sotto la propria responsabilità, qualora la corretta interpretazione del diritto dell’Unione si imponga con tale evidenza da non lasciar adito ad alcun ragionevole dubbio (sentenza del 6 ottobre 2021, Consorzio Italian Management e Catania Multiservizi, C‑561/19, EU:C:2021:799, punto 39 e giurisprudenza ivi citata).

29      Prima di concludere nel senso dell’esistenza di una situazione di tal genere, il giudice nazionale di ultima istanza deve maturare il convincimento che la stessa evidenza si imporrebbe altresì agli altri giudici di ultima istanza degli Stati membri e alla Corte (sentenza del 6 ottobre 2021, Consorzio Italian Management e Catania Multiservizi, C‑561/19, EU:C:2021:799, punto 40 e giurisprudenza ivi citata).

30      Inoltre, l’esistenza dell’eventualità di cui al punto 28 della presente ordinanza dev’essere valutata in base alle caratteristiche proprie del diritto dell’Unione, alle difficoltà particolari relative alla sua interpretazione e al rischio di divergenze giurisprudenziali in seno all’Unione europea (sentenza del 6 ottobre 2021, Consorzio Italian Management e Catania Multiservizi, C‑561/19, EU:C:2021:799, punto 41 e giurisprudenza ivi citata).

31      Si deve innanzitutto tener conto del fatto che le disposizioni del diritto dell’Unione sono redatte in diverse lingue e che le varie versioni linguistiche fanno fede nella stessa misura (sentenza del 6 ottobre 2021, Consorzio Italian Management e Catania Multiservizi, C‑561/19, EU:C:2021:799, punto 42 e giurisprudenza ivi citata).

32      Infatti, conformemente a una giurisprudenza costante della Corte, una delle versioni linguistiche di una disposizione del diritto dell’Unione non può essere l’unico elemento a sostegno dell’interpretazione della disposizione medesima, né si può attribuire ad essa un carattere prioritario rispetto alle altre versioni linguistiche, dal momento che le norme di diritto dell’Unione devono essere interpretate ed applicate in modo uniforme, alla luce delle versioni vigenti in tutte le lingue dell’Unione (sentenza del 6 ottobre 2021, Consorzio Italian Management e Catania Multiservizi, C‑561/19, EU:C:2021:799, punto 43 e giurisprudenza ivi citata).

33      Se è vero che un giudice nazionale di ultima istanza non può certamente essere tenuto a effettuare, a tal riguardo, un esame di ciascuna delle versioni linguistiche della disposizione dell’Unione di cui trattasi, ciò non toglie che esso deve tener conto delle divergenze tra le versioni linguistiche di tale disposizione di cui è a conoscenza, segnatamente quando tali divergenze sono esposte dalle parti e sono comprovate (sentenza del 6 ottobre 2021, Consorzio Italian Management e Catania Multiservizi, C‑561/19, EU:C:2021:799, punto 44).

34      Va poi rilevato che il diritto dell’Unione impiega una terminologia che gli è propria e nozioni autonome che non presentano necessariamente lo stesso contenuto delle nozioni equivalenti che possono esistere nei diritti nazionali (sentenza del 6 ottobre 2021, Consorzio Italian Management e Catania Multiservizi, C‑561/19, EU:C:2021:799, punto 45 e giurisprudenza ivi citata).

35      Infine, ciascuna disposizione del diritto dell’Unione dev’essere collocata nel suo contesto e interpretata alla luce dell’insieme delle disposizioni di tale diritto, delle sue finalità e dello stadio della sua evoluzione al momento in cui le va data applicazione (sentenza del 6 ottobre 2021, Consorzio Italian Management e Catania Multiservizi, C‑561/19, EU:C:2021:799, punto 46 e giurisprudenza ivi citata).

36      Pertanto, solo nel caso in cui un giudice nazionale di ultima istanza, con l’ausilio dei criteri interpretativi menzionati ai punti da 29 a 35 della presente ordinanza, concluda per l’assenza di elementi atti a far sorgere un dubbio ragionevole quanto all’interpretazione corretta del diritto dell’Unione, esso potrà astenersi dal sottoporre alla Corte una questione di interpretazione del diritto dell’Unione e risolverla sotto la propria responsabilità (sentenza del 6 ottobre 2021, Consorzio Italian Management e Catania Multiservizi, C‑561/19, EU:C:2021:799, punto 47).

37      Ciò posto, la mera possibilità di effettuare una o diverse altre letture di una disposizione del diritto dell’Unione, nei limiti in cui nessuna di queste altre letture appaia sufficientemente plausibile al giudice nazionale interessato, segnatamente alla luce del contesto e della finalità di detta disposizione, nonché del sistema normativo in cui essa si inserisce, non può essere sufficiente per considerare che sussista un dubbio ragionevole quanto all’interpretazione corretta di tale disposizione (sentenza del 6 ottobre 2021, Consorzio Italian Management e Catania Multiservizi, C‑561/19, EU:C:2021:799, punto 48).

38      Tuttavia, quando l’esistenza di orientamenti giurisprudenziali divergenti – in seno agli organi giurisdizionali di un medesimo Stato membro o tra organi giurisdizionali di Stati membri diversi – relativi all’interpretazione di una disposizione del diritto dell’Unione applicabile alla controversia di cui al procedimento principale è portata a conoscenza del giudice nazionale di ultima istanza, esso deve prestare particolare attenzione nella sua valutazione riguardo a un’eventuale assenza di ragionevole dubbio quanto all’interpretazione corretta della disposizione dell’Unione di cui trattasi e tenere conto, segnatamente, dell’obiettivo perseguito dalla procedura pregiudiziale che è quello di assicurare l’unità di interpretazione del diritto dell’Unione (sentenza del 6 ottobre 2021, Consorzio Italian Management e Catania Multiservizi, C‑561/19, EU:C:2021:799, punto 49).

39      Contrariamente a quanto sembra ritenere il giudice del rinvio, dalle considerazioni che precedono non risulta che un giudice nazionale avverso le cui decisioni non possa proporsi alcun ricorso giurisdizionale di diritto interno, per poter considerare che la corretta interpretazione del diritto dell’Unione si imponga con un’evidenza tale da non lasciar adito ad alcun ragionevole dubbio e astenersi, per tale motivo, dal sottoporre alla Corte una questione di interpretazione di detto diritto, debba «dimostrare in maniera circostanziata» che la medesima evidenza si impone anche ai giudici degli altri Stati membri e alla Corte (ordinanza del 15 dicembre 2022, Società Eredi Raimondo Bufarini, C‑144/22, non pubblicata, EU:C:2022:1013, punto 46).

