Litigios n. C-16/23 de 17/10/2024
Órgano jurisdiccional : Tribunal de Justicia
Procedimiento : Petición de decisión prejudicial
Estado del asunto : Concluido
Resultado : Finalizado

SENTENZA DELLA CORTE (Prima Sezione)

17 ottobre 2024 (*)

 

« Rinvio pregiudiziale – Servizi nel mercato interno – Direttiva 2006/123/CE – Regime di autorizzazione – Articolo 10 – Requisiti per la concessione dell’autorizzazione – Vendita di prodotti del tabacco – Regolamentazione nazionale che subordina la concessione di un’autorizzazione all’istituzione di una rivendita di prodotti del tabacco al rispetto di determinati requisiti – Requisiti relativi alla distanza e alla popolazione – Tutela della salute pubblica contro il tabagismo »

Nella causa C‑16/23,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dal Tribunale amministrativo regionale per la Liguria (Italia), con ordinanza del 22 dicembre 2022, pervenuta in cancelleria il 16 gennaio 2023, nel procedimento

FA.RO. di YK & C. Sas

contro

Agenzia delle Dogane e dei Monopoli,

nei confronti di:

JS,

LA CORTE (Prima Sezione),

composta da T. von Danwitz, vicepresidente della Corte, facente funzione di presidente della Prima Sezione, A. Arabadjiev e I. Ziemele (relatrice), giudici,

avvocato generale: M. Campos Sánchez-Bordona

cancelliere: C. Di Bella, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 24 gennaio 2024,

considerate le osservazioni presentate:

–        per la FA.RO. di YK & C. Sas, da G. Briozzo, avvocato;

–        per JS, da A. Celotto e L. Grazzini, avvocati;

–        per il governo italiano, da G. Palmieri, in qualità di agente, assistita da D. Del Gaizo e F. Meloncelli, avvocati dello Stato;

–        per il governo spagnolo, da M. Morales Puerta, in qualità di agente;

–        per la Commissione europea, da L. Armati, L. Malferrari e M. Mataija, in qualità di agenti,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 14 marzo 2024,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione degli articoli 49 e 56 nonché dell’articolo 106, paragrafo 2, TFUE nonché dell’articolo 15 della direttiva 2006/123/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 2006, relativa ai servizi nel mercato interno (GU 2006, L 376, pag. 36).

2        Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra la FA.RO. di YK & C. Sas, società di diritto italiano (in prosieguo: la «FA.RO.»), e l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli (Italia) (in prosieguo: l’«ADM»), relativamente al rigetto di una domanda di detta società volta ad ottenere l’istituzione di una nuova rivendita di tabacchi lavorati.

 Contesto normativo

 Diritto internazionale

3        Nel preambolo della Convenzione quadro dell’Organizzazione mondiale della sanità per la lotta al tabagismo (in prosieguo: la «CQLT»), adottata dall’Assemblea mondiale della Sanità il 21 maggio 2003 a Ginevra, cui aderiscono l’Unione europea e i suoi Stati membri, si riconosce che, da un lato, «i dati scientifici hanno stabilito in maniera irrefutabile che il consumo di tabacco e l’esposizione al fumo del tabacco sono causa di decesso, malattia ed inabilità» e, dall’altro, «che le sigarette ed altri prodotti contenenti tabacco sono prodotti molto sofisticati, che mirano a creare e ad intrattenere la dipendenza, che molti degli elementi che contengono e il fumo che producono sono farmacologicamente attivi, tossici, mutageni e cancerogeni, e che la dipendenza nei confronti del tabacco è oggetto di una classificazione distinta, [quale disturbo,] nelle grandi classificazioni internazionali delle malattie».

4        Gli articoli da 8 a 13 della CQLT riguardano le misure relative alla riduzione della domanda di tabacco. Essi concernono, rispettivamente, la protezione contro l’esposizione al fumo del tabacco, la regolamentazione della composizione dei prodotti del tabacco, la regolamentazione delle informazioni che devono figurare sui prodotti del tabacco, il confezionamento e l’etichettatura dei prodotti del tabacco, l’educazione e la sensibilizzazione del pubblico ai problemi legati alla lotta al tabagismo nonché il divieto globale della pubblicità, promozione e sponsorizzazione in favore del tabacco. L’articolo 14 di tale convenzione prevede misure tendenti a ridurre la domanda in rapporto alla dipendenza dal tabacco e a promuovere la disintossicazione dal tabacco, mentre gli articoli da 15 a 17 di detta convenzione, che vertono sulle misure relative alla riduzione dell’offerta di tabacco, riguardano, rispettivamente, il commercio illecito dei prodotti del tabacco, la vendita ai minori e da parte dei minori nonché il sostegno ad attività di sostituzione economicamente valide.

 Diritto dellUnione

5        I considerando 2, 5, 7, 8 e 66 della direttiva 2006/123 così recitano:

«(2)      Una maggiore competitività del mercato dei servizi è essenziale per promuovere la crescita economica e creare posti di lavoro nell’Unione europea. (...) Un libero mercato che induca gli Stati membri ad eliminare le restrizioni alla circolazione transfrontaliera dei servizi, incrementando al tempo stesso la trasparenza e l’informazione dei consumatori, consentirebbe agli stessi una più ampia facoltà di scelta e migliori servizi a prezzi inferiori.

(...)

(5)      È necessario quindi eliminare gli ostacoli alla libertà di stabilimento dei prestatori negli Stati membri e alla libera circolazione dei servizi tra Stati membri nonché garantire ai destinatari e ai prestatori la certezza giuridica necessaria all’effettivo esercizio di queste due libertà fondamentali del trattato. (...)

(...)

(7)      La presente direttiva istituisce un quadro giuridico generale a vantaggio di un’ampia varietà di servizi pur tenendo conto nel contempo delle specificità di ogni tipo d’attività o di professione e del loro sistema di regolamentazione. (...) La presente direttiva prende altresì in considerazione altri obiettivi d’interesse generale, compresa la protezione dell’ambiente, la pubblica sicurezza e la sanità pubblica nonché la necessità di rispettare il diritto del lavoro.

(8)      È opportuno che le disposizioni della presente direttiva relative alla libertà di stabilimento e alla libera circolazione dei servizi si applichino soltanto nella misura in cui le attività in questione sono aperte alla concorrenza e non obblighino pertanto gli Stati membri a liberalizzare i servizi d’interesse economico generale, a privatizzare gli enti pubblici che forniscono tali servizi o ad abolire i monopoli esistenti per quanto riguarda altre attività o certi servizi di distribuzione.

(...)

(66)      L’accesso a, o l’esercizio di, un’attività di servizi sul territorio di uno Stato membro non dovrebbe essere soggetto ad una prova economica. Il divieto di richiedere una dimostrazione della capacità economica come condizione per la concessione di un’autorizzazione riguarda le prove economiche in quanto tali e non gli altri requisiti giustificati obiettivamente da motivi imperativi di interesse generale, come la tutela dell’ambiente urbano, la politica sociale e gli obiettivi in materia di sanità pubblica. Tale divieto dovrebbe lasciare impregiudicato l’esercizio delle competenze delle autorità preposte all’applicazione del diritto della concorrenza».

6        L’articolo 1, paragrafi da 1 a 3, di tale direttiva così dispone:

«1.      La presente direttiva stabilisce le disposizioni generali che permettono di agevolare l’esercizio della libertà di stabilimento dei prestatori nonché la libera circolazione dei servizi, assicurando nel contempo un elevato livello di qualità dei servizi stessi.

2.      La presente direttiva non riguarda la liberalizzazione dei servizi d’interesse economico generale riservati a enti pubblici o privati, né la privatizzazione di enti pubblici che forniscono servizi.

3.      La presente direttiva non riguarda né l’abolizione di monopoli che forniscono servizi né gli aiuti concessi dagli Stati membri cui si applicano le regole comunitarie di concorrenza.

La presente direttiva lascia impregiudicata la libertà, per gli Stati membri, di definire, in conformità del diritto comunitario, quali essi ritengano essere servizi d’interesse economico generale, in che modo tali servizi debbano essere organizzati e finanziati, in conformità delle regole sugli aiuti concessi dagli Stati, e a quali obblighi specifici essi debbano essere soggetti».

7        L’articolo 2, paragrafi 1 e 2, della suddetta direttiva è così formulato:

«1.      La presente direttiva si applica ai servizi forniti da prestatori stabiliti in uno Stato membro.

2.      La presente direttiva non si applica alle attività seguenti:

a)      i servizi non economici d’interesse generale;

(...)».

8        L’articolo 4 della medesima direttiva così dispone:

«Ai fini della presente direttiva si intende per:

(...)

6)      “regime di autorizzazione”: qualsiasi procedura che obbliga un prestatore o un destinatario a rivolgersi ad un’autorità competente allo scopo di ottenere una decisione formale o una decisione implicita relativa all’accesso ad un’attività di servizio o al suo esercizio;

7)      “requisito”: qualsiasi obbligo, divieto, condizione o limite stabilito dalle disposizioni legislative, regolamentari o amministrative degli Stati membri o derivante dalla giurisprudenza, dalle prassi amministrative, dalle regole degli organismi e ordini professionali o dalle regole collettive di associazioni o organizzazioni professionali adottate nell’esercizio della propria autonomia giuridica; le norme stabilite dai contratti collettivi negoziati dalle parti sociali non sono considerate di per sé come requisiti ai sensi della presente direttiva;

8)      “motivi imperativi d’interesse generale”: motivi riconosciuti come tali dalla giurisprudenza della Corte di giustizia, tra i quali: l’ordine pubblico, la sicurezza pubblica, l’incolumità pubblica, la sanità pubblica, il mantenimento dell’equilibrio finanziario del sistema di sicurezza sociale, la tutela dei consumatori, dei destinatari di servizi e dei lavoratori, l’equità delle transazioni commerciali, la lotta alla frode, la tutela dell’ambiente, incluso l’ambiente urbano, la salute degli animali, la proprietà intellettuale, la conservazione del patrimonio nazionale storico ed artistico, gli obiettivi di politica sociale e di politica culturale;

(...)».

9        L’articolo 9, paragrafo 1, della direttiva 2006/123 così dispone:

«Gli Stati membri possono subordinare l’accesso ad un’attività di servizio e il suo esercizio ad un regime di autorizzazione soltanto se sono soddisfatte le condizioni seguenti:

a)      il regime di autorizzazione non è discriminatorio nei confronti del prestatore;

b)      la necessità di un regime di autorizzazione è giustificata da un motivo imperativo di interesse generale;

c)      l’obiettivo perseguito non può essere conseguito tramite una misura meno restrittiva, in particolare in quanto un controllo a posteriori interverrebbe troppo tardi per avere reale efficacia».

10      Ai sensi dell’articolo 10, paragrafi 1 e 2, della direttiva in parola:

«1.      I regimi di autorizzazione devono basarsi su criteri che inquadrino l’esercizio del potere di valutazione da parte delle autorità competenti affinché tale potere non sia utilizzato in modo arbitrario.

2.      I criteri di cui al paragrafo 1 devono essere:

a)      non discriminatori;

b)      giustificati da un motivo imperativo di interesse generale;

c)      commisurati all’obiettivo di interesse generale;

d)      chiari e inequivocabili;

e)      oggettivi;

f)      resi pubblici preventivamente;

g)      trasparenti e accessibili».

11      L’articolo 14 della direttiva medesima prevede quanto segue:

«Gli Stati membri non subordinano l’accesso ad un’attività di servizi o il suo esercizio sul loro territorio al rispetto dei requisiti seguenti:

(...)

5)      l’applicazione caso per caso di una verifica di natura economica che subordina il rilascio dell’autorizzazione alla prova dell’esistenza di un bisogno economico o di una domanda di mercato, o alla valutazione degli effetti economici potenziali o effettivi dell’attività o alla valutazione dell’adeguatezza dell’attività rispetto agli obiettivi di programmazione economica stabiliti dall’autorità competente; tale divieto non concerne i requisiti di programmazione che non perseguono obiettivi economici, ma che sono dettati da motivi imperativi d’interesse generale;

(…)».

12      L’articolo 15, paragrafi da 1 a 4, della direttiva 2006/123 così dispone:

«1.      Gli Stati membri verificano se il loro ordinamento giuridico prevede i requisiti di cui al paragrafo 2 e provvedono affinché tali requisiti siano conformi alle condizioni di cui al paragrafo 3. Gli Stati membri adattano le loro disposizioni legislative, regolamentari o amministrative per renderle conformi a tali condizioni.

2.      Gli Stati membri verificano se il loro ordinamento giuridico subordina l’accesso a un’attività di servizi o il suo esercizio al rispetto dei requisiti non discriminatori seguenti:

a)      restrizioni quantitative o territoriali sotto forma, in particolare, di restrizioni fissate in funzione della popolazione o di una distanza geografica minima tra prestatori;

(...)

3.      Gli Stati membri verificano che i requisiti di cui al paragrafo 2 soddisfino le condizioni seguenti:

a)      non discriminazione: i requisiti non devono essere direttamente o indirettamente discriminatori in funzione della cittadinanza o, per quanto riguarda le società, dell’ubicazione della sede legale;

b)      necessità: i requisiti sono giustificati da un motivo imperativo di interesse generale;

c)      proporzionalità: i requisiti devono essere tali da garantire la realizzazione dell’obiettivo perseguito; essi non devono andare al di là di quanto è necessario per raggiungere tale obiettivo; inoltre non deve essere possibile sostituire questi requisiti con altre misure meno restrittive che permettono di conseguire lo stesso risultato.

4.      I paragrafi 1, 2 e 3 si applicano alla legislazione riguardante i servizi d’interesse economico generale solo in quanto la loro applicazione non osti all’adempimento, in linea di diritto o di fatto, della specifica missione loro affidata».

 Diritto italiano

 Legge n. 1293/1957

13      L’articolo 16 della legge del 22 dicembre 1957, n. 1293 – Organizzazione dei servizi di distribuzione e vendita dei generi di monopolio (GURI n. 9 del 13 gennaio 1958), nella versione applicabile ai fatti di cui al procedimento principale (in prosieguo: la «legge n. 1293/1957»), prevede quanto segue:

«La vendita al pubblico di generi di monopolio è effettuata a mezzo di rivendite o di patentini.

I punti vendita di cui al primo comma sono istituiti dall’Ufficio regionale secondo i criteri e le modalità stabiliti con provvedimento del Direttore generale dell’Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato».

14      L’articolo 19 di tale legge così dispone:

«Le rivendite di generi di monopolio si distinguono:

(…)

b)      rivendite ordinarie;

c)      rivendite speciali.

(...)

Le seconde sono affidate a privati in appalto o gestione di durata non superiore ad un novennio.

(...)».

15      Ai sensi dell’articolo 21 di tale legge:

«Le rivendite ordinarie sono istituite dove e quando l’Amministrazione lo ritenga utile ed opportuno nell’interesse del servizio.

Nei Comuni con popolazione non superiore ai 30 000 abitanti le rivendite ordinarie di nuova istituzione sono assegnate in esperimento mediante concorso riservato agli invalidi di guerra, vedove di guerra e categorie equiparate per legge ed ai decorati al valor militare.

Negli altri Comuni e nei capoluoghi di provincia le rivendite ordinarie sono appaltate in esperimento mediante asta pubblica.

La rivendita è aggiudicata al concorrente che, osservati i requisiti posti nell’avviso di asta, offra il sopracanone più elevato.

L’esperimento di cui ai precedenti commi dura un triennio, allo scadere del quale la rivendita, se non è stata soppressa, è classificata ai sensi dell’[articolo] 25 e può essere appaltata a trattativa privata o assegnata direttamente allo stesso titolare».

16      Risulta altresì dalla legge n. 1293/1957, da un lato, che le rivendite speciali sono istituite per soddisfare particolari esigenze del servizio in luoghi specifici e, dall’altro, che l’amministrazione può concedere l’autorizzazione a vendere prodotti soggetti a monopolio in particolare nei luoghi di ritrovo mediante un patentino. In quest’ultimo caso, il titolare del patentino si rifornisce presso la rivendita ordinaria più vicina.

 Decreto-legge n. 98/2011

17      L’articolo 24, comma 42, del decreto-legge del 6 luglio 2011, n. 98 – Disposizioni urgenti per la stabilizzazione finanziaria (GURI n. 155, del 6 luglio 2011), convertito, con modificazioni, nella legge del 15 luglio 2011, n. 111 (GURI n. 164, del 16 luglio 2011), nella versione applicabile ai fatti di cui al procedimento principale (in prosieguo: il «decreto-legge n. 98/2011»), dispone quanto segue:

«Con regolamento emanato entro il 31 marzo 2013 (...) dal Ministro dell’economia e delle finanze sono dettate disposizioni concernenti le modalità per l’istituzione di rivendite ordinarie e speciali di generi di monopolio, nonché per il rilascio ed il rinnovo del patentino, secondo i seguenti principi:

a)      ottimizzazione e razionalizzazione della rete di vendita, anche attraverso l’individuazione di criteri volti a disciplinare l’ubicazione dei punti vendita, al fine di contemperare, nel rispetto della tutela della concorrenza, l’esigenza di garantire all’utenza una rete di vendita capillarmente dislocata sul territorio, con l’interesse pubblico primario della tutela della salute consistente nel prevenire e controllare ogni ipotesi di offerta di tabacco al pubblico non giustificata dall’effettiva domanda di tabacchi;

b)      istituzione di rivendite ordinarie solo in presenza di determinati requisiti di distanza, non inferiore a 200 metri, e di popolazione, nel rispetto del rapporto di una rivendita ogni 1 500 abitanti;

c)      (...);

d)      trasferimenti di rivendite ordinarie solo in presenza dei medesimi requisiti di distanza e, ove applicabili, anche di popolazione di cui alla lettera b);

e)      istituzione di rivendite speciali solo ove si riscontri un’oggettiva ed effettiva esigenza di servizio, da valutarsi in ragione dell’effettiva ubicazione degli altri punti vendita già esistenti nella medesima zona di riferimento, nonché in virtù dei requisiti di cui alla lettera b);

f)      rilascio e rinnovi di patentini da valutarsi in relazione alla natura complementare e non sovrapponibile degli stessi rispetto alle rivendite di generi di monopolio, anche attraverso l’individuazione e l’applicazione del criterio della distanza».

 Decreto ministeriale n. 38/2013

18      L’articolo 2, commi da 1 a 3, del decreto ministeriale del 21 febbraio 2013, n. 38 – Regolamento recante disciplina della distribuzione e della vendita dei prodotti da fumo (GURI n. 89, del 16 aprile 2013), nella versione applicabile ai fatti di cui al procedimento principale (in prosieguo: il «decreto ministeriale n. 38/2013»), adottato in applicazione dell’articolo 24, comma 42, del decreto-legge n. 98/2011, così recita:

«1.      L’istituzione delle rivendite ordinarie è consentita in presenza dei parametri di cui al presente articolo.

2.      La distanza minima del locale adibito a nuova rivendita, rispetto a quello della rivendita più vicina già in esercizio, è pari o superiore a:

a)      metri 300, nei comuni con popolazione fino a 30 000 abitanti;

b)      metri 250, nei comuni con popolazione da 30 001 a 100 000 abitanti;

c)      metri 200, nei comuni con popolazione superiore a 100.000 abitanti.

3.      Non è consentita l’istituzione di una nuova rivendita qualora nei comuni interessati sia stato già raggiunto il rapporto di una rivendita ogni 1 500 abitanti, salvo che nei comuni con popolazione inferiore a 1 500 abitanti che ne siano sprovvisti, qualora sussista un effettivo e concreto interesse del servizio e la rivendita ordinaria più vicina già in esercizio in altro comune risulti distante oltre 600 metri.».

19      Ai sensi dell’articolo 3, commi da 1 a 6, di detto decreto ministeriale:

«1.      Ai sensi dell’articolo 21 della legge [n. 1293/1957], le rivendite ordinarie sono istituite con provvedimento dei competenti Uffici dell’[ADM] nei tempi e nei luoghi individuati in funzione dell’interesse del servizio, tenendo particolarmente conto delle zone caratterizzate da nuovi sviluppi abitativi, commerciali[,] della particolare rilevanza assunta dai nodi stradali e dai centri di aggregazione urbana della popolazione residente ovvero dalla presenza di uffici e strutture produttive di particolari rilevanza e frequentazione tali da rendere palese la sussistenza dell’interesse del servizio, nonché delle istanze di trasferimento pervenute agli Uffici.

2.      Ai fini del comma 1, gli Uffici competenti adottano per ogni anno solare due piani semestrali per l’istituzione delle rivendite ordinarie, avendo riguardo, alla luce dei punti di vendita già esistenti nonché delle istanze di trasferimento nel frattempo pervenute, della necessità che la rete di vendita dei tabacchi lavorati risulti:

a)      adeguata all’interesse del servizio;

b)      organizzata in modo tale da garantire l’efficienza e l’efficacia dei controlli da parte dell’amministrazione, a tutela dei minori, dell’ordine e della sicurezza pubblica, della salute pubblica, nonché del gettito.

3.      In occasione della predisposizione di ciascun piano sono valutate le domande di trasferimento nonché le proposte di istituzione di nuove rivendite pervenute all’Amministrazione durante il semestre immediatamente precedente. Le proposte per l’istituzione di nuove rivendite non determinano diritti nei riguardi di coloro che le formulano né obblighi a carico dell’Amministrazione.

4.      L’Ufficio competente formula, entro il 31 marzo ed il 30 settembre, lo schema di piano per l’istituzione delle rivendite ordinarie avendo cura di inserirvi esclusivamente le proposte di istituzione di nuove rivendite per le quali sussista una esigenza di servizio, nel rispetto dei parametri di cui all’articolo 2 e alla luce di ogni altro elemento istruttorio utile.

5.      In relazione a ciascuno schema di piano semestrale, entro il 30 aprile ed il 31 ottobre, l’Ufficio competente (...) rende pubblico lo schema di piano in apposita sezione del sito istituzionale dell’[ADM]. (...)

6.      L’Ufficio competente, definito lo schema di piano alla luce di tutti gli elementi istruttori acquisiti, comunica l’avvio del procedimento di istituzione delle nuove rivendite ai titolari delle tre rivendite più vicine situate a distanza inferiore a 600 metri dalla sede di quella di nuova istituzione, assegnando loro quindici giorni per eventuali osservazioni. Decorso tale termine, alla luce di tutti gli elementi istruttori acquisiti, l’Ufficio competente approva il piano definitivo di istituzione delle nuove rivendite e, per ciascuna zona individuata come idonea per tale istituzione, pubblica l’avviso per l’assegnazione ai sensi dell’articolo 21 della legge [n. 1293/1957] (...)».

20      Ai sensi dell’articolo 7 di detto decreto ministeriale, i patentini devono essere giustificati dalla necessità di erogazione del servizio in luoghi e tempi in cui non può essere svolto dalle rivendite ordinarie. La possibilità di rilasciare il patentino è esclusa quando presso la rivendita più vicina, collocata a distanza inferiore a limiti predeterminati, sia installato un distributore automatico di tabacchi lavorati.

 Procedimento principale e questioni pregiudiziali

21      La società FA.RO. esercita un’attività commerciale di somministrazione di alimenti e bevande nel comune di Finale Ligure (Italia). Essa era titolare di un patentino per la rivendita presso il suo esercizio commerciale di generi di monopolio di Stato. Con nota del 19 novembre 2021, l’ADM ha avviato il procedimento finalizzato alla soppressione del suddetto patentino, perché la rivendita di aggregazione, ubicata a distanza inferiore a 300 metri, aveva installato un distributore automatico di sigarette, circostanza ostativa al mantenimento del patentino, ai sensi dell’articolo 7 del decreto ministeriale n. 38/2013.

22      La società FA.RO. ha quindi presentato una domanda diretta ad ottenere l’istituzione di una nuova rivendita ordinaria presso il suo esercizio commerciale, spiegando che la necessità di detta rivendita deriverebbe da un forte afflusso di consumatori.

23      Il 31 marzo 2022 l’ADM ha adottato la nota n. 6401/RU, recante lo schema di piano semestrale per l’istituzione di nuove rivendite ordinarie nel territorio ligure, pubblicato il 6 aprile 2022. La rivendita di cui era richiesta dalla FA.RO. l’istituzione non era inclusa in tale schema di piano semestrale per il motivo che non erano soddisfatti i requisiti relativi alla distanza e alla demografia, stabiliti all’articolo 2 del decreto ministeriale n. 38/2013. Infatti, da un lato, il locale proposto si trovava, rispettivamente, a 176 metri e a 220 metri da altre due rivendite. Dall’altro, nel comune di Finale Ligure erano già attive 13 rivendite ordinarie e speciali, a fronte di una popolazione residente di 11 358 abitanti.

24      La società FA.RO. ha proposto ricorso dinanzi al Tribunale amministrativo regionale per la Liguria (Italia), giudice del rinvio, impugnando lo schema di piano semestrale nonché il piano definitivo, nella parte in cui non ha previsto l’istituzione del punto di vendita da lei richiesta. Tale società ha fatto valere, in particolare, che l’istituzione di una nuova rivendita presso il suo esercizio commerciale non sortirebbe alcun effetto deteriore di sovradimensionamento dell’offerta rispetto alla domanda, in quanto l’utenza effettivamente fruitrice del servizio sarebbe cento volte maggiore della popolazione residente per via dell’enorme afflusso di visitatori e vacanzieri nei fine settimana e durante la stagione turistica. In tali circostanze, l’ADM non avrebbe dovuto applicare meccanicamente i parametri stabiliti dalla normativa nazionale pertinente, bensì verificare la necessità e la proporzionalità delle restrizioni al libero accesso al mercato dei servizi e disapplicare l’articolo 24, comma 42, del decreto-legge n. 98/2011 e l’articolo 2 del decreto ministeriale n. 38/2013, in quanto contrari all’articolo 15, paragrafi 1 e 2, della direttiva 2006/123.

25      Il giudice del rinvio rileva che la domanda menzionata al punto 22 della presente sentenza è stata respinta a causa dell’inosservanza dei parametri fissati in astratto dalla normativa nazionale pertinente, senza valutare gli elementi forniti da detta società, secondo i quali il commercio di prodotti da fumo presso l’esercizio richiesto non solleciterebbe la domanda ma, al contrario, soddisferebbe una già esistente e significativa esigenza di servizio.

26      Orbene, i requisiti relativi alla distanza e alla demografia previsti da detta normativa nazionale di cui si tratta costituirebbero restrizioni territoriali e quantitative ai sensi dell’articolo 15, paragrafo 2, lettera a), della direttiva 2006/123 e potrebbero non essere compatibili con i criteri previsti all’articolo 15, paragrafo 3, di quest’ultima.

27      A tal riguardo, il giudice del rinvio rileva che il motivo imperativo che ha indotto il legislatore nazionale ad imporre siffatte misure restrittive è la protezione della salute umana dai rischi derivanti dai prodotti del tabacco. Tuttavia, tali restrizioni non apparirebbero realmente idonee a disincentivare o, quanto meno, a non sollecitare il consumo di prodotti da fumo, in particolare a causa della diffusione sempre crescente dei distributori automatici, installabili dai titolari di rivendite autorizzate, con la conseguenza che le sigarette sarebbero sempre disponibili per il consumatore. Inoltre, affinché la riduzione del numero di punti vendita sul territorio possa sortire un effetto dissuasivo, le distanze minime fra un tabaccaio e l’altro dovrebbero essere fissate in termini di chilometri, e non di metri.

28      La necessità di parametri basati sulla distanza e sulla demografia non deriverebbe neppure dalla CQLT. Inoltre, da una segnalazione dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (Italia) risulterebbe, da un lato, che le misure restrittive di cui trattasi nel procedimento principale siano volte meno a tutelare la salute dei cittadini che a garantire la redditività dell’attività e, dall’altro, che le distanze minime nonché tutte le forme di programmazione della struttura dell’offerta dovrebbero essere abolite.

29      In ogni caso, tali restrizioni potrebbero rivelarsi eccessive rispetto all’obiettivo di tutela della salute attraverso l’equilibrato rapporto tra domanda e offerta, per via della loro rigidità e della connessione a dati meramente anagrafici.

30      Pertanto, secondo il giudice del rinvio l’ADM dovrebbe poter apprezzare le eventuali circostanze oggettive le quali dimostrino che, pur non essendo rispettati i requisiti relativi alla distanza e alla popolazione, l’istituzione di una nuova rivendita ordinaria soddisferebbe un’esigenza di servizio e, dunque, non porterebbe ad un sovradimensionamento dell’offerta in particolare quando, come nel caso di specie, il bacino di utenza ha una consistenza effettiva superiore alla sola popolazione residente, e ciò a causa dell’elevato livello di turismo.

31      In tale contesto, il Tribunale amministrativo regionale per la Liguria ha deciso di sospendere il giudizio e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1.      [s]e l’articolo 15 della [direttiva 2006/123] nonché gli articoli 49, 56 e 106, [paragrafo] 2, TFUE, debbano essere interpretati nel senso che ostino a una normativa nazionale, come quella di cui al procedimento principale, che fissi restrizioni all’autorizzazione di punti vendita di prodotti del tabacco in funzione di una distanza geografica minima tra prestatori e della popolazione residente;

2.      se l’articolo 15 della direttiva [2006/123] nonché gli articoli 49, 56 e 106, [paragrafo] 2, TFUE, debbano essere interpretati nel senso che ostino a una normativa nazionale, come quella di cui al procedimento principale, che subordini l’autorizzazione di punti vendita di prodotti del tabacco al rispetto di parametri prefissati di distanza geografica minima tra prestatori e di popolazione residente, senza consentire all’Autorità pubblica competente di valutare altre circostanze di fatto oggettive che, pur in mancanza dei suddetti requisiti[,] dimostrino nel caso concreto la sussistenza di un’esigenza di servizio».

 Sulla ricevibilità della domanda di pronuncia pregiudiziale

32      Il governo spagnolo afferma, in sostanza, che la domanda di pronuncia pregiudiziale sarebbe irricevibile sulla base del rilievo che nessuna delle disposizioni di cui si chiede l’interpretazione sarebbe applicabile al caso in discussione nel procedimento principale. Da parte sua, il governo italiano, senza sollevare formalmente un’eccezione di irricevibilità, contesta l’applicabilità della direttiva 2006/123 a detta situazione, invocando l’articolo 2, paragrafi 1 e 2, di tale direttiva.

33      A questo proposito, occorre ricordare che, nell’ambito della cooperazione tra la Corte e i giudici nazionali istituita dall’articolo 267 TFUE, spetta soltanto al giudice nazionale, che è investito della controversia e che deve assumere la responsabilità della futura decisione giurisdizionale, valutare, alla luce delle particolarità della causa, sia la necessità di una pronuncia pregiudiziale che lo ponga in grado di emettere la propria sentenza, sia la rilevanza delle questioni che esso sottopone alla Corte. Di conseguenza, qualora le questioni sollevate vertano sull’interpretazione del diritto dell’Unione, la Corte è, in linea di principio, tenuta a statuire (sentenza dell’8 maggio 2024, Instituto da Segurança Social e a., C‑20/23, EU:C:2024:389, punto 24 e giurisprudenza ivi citata).

34      Ne consegue che le questioni relative al diritto dell’Unione godono di una presunzione di rilevanza. Il rifiuto della Corte di statuire su una questione pregiudiziale, sollevata da un giudice nazionale, è possibile soltanto qualora appaia in maniera manifesta che la richiesta interpretazione di una norma dell’Unione non ha alcun rapporto con la realtà effettiva o con l’oggetto della controversia di cui al procedimento principale, qualora il problema sia di natura ipotetica, o anche quando la Corte non disponga degli elementi di fatto e di diritto necessari per rispondere utilmente alle questioni che le vengono poste (sentenza dell’8 maggio 2024, Instituto da Segurança Social e a., C‑20/23, EU:C:2024:389, punto 25 e giurisprudenza ivi citata).

35      Secondo una giurisprudenza parimenti costante, nell’ambito della cooperazione tra la Corte e i giudici nazionali, la necessità di pervenire a un’interpretazione del diritto dell’Unione che sia utile per il giudice nazionale impone che quest’ultimo rispetti scrupolosamente i requisiti relativi al contenuto di una domanda di pronuncia pregiudiziale, indicati in maniera esplicita all’articolo 94 del regolamento di procedura della Corte (sentenza del 28 novembre 2023, Commune d’Ans, C‑148/22, EU:C:2023:924, punto 44 e giurisprudenza ivi citata).