40      Infatti, da tali considerazioni risulta che i giudici nazionali avverso le cui decisioni non possa proporsi ricorso giurisdizionale di diritto interno devono valutare, sotto la propria responsabilità, in maniera indipendente e con tutta la dovuta attenzione, se si trovino nell’ipotesi menzionata al punto 28 della presente ordinanza (v., in tal senso, sentenza del 6 ottobre 2021, Consorzio Italian Management e Catania Multiservizi, C‑561/19, EU:C:2021:799, punto 50).

41      A tal riguardo, qualora un giudice nazionale di ultima istanza ritenga di trovarsi in detta ipotesi, la motivazione della sua decisione deve far emergere che l’interpretazione del diritto dell’Unione si è imposta al giudice in parola con un’evidenza tale da non lasciar adito a ragionevoli dubbi (v., in tal senso, sentenza del 6 ottobre 2021, Consorzio Italian Management e Catania Multiservizi, C‑561/19, EU:C:2021:799, punto 51).

42      Laddove un giudice nazionale di ultima istanza, il quale ritenga di trovarsi in detta situazione, abbia maturato la convinzione, sulla base di una valutazione che tenga conto dei criteri interpretativi menzionati ai punti da 30 a 35 della presente ordinanza e delle considerazioni esposte ai punti da 36 a 38 della stessa, che gli altri giudici di ultima istanza degli Stati membri e la Corte condividerebbero la sua analisi, tale giudice nazionale può astenersi dal sottoporre alla Corte una questione di interpretazione del diritto dell’Unione e risolverla sotto la propria responsabilità (ordinanza del 15 dicembre 2022, Società Eredi Raimondo Bufarini, C‑144/22, non pubblicata, EU:C:2022:1013, punto 49).

43      Per quanto concerne la sentenza del 28 luglio 2016, Association France Nature Environnement (C‑379/15, EU:C:2016:603), a cui fa riferimento il giudice del rinvio, occorre rilevare che, sebbene la Corte abbia affermato, al punto 51 di tale sentenza, che il giudice nazionale le cui decisioni non siano soggette a ricorso giurisdizionale è tenuto a rivolgersi alla Corte in via pregiudiziale in presenza del benché minimo dubbio riguardo all’interpretazione o alla corretta applicazione del diritto dell’Unione, da detto punto 51 emerge che tale obbligo si impone solo qualora venga previsto, nell’ambito del procedimento principale, di avvalersi della facoltà eccezionale, in capo ai giudici nazionali, di decidere di mantenere, alle condizioni enunciate nella sentenza del 28 febbraio 2012, Inter-Environnement Wallonie e Terre wallonne (C‑41/11, EU:C:2012:103), taluni effetti di un atto nazionale incompatibile con il diritto dell’Unione (ordinanza del 15 dicembre 2022, Società Eredi Raimondo Bufarini, C‑144/22, non pubblicata, EU:C:2022:1013, punto 50).

44      Parimenti, è solo rispetto a tale facoltà eccezionale che la Corte ha dichiarato, al punto 52 della sentenza del 28 luglio 2016, Association France Nature Environnement (C‑379/15, EU:C:2016:603), che l’assenza di ragionevole dubbio relativamente all’esercizio della stessa necessita di una prova circostanziata (ordinanza del 15 dicembre 2022, Società Eredi Raimondo Bufarini, C‑144/22, non pubblicata, EU:C:2022:1013, punto 51).

45      Orbene, dagli elementi presentati alla Corte non risulta che l’esercizio di detta facoltà eccezionale sia in discussione nel procedimento principale.

46      Alla luce di tutte le considerazioni che precedono, occorre rispondere alla prima questione dichiarando che l’articolo 267 TFUE dev’essere interpretato nel senso che un giudice nazionale avverso le cui decisioni non possa proporsi alcun ricorso giurisdizionale di diritto interno può astenersi dal sottoporre alla Corte una questione di interpretazione del diritto dell’Unione, e risolverla sotto la propria responsabilità, qualora la corretta interpretazione del diritto dell’Unione si imponga con un’evidenza tale da non lasciar adito ad alcun ragionevole dubbio. L’esistenza di una siffatta eventualità dev’essere valutata in base alle caratteristiche proprie del diritto dell’Unione, alle difficoltà particolari relative alla sua interpretazione e al rischio di divergenze giurisprudenziali in seno all’Unione. Tale giudice nazionale non è tenuto a dimostrare in maniera circostanziata che gli altri giudici di ultima istanza degli Stati membri e la Corte adotterebbero la medesima interpretazione, ma deve aver maturato la convinzione, sulla base di una valutazione che tenga conto dei citati elementi, che la stessa evidenza si imponga anche agli altri giudici nazionali in parola e alla Corte.

 Sulla seconda questione

47      Ai sensi dell’articolo 53, paragrafo 2, del regolamento di procedura, quando la Corte è manifestamente incompetente a conoscere di una causa o quando una domanda o un atto introduttivo è manifestamente irricevibile, la Corte, sentito l’avvocato generale, può statuire in qualsiasi momento con ordinanza motivata, senza proseguire il procedimento.

48      Occorre applicare detta disposizione alla presente causa, per quanto riguarda la seconda questione.

49      Con tale questione il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 267 TFUE, letto alla luce dei principi di indipendenza dei giudici e di ragionevole durata del processo, debba essere interpretato nel senso che esso osta a una normativa nazionale che consente di impegnare la responsabilità civile e disciplinare di un giudice nazionale avverso le cui decisioni non possa proporsi alcun ricorso giurisdizionale di diritto interno, laddove tale giudice abbia preso in esame e respinto la domanda, presentata da una della parti della controversia pendente dinanzi a esso, diretta a che detto giudice sottoponga alla Corte, in via pregiudiziale, una questione relativa all’interpretazione del diritto dell’Unione.