36      Quindi, è segnatamente indispensabile, come enunciato dall’articolo 94, lettera c), del regolamento di procedura, che la decisione di rinvio contenga l’esposizione delle ragioni che hanno portato il giudice del rinvio a interrogarsi in merito all’interpretazione o alla validità di talune disposizioni del diritto dell’Unione, e chiarisca il collegamento che esso istituisce tra tali disposizioni e la normativa nazionale applicabile al procedimento principale (sentenza del 28 novembre 2023, Commune d’Ans, C‑148/22, EU:C:2023:924, punto 46 e la giurisprudenza ivi citata).

37      Nel caso di specie, il giudice del rinvio chiede alla Corte l’interpretazione degli articoli 49, 56 e 106, paragrafo 2, TFUE, nonché dell’articolo 15 della direttiva 2006/123.

38      Per quanto riguarda, in primo luogo, gli articoli 49 e 56 TFUE, occorre ricordare che le disposizioni del trattato FUE in materia di libertà di stabilimento, libera prestazione di servizi e libera circolazione dei capitali non sono applicabili a una fattispecie i cui elementi si collocano tutti all’interno di un solo Stato membro (sentenze del 15 novembre 2016, Ullens de Schooten, C‑268/15, EU:C:2016:874, punto 47 e giurisprudenza ivi citata, e del 18 gennaio 2022, Thelen Technopark Berlin, C‑261/20, EU:C:2022:33, punto 50).

39      La Corte, adita da un giudice nazionale nel contesto di una situazione in cui tutti gli elementi si collocano all’interno di un solo Stato membro, non può, senza indicazioni da parte di detto giudice in tal senso, considerare che la domanda di interpretazione in via pregiudiziale vertente sulle disposizioni del trattato FUE relative alle libertà fondamentali sia necessaria a tale giudice ai fini della soluzione della controversia dinanzi al medesimo pendente. Gli elementi concreti che consentono di stabilire un collegamento fra l’oggetto o le circostanze di una controversia, i cui elementi sono tutti collocati all’interno dello Stato membro interessato, e gli articoli 49 e 56 TFUE devono infatti risultare dalla decisione di rinvio (v., in tal senso, sentenze del 15 novembre 2016, Ullens de Schooten, C‑268/15, EU:C:2016:874, punto 54, e del 18 gennaio 2022, Thelen Technopark Berlin, C‑261/20, EU:C:2022:33, punto 52).

40      Di conseguenza, nel contesto di una situazione i cui elementi sono tutti collocati all’interno di un solo Stato membro, spetta al giudice del rinvio illustrare alla Corte, in conformità a quanto richiesto dall’articolo 94 del regolamento di procedura della Corte, sotto quale profilo, malgrado il suo carattere puramente interno, la controversia dinanzi ad esso pendente presenti un elemento di collegamento con le disposizioni del diritto dell’Unione relative alle libertà fondamentali che renda l’interpretazione in via pregiudiziale richiesta necessaria alla soluzione di tale controversia (v., in tal senso, sentenze del 15 novembre 2016, Ullens de Schooten, C‑268/15, EU:C:2016:874, punto 55, e del 18 gennaio 2022, Thelen Technopark Berlin, C‑261/20, EU:C:2022:33, punto 53).

41      Orbene, da un lato, dall’ordinanza di rinvio risulta che il complesso degli elementi che caratterizzano il procedimento principale si collocano all’interno di un solo Stato membro, nel caso di specie la Repubblica italiana. Dall’altro, tale decisione non contiene alcuna indicazione che lasci intendere che, nonostante il suo carattere puramente interno, l’oggetto di questa controversia presenti con gli articoli 49 e 56 TFUE un elemento di collegamento che renderebbe l’interpretazione necessaria alla soluzione di detta controversia.

42      Di conseguenza, le questioni pregiudiziali sono irricevibili nella parte in cui riguardano l’interpretazione degli articoli 49 e 56 TFUE.

43      Per quanto riguarda, in secondo luogo, l’articolo 106, paragrafo 2, TFUE, occorre ricordare, da un lato, che tale disposizione prevede che le imprese incaricate della gestione di servizi di interesse economico generale o aventi carattere di monopolio fiscale sono sottoposte alle norme in materia di concorrenza nei limiti in cui l’applicazione di tali norme non osti all’adempimento, in linea di diritto e di fatto, degli specifici compiti loro affidati, e, dall’altro, che essa è volta a contemperare l’interesse degli Stati membri ad utilizzare determinate imprese quali strumento di politica economica o sociale con l’interesse dell’Unione all’osservanza delle norme in materia di concorrenza e al mantenimento dell’unità del mercato interno (sentenza del 24 novembre 2020, Viasat Broadcasting UK, C‑445/19, EU:C:2020:952, punto 30 e giurisprudenza ivi citata).

44      Orbene, limitandosi ad affermare che i requisiti relativi alla distanza e alla demografia costituiscono restrizioni che incidono sui diritti e sulle libertà fondamentali garantiti dall’articolo 106, paragrafo 2, TFUE, il giudice del rinvio non espone il nesso che esso stabilisce tra tale disposizione e la normativa nazionale di cui si tratta nel procedimento principale.

45      Pertanto le questioni pregiudiziali sono del pari irricevibili nella parte in cui riguardano l’interpretazione dell’articolo 106, paragrafo 2, TFUE.

46      Per quanto riguarda, in terzo luogo, l’interpretazione della direttiva 2006/123, il giudice del rinvio rileva che i requisiti relativi alla distanza e alla demografia, previsti dalla normativa nazionale, potrebbero costituire restrizioni territoriali e quantitative ai sensi dell’articolo 15, paragrafo 2, lettera a), di detta direttiva. Qualora dovesse essere questo il caso, detto giudice si interroga sulla conformità di tali requisiti all’articolo 15, paragrafo 3, della medesima direttiva e fornisce al riguardo un’analisi dei summenzionati requisiti alla luce della disposizione in parola. Pertanto, il giudice del rinvio espone il collegamento che esso stabilisce tra le disposizioni della direttiva 2006/123 e la normativa nazionale di cui si tratta nel procedimento principale nonché i motivi che l’hanno indotto a interrogarsi sull’interpretazione di tale direttiva.

47      Peraltro, la Corte ha già avuto modo di dichiarare più volte, in base a un’interpretazione letterale, storica, contestuale e teleologica della direttiva 2006/123, che le disposizioni del capo III di quest’ultima, relativo alla libertà di stabilimento dei prestatori, le quali includono l’articolo 15 di tale direttiva, devono essere interpretate nel senso che esse si applicano, in particolare, a una situazione i cui elementi rilevanti si collocano tutti all’interno di un solo Stato membro [sentenza del 20 aprile 2023, Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (Comune di Ginosa), C‑348/22, EU:C:2023:301, punto 40 e giurisprudenza ivi citata].

48      Orbene, qualora non sia evidente che l’interpretazione di una disposizione di diritto dell’Unione non ha alcun rapporto con la realtà effettiva o con l’oggetto del procedimento principale, l’obiezione relativa all’inapplicabilità di tale disposizione al procedimento principale non è idonea a confutare la presunzione di rilevanza di cui godono le questioni poste, e deve essere esaminata nell’ambito dell’analisi delle questioni sollevate sotto il profilo del merito (v., in tal senso, sentenza del 7 marzo 2024, Roheline Kogukond e a., C‑234/22, EU:C:2024:211, punti 27 e 29 e giurisprudenza ivi citata).

49      Ne consegue che la domanda di pronuncia pregiudiziale è ricevibile nella parte in cui verte sull’interpretazione della direttiva 2006/123.

 Sulle questioni pregiudiziali

50      Con le sue due questioni, che occorre esaminare congiuntamente, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 15 della direttiva 2006/123 debba essere interpretato nel senso che esso osta a una normativa nazionale che subordina il rilascio di un’autorizzazione di punti vendita di prodotti del tabacco al rispetto di requisiti relativi alla distanza geografica minima tra i prestatori e alla demografia, senza che l’autorità pubblica competente possa prendere in considerazione, in luogo di tali requisiti, aumenti periodici del numero di consumatori.

 Sullambito di applicazione della direttiva 2006/123

51      Occorre, in via preliminare, stabilire se la direttiva 2006/123 debba essere interpretata nel senso che la situazione di cui si tratta nel procedimento principale rientra nel suo ambito di applicazione, posto che i governi spagnolo e italiano hanno concluso nel senso dell’inapplicabilità di tale direttiva tenuto conto, rispettivamente, dell’articolo 1, paragrafo 3, e dell’articolo 2, paragrafi 1 e 2, della medesima.

52      Secondo una giurisprudenza consolidata della Corte, le disposizioni della direttiva 2006/123 devono essere interpretate tenendo conto non soltanto della loro formulazione, ma anche del contesto in cui esse si inseriscono e degli obiettivi perseguiti dalla normativa di cui fanno parte (v., in tal senso, sentenze del 15 luglio 2021, BEMH e CNCC, C‑325/20, EU:C:2021:611, punto 18, e del 12 ottobre 2023, INTER CONSULTING, C‑726/21, EU:C:2023:764, punto 43 e giurisprudenza ivi citata).

53      Secondo l’articolo 1, paragrafo 3, della direttiva 2006/123, tale direttiva non riguarda l’abolizione di monopoli che forniscono servizi.

54      Conformemente al suo considerando 8, è opportuno che le disposizioni della direttiva in parola relative alla libertà di stabilimento e alla libera circolazione dei servizi si applichino soltanto nella misura in cui le attività in questione siano aperte alla concorrenza e non obblighino pertanto gli Stati membri, in particolare, ad abolire i monopoli esistenti per quanto riguarda altre attività o certi servizi di distribuzione.

55      Dal dettato dell’articolo 1, paragrafo 3, della direttiva 2006/123, in combinato disposto con il considerando 8 della stessa, risulta che sono escluse dall’ambito di applicazione di detta direttiva le situazioni in cui la fornitura di un servizio è sottratta alla concorrenza, avendo una normativa nazionale conferito un monopolio per la fornitura di determinati servizi ad un operatore (v., in tal senso, sentenza del 14 novembre 2018, Memoria e Dall’Antonia, C‑342/17, EU:C:2018:906, punto 41), e in cui l’applicazione delle disposizioni di tale direttiva avrebbe l’effetto di mettere in discussione l’esistenza di detto monopolio.

56      Una siffatta interpretazione dell’articolo 1, paragrafo 3, della direttiva 2006/123 consente di salvaguardare l’effetto utile della deroga così stabilita, rispettando al contempo l’obiettivo di tale direttiva che, come risulta dal suo articolo 1, paragrafo 1, in combinato disposto, in particolare, con i suoi considerando 2 e 5, consiste nell’eliminare le restrizioni alla libertà di stabilimento dei prestatori di servizi negli Stati membri e alla libera circolazione dei servizi tra i medesimi, al fine di contribuire alla realizzazione di un mercato interno libero e concorrenziale (sentenza del 30 gennaio 2018, X e Visser, C‑360/15 e C‑31/16, EU:C:2018:44, punto 104 e giurisprudenza ivi citata).

57      Nel caso di specie, dalla domanda di pronuncia pregiudiziale risulta che la normativa di cui si tratta nel procedimento principale riserva la vendita al dettaglio dei tabacchi lavorati a distributori autorizzati dalla pubblica amministrazione mediante rivendite ordinarie e speciali, nonché patentini.

58      Ne discende che l’attività di commercio al dettaglio di tabacchi lavorati, la quale costituisce un «servizio», ai sensi dell’articolo 4, punto 1, della direttiva 2006/123 (v., per analogia, sentenze del 30 gennaio 2018, X e Visser, C‑360/15 e C‑31/16, EU:C:2018:44, punto 91, e del 26 settembre 2018, Van Gennip e a., C‑137/17, EU:C:2018:771, punto 76), non è sottratta alla concorrenza né conferita a un unico operatore, ma è esercitata da soggetti indipendenti. Inoltre, la normativa di cui si tratta nel procedimento principale riguarda l’accesso di diversi operatori al mercato della distribuzione al dettaglio dei tabacchi lavorati.

59      Come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 47 delle sue conclusioni, benché la concessione di rivendite e di patentini comporti l’esercizio del potere pubblico da parte dell’amministrazione italiana, che autorizza i punti vendita e concede i patentini, ciò non significa tuttavia che detta amministrazione curi essa stessa la vendita al dettaglio dei tabacchi lavorati né che essa interferisca nelle decisioni strettamente commerciali dei titolari dei punti vendita e dei patentini.

60      Di conseguenza, una normativa che riserva la vendita al dettaglio dei tabacchi lavorati a distributori autorizzati dai pubblici poteri mediante rivendite ordinarie e speciali, nonché patentini, non può essere considerata rientrante nella nozione di «monopolio che fornisce servizi» ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 3, della direttiva 2006/123.

61      Per quanto riguarda gli argomenti del governo italiano secondo i quali la direttiva 2006/123 non sarebbe applicabile a causa del suo articolo 2, paragrafi 1 e 2, alla luce del suo considerando 8, dal momento che i distributori di tabacchi lavorati svolgerebbero un’attività economica di interesse generale, che garantisce il funzionamento del monopolio fiscale sulla vendita di tabacco, è sufficiente ricordare che la Corte ha già dichiarato che le norme poste da detta direttiva si applicano, in linea di principio, ai servizi di interesse economico generale, essendo esclusi dal loro ambito di applicazione soltanto i servizi di interesse generale non economici (sentenza dell’11 aprile 2019, Repsol Butano e DISA Gas, C‑473/17 e C‑546/17, EU:C:2019:308, punto 43).

62      Occorre pertanto interpretare l’articolo 1, paragrafo 3, e l’articolo 2, paragrafi 1 e 2, della direttiva 2006/123 nel senso che una normativa che riserva la vendita al dettaglio dei tabacchi lavorati a rivenditori autorizzati dalla pubblica amministrazione mediante rivendite ordinarie e speciali, nonché patentini, rientra nell’ambito di applicazione di tale direttiva.

 Sulle disposizioni rilevanti della direttiva 2006/123

63      Secondo una giurisprudenza costante della Corte, nell’ambito della procedura di cooperazione tra i giudici nazionali e la Corte, di cui all’articolo 267 TFUE, spetta a quest’ultima fornire al giudice nazionale una risposta utile che gli consenta di dirimere la controversia di cui è investito. In tale ottica, la Corte può essere condotta a prendere in considerazione norme del diritto dell’Unione alle quali il giudice nazionale non ha fatto riferimento nella formulazione della sua questione (sentenza del 22 febbraio 2024, Direcţia pentru Evidenţa Persoanelor şi Administrarea Bazelor de Date, C‑491/21, EU:C:2024:143, punto 23 e giurisprudenza ivi citata).

64      L’articolo 15 della direttiva 2006/123, di cui il giudice del rinvio chiede l’interpretazione, figura, con l’articolo 14, nella sezione 2 del capo III della stessa direttiva, relativa ai requisiti vietati o soggetti a valutazione, mentre la sezione 1 di questo stesso capo, che contiene gli articoli da 9 a 13 della citata direttiva, concerne le autorizzazioni.

65      A tale riguardo, l’articolo 4, punto 6, della direttiva 2006/123, definisce la nozione di «regime di autorizzazione» come «qualsiasi procedura che obbliga un prestatore o un destinatario a rivolgersi ad un’autorità competente allo scopo di ottenere una decisione formale o una decisione implicita relativa all’accesso ad un’attività di servizio o al suo esercizio».

66      Quanto all’articolo 4, punto 7, della direttiva in parola, esso definisce la nozione di «requisito» come «qualsiasi obbligo, divieto, condizione o limite stabilito dalle disposizioni legislative, regolamentari o amministrative degli Stati membri o derivante dalla giurisprudenza, dalle prassi amministrative, dalle regole degli organismi e ordini professionali o dalle regole collettive di associazioni o organizzazioni professionali adottate nell’esercizio della propria autonomia giuridica».

67      La Corte ha dichiarato che un «regime di autorizzazione», ai sensi dell’articolo 4, punto 6, della direttiva 2006/123, si distingue da un «requisito», ai sensi dell’articolo 4, punto 7, di tale direttiva, in quanto implica l’avvio di una pratica da parte del prestatore di servizi nonché un atto formale mediante il quale le autorità competenti autorizzano l’attività di tale prestatore (sentenza del 22 settembre 2020, Cali Apartments, C‑724/18 e C‑727/18, EU:C:2020:743, punto 49 e giurisprudenza ivi citata).