50      Secondo una costante giurisprudenza della Corte, spetta esclusivamente al giudice nazionale, cui è stata sottoposta la controversia e che deve assumere la responsabilità della futura decisione giurisdizionale, valutare, alla luce delle particolari circostanze di ciascuna causa, sia la necessità di una pronuncia pregiudiziale per poter emettere la propria sentenza, sia la rilevanza delle questioni sottoposte alla Corte, le quali godono di una presunzione di rilevanza. Pertanto, quando la questione sollevata riguarda l’interpretazione o la validità di una norma del diritto dell’Unione, la Corte è, in linea di principio, obbligata a statuire, salvo qualora appaia in modo manifesto che l’interpretazione richiesta non ha alcun legame con la realtà effettiva o con l’oggetto del procedimento principale, qualora il problema sia ipotetico, o qualora la Corte non disponga degli elementi di fatto e di diritto necessari per rispondere in modo utile a tale questione (sentenza del 5 maggio 2022, Zagrebačka banka, C‑567/20, EU:C:2022:352, punto 43 e giurisprudenza ivi citata).

51      Nel caso di specie, dalla sentenza di rinvio emerge che il procedimento principale riguarda l’annullamento di un atto amministrativo relativo alla valutazione di impatto ambientale di un progetto di impianto di discarica per rifiuti inerti da realizzarsi da parte di un operatore economico, e non già il sorgere della responsabilità civile e disciplinare di un giudice nazionale avverso le cui decisioni non possa proporsi alcun ricorso giurisdizionale di diritto interno.

52      Pertanto, appare in modo manifesto che la seconda questione non ha alcun legame con l’oggetto del procedimento principale.

53      Ne consegue che la seconda questione è manifestamente irricevibile.

 Sulla terza questione

54      Dalla decisione di rinvio emerge che, come risulta dal punto 22 della presente ordinanza, la terza questione viene sollevata solo in caso di risposta in senso affermativo alla prima, come riformulata al punto 26 di tale decisione. In considerazione della risposta fornita alla prima questione, non occorre rispondere alla terza questione.

 Sulle spese

55      Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

Per questi motivi, la Corte (Sesta Sezione) così provvede:

L’articolo 267 TFUE dev’essere interpretato nel senso che un giudice nazionale avverso le cui decisioni non possa proporsi alcun ricorso giurisdizionale di diritto interno può astenersi dal sottoporre alla Corte una questione di interpretazione del diritto dell’Unione, e risolverla sotto la propria responsabilità, qualora la corretta interpretazione del diritto dell’Unione si imponga con un’evidenza tale da non lasciar adito ad alcun ragionevole dubbio. L’esistenza di una siffatta eventualità dev’essere valutata in base alle caratteristiche proprie del diritto dell’Unione, alle difficoltà particolari relative alla sua interpretazione e al rischio di divergenze giurisprudenziali in seno all’Unione europea.

Tale giudice nazionale non è tenuto a dimostrare in maniera circostanziata che gli altri giudici di ultima istanza degli Stati membri e la Corte adotterebbero la medesima interpretazione, ma deve aver maturato la convinzione, sulla base di una valutazione che tenga conto dei citati elementi, che la stessa evidenza si imponga anche agli altri giudici nazionali in parola e alla Corte.

Firme

 

ORDINANZA DELLA CORTE (Sesta Sezione)

27 aprile 2023 (*)

«Rinvio pregiudiziale – Articoli 53 e 99 del regolamento di procedura della Corte – Articolo 267 TFUE – Portata dell’obbligo di rinvio dei giudici nazionali di ultima istanza – Eccezioni a tale obbligo – Criteri – Situazioni in cui la corretta interpretazione del diritto dell’Unione si impone con un’evidenza tale da non lasciare adito ad alcun ragionevole dubbio – Condizione, applicabile al giudice nazionale di ultima istanza, di essere convinto che la medesima evidenza si imponga anche agli altri giudici di ultima istanza degli Stati membri e alla Corte»

Nella causa C‑482/22,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dal Consiglio di Stato (Italia), con sentenza del 14 luglio 2022, pervenuta in cancelleria il 14 luglio 2022, nel procedimento

GO,

UL,

KC,

PE,

HY,

EM,

Associazione Raggio Verde

contro

Regione Lazio,

nei confronti di:

NGR - New Green Roma Srl,

Roma Capitale,

Città Metropolitana di Roma Capitale,

LA CORTE (Sesta Sezione),

composta da P.G. Xuereb, presidente di sezione, A. Arabadjiev (relatore), presidente della Prima Sezione, facente funzione di giudice della Sesta Sezione, e A. Kumin, giudice,

avvocato generale: N. Emiliou

cancelliere: A. Calot Escobar

vista la decisione, adottata dopo aver sentito l’avvocato generale, di statuire con ordinanza motivata, conformemente all’articolo 53, paragrafo 2, e all’articolo 99 del regolamento di procedura della Corte,

ha emesso la seguente

Ordinanza

1        La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’articolo 267 TFUE e dell’allegato I alla direttiva 1999/31/CE del Consiglio, del 26 aprile 1999, relativa alle discariche di rifiuti (GU 1999, L 182, pag. 1).

2        Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra GO, UL, KC, PE, HY, EM e l’Associazione Raggio Verde, da un lato, e la Regione Lazio (Italia), dall’altro, in merito alla determinazione della Direzione politiche ambientali di tale Regione relativa alla valutazione di impatto ambientale di un progetto di impianto di discarica per rifiuti inerti da realizzarsi su un terreno sito in Roma (Italia).

 Contesto normativo

 Diritto dellUnione

3        L’allegato I alla direttiva 1999/31, intitolato «Requisiti generali per tutte le categorie di discariche», così dispone:

«1.      Ubicazione

1.1.      Per l’ubicazione di una discarica si devono prendere in considerazione i seguenti fattori:

a)      le distanze fra i confini dell’area e le zone residenziali e di ricreazione, le vie navigabili, i bacini idrici e le altre aree agricole o urbane;

b)      l’esistenza di acque freatiche e costiere e di zone di protezione naturale nelle vicinanze;

c)      le condizioni geologiche e idrogeologiche della zona;

(...).

1.2.      La discarica può essere autorizzata solo se le caratteristiche del luogo, per quanto riguarda i fattori summenzionati o le misure correttive da adottare indicano che la discarica non costituisce un grave rischio ecologico.

(...)

3.      Protezione del terreno e delle acque

3.1.      L’ubicazione e la progettazione di una discarica devono soddisfare le condizioni necessarie per impedire l’inquinamento del terreno, delle acque freatiche o delle acque superficiali e per assicurare un’efficiente raccolta del colaticcio, ove ciò sia richiesto ai sensi del punto 2. La protezione del suolo, delle acque freatiche e delle acque superficiali dev’essere realizzata mediante la combinazione di una barriera geologica e di un rivestimento della parte inferiore durante la fase attiva o di esercizio e mediante la combinazione di una barriera geologica e di un rivestimento della parte superiore durante la fase passiva o postoperativa.

3.2.      La barriera geologica è determinata da condizioni geologiche e idrogeologiche al di sotto e in prossimità di una discarica tali da assicurare una capacità di attenuazione sufficiente per evitare rischi per il suolo e le acque freatiche.

Il substrato della base e dei lati della discarica deve consistere in uno strato di minerale che risponda a requisiti di permeabilità e spessore aventi sul piano della protezione del terreno, delle acque freatiche e delle acque superficiali un effetto combinato almeno equivalente a quello risultante dai seguenti criteri:

(...).

La barriera geologica, qualora non soddisfi naturalmente le condizioni di cui sopra, può essere completata artificialmente e rinforzata con modalità diverse che forniscano una protezione equivalente. Una barriera geologica creata artificialmente dovrebbe avere uno spessore non inferiore a 0,5 m.

3.3.      La barriera geologica sopra descritta dev’essere accompagnata da un sistema di raccolta e di impermeabilizzazione del colaticcio attivo conformemente ai seguenti principi, in modo da assicurare che l’accumulo di colaticcio alla base della discarica sia ridotto al minimo:

(...)

Gli Stati membri possono fissare requisiti generali o specifici per le discariche di rifiuti inerti e per le modalità tecniche sopra menzionate.

Se l’autorità competente, considerati i possibili rischi ecologici, giunge alla conclusione che è necessario evitare la formazione del colaticcio, può prescrivere un’impermeabilizzazione di superficie. Raccomandazioni per l’impermeabilizzazione di superficie:

(...)».

 Diritto italiano

4        L’allegato I al decreto legislativo del 13 gennaio 2003, n. 36 – Attuazione della direttiva 1999/31/CE relativa alle discariche di rifiuti (supplemento ordinario alla GURI n. 59 del 12 marzo 2003), al suo punto 1.2.2., intitolato «Barriera geologica», prevede quanto segue:

«La barriera geologica è determinata da condizioni geologiche e idrogeologiche al di sotto e in prossimità di una discarica per rifiuti inerti tali da assicurare una capacità di attenuazione sufficiente per evitare l’inquinamento del suolo, delle acque superficiali e delle acque sotterranee.

Il substrato della base e dei lati della discarica consiste in una formazione geologica naturale che risponda a requisiti di permeabilità e spessore almeno equivalente a quello risultante dai seguenti criteri:

conducibilità idraulica k ≤ 1x 10-7 m/s;

spessore ≥ 1 m.

Le caratteristiche di permeabilità idraulica della barriera geologica naturale devono essere accertate mediante apposita indagine in sito.

La barriera geologica, qualora non soddisfi naturalmente le condizioni di cui sopra, può essere completata artificialmente attraverso un sistema barriera di confinamento opportunamente realizzata che fornisca una protezione idraulica equivalente in termini di tempo di attraversamento (...)».

 Procedimento principale e questioni pregiudiziali

5        Il 27 febbraio 2019 la Direzione politiche ambientali della Regione Lazio ha adottato la determinazione n. G02176, relativa alla valutazione di impatto ambientale di un progetto di impianto di discarica per rifiuti inerti da realizzarsi su un terreno sito in Roma da parte della NGR New Green Roma Srl (in prosieguo: la «determinazione n. G02176»).

6        I ricorrenti nel procedimento principale hanno proposto ricorso avverso tale determinazione dinanzi al Tribunale amministrativo regionale per il Lazio (Italia).

7        Con sentenza del 16 febbraio 2021, tale organo giurisdizionale ha dichiarato il ricorso improcedibile.

8        I ricorrenti nel procedimento principale hanno proposto appello avverso tale sentenza dinanzi al Consiglio di Stato (Italia), giudice del rinvio, sostenendo, in particolare, che la determinazione n. G02176 sarebbe stata adottata in violazione del requisito previsto nell’allegato I, punti 3.1. e 3.3., alla direttiva 1999/31, dal momento che la barriera geologica nell’area di collocazione della discarica non sarebbe più esistente, quale conseguenza dell’attività estrattiva effettuata in tale area e dell’affioramento della falda che sarebbe risultato da detta attività. Secondo tali ricorrenti, l’area di collocazione del progetto di impianto di discarica porrebbe problemi dal punto di vista idrologico.

9        Detti ricorrenti hanno chiesto al giudice del rinvio di sottoporre alla Corte, in via pregiudiziale, questioni relative all’interpretazione della direttiva 2011/92/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 dicembre 2011, concernente la valutazione dell’impatto ambientale di determinati progetti pubblici e privati (GU 2012, L 26, pag. 1), e dell’allegato I alla direttiva 1999/31.

10      Il giudice del rinvio osserva che il progetto autorizzato dalla determinazione n. G02176 prevede la messa in opera sul fondo dell’invaso previsto per la collocazione dell’impianto di discarica di un sistema di impermeabilizzazione e di uno strato di argilla compatta spesso un metro, le cui caratteristiche soddisfano taluni requisiti di permeabilità previsti per le discariche di rifiuti non pericolosi.

11      A tal riguardo, il giudice del rinvio ritiene che la normativa dell’Unione riconosca un’equivalenza tra barriera geologica e barriera artificiale. Pertanto, non esisterebbe un valore minimo d’impermeabilità, relativo alla sola barriera geologica, al di sotto del quale vi sia un divieto assoluto di realizzazione di una discarica di rifiuti inerti, indipendentemente dalla concreta e verificata possibilità di realizzare una barriera di contenimento artificiale.

12      Il giudice del rinvio ritiene, tuttavia, di dover sottoporre alla Corte una questione pregiudiziale relativa all’interpretazione dell’allegato I alla direttiva 1999/31, nonché alcune questioni pregiudiziali relative all’interpretazione dell’articolo 267 TFUE.

13      Infatti il giudice del rinvio osserva che, nella sentenza del 6 ottobre 1982, Cilfit e a. (283/81, EU:C:1982:335), la Corte ha precisato che, al fine di evitare che in uno Stato membro si consolidi una giurisprudenza nazionale in contrasto con il diritto dell’Unione, laddove non sia previsto alcun ricorso giurisdizionale avverso la decisione di un giudice nazionale, tale giudice è, in linea di principio, tenuto a rivolgersi alla Corte, in conformità all’articolo 267, terzo comma, TFUE, quando è chiamato a pronunciarsi su una questione di interpretazione del diritto dell’Unione.