68      Dalla domanda di pronuncia pregiudiziale risulta che il procedimento principale verte sulla legittimità del rifiuto dell’ADM di autorizzare, nel piano semestrale per l’istituzione delle nuove rivendite ordinarie in territorio ligure, una nuova rivendita presso l’esercizio della FA.RO., per il motivo che i requisiti relativi alla distanza e alla demografia, previsti dalla normativa nazionale, non sarebbero stati soddisfatti.

69      Da tale domanda di pronuncia pregiudiziale risulta altresì che, conformemente alla normativa nazionale di cui si tratta nel procedimento principale, per poter commercializzare tabacchi lavorati, un prestatore di servizi deve ottenere in concessione o in gestione una rivendita ordinaria o speciale, o un patentino, assegnati al termine di una procedura prevista da tale normativa. Per quanto riguarda, in particolare, le rivendite ordinarie, la loro istituzione richiede l’adozione di una decisione dell’ADM, in applicazione di un piano semestrale previamente stabilito. In sede di preparazione di tale piano, l’ADM tiene conto delle richieste di istituzione delle nuove rivendite ordinarie presentate. Il piano in parola comprende nuove rivendite per le quali sussiste un’esigenza di servizio e che soddisfano i requisiti fissati dalla normativa pertinente.

70      Come rilevato, in sostanza, dall’avvocato generale ai paragrafi da 59 a 63 delle sue conclusioni, al fine di poter procedere alla commercializzazione dei tabacchi lavorati, un prestatore di servizi ha quindi l’obbligo di espletare una pratica presso un’autorità competente al fine di ottenere da quest’ultima un atto formale che gli consenta di accedere a tale attività.

71      Orbene caratteristiche siffatte corrispondono a quelle del «regime di autorizzazione», ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 6, della direttiva 2006/123, ricordate al punto 67 della presente sentenza. L’organizzazione della vendita al dettaglio dei tabacchi lavorati rientra quindi, fatte salve le verifiche che spetta al giudice del rinvio effettuare, nella nozione di «regime di autorizzazione» ai sensi di tale disposizione.

72      Con riferimento a una normativa di uno Stato membro in forza della quale il legislatore nazionale incarica talune autorità di attuare un «regime di autorizzazione», ai sensi dell’articolo 4, punto 6, della direttiva 2006/123, fissando le condizioni alle quali è subordinato il rilascio delle autorizzazioni previste da tale regime, spetta ai giudici nazionali, da un lato, valutare la conformità all’articolo 9 di tale direttiva del ricorso da parte del legislatore nazionale a un siffatto meccanismo e, dall’altro, verificare se i criteri enunciati da tale legislatore e che disciplinano la concessione di dette autorizzazioni, nonché l’effettiva attuazione degli stessi da parte delle autorità le cui misure sono contestate, siano conformi ai requisiti previsti all’articolo 10 di detta direttiva (v., in tal senso, sentenza del 22 settembre 2020, Cali Apartments, C‑724/18 e C‑727/18, EU:C:2020:743, punto 59).

73      Orbene, nella sua domanda di pronuncia pregiudiziale, il giudice del rinvio ha chiaramente precisato che non intendeva mettere in discussione la legittimità del regime di autorizzazione previsto dalla normativa italiana in applicazione dell’articolo 9 della direttiva 2006/123, escludendo così dalla portata delle sue questioni la conformità a tale articolo del ricorso, da parte del legislatore nazionale, a un siffatto dispositivo.

74      Di conseguenza, occorre interpretare l’articolo 10 della direttiva 2006/123 al fine di fornire al giudice del rinvio tutte le indicazioni utili che gli consentano di valutare la conformità con tale disposizione dei requisiti relativi alla distanza e alla demografia, ai quali la normativa nazionale subordina l’istituzione di nuove rivendite ordinarie di tabacchi lavorati.

 Sui requisiti relativi alla distanza e alla demografia

75      I requisiti relativi alla distanza e alla demografia, di cui si tratta nel procedimento principale, compaiono, da un lato, nell’articolo 24, comma 42, lettera b), del decreto-legge n. 98/2011, e dall’altro, nell’articolo 2 del decreto ministeriale n. 38/2013. Secondo la prima di tali disposizioni, la distanza tra le rivendite ordinarie non può essere inferiore a m 200 e deve essere rispettato il rapporto di una rivendita ogni 1 500 abitanti. In virtù della seconda, la distanza minima del locale adibito a nuova rivendita, rispetto a quello della rivendita più vicina già in esercizio, è pari o superiore a m 300, nei comuni con popolazione fino a 30 000 abitanti, m 250, nei comuni con popolazione da 30 001 a 100 000 abitanti e a m 200, nei comuni con popolazione superiore a 100 000 abitanti. Questa seconda disposizione precisa inoltre che non occorre rispettare il rapporto di una rivendita ogni 1 500 abitanti nei comuni con popolazione inferiore a 1 500 abitanti che siano sprovvisti di una rivendita, qualora sussista un effettivo e concreto interesse del servizio e la rivendita ordinaria più vicina già in esercizio in altro comune risulti distante oltre m 600.

76      Orbene, l’articolo 10, paragrafo 1, della direttiva 2006/123, prevede che i regimi di autorizzazione di cui all’articolo 9, paragrafo 1, di tale direttiva devono basarsi su criteri che inquadrino l’esercizio del potere di valutazione da parte delle autorità competenti affinché tale potere non sia utilizzato in modo arbitrario. Ai sensi dell’articolo 10, paragrafo 2, lettere da a) a g), di detta direttiva, i criteri in parola devono essere non discriminatori, giustificati da un motivo imperativo di interesse generale, commisurati all’obiettivo di interesse generale, chiari e inequivocabili, oggettivi, resi pubblici preventivamente e, infine, trasparenti e accessibili.

77      Per quanto riguarda, in primo luogo, il carattere non discriminatorio di tali criteri, richiesto dall’articolo 10, paragrafo 2, lettera a), della direttiva 2006/123, occorre constatare che requisiti che si fondano su una distanza minima tra i prestatori e sulla demografia non introducono una distinzione relativa alla cittadinanza del prestatore.

78      In secondo luogo, occorre verificare se tali requisiti relativi alla distanza e alla demografia siano giustificati da un motivo imperativo di interesse generale, come richiesto dall’articolo 10, paragrafo 2, lettera b), di detta direttiva.

79      Dalle spiegazioni fornite dal giudice del rinvio e dal governo italiano risulta che i requisiti relativi alla distanza e alla demografia, di cui si tratta nel procedimento principale, sono stati adottati con l’obiettivo della protezione della salute umana contro i rischi derivanti dai tabacchi lavorati.

80      A tal proposito risulta dall’articolo 24, comma 42, lettera a), del decreto-legge n. 98/2011, che la definizione dei criteri volti a disciplinare l’ubicazione dei punti vendita di tabacchi lavorati è intesa a contemperare, nel rispetto della tutela della concorrenza, l’esigenza di garantire all’utenza una rete di vendita capillarmente dislocata sul territorio, da un lato e, dall’altro, con l’interesse pubblico primario della tutela della salute consistente nel prevenire e controllare ogni ipotesi di offerta di tabacco al pubblico non giustificata dall’effettiva domanda di prodotti del tabacco lavorato. L’articolo 3, comma 2, lettere a) e b), del decreto ministeriale n. 38/2013 prevede inoltre che la rete di vendita dei tabacchi lavorati deve essere adeguata all’interesse del servizio e organizzata in modo da garantire l’efficienza e l’efficacia dei controlli da parte dell’amministrazione, a tutela dei minori, dell’ordine e della sicurezza pubblica, della salute pubblica nonché del gettito.

81      La tutela della sanità pubblica, come risulta dall’articolo 4, punto 8, della direttiva 2006/123 e del suo considerando 7, figura tra i motivi imperativi di interesse generale che possono giustificare restrizioni alle libertà di circolazione (v, in tal senso, sentenza del 23 dicembre 2015, Hiebler, C‑293/14, EU:C:2015:843, punto 58 e giurisprudenza ivi citata).

82      Pertanto, occorre considerare che la tutela della salute umana dai rischi derivanti dai tabacchi lavorati può giustificare restrizioni all’istituzione di nuove rivendite di tali prodotti.

83      Per contro, conformemente ad una giurisprudenza costante della Corte, considerazioni di natura puramente economica non possono costituire un motivo imperativo di interesse generale [v., in tal senso, sentenze del 15 aprile 2010, CIBA, C‑96/08, EU:C:2010:185, punto 48, e del 19 settembre 2017, Commissione/Irlanda (Tassa di immatricolazione), C‑552/15, EU:C:2017:698, punto 89 e giurisprudenza ivi citata].

84      Come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 67 delle sue conclusioni, tale giurisprudenza costante si riflette all’articolo 14, punto 5, della direttiva 2006/123, nonché al suo considerando 66. Ai sensi dell’articolo 14, punto 5, della direttiva in parola, da un lato, è vietato applicare caso per caso una verifica di natura economica che subordini il rilascio dell’autorizzazione alla prova dell’esistenza di un bisogno economico o di una domanda di mercato, o alla valutazione degli effetti economici potenziali o effettivi dell’attività o alla valutazione dell’adeguatezza dell’attività rispetto agli obiettivi di programmazione economica stabiliti dall’autorità competente. D’altro lato, tale divieto non concerne i requisiti di programmazione che non perseguono obiettivi economici, ma che sono dettati da motivi imperativi d’interesse generale.

85      Sebbene l’articolo 14, punto 5, della direttiva 2006/123 figuri nella sezione 2 del capo III di detta direttiva, relativa ai requisiti vietati o soggetti alla valutazione, laddove l’articolo 10 è collocato nella sezione 1 di detto capo III, dedicata alle autorizzazioni, un regime di autorizzazione non può contenere requisiti vietati, quali quelli elencati in tale prima disposizione, come rilevato in sostanza dall’avvocato generale al paragrafo 64 delle sue conclusioni.

86      Del resto, una siffatta constatazione deriva dalla formulazione stessa dell’articolo 14, punto 5, della direttiva 2006/123, che prevede il divieto di subordinare «il rilascio dell’autorizzazione» alla prova dell’esistenza di un bisogno economico o di una domanda di mercato.

87      Orbene, poiché l’articolo 21, comma 1, della legge n. 1293/1957 nonché l’articolo 3, comma 2, lettere a) e b), del decreto ministeriale n. 38/2013 invocano la necessità di adeguare la rete di vendita all’interesse del servizio e di garantire il gettito, spetta al giudice del rinvio verificare se i criteri stabiliti da tale normativa nazionale non conducano ad applicare, caso per caso, una verifica di natura economica che subordini l’istituzione di una nuova rivendita alla prova dell’esistenza di un bisogno economico o di una domanda del mercato, ai sensi dell’articolo 14, punto 5, della direttiva 2006/123.

88      A tal riguardo, come risulta dalle osservazioni del governo italiano, i requisiti relativi alla distanza e alla popolazione residente mirano a limitare l’offerta alla domanda effettiva evitando, da un lato, la proliferazione dei punti vendita nei luoghi in cui la domanda è già soddisfatta dai punti vendita esistenti e, dall’altro, un numero insufficiente di punti vendita, che potrebbe produrre l’effetto di lasciare insoddisfatta parte della domanda e, di conseguenza, incentivare le attività di contrabbando.

89      Poiché i criteri stabiliti dalla normativa nazionale rilevante nel procedimento principale sembrano quindi volti ad una certa corrispondenza tra l’offerta e la domanda, essi potrebbero essere qualificati, circostanza che spetta al giudice del rinvio accertare, come verifica di natura economica vietata, ai sensi dell’articolo 14, punto 5, della direttiva 2006/123, qualora risultasse che il loro obiettivo sia quello di garantire un reddito sufficiente ai venditori di tabacchi lavorati e/o di massimizzare la riscossione dei prelievi fiscali sui consumatori di tali prodotti.

90      Per contro, nel caso in cui detti criteri non perseguissero un obiettivo di natura economica, e fossero obiettivamente giustificati da un motivo imperativo di interesse generale, quale la tutela della sanità pubblica, evitando di incoraggiare il consumo aumentando l’offerta e avendo un effetto dissuasivo sulla domanda, essi non rientrerebbero in tale divieto.

91      In terzo luogo, occorre ricordare che il rispetto del principio di proporzionalità, di cui all’articolo 10, paragrafo 2, lettera c), della direttiva 2006/123, implica che una misura sia idonea a garantire, in modo coerente e sistematico, la realizzazione dell’obiettivo perseguito e non ecceda quanto necessario per conseguirlo (v., in tal senso, sentenza del 7 settembre 2022, Cilevičs e a., C‑391/20, EU:C:2022:638, punto 65 e giurisprudenza ivi citata).

92      Al fine di determinare se ed in quale misura la normativa in questione nel procedimento principale soddisfi i requisiti in parola, il giudice del rinvio deve esaminare in modo obiettivo, sulla scorta di dati statistici, puntuali o con altri mezzi, se gli elementi di prova forniti dallo Stato membro di cui trattasi consentano di ritenere ragionevolmente che gli strumenti prescelti siano idonei a realizzare gli obiettivi perseguiti, nonché se sia possibile conseguire questi ultimi attraverso misure meno restrittive (v., in tal senso, sentenza del 21 dicembre 2023, CDIL, C‑96/22, EU:C:2023:1025, punto 43 e giurisprudenza ivi citata).

93      Tuttavia la Corte, chiamata a fornire a tale giudice risposte utili, è competente a fornire indicazioni tratte dagli atti del procedimento principale come pure dalle osservazioni scritte sottopostele, idonee a mettere detto giudice in grado di decidere (sentenza del 21 dicembre 2023, CDIL, C‑96/22, EU:C:2023:1025, punto 44 e giurisprudenza ivi citata).

94      A detto riguardo occorre constatare, come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 90 delle sue conclusioni, che la combinazione dei requisiti relativi alla distanza e alla demografia sembra atta, al contempo, a garantire l’approvvigionamento di tabacchi lavorati su tutto il territorio e ad impedire che l’offerta aumenti in modo incontrollato e comporti un aumento del consumo di tabacco.

95      Inoltre, l’offerta controllata dei tabacchi lavorati legali può contribuire a ridurre il ricorso a prodotti di contrabbando che possono stimolare il consumo a causa dei prezzi inferiori ai quali sono offerti o comportare rischi supplementari per la salute dei consumatori, qualora non corrispondano alle norme applicabili ai tabacchi lavorati o immessi sul mercato negli Stati membri, in particolare per quanto riguarda gli ingredienti e le emissioni dei prodotti in parola.

96      Tuttavia, al fine di raggiungere in modo coerente e sistematico l’obiettivo di tutela della salute pubblica invocato, il meccanismo di cui si tratta nel procedimento principale non dovrebbe avere il solo effetto di garantire l’accessibilità e la disponibilità dei tabacchi lavorati, senza produrre effetti dissuasivi sulla domanda di tali prodotti. Inoltre, l’effetto utile dell’applicazione dei requisiti relativi alla distanza e alla demografia non dovrebbe essere messo in discussione da altre misure.

97      Al riguardo spetta al giudice del rinvio valutare, tenuto conto dei requisiti ricordati al punto 92 della presente sentenza, se il requisito relativo alla distanza minima tra le rivendite, quale previsto dalla normativa nazionale, combinato a quello relativo alla demografia, tenuto conto delle particolarità geografiche e demografiche dello Stato membro interessato, sia sufficiente a dissuadere il consumo dei tabacchi lavorati, senza condurre all’aumento dell’offerta illegale di siffatti prodotti.

98      Ad esso spetta altresì valutare se l’incremento del numero di distributori automatici non metta in discussione l’effetto utile di tali requisiti, nonché il carattere coerente e sistematico, ai sensi della giurisprudenza citata al punto 91 della presente sentenza, della normativa nazionale di cui si tratta nel procedimento principale.

99      A tal riguardo, occorre rilevare che il governo italiano ha fatto valere all’udienza dinanzi alla Corte che l’installazione dei distributori automatici è soggetta agli stessi requisiti relativi alla distanza e alla demografia dell’istituzione delle rivendite, e può essere effettuata unicamente da operatori titolari di una concessione di una rivendita ordinaria o di un patentino. Un operatore non potrebbe installare più di un distributore, all’interno o all’esterno del suo esercizio commerciale, e gli operatori che possono ottenere patentini potrebbero scegliere di installare un distributore automatico di tabacco, previa autorizzazione amministrativa, in alternativa a tale patentino.