14      Secondo detta sentenza, i giudici nazionali non sarebbero, per contro, tenuti a disporre il rinvio pregiudiziale, in particolare, qualora la corretta applicazione del diritto dell’Unione si imponga con un’evidenza tale da non lasciar adito ad alcun dubbio ragionevole.

15      Tuttavia, i criteri che consentono di determinare se un giudice nazionale si trovi in una siffatta situazione, enunciati in detta sentenza e nella giurisprudenza successiva, sarebbero difficili da accertare.

16      Orbene, l’errata applicazione di tali criteri potrebbe far sorgere la responsabilità civile dei giudici supremi italiani sulla base dell’articolo 2, comma 3-bis, della legge del 13 aprile 1988, n. 117 – Risarcimento dei danni cagionati nell’esercizio delle funzioni giudiziarie e responsabilità civile dei magistrati (GURI n. 88, del 15 aprile 1988), disposizione ai sensi della quale, in caso di violazione manifesta del diritto dell’Unione, si deve tener conto anche dell’inosservanza dell’obbligo di rinvio pregiudiziale, nonché del contrasto dell’atto o del provvedimento con l’interpretazione espressa dalla Corte. Pertanto, tali giudici sarebbero costretti, per prevenire la proposizione dell’azione di risarcimento danni, a disporre sistematicamente il rinvio pregiudiziale, allungando così la durata del procedimento, in violazione del principio di ragionevole durata del processo, sancito dalla Costituzione italiana e dal diritto dell’Unione.

17      Per quanto riguarda, in particolare, il requisito, applicabile ai giudici nazionali di ultima istanza, di essere convinti che la medesima evidenza si imporrebbe anche ai giudici degli altri Stati membri e alla Corte, il quale risulterebbe dalla sentenza del 6 ottobre 1982, Cilfit e a. (283/81, EU:C:1982:335, punto 16), la Corte avrebbe precisato, nella sentenza del 28 luglio 2016, Association France Nature Environnement (C‑379/15, EU:C:2016:603, punti 51 e 52), che i giudici nazionali di ultima istanza sono tenuti a rivolgersi alla Corte in via pregiudiziale in presenza del benché minimo dubbio riguardo all’interpretazione o alla corretta applicazione del diritto dell’Unione e che essi devono fornire la prova circostanziata dell’assenza di dubbi in tal senso.

18      Il giudice del rinvio si chiede se l’osservanza di tale requisito debba essere accertata soggettivamente, oppure se sia sufficiente che i giudici di ultima istanza indichino in modo oggettivo i motivi per i quali non sussistono ragionevoli dubbi in merito all’interpretazione e all’applicazione del diritto dell’Unione, senza prendere in esame l’interpretazione che potrebbero adottare i giudici di ultima istanza degli altri Stati membri o la Corte e tenendo conto del fatto che tale diritto utilizza una terminologia a esso propria, del tenore letterale della disposizione di detto diritto in questione, del contesto in cui tale disposizione si colloca, degli obiettivi di tutela a essa sottesi, nonché dello stadio di evoluzione del diritto dell’Unione nel momento in cui detta disposizione dev’essere applicata.

19      Il giudice del rinvio ritiene che si debba seguire la seconda di tali alternative, in quanto essa consentirebbe di evitare di dover fornire una probatio diabolica e garantirebbe la concreta attuazione della deroga all’obbligo di rinvio, enunciata nella sentenza del 6 ottobre 1982, Cilfit e a. (283/81, EU:C:1982:335).

20      Tale giudice si chiede altresì se l’articolo 267 TFUE, letto alla luce dei principi di indipendenza dei giudici e di ragionevole durata del processo, debba essere interpretato nel senso che esso osta a che un giudice supremo nazionale, il quale abbia preso in esame e respinto la domanda di rinvio pregiudiziale di interpretazione del diritto dell’Unione, possa essere sottoposto, ipso iure oppure a discrezione della parte che propone l’azione, a un procedimento per responsabilità civile e disciplinare.

21      La risposta a tutti questi quesiti sarebbe rilevante, dal momento che il Consiglio di Stato sarebbe chiamato, nell’ambito del procedimento principale, a decidere su questioni importanti relative all’interpretazione e all’applicazione del diritto dell’Unione, la risposta alle quali non potrebbe essere ricavata dalla giurisprudenza della Corte, benché tali questioni si pongano in via meramente astratta. Infatti il giudice del rinvio, pur escludendo l’esistenza di ragionevoli dubbi in merito all’interpretazione delle disposizioni dell’allegato I alla direttiva 1999/31, ritiene di non poter dimostrare con certezza che l’interpretazione da dare a tali disposizioni si imponga soggettivamente, con evidenza, anche ai giudici nazionali degli altri Stati membri e alla Corte stessa.

22      Il giudice del rinvio precisa, quindi, di sollevare la questione pregiudiziale relativa a dette disposizioni solo per il caso in cui la Corte ritenga che un giudice nazionale, avverso le cui decisioni non possa proporsi un ricorso giurisdizionale di diritto interno, debba conformarsi al suo obbligo di adire la Corte ai sensi dell’articolo 267 TFUE, qualora non sia possibile dimostrare in maniera circostanziata che i giudici degli altri Stati membri e la Corte fornirebbero una risposta identica a quella individuata dal primo giudice alla questione di interpretazione del diritto dell’Unione che si pone dinanzi al medesimo.

23      In tali circostanze, il Consiglio di Stato ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)      Se la corretta interpretazione dell’articolo 267 TFUE imponga al giudice nazionale, avverso le cui decisioni non possa proporsi un ricorso giurisdizionale di diritto interno, di operare il rinvio pregiudiziale su una questione di interpretazione del diritto [dell’Unione europea] rilevante nell’ambito della controversia principale, anche qualora possa escludersi un dubbio interpretativo sul significato da attribuire alla pertinente disposizione europea – tenuto conto della terminologia e del significato propri del diritto [dell’Unione europea] attribuibili alle parole componenti la relativa disposizione, del contesto normativo europeo in cui la stessa è inserita e degli obiettivi di tutela sottesi alla sua previsione, considerando lo stadio di evoluzione del diritto europeo al momento in cui va data applicazione alla disposizione rilevante nell’ambito del giudizio nazionale – ma non sia possibile provare in maniera circostanziata, sotto un profilo soggettivo, avuto riguardo alla condotta di altri organi giurisdizionali, che l’interpretazione fornita dal giudice procedente sia la stessa di quella suscettibile di essere data dai giudici degli altri Stati membri e dalla Corte di giustizia ove investiti di identica questione;

2)      se – per salvaguardare i valori costituzionali ed europei della indipendenza del giudice e della ragionevole durata dei processi – sia possibile interpretare l’articolo 267 TFUE, nel senso di escludere che il giudice supremo nazionale, che abbia preso in esame e ricusato la richiesta di rinvio pregiudiziale di interpretazione del diritto della Unione europea, sia sottoposto automaticamente, ovvero a discrezione della sola parte che propone l’azione, ad un procedimento per responsabilità civile e disciplinare.

3)      Per l’ipotesi in cui [la] Corte di giustizia dovesse risolvere negativamente [le prime due questioni]:

se è conforme alla direttiva 1999/31, Allegato I, l’ubicazione di una discarica in un’area di vuoto di cava, priva di barriera geologica naturale originaria, o comunque caratterizzata da una barriera geologica di limitata consistenza, in particolare nell’ipotesi in cui vi sia il dubbio che, nel pregresso esercizio dell’attività di cava, sia stata intercettata la falda originaria profonda».

 Sulle questioni pregiudiziali

 Sulla prima questione

24      Ai sensi dell’articolo 99 del regolamento di procedura, quando la risposta a una questione pregiudiziale può essere chiaramente desunta dalla giurisprudenza, la Corte, su proposta del giudice relatore, sentito l’avvocato generale, può statuire in qualsiasi momento con ordinanza motivata.

25      Occorre applicare tale disposizione alla presente causa, per quanto riguarda la risposta alla prima questione.

26      Con la sua prima questione il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 267 TFUE debba essere interpretato nel senso che un giudice nazionale avverso le cui decisioni non possa proporsi alcun ricorso giurisdizionale di diritto interno, il quale, tenendo conto del fatto che il diritto dell’Unione utilizza una terminologia a esso propria, nonché della necessità di collocare ogni disposizione di tale diritto nel suo contesto e di interpretarla alla luce dell’insieme delle disposizioni di detto diritto, delle finalità dello stesso e del suo stadio di evoluzione nel momento in cui dev’essere applicato, ritenga che la corretta interpretazione della disposizione del diritto dell’Unione applicabile alla controversia di cui è investito si imponga con un’evidenza tale da non lasciar adito ad alcun ragionevole dubbio deve, per potersi astenere dal sottoporre alla Corte una questione di interpretazione della disposizione in parola, dimostrare in maniera circostanziata che, dal punto di vista soggettivo, gli altri giudici di ultima istanza degli Stati membri e la Corte adotterebbero la medesima interpretazione di detta disposizione.

27      A tal riguardo occorre rammentare che, qualora non esista alcun ricorso giurisdizionale di diritto interno avverso la decisione di un giudice nazionale, quest’ultimo è, in linea di principio, tenuto a rivolgersi alla Corte ai sensi dell’articolo 267, terzo comma, TFUE quando è chiamato a pronunciarsi su una questione d’interpretazione del diritto dell’Unione (sentenza del 6 ottobre 2021, Consorzio Italian Management e Catania Multiservizi, C‑561/19, EU:C:2021:799, punto 32 e giurisprudenza ivi citata).

28      Tuttavia, secondo una giurisprudenza costante della Corte, un giudice nazionale avverso le cui decisioni non possa proporsi ricorso giurisdizionale di diritto interno può astenersi dal sottoporre alla Corte una questione di interpretazione del diritto dell’Unione, e risolverla sotto la propria responsabilità, qualora la corretta interpretazione del diritto dell’Unione si imponga con tale evidenza da non lasciar adito ad alcun ragionevole dubbio (sentenza del 6 ottobre 2021, Consorzio Italian Management e Catania Multiservizi, C‑561/19, EU:C:2021:799, punto 39 e giurisprudenza ivi citata).

29      Prima di concludere nel senso dell’esistenza di una situazione di tal genere, il giudice nazionale di ultima istanza deve maturare il convincimento che la stessa evidenza si imporrebbe altresì agli altri giudici di ultima istanza degli Stati membri e alla Corte (sentenza del 6 ottobre 2021, Consorzio Italian Management e Catania Multiservizi, C‑561/19, EU:C:2021:799, punto 40 e giurisprudenza ivi citata).

30      Inoltre, l’esistenza dell’eventualità di cui al punto 28 della presente ordinanza dev’essere valutata in base alle caratteristiche proprie del diritto dell’Unione, alle difficoltà particolari relative alla sua interpretazione e al rischio di divergenze giurisprudenziali in seno all’Unione europea (sentenza del 6 ottobre 2021, Consorzio Italian Management e Catania Multiservizi, C‑561/19, EU:C:2021:799, punto 41 e giurisprudenza ivi citata).

31      Si deve innanzitutto tener conto del fatto che le disposizioni del diritto dell’Unione sono redatte in diverse lingue e che le varie versioni linguistiche fanno fede nella stessa misura (sentenza del 6 ottobre 2021, Consorzio Italian Management e Catania Multiservizi, C‑561/19, EU:C:2021:799, punto 42 e giurisprudenza ivi citata).

32      Infatti, conformemente a una giurisprudenza costante della Corte, una delle versioni linguistiche di una disposizione del diritto dell’Unione non può essere l’unico elemento a sostegno dell’interpretazione della disposizione medesima, né si può attribuire ad essa un carattere prioritario rispetto alle altre versioni linguistiche, dal momento che le norme di diritto dell’Unione devono essere interpretate ed applicate in modo uniforme, alla luce delle versioni vigenti in tutte le lingue dell’Unione (sentenza del 6 ottobre 2021, Consorzio Italian Management e Catania Multiservizi, C‑561/19, EU:C:2021:799, punto 43 e giurisprudenza ivi citata).

33      Se è vero che un giudice nazionale di ultima istanza non può certamente essere tenuto a effettuare, a tal riguardo, un esame di ciascuna delle versioni linguistiche della disposizione dell’Unione di cui trattasi, ciò non toglie che esso deve tener conto delle divergenze tra le versioni linguistiche di tale disposizione di cui è a conoscenza, segnatamente quando tali divergenze sono esposte dalle parti e sono comprovate (sentenza del 6 ottobre 2021, Consorzio Italian Management e Catania Multiservizi, C‑561/19, EU:C:2021:799, punto 44).