100    Spetta al giudice del rinvio verificare se, in tal modo inquadrata, l’installazione dei distributori automatici costituisca un mezzo di vendita dei tabacchi lavorati alternativo alla vendita mediante rivendite ordinarie o speciali, o mediante patentini, che debba rispettare gli stessi requisiti relativi alla distanza e alla demografia, e non comporti un aumento dell’offerta di tali prodotti.

101    Per quanto riguarda la valutazione della necessità della misura in questione nel procedimento principale, che implica l’esame del criterio di proporzionalità di cui all’articolo 10, paragrafo 2, lettera c), della direttiva 2006/123, va sottolineato, anzitutto, che la salute occupa il primo posto tra i beni e gli interessi protetti dal trattato FUE e che spetta agli Stati membri decidere il livello al quale intendono garantire detta tutela nonché il modo in cui tale livello deve essere raggiunto, di modo che essi dispongono di un margine di discrezionalità al riguardo (sentenza del 21 dicembre 2023, CDIL, C‑96/22, EU:C:2023:1025, punto 46 e giurisprudenza ivi citata).

102    Occorre poi tenere conto dalla notevole nocività accertata del consumo di tabacchi lavorati per gli effetti di questi ultimi in termini di dipendenza e per l’insorgenza di malattie gravi provocate da composti farmacologicamente attivi, tossici, mutageni e cancerogeni contenuti in tali prodotti (v., in tal senso, sentenza del 4 maggio 2016, Philip Morris Brands e a., C‑547/14, EU:C:2016:325, punto 156).

103    Infine, non è indispensabile che la misura restrittiva adottata dalle autorità di uno Stato membro corrisponda ad una concezione condivisa da tutti gli Stati membri relativamente alle modalità di tutela del diritto fondamentale o del legittimo interesse in discussione. Al contrario, la necessità e la proporzionalità delle disposizioni adottate in materia non sono escluse per il solo motivo che uno Stato membro abbia scelto un regime di tutela diverso da quello adottato da un altro Stato (sentenza del 7 settembre 2022, Cilevičs e a., C‑391/20, EU:C:2022:638, punto 82 e giurisprudenza ivi citata).

104    Al riguardo, tenuto conto del margine di discrezionalità ricordato al punto 101 della presente sentenza, la circostanza che la CQLT non preveda, tra le misure volte a ridurre il consumo di tabacco, un regime che subordini l’autorizzazione di nuove rivendite a requisiti relativi alla distanza e alla demografia non consente di concludere che il regime di cui si tratta nel procedimento principale ecceda quanto necessario per raggiungere tale obiettivo.

105    Alla luce di tale margine di discrezionalità, quando uno Stato membro reputa utile introdurre misure volte a controllare l’offerta di prodotti dei tabacchi lavorati, tale Stato membro può legittimamente considerare che un aumento periodico del numero dei consumatori non costituisca un fattore di cui occorra tenere conto.

106    Infatti, la presa in considerazione di un siffatto aumento periodico sarebbe in contrasto con l’obiettivo perseguito di una limitazione dell’offerta diretta a disincentivare il consumo.

107    Peraltro il governo italiano afferma che, nel rispetto dei requisiti relativi alla distanza e alla demografia che esso stabilisce, il regime di autorizzazione di cui si tratta nel procedimento principale prevede di riservare un’attenzione particolare, conformemente all’articolo 3, commi 1 e 2, del decreto ministeriale n. 38/2013, alle zone contrassegnate da nuovi sviluppi abitativi e commerciali, alla particolare rilevanza assunta dai nodi stradali e dai centri di aggregazione urbana della popolazione residente ovvero alla presenza di uffici e strutture produttive di particolari rilevanza e frequentazione. Spetta al giudice del rinvio verificare se ciò si verifichi effettivamente.

108    In quarto luogo, per quanto riguarda i requisiti di cui all’articolo 10, paragrafo 2, lettere da d) a g), della direttiva 2006/123, occorre ricordare anzitutto che i requisiti di chiarezza e di univocità [lettera d)] rinviano alla necessità di rendere le condizioni di autorizzazione facilmente comprensibili per tutti evitando qualsiasi ambivalenza nel testo delle stesse. Inoltre, il requisito di oggettività [lettera e)] mira a far sì che le domande di autorizzazione siano valutate in base ai propri meriti, al fine di garantire alle parti interessate che la loro domanda sia trattata con obiettività e imparzialità. Infine, i requisiti relativi alla pubblicità [lettera f)] nonché alla trasparenza e all’accessibilità [lettera g)] presuppongono che qualsiasi interessato possa essere informato immediatamente dell’esistenza di una normativa che possa pregiudicare l’accesso all’attività di cui si tratta o l’esercizio della stessa (v., in tal senso, sentenza del 22 settembre 2020, Cali Apartments, C‑724/18 e C‑727/18, EU:C:2020:743, punti 96 e 107, nonché giurisprudenza ivi citata).

109    Fatte salve le verifiche che il giudice del rinvio deve effettuare, risulta che i requisiti relativi alla distanza e alla demografia si basano su dati oggettivi, sono noti in anticipo e non possono, in linea di principio, dar luogo a difficoltà di interpretazione o applicazione. Poiché devono essere soddisfatti per l’autorizzazione di una qualsiasi nuova rivendita, detti requisiti sembrano conformi ai requisiti ricordati al punto precedente della presente sentenza.

110    Ciò posto, dal fascicolo di cui dispone la Corte nonché dalle osservazioni esposte in udienza risulta che la circostanza che i requisiti relativi alla distanza e alla demografia siano soddisfatti non garantisce automaticamente il rilascio di un’autorizzazione per una nuova rivendita ordinaria.

111    Infatti, come risulta dall’articolo 21, comma 1, della legge n. 1293/1957, le rivendite ordinarie sono istituite dove e quando l’amministrazione «lo ritenga utile ed opportuno nell’interesse del servizio». Parimenti, l’articolo 3, comma 2, lettera a), del decreto ministeriale n. 38/2013 precisa che l’adozione dei piani semestrali per l’istituzione delle rivendite ordinarie deve tener conto della necessità che la rete di vendita dei tabacchi lavorati sia «adeguata all’interesse del servizio».

112    Orbene, detto requisito generale relativo «all’interesse del servizio», il cui contenuto è illustrato all’articolo 3, comma 1, del decreto ministeriale n. 38/2013 con esempi non esaustivi di alcune di tali caratteristiche e che si aggiunge ai requisiti relativi alla distanza e alla popolazione residente di cui l’amministrazione deve tener conto, può mettere in discussione il carattere chiaro, inequivocabile, oggettivo e trasparente dei criteri che disciplinano l’esercizio del potere discrezionale dell’amministrazione, circostanza che spetta al giudice del rinvio verificare.

113    Tenuto conto di quanto precede, occorre rispondere alle questioni sollevate dichiarando che l’articolo 10, paragrafi 1 e 2, della direttiva 2006/123 deve essere interpretato nel senso che esso non osta a una normativa nazionale che subordina il rilascio di un’autorizzazione di punti vendita di prodotti del tabacco al rispetto di requisiti relativi alla distanza geografica minima tra i prestatori e alla demografia, senza che l’autorità pubblica competente possa prendere in considerazione, in luogo di tali requisiti, aumenti periodici del numero di consumatori, purché i suddetti requisiti:

–        siano oggettivamente giustificati da un motivo imperativo di interesse generale, quale la protezione della sanità pubblica contro i rischi derivanti dai tabacchi lavorati;

–        siano tali da produrre effetti dissuasivi sulla domanda di tabacchi lavorati;

–        si applichino anche all’installazione di distributori automatici di tabacco; e

–        applicati, se del caso, con il criterio relativo all’interesse del servizio, rispettino il principio di proporzionalità e soddisfino i requisiti di chiarezza, univocità, oggettività, pubblicità, trasparenza e accessibilità.

 Sulle spese

114    Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

Per questi motivi, la Corte (Prima Sezione) dichiara:

L’articolo 10, paragrafi 1 e 2, della direttiva 2006/123/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 2006, relativa ai servizi nel mercato interno,

deve essere interpretato nel senso che:

esso non osta a una normativa nazionale che subordina il rilascio di un’autorizzazione di punti vendita di prodotti del tabacco al rispetto di requisiti relativi alla distanza geografica minima tra i prestatori e alla demografia, senza che l’autorità pubblica competente possa prendere in considerazione, in luogo di tali requisiti, aumenti periodici del numero di consumatori, purché i suddetti requisiti:

–        siano oggettivamente giustificati da un motivo imperativo di interesse generale, quale la protezione della sanità pubblica contro i rischi derivanti dai tabacchi lavorati;

–        siano tali da produrre effetti dissuasivi sulla domanda di tabacchi lavorati;

–        si applichino anche all’installazione di distributori automatici di tabacco; e

–        applicati, se del caso, con il criterio relativo all’interesse del servizio, rispettino il principio di proporzionalità e soddisfino i requisiti di chiarezza, univocità, oggettività, pubblicità, trasparenza e accessibilità.

Firme


*      Lingua processuale: l’italiano.

 

SENTENZA DELLA CORTE (Prima Sezione)

17 ottobre 2024 (*)

 

« Rinvio pregiudiziale – Servizi nel mercato interno – Direttiva 2006/123/CE – Regime di autorizzazione – Articolo 10 – Requisiti per la concessione dell’autorizzazione – Vendita di prodotti del tabacco – Regolamentazione nazionale che subordina la concessione di un’autorizzazione all’istituzione di una rivendita di prodotti del tabacco al rispetto di determinati requisiti – Requisiti relativi alla distanza e alla popolazione – Tutela della salute pubblica contro il tabagismo »

Nella causa C‑16/23,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dal Tribunale amministrativo regionale per la Liguria (Italia), con ordinanza del 22 dicembre 2022, pervenuta in cancelleria il 16 gennaio 2023, nel procedimento

FA.RO. di YK & C. Sas

contro

Agenzia delle Dogane e dei Monopoli,

nei confronti di:

JS,

LA CORTE (Prima Sezione),

composta da T. von Danwitz, vicepresidente della Corte, facente funzione di presidente della Prima Sezione, A. Arabadjiev e I. Ziemele (relatrice), giudici,

avvocato generale: M. Campos Sánchez-Bordona

cancelliere: C. Di Bella, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 24 gennaio 2024,

considerate le osservazioni presentate:

–        per la FA.RO. di YK & C. Sas, da G. Briozzo, avvocato;

–        per JS, da A. Celotto e L. Grazzini, avvocati;

–        per il governo italiano, da G. Palmieri, in qualità di agente, assistita da D. Del Gaizo e F. Meloncelli, avvocati dello Stato;

–        per il governo spagnolo, da M. Morales Puerta, in qualità di agente;

–        per la Commissione europea, da L. Armati, L. Malferrari e M. Mataija, in qualità di agenti,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 14 marzo 2024,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione degli articoli 49 e 56 nonché dell’articolo 106, paragrafo 2, TFUE nonché dell’articolo 15 della direttiva 2006/123/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 2006, relativa ai servizi nel mercato interno (GU 2006, L 376, pag. 36).

2        Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra la FA.RO. di YK & C. Sas, società di diritto italiano (in prosieguo: la «FA.RO.»), e l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli (Italia) (in prosieguo: l’«ADM»), relativamente al rigetto di una domanda di detta società volta ad ottenere l’istituzione di una nuova rivendita di tabacchi lavorati.

 Contesto normativo

 Diritto internazionale

3        Nel preambolo della Convenzione quadro dell’Organizzazione mondiale della sanità per la lotta al tabagismo (in prosieguo: la «CQLT»), adottata dall’Assemblea mondiale della Sanità il 21 maggio 2003 a Ginevra, cui aderiscono l’Unione europea e i suoi Stati membri, si riconosce che, da un lato, «i dati scientifici hanno stabilito in maniera irrefutabile che il consumo di tabacco e l’esposizione al fumo del tabacco sono causa di decesso, malattia ed inabilità» e, dall’altro, «che le sigarette ed altri prodotti contenenti tabacco sono prodotti molto sofisticati, che mirano a creare e ad intrattenere la dipendenza, che molti degli elementi che contengono e il fumo che producono sono farmacologicamente attivi, tossici, mutageni e cancerogeni, e che la dipendenza nei confronti del tabacco è oggetto di una classificazione distinta, [quale disturbo,] nelle grandi classificazioni internazionali delle malattie».

4        Gli articoli da 8 a 13 della CQLT riguardano le misure relative alla riduzione della domanda di tabacco. Essi concernono, rispettivamente, la protezione contro l’esposizione al fumo del tabacco, la regolamentazione della composizione dei prodotti del tabacco, la regolamentazione delle informazioni che devono figurare sui prodotti del tabacco, il confezionamento e l’etichettatura dei prodotti del tabacco, l’educazione e la sensibilizzazione del pubblico ai problemi legati alla lotta al tabagismo nonché il divieto globale della pubblicità, promozione e sponsorizzazione in favore del tabacco. L’articolo 14 di tale convenzione prevede misure tendenti a ridurre la domanda in rapporto alla dipendenza dal tabacco e a promuovere la disintossicazione dal tabacco, mentre gli articoli da 15 a 17 di detta convenzione, che vertono sulle misure relative alla riduzione dell’offerta di tabacco, riguardano, rispettivamente, il commercio illecito dei prodotti del tabacco, la vendita ai minori e da parte dei minori nonché il sostegno ad attività di sostituzione economicamente valide.

 Diritto dellUnione

5        I considerando 2, 5, 7, 8 e 66 della direttiva 2006/123 così recitano:

«(2)      Una maggiore competitività del mercato dei servizi è essenziale per promuovere la crescita economica e creare posti di lavoro nell’Unione europea. (...) Un libero mercato che induca gli Stati membri ad eliminare le restrizioni alla circolazione transfrontaliera dei servizi, incrementando al tempo stesso la trasparenza e l’informazione dei consumatori, consentirebbe agli stessi una più ampia facoltà di scelta e migliori servizi a prezzi inferiori.

(...)

(5)      È necessario quindi eliminare gli ostacoli alla libertà di stabilimento dei prestatori negli Stati membri e alla libera circolazione dei servizi tra Stati membri nonché garantire ai destinatari e ai prestatori la certezza giuridica necessaria all’effettivo esercizio di queste due libertà fondamentali del trattato. (...)

(...)

(7)      La presente direttiva istituisce un quadro giuridico generale a vantaggio di un’ampia varietà di servizi pur tenendo conto nel contempo delle specificità di ogni tipo d’attività o di professione e del loro sistema di regolamentazione. (...) La presente direttiva prende altresì in considerazione altri obiettivi d’interesse generale, compresa la protezione dell’ambiente, la pubblica sicurezza e la sanità pubblica nonché la necessità di rispettare il diritto del lavoro.

(8)      È opportuno che le disposizioni della presente direttiva relative alla libertà di stabilimento e alla libera circolazione dei servizi si applichino soltanto nella misura in cui le attività in questione sono aperte alla concorrenza e non obblighino pertanto gli Stati membri a liberalizzare i servizi d’interesse economico generale, a privatizzare gli enti pubblici che forniscono tali servizi o ad abolire i monopoli esistenti per quanto riguarda altre attività o certi servizi di distribuzione.

(...)

(66)      L’accesso a, o l’esercizio di, un’attività di servizi sul territorio di uno Stato membro non dovrebbe essere soggetto ad una prova economica. Il divieto di richiedere una dimostrazione della capacità economica come condizione per la concessione di un’autorizzazione riguarda le prove economiche in quanto tali e non gli altri requisiti giustificati obiettivamente da motivi imperativi di interesse generale, come la tutela dell’ambiente urbano, la politica sociale e gli obiettivi in materia di sanità pubblica. Tale divieto dovrebbe lasciare impregiudicato l’esercizio delle competenze delle autorità preposte all’applicazione del diritto della concorrenza».

6        L’articolo 1, paragrafi da 1 a 3, di tale direttiva così dispone:

«1.      La presente direttiva stabilisce le disposizioni generali che permettono di agevolare l’esercizio della libertà di stabilimento dei prestatori nonché la libera circolazione dei servizi, assicurando nel contempo un elevato livello di qualità dei servizi stessi.

2.      La presente direttiva non riguarda la liberalizzazione dei servizi d’interesse economico generale riservati a enti pubblici o privati, né la privatizzazione di enti pubblici che forniscono servizi.

3.      La presente direttiva non riguarda né l’abolizione di monopoli che forniscono servizi né gli aiuti concessi dagli Stati membri cui si applicano le regole comunitarie di concorrenza.

La presente direttiva lascia impregiudicata la libertà, per gli Stati membri, di definire, in conformità del diritto comunitario, quali essi ritengano essere servizi d’interesse economico generale, in che modo tali servizi debbano essere organizzati e finanziati, in conformità delle regole sugli aiuti concessi dagli Stati, e a quali obblighi specifici essi debbano essere soggetti».

7        L’articolo 2, paragrafi 1 e 2, della suddetta direttiva è così formulato:

«1.      La presente direttiva si applica ai servizi forniti da prestatori stabiliti in uno Stato membro.

2.      La presente direttiva non si applica alle attività seguenti:

a)      i servizi non economici d’interesse generale;

(...)».

8        L’articolo 4 della medesima direttiva così dispone:

«Ai fini della presente direttiva si intende per:

(...)

6)      “regime di autorizzazione”: qualsiasi procedura che obbliga un prestatore o un destinatario a rivolgersi ad un’autorità competente allo scopo di ottenere una decisione formale o una decisione implicita relativa all’accesso ad un’attività di servizio o al suo esercizio;

7)      “requisito”: qualsiasi obbligo, divieto, condizione o limite stabilito dalle disposizioni legislative, regolamentari o amministrative degli Stati membri o derivante dalla giurisprudenza, dalle prassi amministrative, dalle regole degli organismi e ordini professionali o dalle regole collettive di associazioni o organizzazioni professionali adottate nell’esercizio della propria autonomia giuridica; le norme stabilite dai contratti collettivi negoziati dalle parti sociali non sono considerate di per sé come requisiti ai sensi della presente direttiva;

8)      “motivi imperativi d’interesse generale”: motivi riconosciuti come tali dalla giurisprudenza della Corte di giustizia, tra i quali: l’ordine pubblico, la sicurezza pubblica, l’incolumità pubblica, la sanità pubblica, il mantenimento dell’equilibrio finanziario del sistema di sicurezza sociale, la tutela dei consumatori, dei destinatari di servizi e dei lavoratori, l’equità delle transazioni commerciali, la lotta alla frode, la tutela dell’ambiente, incluso l’ambiente urbano, la salute degli animali, la proprietà intellettuale, la conservazione del patrimonio nazionale storico ed artistico, gli obiettivi di politica sociale e di politica culturale;

(...)».

9        L’articolo 9, paragrafo 1, della direttiva 2006/123 così dispone:

«Gli Stati membri possono subordinare l’accesso ad un’attività di servizio e il suo esercizio ad un regime di autorizzazione soltanto se sono soddisfatte le condizioni seguenti:

a)      il regime di autorizzazione non è discriminatorio nei confronti del prestatore;

b)      la necessità di un regime di autorizzazione è giustificata da un motivo imperativo di interesse generale;

c)      l’obiettivo perseguito non può essere conseguito tramite una misura meno restrittiva, in particolare in quanto un controllo a posteriori interverrebbe troppo tardi per avere reale efficacia».

10      Ai sensi dell’articolo 10, paragrafi 1 e 2, della direttiva in parola:

«1.      I regimi di autorizzazione devono basarsi su criteri che inquadrino l’esercizio del potere di valutazione da parte delle autorità competenti affinché tale potere non sia utilizzato in modo arbitrario.

2.      I criteri di cui al paragrafo 1 devono essere:

a)      non discriminatori;

b)      giustificati da un motivo imperativo di interesse generale;

c)      commisurati all’obiettivo di interesse generale;

d)      chiari e inequivocabili;

e)      oggettivi;

f)      resi pubblici preventivamente;

g)      trasparenti e accessibili».

11      L’articolo 14 della direttiva medesima prevede quanto segue:

«Gli Stati membri non subordinano l’accesso ad un’attività di servizi o il suo esercizio sul loro territorio al rispetto dei requisiti seguenti:

(...)

5)      l’applicazione caso per caso di una verifica di natura economica che subordina il rilascio dell’autorizzazione alla prova dell’esistenza di un bisogno economico o di una domanda di mercato, o alla valutazione degli effetti economici potenziali o effettivi dell’attività o alla valutazione dell’adeguatezza dell’attività rispetto agli obiettivi di programmazione economica stabiliti dall’autorità competente; tale divieto non concerne i requisiti di programmazione che non perseguono obiettivi economici, ma che sono dettati da motivi imperativi d’interesse generale;

(…)».

12      L’articolo 15, paragrafi da 1 a 4, della direttiva 2006/123 così dispone:

«1.      Gli Stati membri verificano se il loro ordinamento giuridico prevede i requisiti di cui al paragrafo 2 e provvedono affinché tali requisiti siano conformi alle condizioni di cui al paragrafo 3. Gli Stati membri adattano le loro disposizioni legislative, regolamentari o amministrative per renderle conformi a tali condizioni.

2.      Gli Stati membri verificano se il loro ordinamento giuridico subordina l’accesso a un’attività di servizi o il suo esercizio al rispetto dei requisiti non discriminatori seguenti:

a)      restrizioni quantitative o territoriali sotto forma, in particolare, di restrizioni fissate in funzione della popolazione o di una distanza geografica minima tra prestatori;

(...)

3.      Gli Stati membri verificano che i requisiti di cui al paragrafo 2 soddisfino le condizioni seguenti:

a)      non discriminazione: i requisiti non devono essere direttamente o indirettamente discriminatori in funzione della cittadinanza o, per quanto riguarda le società, dell’ubicazione della sede legale;

b)      necessità: i requisiti sono giustificati da un motivo imperativo di interesse generale;

c)      proporzionalità: i requisiti devono essere tali da garantire la realizzazione dell’obiettivo perseguito; essi non devono andare al di là di quanto è necessario per raggiungere tale obiettivo; inoltre non deve essere possibile sostituire questi requisiti con altre misure meno restrittive che permettono di conseguire lo stesso risultato.

4.      I paragrafi 1, 2 e 3 si applicano alla legislazione riguardante i servizi d’interesse economico generale solo in quanto la loro applicazione non osti all’adempimento, in linea di diritto o di fatto, della specifica missione loro affidata».

 Diritto italiano

 Legge n. 1293/1957

13      L’articolo 16 della legge del 22 dicembre 1957, n. 1293 – Organizzazione dei servizi di distribuzione e vendita dei generi di monopolio (GURI n. 9 del 13 gennaio 1958), nella versione applicabile ai fatti di cui al procedimento principale (in prosieguo: la «legge n. 1293/1957»), prevede quanto segue:

«La vendita al pubblico di generi di monopolio è effettuata a mezzo di rivendite o di patentini.

I punti vendita di cui al primo comma sono istituiti dall’Ufficio regionale secondo i criteri e le modalità stabiliti con provvedimento del Direttore generale dell’Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato».

14      L’articolo 19 di tale legge così dispone:

«Le rivendite di generi di monopolio si distinguono:

(…)

b)      rivendite ordinarie;

c)      rivendite speciali.

(...)

Le seconde sono affidate a privati in appalto o gestione di durata non superiore ad un novennio.

(...)».

15      Ai sensi dell’articolo 21 di tale legge:

«Le rivendite ordinarie sono istituite dove e quando l’Amministrazione lo ritenga utile ed opportuno nell’interesse del servizio.

Nei Comuni con popolazione non superiore ai 30 000 abitanti le rivendite ordinarie di nuova istituzione sono assegnate in esperimento mediante concorso riservato agli invalidi di guerra, vedove di guerra e categorie equiparate per legge ed ai decorati al valor militare.

Negli altri Comuni e nei capoluoghi di provincia le rivendite ordinarie sono appaltate in esperimento mediante asta pubblica.

La rivendita è aggiudicata al concorrente che, osservati i requisiti posti nell’avviso di asta, offra il sopracanone più elevato.

L’esperimento di cui ai precedenti commi dura un triennio, allo scadere del quale la rivendita, se non è stata soppressa, è classificata ai sensi dell’[articolo] 25 e può essere appaltata a trattativa privata o assegnata direttamente allo stesso titolare».

16      Risulta altresì dalla legge n. 1293/1957, da un lato, che le rivendite speciali sono istituite per soddisfare particolari esigenze del servizio in luoghi specifici e, dall’altro, che l’amministrazione può concedere l’autorizzazione a vendere prodotti soggetti a monopolio in particolare nei luoghi di ritrovo mediante un patentino. In quest’ultimo caso, il titolare del patentino si rifornisce presso la rivendita ordinaria più vicina.

 Decreto-legge n. 98/2011

17      L’articolo 24, comma 42, del decreto-legge del 6 luglio 2011, n. 98 – Disposizioni urgenti per la stabilizzazione finanziaria (GURI n. 155, del 6 luglio 2011), convertito, con modificazioni, nella legge del 15 luglio 2011, n. 111 (GURI n. 164, del 16 luglio 2011), nella versione applicabile ai fatti di cui al procedimento principale (in prosieguo: il «decreto-legge n. 98/2011»), dispone quanto segue:

«Con regolamento emanato entro il 31 marzo 2013 (...) dal Ministro dell’economia e delle finanze sono dettate disposizioni concernenti le modalità per l’istituzione di rivendite ordinarie e speciali di generi di monopolio, nonché per il rilascio ed il rinnovo del patentino, secondo i seguenti principi:

a)      ottimizzazione e razionalizzazione della rete di vendita, anche attraverso l’individuazione di criteri volti a disciplinare l’ubicazione dei punti vendita, al fine di contemperare, nel rispetto della tutela della concorrenza, l’esigenza di garantire all’utenza una rete di vendita capillarmente dislocata sul territorio, con l’interesse pubblico primario della tutela della salute consistente nel prevenire e controllare ogni ipotesi di offerta di tabacco al pubblico non giustificata dall’effettiva domanda di tabacchi;

b)      istituzione di rivendite ordinarie solo in presenza di determinati requisiti di distanza, non inferiore a 200 metri, e di popolazione, nel rispetto del rapporto di una rivendita ogni 1 500 abitanti;

c)      (...);

d)      trasferimenti di rivendite ordinarie solo in presenza dei medesimi requisiti di distanza e, ove applicabili, anche di popolazione di cui alla lettera b);

e)      istituzione di rivendite speciali solo ove si riscontri un’oggettiva ed effettiva esigenza di servizio, da valutarsi in ragione dell’effettiva ubicazione degli altri punti vendita già esistenti nella medesima zona di riferimento, nonché in virtù dei requisiti di cui alla lettera b);

f)      rilascio e rinnovi di patentini da valutarsi in relazione alla natura complementare e non sovrapponibile degli stessi rispetto alle rivendite di generi di monopolio, anche attraverso l’individuazione e l’applicazione del criterio della distanza».

 Decreto ministeriale n. 38/2013

18      L’articolo 2, commi da 1 a 3, del decreto ministeriale del 21 febbraio 2013, n. 38 – Regolamento recante disciplina della distribuzione e della vendita dei prodotti da fumo (GURI n. 89, del 16 aprile 2013), nella versione applicabile ai fatti di cui al procedimento principale (in prosieguo: il «decreto ministeriale n. 38/2013»), adottato in applicazione dell’articolo 24, comma 42, del decreto-legge n. 98/2011, così recita:

«1.      L’istituzione delle rivendite ordinarie è consentita in presenza dei parametri di cui al presente articolo.

2.      La distanza minima del locale adibito a nuova rivendita, rispetto a quello della rivendita più vicina già in esercizio, è pari o superiore a:

a)      metri 300, nei comuni con popolazione fino a 30 000 abitanti;

b)      metri 250, nei comuni con popolazione da 30 001 a 100 000 abitanti;

c)      metri 200, nei comuni con popolazione superiore a 100.000 abitanti.

3.      Non è consentita l’istituzione di una nuova rivendita qualora nei comuni interessati sia stato già raggiunto il rapporto di una rivendita ogni 1 500 abitanti, salvo che nei comuni con popolazione inferiore a 1 500 abitanti che ne siano sprovvisti, qualora sussista un effettivo e concreto interesse del servizio e la rivendita ordinaria più vicina già in esercizio in altro comune risulti distante oltre 600 metri.».

19      Ai sensi dell’articolo 3, commi da 1 a 6, di detto decreto ministeriale:

«1.      Ai sensi dell’articolo 21 della legge [n. 1293/1957], le rivendite ordinarie sono istituite con provvedimento dei competenti Uffici dell’[ADM] nei tempi e nei luoghi individuati in funzione dell’interesse del servizio, tenendo particolarmente conto delle zone caratterizzate da nuovi sviluppi abitativi, commerciali[,] della particolare rilevanza assunta dai nodi stradali e dai centri di aggregazione urbana della popolazione residente ovvero dalla presenza di uffici e strutture produttive di particolari rilevanza e frequentazione tali da rendere palese la sussistenza dell’interesse del servizio, nonché delle istanze di trasferimento pervenute agli Uffici.

2.      Ai fini del comma 1, gli Uffici competenti adottano per ogni anno solare due piani semestrali per l’istituzione delle rivendite ordinarie, avendo riguardo, alla luce dei punti di vendita già esistenti nonché delle istanze di trasferimento nel frattempo pervenute, della necessità che la rete di vendita dei tabacchi lavorati risulti:

a)      adeguata all’interesse del servizio;

b)      organizzata in modo tale da garantire l’efficienza e l’efficacia dei controlli da parte dell’amministrazione, a tutela dei minori, dell’ordine e della sicurezza pubblica, della salute pubblica, nonché del gettito.

3.      In occasione della predisposizione di ciascun piano sono valutate le domande di trasferimento nonché le proposte di istituzione di nuove rivendite pervenute all’Amministrazione durante il semestre immediatamente precedente. Le proposte per l’istituzione di nuove rivendite non determinano diritti nei riguardi di coloro che le formulano né obblighi a carico dell’Amministrazione.

4.      L’Ufficio competente formula, entro il 31 marzo ed il 30 settembre, lo schema di piano per l’istituzione delle rivendite ordinarie avendo cura di inserirvi esclusivamente le proposte di istituzione di nuove rivendite per le quali sussista una esigenza di servizio, nel rispetto dei parametri di cui all’articolo 2 e alla luce di ogni altro elemento istruttorio utile.

5.      In relazione a ciascuno schema di piano semestrale, entro il 30 aprile ed il 31 ottobre, l’Ufficio competente (...) rende pubblico lo schema di piano in apposita sezione del sito istituzionale dell’[ADM]. (...)

6.      L’Ufficio competente, definito lo schema di piano alla luce di tutti gli elementi istruttori acquisiti, comunica l’avvio del procedimento di istituzione delle nuove rivendite ai titolari delle tre rivendite più vicine situate a distanza inferiore a 600 metri dalla sede di quella di nuova istituzione, assegnando loro quindici giorni per eventuali osservazioni. Decorso tale termine, alla luce di tutti gli elementi istruttori acquisiti, l’Ufficio competente approva il piano definitivo di istituzione delle nuove rivendite e, per ciascuna zona individuata come idonea per tale istituzione, pubblica l’avviso per l’assegnazione ai sensi dell’articolo 21 della legge [n. 1293/1957] (...)».

20      Ai sensi dell’articolo 7 di detto decreto ministeriale, i patentini devono essere giustificati dalla necessità di erogazione del servizio in luoghi e tempi in cui non può essere svolto dalle rivendite ordinarie. La possibilità di rilasciare il patentino è esclusa quando presso la rivendita più vicina, collocata a distanza inferiore a limiti predeterminati, sia installato un distributore automatico di tabacchi lavorati.

 Procedimento principale e questioni pregiudiziali

21      La società FA.RO. esercita un’attività commerciale di somministrazione di alimenti e bevande nel comune di Finale Ligure (Italia). Essa era titolare di un patentino per la rivendita presso il suo esercizio commerciale di generi di monopolio di Stato. Con nota del 19 novembre 2021, l’ADM ha avviato il procedimento finalizzato alla soppressione del suddetto patentino, perché la rivendita di aggregazione, ubicata a distanza inferiore a 300 metri, aveva installato un distributore automatico di sigarette, circostanza ostativa al mantenimento del patentino, ai sensi dell’articolo 7 del decreto ministeriale n. 38/2013.