34      Va poi rilevato che il diritto dell’Unione impiega una terminologia che gli è propria e nozioni autonome che non presentano necessariamente lo stesso contenuto delle nozioni equivalenti che possono esistere nei diritti nazionali (sentenza del 6 ottobre 2021, Consorzio Italian Management e Catania Multiservizi, C‑561/19, EU:C:2021:799, punto 45 e giurisprudenza ivi citata).

35      Infine, ciascuna disposizione del diritto dell’Unione dev’essere collocata nel suo contesto e interpretata alla luce dell’insieme delle disposizioni di tale diritto, delle sue finalità e dello stadio della sua evoluzione al momento in cui le va data applicazione (sentenza del 6 ottobre 2021, Consorzio Italian Management e Catania Multiservizi, C‑561/19, EU:C:2021:799, punto 46 e giurisprudenza ivi citata).

36      Pertanto, solo nel caso in cui un giudice nazionale di ultima istanza, con l’ausilio dei criteri interpretativi menzionati ai punti da 29 a 35 della presente ordinanza, concluda per l’assenza di elementi atti a far sorgere un dubbio ragionevole quanto all’interpretazione corretta del diritto dell’Unione, esso potrà astenersi dal sottoporre alla Corte una questione di interpretazione del diritto dell’Unione e risolverla sotto la propria responsabilità (sentenza del 6 ottobre 2021, Consorzio Italian Management e Catania Multiservizi, C‑561/19, EU:C:2021:799, punto 47).

37      Ciò posto, la mera possibilità di effettuare una o diverse altre letture di una disposizione del diritto dell’Unione, nei limiti in cui nessuna di queste altre letture appaia sufficientemente plausibile al giudice nazionale interessato, segnatamente alla luce del contesto e della finalità di detta disposizione, nonché del sistema normativo in cui essa si inserisce, non può essere sufficiente per considerare che sussista un dubbio ragionevole quanto all’interpretazione corretta di tale disposizione (sentenza del 6 ottobre 2021, Consorzio Italian Management e Catania Multiservizi, C‑561/19, EU:C:2021:799, punto 48).

38      Tuttavia, quando l’esistenza di orientamenti giurisprudenziali divergenti – in seno agli organi giurisdizionali di un medesimo Stato membro o tra organi giurisdizionali di Stati membri diversi – relativi all’interpretazione di una disposizione del diritto dell’Unione applicabile alla controversia di cui al procedimento principale è portata a conoscenza del giudice nazionale di ultima istanza, esso deve prestare particolare attenzione nella sua valutazione riguardo a un’eventuale assenza di ragionevole dubbio quanto all’interpretazione corretta della disposizione dell’Unione di cui trattasi e tenere conto, segnatamente, dell’obiettivo perseguito dalla procedura pregiudiziale che è quello di assicurare l’unità di interpretazione del diritto dell’Unione (sentenza del 6 ottobre 2021, Consorzio Italian Management e Catania Multiservizi, C‑561/19, EU:C:2021:799, punto 49).

39      Contrariamente a quanto sembra ritenere il giudice del rinvio, dalle considerazioni che precedono non risulta che un giudice nazionale avverso le cui decisioni non possa proporsi alcun ricorso giurisdizionale di diritto interno, per poter considerare che la corretta interpretazione del diritto dell’Unione si imponga con un’evidenza tale da non lasciar adito ad alcun ragionevole dubbio e astenersi, per tale motivo, dal sottoporre alla Corte una questione di interpretazione di detto diritto, debba «dimostrare in maniera circostanziata» che la medesima evidenza si impone anche ai giudici degli altri Stati membri e alla Corte (ordinanza del 15 dicembre 2022, Società Eredi Raimondo Bufarini, C‑144/22, non pubblicata, EU:C:2022:1013, punto 46).

40      Infatti, da tali considerazioni risulta che i giudici nazionali avverso le cui decisioni non possa proporsi ricorso giurisdizionale di diritto interno devono valutare, sotto la propria responsabilità, in maniera indipendente e con tutta la dovuta attenzione, se si trovino nell’ipotesi menzionata al punto 28 della presente ordinanza (v., in tal senso, sentenza del 6 ottobre 2021, Consorzio Italian Management e Catania Multiservizi, C‑561/19, EU:C:2021:799, punto 50).

41      A tal riguardo, qualora un giudice nazionale di ultima istanza ritenga di trovarsi in detta ipotesi, la motivazione della sua decisione deve far emergere che l’interpretazione del diritto dell’Unione si è imposta al giudice in parola con un’evidenza tale da non lasciar adito a ragionevoli dubbi (v., in tal senso, sentenza del 6 ottobre 2021, Consorzio Italian Management e Catania Multiservizi, C‑561/19, EU:C:2021:799, punto 51).

42      Laddove un giudice nazionale di ultima istanza, il quale ritenga di trovarsi in detta situazione, abbia maturato la convinzione, sulla base di una valutazione che tenga conto dei criteri interpretativi menzionati ai punti da 30 a 35 della presente ordinanza e delle considerazioni esposte ai punti da 36 a 38 della stessa, che gli altri giudici di ultima istanza degli Stati membri e la Corte condividerebbero la sua analisi, tale giudice nazionale può astenersi dal sottoporre alla Corte una questione di interpretazione del diritto dell’Unione e risolverla sotto la propria responsabilità (ordinanza del 15 dicembre 2022, Società Eredi Raimondo Bufarini, C‑144/22, non pubblicata, EU:C:2022:1013, punto 49).

43      Per quanto concerne la sentenza del 28 luglio 2016, Association France Nature Environnement (C‑379/15, EU:C:2016:603), a cui fa riferimento il giudice del rinvio, occorre rilevare che, sebbene la Corte abbia affermato, al punto 51 di tale sentenza, che il giudice nazionale le cui decisioni non siano soggette a ricorso giurisdizionale è tenuto a rivolgersi alla Corte in via pregiudiziale in presenza del benché minimo dubbio riguardo all’interpretazione o alla corretta applicazione del diritto dell’Unione, da detto punto 51 emerge che tale obbligo si impone solo qualora venga previsto, nell’ambito del procedimento principale, di avvalersi della facoltà eccezionale, in capo ai giudici nazionali, di decidere di mantenere, alle condizioni enunciate nella sentenza del 28 febbraio 2012, Inter-Environnement Wallonie e Terre wallonne (C‑41/11, EU:C:2012:103), taluni effetti di un atto nazionale incompatibile con il diritto dell’Unione (ordinanza del 15 dicembre 2022, Società Eredi Raimondo Bufarini, C‑144/22, non pubblicata, EU:C:2022:1013, punto 50).