22      La società FA.RO. ha quindi presentato una domanda diretta ad ottenere l’istituzione di una nuova rivendita ordinaria presso il suo esercizio commerciale, spiegando che la necessità di detta rivendita deriverebbe da un forte afflusso di consumatori.

23      Il 31 marzo 2022 l’ADM ha adottato la nota n. 6401/RU, recante lo schema di piano semestrale per l’istituzione di nuove rivendite ordinarie nel territorio ligure, pubblicato il 6 aprile 2022. La rivendita di cui era richiesta dalla FA.RO. l’istituzione non era inclusa in tale schema di piano semestrale per il motivo che non erano soddisfatti i requisiti relativi alla distanza e alla demografia, stabiliti all’articolo 2 del decreto ministeriale n. 38/2013. Infatti, da un lato, il locale proposto si trovava, rispettivamente, a 176 metri e a 220 metri da altre due rivendite. Dall’altro, nel comune di Finale Ligure erano già attive 13 rivendite ordinarie e speciali, a fronte di una popolazione residente di 11 358 abitanti.

24      La società FA.RO. ha proposto ricorso dinanzi al Tribunale amministrativo regionale per la Liguria (Italia), giudice del rinvio, impugnando lo schema di piano semestrale nonché il piano definitivo, nella parte in cui non ha previsto l’istituzione del punto di vendita da lei richiesta. Tale società ha fatto valere, in particolare, che l’istituzione di una nuova rivendita presso il suo esercizio commerciale non sortirebbe alcun effetto deteriore di sovradimensionamento dell’offerta rispetto alla domanda, in quanto l’utenza effettivamente fruitrice del servizio sarebbe cento volte maggiore della popolazione residente per via dell’enorme afflusso di visitatori e vacanzieri nei fine settimana e durante la stagione turistica. In tali circostanze, l’ADM non avrebbe dovuto applicare meccanicamente i parametri stabiliti dalla normativa nazionale pertinente, bensì verificare la necessità e la proporzionalità delle restrizioni al libero accesso al mercato dei servizi e disapplicare l’articolo 24, comma 42, del decreto-legge n. 98/2011 e l’articolo 2 del decreto ministeriale n. 38/2013, in quanto contrari all’articolo 15, paragrafi 1 e 2, della direttiva 2006/123.

25      Il giudice del rinvio rileva che la domanda menzionata al punto 22 della presente sentenza è stata respinta a causa dell’inosservanza dei parametri fissati in astratto dalla normativa nazionale pertinente, senza valutare gli elementi forniti da detta società, secondo i quali il commercio di prodotti da fumo presso l’esercizio richiesto non solleciterebbe la domanda ma, al contrario, soddisferebbe una già esistente e significativa esigenza di servizio.

26      Orbene, i requisiti relativi alla distanza e alla demografia previsti da detta normativa nazionale di cui si tratta costituirebbero restrizioni territoriali e quantitative ai sensi dell’articolo 15, paragrafo 2, lettera a), della direttiva 2006/123 e potrebbero non essere compatibili con i criteri previsti all’articolo 15, paragrafo 3, di quest’ultima.

27      A tal riguardo, il giudice del rinvio rileva che il motivo imperativo che ha indotto il legislatore nazionale ad imporre siffatte misure restrittive è la protezione della salute umana dai rischi derivanti dai prodotti del tabacco. Tuttavia, tali restrizioni non apparirebbero realmente idonee a disincentivare o, quanto meno, a non sollecitare il consumo di prodotti da fumo, in particolare a causa della diffusione sempre crescente dei distributori automatici, installabili dai titolari di rivendite autorizzate, con la conseguenza che le sigarette sarebbero sempre disponibili per il consumatore. Inoltre, affinché la riduzione del numero di punti vendita sul territorio possa sortire un effetto dissuasivo, le distanze minime fra un tabaccaio e l’altro dovrebbero essere fissate in termini di chilometri, e non di metri.

28      La necessità di parametri basati sulla distanza e sulla demografia non deriverebbe neppure dalla CQLT. Inoltre, da una segnalazione dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (Italia) risulterebbe, da un lato, che le misure restrittive di cui trattasi nel procedimento principale siano volte meno a tutelare la salute dei cittadini che a garantire la redditività dell’attività e, dall’altro, che le distanze minime nonché tutte le forme di programmazione della struttura dell’offerta dovrebbero essere abolite.

29      In ogni caso, tali restrizioni potrebbero rivelarsi eccessive rispetto all’obiettivo di tutela della salute attraverso l’equilibrato rapporto tra domanda e offerta, per via della loro rigidità e della connessione a dati meramente anagrafici.

30      Pertanto, secondo il giudice del rinvio l’ADM dovrebbe poter apprezzare le eventuali circostanze oggettive le quali dimostrino che, pur non essendo rispettati i requisiti relativi alla distanza e alla popolazione, l’istituzione di una nuova rivendita ordinaria soddisferebbe un’esigenza di servizio e, dunque, non porterebbe ad un sovradimensionamento dell’offerta in particolare quando, come nel caso di specie, il bacino di utenza ha una consistenza effettiva superiore alla sola popolazione residente, e ciò a causa dell’elevato livello di turismo.

31      In tale contesto, il Tribunale amministrativo regionale per la Liguria ha deciso di sospendere il giudizio e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1.      [s]e l’articolo 15 della [direttiva 2006/123] nonché gli articoli 49, 56 e 106, [paragrafo] 2, TFUE, debbano essere interpretati nel senso che ostino a una normativa nazionale, come quella di cui al procedimento principale, che fissi restrizioni all’autorizzazione di punti vendita di prodotti del tabacco in funzione di una distanza geografica minima tra prestatori e della popolazione residente;

2.      se l’articolo 15 della direttiva [2006/123] nonché gli articoli 49, 56 e 106, [paragrafo] 2, TFUE, debbano essere interpretati nel senso che ostino a una normativa nazionale, come quella di cui al procedimento principale, che subordini l’autorizzazione di punti vendita di prodotti del tabacco al rispetto di parametri prefissati di distanza geografica minima tra prestatori e di popolazione residente, senza consentire all’Autorità pubblica competente di valutare altre circostanze di fatto oggettive che, pur in mancanza dei suddetti requisiti[,] dimostrino nel caso concreto la sussistenza di un’esigenza di servizio».

 Sulla ricevibilità della domanda di pronuncia pregiudiziale

32      Il governo spagnolo afferma, in sostanza, che la domanda di pronuncia pregiudiziale sarebbe irricevibile sulla base del rilievo che nessuna delle disposizioni di cui si chiede l’interpretazione sarebbe applicabile al caso in discussione nel procedimento principale. Da parte sua, il governo italiano, senza sollevare formalmente un’eccezione di irricevibilità, contesta l’applicabilità della direttiva 2006/123 a detta situazione, invocando l’articolo 2, paragrafi 1 e 2, di tale direttiva.

33      A questo proposito, occorre ricordare che, nell’ambito della cooperazione tra la Corte e i giudici nazionali istituita dall’articolo 267 TFUE, spetta soltanto al giudice nazionale, che è investito della controversia e che deve assumere la responsabilità della futura decisione giurisdizionale, valutare, alla luce delle particolarità della causa, sia la necessità di una pronuncia pregiudiziale che lo ponga in grado di emettere la propria sentenza, sia la rilevanza delle questioni che esso sottopone alla Corte. Di conseguenza, qualora le questioni sollevate vertano sull’interpretazione del diritto dell’Unione, la Corte è, in linea di principio, tenuta a statuire (sentenza dell’8 maggio 2024, Instituto da Segurança Social e a., C‑20/23, EU:C:2024:389, punto 24 e giurisprudenza ivi citata).

34      Ne consegue che le questioni relative al diritto dell’Unione godono di una presunzione di rilevanza. Il rifiuto della Corte di statuire su una questione pregiudiziale, sollevata da un giudice nazionale, è possibile soltanto qualora appaia in maniera manifesta che la richiesta interpretazione di una norma dell’Unione non ha alcun rapporto con la realtà effettiva o con l’oggetto della controversia di cui al procedimento principale, qualora il problema sia di natura ipotetica, o anche quando la Corte non disponga degli elementi di fatto e di diritto necessari per rispondere utilmente alle questioni che le vengono poste (sentenza dell’8 maggio 2024, Instituto da Segurança Social e a., C‑20/23, EU:C:2024:389, punto 25 e giurisprudenza ivi citata).

35      Secondo una giurisprudenza parimenti costante, nell’ambito della cooperazione tra la Corte e i giudici nazionali, la necessità di pervenire a un’interpretazione del diritto dell’Unione che sia utile per il giudice nazionale impone che quest’ultimo rispetti scrupolosamente i requisiti relativi al contenuto di una domanda di pronuncia pregiudiziale, indicati in maniera esplicita all’articolo 94 del regolamento di procedura della Corte (sentenza del 28 novembre 2023, Commune d’Ans, C‑148/22, EU:C:2023:924, punto 44 e giurisprudenza ivi citata).

36      Quindi, è segnatamente indispensabile, come enunciato dall’articolo 94, lettera c), del regolamento di procedura, che la decisione di rinvio contenga l’esposizione delle ragioni che hanno portato il giudice del rinvio a interrogarsi in merito all’interpretazione o alla validità di talune disposizioni del diritto dell’Unione, e chiarisca il collegamento che esso istituisce tra tali disposizioni e la normativa nazionale applicabile al procedimento principale (sentenza del 28 novembre 2023, Commune d’Ans, C‑148/22, EU:C:2023:924, punto 46 e la giurisprudenza ivi citata).

37      Nel caso di specie, il giudice del rinvio chiede alla Corte l’interpretazione degli articoli 49, 56 e 106, paragrafo 2, TFUE, nonché dell’articolo 15 della direttiva 2006/123.

38      Per quanto riguarda, in primo luogo, gli articoli 49 e 56 TFUE, occorre ricordare che le disposizioni del trattato FUE in materia di libertà di stabilimento, libera prestazione di servizi e libera circolazione dei capitali non sono applicabili a una fattispecie i cui elementi si collocano tutti all’interno di un solo Stato membro (sentenze del 15 novembre 2016, Ullens de Schooten, C‑268/15, EU:C:2016:874, punto 47 e giurisprudenza ivi citata, e del 18 gennaio 2022, Thelen Technopark Berlin, C‑261/20, EU:C:2022:33, punto 50).

39      La Corte, adita da un giudice nazionale nel contesto di una situazione in cui tutti gli elementi si collocano all’interno di un solo Stato membro, non può, senza indicazioni da parte di detto giudice in tal senso, considerare che la domanda di interpretazione in via pregiudiziale vertente sulle disposizioni del trattato FUE relative alle libertà fondamentali sia necessaria a tale giudice ai fini della soluzione della controversia dinanzi al medesimo pendente. Gli elementi concreti che consentono di stabilire un collegamento fra l’oggetto o le circostanze di una controversia, i cui elementi sono tutti collocati all’interno dello Stato membro interessato, e gli articoli 49 e 56 TFUE devono infatti risultare dalla decisione di rinvio (v., in tal senso, sentenze del 15 novembre 2016, Ullens de Schooten, C‑268/15, EU:C:2016:874, punto 54, e del 18 gennaio 2022, Thelen Technopark Berlin, C‑261/20, EU:C:2022:33, punto 52).

40      Di conseguenza, nel contesto di una situazione i cui elementi sono tutti collocati all’interno di un solo Stato membro, spetta al giudice del rinvio illustrare alla Corte, in conformità a quanto richiesto dall’articolo 94 del regolamento di procedura della Corte, sotto quale profilo, malgrado il suo carattere puramente interno, la controversia dinanzi ad esso pendente presenti un elemento di collegamento con le disposizioni del diritto dell’Unione relative alle libertà fondamentali che renda l’interpretazione in via pregiudiziale richiesta necessaria alla soluzione di tale controversia (v., in tal senso, sentenze del 15 novembre 2016, Ullens de Schooten, C‑268/15, EU:C:2016:874, punto 55, e del 18 gennaio 2022, Thelen Technopark Berlin, C‑261/20, EU:C:2022:33, punto 53).

41      Orbene, da un lato, dall’ordinanza di rinvio risulta che il complesso degli elementi che caratterizzano il procedimento principale si collocano all’interno di un solo Stato membro, nel caso di specie la Repubblica italiana. Dall’altro, tale decisione non contiene alcuna indicazione che lasci intendere che, nonostante il suo carattere puramente interno, l’oggetto di questa controversia presenti con gli articoli 49 e 56 TFUE un elemento di collegamento che renderebbe l’interpretazione necessaria alla soluzione di detta controversia.

42      Di conseguenza, le questioni pregiudiziali sono irricevibili nella parte in cui riguardano l’interpretazione degli articoli 49 e 56 TFUE.

43      Per quanto riguarda, in secondo luogo, l’articolo 106, paragrafo 2, TFUE, occorre ricordare, da un lato, che tale disposizione prevede che le imprese incaricate della gestione di servizi di interesse economico generale o aventi carattere di monopolio fiscale sono sottoposte alle norme in materia di concorrenza nei limiti in cui l’applicazione di tali norme non osti all’adempimento, in linea di diritto e di fatto, degli specifici compiti loro affidati, e, dall’altro, che essa è volta a contemperare l’interesse degli Stati membri ad utilizzare determinate imprese quali strumento di politica economica o sociale con l’interesse dell’Unione all’osservanza delle norme in materia di concorrenza e al mantenimento dell’unità del mercato interno (sentenza del 24 novembre 2020, Viasat Broadcasting UK, C‑445/19, EU:C:2020:952, punto 30 e giurisprudenza ivi citata).

44      Orbene, limitandosi ad affermare che i requisiti relativi alla distanza e alla demografia costituiscono restrizioni che incidono sui diritti e sulle libertà fondamentali garantiti dall’articolo 106, paragrafo 2, TFUE, il giudice del rinvio non espone il nesso che esso stabilisce tra tale disposizione e la normativa nazionale di cui si tratta nel procedimento principale.

45      Pertanto le questioni pregiudiziali sono del pari irricevibili nella parte in cui riguardano l’interpretazione dell’articolo 106, paragrafo 2, TFUE.

46      Per quanto riguarda, in terzo luogo, l’interpretazione della direttiva 2006/123, il giudice del rinvio rileva che i requisiti relativi alla distanza e alla demografia, previsti dalla normativa nazionale, potrebbero costituire restrizioni territoriali e quantitative ai sensi dell’articolo 15, paragrafo 2, lettera a), di detta direttiva. Qualora dovesse essere questo il caso, detto giudice si interroga sulla conformità di tali requisiti all’articolo 15, paragrafo 3, della medesima direttiva e fornisce al riguardo un’analisi dei summenzionati requisiti alla luce della disposizione in parola. Pertanto, il giudice del rinvio espone il collegamento che esso stabilisce tra le disposizioni della direttiva 2006/123 e la normativa nazionale di cui si tratta nel procedimento principale nonché i motivi che l’hanno indotto a interrogarsi sull’interpretazione di tale direttiva.

47      Peraltro, la Corte ha già avuto modo di dichiarare più volte, in base a un’interpretazione letterale, storica, contestuale e teleologica della direttiva 2006/123, che le disposizioni del capo III di quest’ultima, relativo alla libertà di stabilimento dei prestatori, le quali includono l’articolo 15 di tale direttiva, devono essere interpretate nel senso che esse si applicano, in particolare, a una situazione i cui elementi rilevanti si collocano tutti all’interno di un solo Stato membro [sentenza del 20 aprile 2023, Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (Comune di Ginosa), C‑348/22, EU:C:2023:301, punto 40 e giurisprudenza ivi citata].

48      Orbene, qualora non sia evidente che l’interpretazione di una disposizione di diritto dell’Unione non ha alcun rapporto con la realtà effettiva o con l’oggetto del procedimento principale, l’obiezione relativa all’inapplicabilità di tale disposizione al procedimento principale non è idonea a confutare la presunzione di rilevanza di cui godono le questioni poste, e deve essere esaminata nell’ambito dell’analisi delle questioni sollevate sotto il profilo del merito (v., in tal senso, sentenza del 7 marzo 2024, Roheline Kogukond e a., C‑234/22, EU:C:2024:211, punti 27 e 29 e giurisprudenza ivi citata).

49      Ne consegue che la domanda di pronuncia pregiudiziale è ricevibile nella parte in cui verte sull’interpretazione della direttiva 2006/123.