44      Parimenti, è solo rispetto a tale facoltà eccezionale che la Corte ha dichiarato, al punto 52 della sentenza del 28 luglio 2016, Association France Nature Environnement (C‑379/15, EU:C:2016:603), che l’assenza di ragionevole dubbio relativamente all’esercizio della stessa necessita di una prova circostanziata (ordinanza del 15 dicembre 2022, Società Eredi Raimondo Bufarini, C‑144/22, non pubblicata, EU:C:2022:1013, punto 51).

45      Orbene, dagli elementi presentati alla Corte non risulta che l’esercizio di detta facoltà eccezionale sia in discussione nel procedimento principale.

46      Alla luce di tutte le considerazioni che precedono, occorre rispondere alla prima questione dichiarando che l’articolo 267 TFUE dev’essere interpretato nel senso che un giudice nazionale avverso le cui decisioni non possa proporsi alcun ricorso giurisdizionale di diritto interno può astenersi dal sottoporre alla Corte una questione di interpretazione del diritto dell’Unione, e risolverla sotto la propria responsabilità, qualora la corretta interpretazione del diritto dell’Unione si imponga con un’evidenza tale da non lasciar adito ad alcun ragionevole dubbio. L’esistenza di una siffatta eventualità dev’essere valutata in base alle caratteristiche proprie del diritto dell’Unione, alle difficoltà particolari relative alla sua interpretazione e al rischio di divergenze giurisprudenziali in seno all’Unione. Tale giudice nazionale non è tenuto a dimostrare in maniera circostanziata che gli altri giudici di ultima istanza degli Stati membri e la Corte adotterebbero la medesima interpretazione, ma deve aver maturato la convinzione, sulla base di una valutazione che tenga conto dei citati elementi, che la stessa evidenza si imponga anche agli altri giudici nazionali in parola e alla Corte.

 Sulla seconda questione

47      Ai sensi dell’articolo 53, paragrafo 2, del regolamento di procedura, quando la Corte è manifestamente incompetente a conoscere di una causa o quando una domanda o un atto introduttivo è manifestamente irricevibile, la Corte, sentito l’avvocato generale, può statuire in qualsiasi momento con ordinanza motivata, senza proseguire il procedimento.

48      Occorre applicare detta disposizione alla presente causa, per quanto riguarda la seconda questione.

49      Con tale questione il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 267 TFUE, letto alla luce dei principi di indipendenza dei giudici e di ragionevole durata del processo, debba essere interpretato nel senso che esso osta a una normativa nazionale che consente di impegnare la responsabilità civile e disciplinare di un giudice nazionale avverso le cui decisioni non possa proporsi alcun ricorso giurisdizionale di diritto interno, laddove tale giudice abbia preso in esame e respinto la domanda, presentata da una della parti della controversia pendente dinanzi a esso, diretta a che detto giudice sottoponga alla Corte, in via pregiudiziale, una questione relativa all’interpretazione del diritto dell’Unione.

50      Secondo una costante giurisprudenza della Corte, spetta esclusivamente al giudice nazionale, cui è stata sottoposta la controversia e che deve assumere la responsabilità della futura decisione giurisdizionale, valutare, alla luce delle particolari circostanze di ciascuna causa, sia la necessità di una pronuncia pregiudiziale per poter emettere la propria sentenza, sia la rilevanza delle questioni sottoposte alla Corte, le quali godono di una presunzione di rilevanza. Pertanto, quando la questione sollevata riguarda l’interpretazione o la validità di una norma del diritto dell’Unione, la Corte è, in linea di principio, obbligata a statuire, salvo qualora appaia in modo manifesto che l’interpretazione richiesta non ha alcun legame con la realtà effettiva o con l’oggetto del procedimento principale, qualora il problema sia ipotetico, o qualora la Corte non disponga degli elementi di fatto e di diritto necessari per rispondere in modo utile a tale questione (sentenza del 5 maggio 2022, Zagrebačka banka, C‑567/20, EU:C:2022:352, punto 43 e giurisprudenza ivi citata).

51      Nel caso di specie, dalla sentenza di rinvio emerge che il procedimento principale riguarda l’annullamento di un atto amministrativo relativo alla valutazione di impatto ambientale di un progetto di impianto di discarica per rifiuti inerti da realizzarsi da parte di un operatore economico, e non già il sorgere della responsabilità civile e disciplinare di un giudice nazionale avverso le cui decisioni non possa proporsi alcun ricorso giurisdizionale di diritto interno.

52      Pertanto, appare in modo manifesto che la seconda questione non ha alcun legame con l’oggetto del procedimento principale.

53      Ne consegue che la seconda questione è manifestamente irricevibile.

 Sulla terza questione

54      Dalla decisione di rinvio emerge che, come risulta dal punto 22 della presente ordinanza, la terza questione viene sollevata solo in caso di risposta in senso affermativo alla prima, come riformulata al punto 26 di tale decisione. In considerazione della risposta fornita alla prima questione, non occorre rispondere alla terza questione.

 Sulle spese

55      Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

Per questi motivi, la Corte (Sesta Sezione) così provvede:

L’articolo 267 TFUE dev’essere interpretato nel senso che un giudice nazionale avverso le cui decisioni non possa proporsi alcun ricorso giurisdizionale di diritto interno può astenersi dal sottoporre alla Corte una questione di interpretazione del diritto dell’Unione, e risolverla sotto la propria responsabilità, qualora la corretta interpretazione del diritto dell’Unione si imponga con un’evidenza tale da non lasciar adito ad alcun ragionevole dubbio. L’esistenza di una siffatta eventualità dev’essere valutata in base alle caratteristiche proprie del diritto dell’Unione, alle difficoltà particolari relative alla sua interpretazione e al rischio di divergenze giurisprudenziali in seno all’Unione europea.

Tale giudice nazionale non è tenuto a dimostrare in maniera circostanziata che gli altri giudici di ultima istanza degli Stati membri e la Corte adotterebbero la medesima interpretazione, ma deve aver maturato la convinzione, sulla base di una valutazione che tenga conto dei citati elementi, che la stessa evidenza si imponga anche agli altri giudici nazionali in parola e alla Corte.

Firme

Provvedimento in causa n. C-482/22 del 27/04/2023