 Sulle questioni pregiudiziali

50      Con le sue due questioni, che occorre esaminare congiuntamente, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 15 della direttiva 2006/123 debba essere interpretato nel senso che esso osta a una normativa nazionale che subordina il rilascio di un’autorizzazione di punti vendita di prodotti del tabacco al rispetto di requisiti relativi alla distanza geografica minima tra i prestatori e alla demografia, senza che l’autorità pubblica competente possa prendere in considerazione, in luogo di tali requisiti, aumenti periodici del numero di consumatori.

 Sullambito di applicazione della direttiva 2006/123

51      Occorre, in via preliminare, stabilire se la direttiva 2006/123 debba essere interpretata nel senso che la situazione di cui si tratta nel procedimento principale rientra nel suo ambito di applicazione, posto che i governi spagnolo e italiano hanno concluso nel senso dell’inapplicabilità di tale direttiva tenuto conto, rispettivamente, dell’articolo 1, paragrafo 3, e dell’articolo 2, paragrafi 1 e 2, della medesima.

52      Secondo una giurisprudenza consolidata della Corte, le disposizioni della direttiva 2006/123 devono essere interpretate tenendo conto non soltanto della loro formulazione, ma anche del contesto in cui esse si inseriscono e degli obiettivi perseguiti dalla normativa di cui fanno parte (v., in tal senso, sentenze del 15 luglio 2021, BEMH e CNCC, C‑325/20, EU:C:2021:611, punto 18, e del 12 ottobre 2023, INTER CONSULTING, C‑726/21, EU:C:2023:764, punto 43 e giurisprudenza ivi citata).

53      Secondo l’articolo 1, paragrafo 3, della direttiva 2006/123, tale direttiva non riguarda l’abolizione di monopoli che forniscono servizi.

54      Conformemente al suo considerando 8, è opportuno che le disposizioni della direttiva in parola relative alla libertà di stabilimento e alla libera circolazione dei servizi si applichino soltanto nella misura in cui le attività in questione siano aperte alla concorrenza e non obblighino pertanto gli Stati membri, in particolare, ad abolire i monopoli esistenti per quanto riguarda altre attività o certi servizi di distribuzione.

55      Dal dettato dell’articolo 1, paragrafo 3, della direttiva 2006/123, in combinato disposto con il considerando 8 della stessa, risulta che sono escluse dall’ambito di applicazione di detta direttiva le situazioni in cui la fornitura di un servizio è sottratta alla concorrenza, avendo una normativa nazionale conferito un monopolio per la fornitura di determinati servizi ad un operatore (v., in tal senso, sentenza del 14 novembre 2018, Memoria e Dall’Antonia, C‑342/17, EU:C:2018:906, punto 41), e in cui l’applicazione delle disposizioni di tale direttiva avrebbe l’effetto di mettere in discussione l’esistenza di detto monopolio.

56      Una siffatta interpretazione dell’articolo 1, paragrafo 3, della direttiva 2006/123 consente di salvaguardare l’effetto utile della deroga così stabilita, rispettando al contempo l’obiettivo di tale direttiva che, come risulta dal suo articolo 1, paragrafo 1, in combinato disposto, in particolare, con i suoi considerando 2 e 5, consiste nell’eliminare le restrizioni alla libertà di stabilimento dei prestatori di servizi negli Stati membri e alla libera circolazione dei servizi tra i medesimi, al fine di contribuire alla realizzazione di un mercato interno libero e concorrenziale (sentenza del 30 gennaio 2018, X e Visser, C‑360/15 e C‑31/16, EU:C:2018:44, punto 104 e giurisprudenza ivi citata).

57      Nel caso di specie, dalla domanda di pronuncia pregiudiziale risulta che la normativa di cui si tratta nel procedimento principale riserva la vendita al dettaglio dei tabacchi lavorati a distributori autorizzati dalla pubblica amministrazione mediante rivendite ordinarie e speciali, nonché patentini.

58      Ne discende che l’attività di commercio al dettaglio di tabacchi lavorati, la quale costituisce un «servizio», ai sensi dell’articolo 4, punto 1, della direttiva 2006/123 (v., per analogia, sentenze del 30 gennaio 2018, X e Visser, C‑360/15 e C‑31/16, EU:C:2018:44, punto 91, e del 26 settembre 2018, Van Gennip e a., C‑137/17, EU:C:2018:771, punto 76), non è sottratta alla concorrenza né conferita a un unico operatore, ma è esercitata da soggetti indipendenti. Inoltre, la normativa di cui si tratta nel procedimento principale riguarda l’accesso di diversi operatori al mercato della distribuzione al dettaglio dei tabacchi lavorati.

59      Come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 47 delle sue conclusioni, benché la concessione di rivendite e di patentini comporti l’esercizio del potere pubblico da parte dell’amministrazione italiana, che autorizza i punti vendita e concede i patentini, ciò non significa tuttavia che detta amministrazione curi essa stessa la vendita al dettaglio dei tabacchi lavorati né che essa interferisca nelle decisioni strettamente commerciali dei titolari dei punti vendita e dei patentini.

60      Di conseguenza, una normativa che riserva la vendita al dettaglio dei tabacchi lavorati a distributori autorizzati dai pubblici poteri mediante rivendite ordinarie e speciali, nonché patentini, non può essere considerata rientrante nella nozione di «monopolio che fornisce servizi» ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 3, della direttiva 2006/123.

61      Per quanto riguarda gli argomenti del governo italiano secondo i quali la direttiva 2006/123 non sarebbe applicabile a causa del suo articolo 2, paragrafi 1 e 2, alla luce del suo considerando 8, dal momento che i distributori di tabacchi lavorati svolgerebbero un’attività economica di interesse generale, che garantisce il funzionamento del monopolio fiscale sulla vendita di tabacco, è sufficiente ricordare che la Corte ha già dichiarato che le norme poste da detta direttiva si applicano, in linea di principio, ai servizi di interesse economico generale, essendo esclusi dal loro ambito di applicazione soltanto i servizi di interesse generale non economici (sentenza dell’11 aprile 2019, Repsol Butano e DISA Gas, C‑473/17 e C‑546/17, EU:C:2019:308, punto 43).

62      Occorre pertanto interpretare l’articolo 1, paragrafo 3, e l’articolo 2, paragrafi 1 e 2, della direttiva 2006/123 nel senso che una normativa che riserva la vendita al dettaglio dei tabacchi lavorati a rivenditori autorizzati dalla pubblica amministrazione mediante rivendite ordinarie e speciali, nonché patentini, rientra nell’ambito di applicazione di tale direttiva.

 Sulle disposizioni rilevanti della direttiva 2006/123

63      Secondo una giurisprudenza costante della Corte, nell’ambito della procedura di cooperazione tra i giudici nazionali e la Corte, di cui all’articolo 267 TFUE, spetta a quest’ultima fornire al giudice nazionale una risposta utile che gli consenta di dirimere la controversia di cui è investito. In tale ottica, la Corte può essere condotta a prendere in considerazione norme del diritto dell’Unione alle quali il giudice nazionale non ha fatto riferimento nella formulazione della sua questione (sentenza del 22 febbraio 2024, Direcţia pentru Evidenţa Persoanelor şi Administrarea Bazelor de Date, C‑491/21, EU:C:2024:143, punto 23 e giurisprudenza ivi citata).

64      L’articolo 15 della direttiva 2006/123, di cui il giudice del rinvio chiede l’interpretazione, figura, con l’articolo 14, nella sezione 2 del capo III della stessa direttiva, relativa ai requisiti vietati o soggetti a valutazione, mentre la sezione 1 di questo stesso capo, che contiene gli articoli da 9 a 13 della citata direttiva, concerne le autorizzazioni.

65      A tale riguardo, l’articolo 4, punto 6, della direttiva 2006/123, definisce la nozione di «regime di autorizzazione» come «qualsiasi procedura che obbliga un prestatore o un destinatario a rivolgersi ad un’autorità competente allo scopo di ottenere una decisione formale o una decisione implicita relativa all’accesso ad un’attività di servizio o al suo esercizio».

66      Quanto all’articolo 4, punto 7, della direttiva in parola, esso definisce la nozione di «requisito» come «qualsiasi obbligo, divieto, condizione o limite stabilito dalle disposizioni legislative, regolamentari o amministrative degli Stati membri o derivante dalla giurisprudenza, dalle prassi amministrative, dalle regole degli organismi e ordini professionali o dalle regole collettive di associazioni o organizzazioni professionali adottate nell’esercizio della propria autonomia giuridica».

67      La Corte ha dichiarato che un «regime di autorizzazione», ai sensi dell’articolo 4, punto 6, della direttiva 2006/123, si distingue da un «requisito», ai sensi dell’articolo 4, punto 7, di tale direttiva, in quanto implica l’avvio di una pratica da parte del prestatore di servizi nonché un atto formale mediante il quale le autorità competenti autorizzano l’attività di tale prestatore (sentenza del 22 settembre 2020, Cali Apartments, C‑724/18 e C‑727/18, EU:C:2020:743, punto 49 e giurisprudenza ivi citata).

68      Dalla domanda di pronuncia pregiudiziale risulta che il procedimento principale verte sulla legittimità del rifiuto dell’ADM di autorizzare, nel piano semestrale per l’istituzione delle nuove rivendite ordinarie in territorio ligure, una nuova rivendita presso l’esercizio della FA.RO., per il motivo che i requisiti relativi alla distanza e alla demografia, previsti dalla normativa nazionale, non sarebbero stati soddisfatti.

69      Da tale domanda di pronuncia pregiudiziale risulta altresì che, conformemente alla normativa nazionale di cui si tratta nel procedimento principale, per poter commercializzare tabacchi lavorati, un prestatore di servizi deve ottenere in concessione o in gestione una rivendita ordinaria o speciale, o un patentino, assegnati al termine di una procedura prevista da tale normativa. Per quanto riguarda, in particolare, le rivendite ordinarie, la loro istituzione richiede l’adozione di una decisione dell’ADM, in applicazione di un piano semestrale previamente stabilito. In sede di preparazione di tale piano, l’ADM tiene conto delle richieste di istituzione delle nuove rivendite ordinarie presentate. Il piano in parola comprende nuove rivendite per le quali sussiste un’esigenza di servizio e che soddisfano i requisiti fissati dalla normativa pertinente.

70      Come rilevato, in sostanza, dall’avvocato generale ai paragrafi da 59 a 63 delle sue conclusioni, al fine di poter procedere alla commercializzazione dei tabacchi lavorati, un prestatore di servizi ha quindi l’obbligo di espletare una pratica presso un’autorità competente al fine di ottenere da quest’ultima un atto formale che gli consenta di accedere a tale attività.

71      Orbene caratteristiche siffatte corrispondono a quelle del «regime di autorizzazione», ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 6, della direttiva 2006/123, ricordate al punto 67 della presente sentenza. L’organizzazione della vendita al dettaglio dei tabacchi lavorati rientra quindi, fatte salve le verifiche che spetta al giudice del rinvio effettuare, nella nozione di «regime di autorizzazione» ai sensi di tale disposizione.

72      Con riferimento a una normativa di uno Stato membro in forza della quale il legislatore nazionale incarica talune autorità di attuare un «regime di autorizzazione», ai sensi dell’articolo 4, punto 6, della direttiva 2006/123, fissando le condizioni alle quali è subordinato il rilascio delle autorizzazioni previste da tale regime, spetta ai giudici nazionali, da un lato, valutare la conformità all’articolo 9 di tale direttiva del ricorso da parte del legislatore nazionale a un siffatto meccanismo e, dall’altro, verificare se i criteri enunciati da tale legislatore e che disciplinano la concessione di dette autorizzazioni, nonché l’effettiva attuazione degli stessi da parte delle autorità le cui misure sono contestate, siano conformi ai requisiti previsti all’articolo 10 di detta direttiva (v., in tal senso, sentenza del 22 settembre 2020, Cali Apartments, C‑724/18 e C‑727/18, EU:C:2020:743, punto 59).

73      Orbene, nella sua domanda di pronuncia pregiudiziale, il giudice del rinvio ha chiaramente precisato che non intendeva mettere in discussione la legittimità del regime di autorizzazione previsto dalla normativa italiana in applicazione dell’articolo 9 della direttiva 2006/123, escludendo così dalla portata delle sue questioni la conformità a tale articolo del ricorso, da parte del legislatore nazionale, a un siffatto dispositivo.

74      Di conseguenza, occorre interpretare l’articolo 10 della direttiva 2006/123 al fine di fornire al giudice del rinvio tutte le indicazioni utili che gli consentano di valutare la conformità con tale disposizione dei requisiti relativi alla distanza e alla demografia, ai quali la normativa nazionale subordina l’istituzione di nuove rivendite ordinarie di tabacchi lavorati.

 Sui requisiti relativi alla distanza e alla demografia

75      I requisiti relativi alla distanza e alla demografia, di cui si tratta nel procedimento principale, compaiono, da un lato, nell’articolo 24, comma 42, lettera b), del decreto-legge n. 98/2011, e dall’altro, nell’articolo 2 del decreto ministeriale n. 38/2013. Secondo la prima di tali disposizioni, la distanza tra le rivendite ordinarie non può essere inferiore a m 200 e deve essere rispettato il rapporto di una rivendita ogni 1 500 abitanti. In virtù della seconda, la distanza minima del locale adibito a nuova rivendita, rispetto a quello della rivendita più vicina già in esercizio, è pari o superiore a m 300, nei comuni con popolazione fino a 30 000 abitanti, m 250, nei comuni con popolazione da 30 001 a 100 000 abitanti e a m 200, nei comuni con popolazione superiore a 100 000 abitanti. Questa seconda disposizione precisa inoltre che non occorre rispettare il rapporto di una rivendita ogni 1 500 abitanti nei comuni con popolazione inferiore a 1 500 abitanti che siano sprovvisti di una rivendita, qualora sussista un effettivo e concreto interesse del servizio e la rivendita ordinaria più vicina già in esercizio in altro comune risulti distante oltre m 600.

76      Orbene, l’articolo 10, paragrafo 1, della direttiva 2006/123, prevede che i regimi di autorizzazione di cui all’articolo 9, paragrafo 1, di tale direttiva devono basarsi su criteri che inquadrino l’esercizio del potere di valutazione da parte delle autorità competenti affinché tale potere non sia utilizzato in modo arbitrario. Ai sensi dell’articolo 10, paragrafo 2, lettere da a) a g), di detta direttiva, i criteri in parola devono essere non discriminatori, giustificati da un motivo imperativo di interesse generale, commisurati all’obiettivo di interesse generale, chiari e inequivocabili, oggettivi, resi pubblici preventivamente e, infine, trasparenti e accessibili.

77      Per quanto riguarda, in primo luogo, il carattere non discriminatorio di tali criteri, richiesto dall’articolo 10, paragrafo 2, lettera a), della direttiva 2006/123, occorre constatare che requisiti che si fondano su una distanza minima tra i prestatori e sulla demografia non introducono una distinzione relativa alla cittadinanza del prestatore.

78      In secondo luogo, occorre verificare se tali requisiti relativi alla distanza e alla demografia siano giustificati da un motivo imperativo di interesse generale, come richiesto dall’articolo 10, paragrafo 2, lettera b), di detta direttiva.

79      Dalle spiegazioni fornite dal giudice del rinvio e dal governo italiano risulta che i requisiti relativi alla distanza e alla demografia, di cui si tratta nel procedimento principale, sono stati adottati con l’obiettivo della protezione della salute umana contro i rischi derivanti dai tabacchi lavorati.

80      A tal proposito risulta dall’articolo 24, comma 42, lettera a), del decreto-legge n. 98/2011, che la definizione dei criteri volti a disciplinare l’ubicazione dei punti vendita di tabacchi lavorati è intesa a contemperare, nel rispetto della tutela della concorrenza, l’esigenza di garantire all’utenza una rete di vendita capillarmente dislocata sul territorio, da un lato e, dall’altro, con l’interesse pubblico primario della tutela della salute consistente nel prevenire e controllare ogni ipotesi di offerta di tabacco al pubblico non giustificata dall’effettiva domanda di prodotti del tabacco lavorato. L’articolo 3, comma 2, lettere a) e b), del decreto ministeriale n. 38/2013 prevede inoltre che la rete di vendita dei tabacchi lavorati deve essere adeguata all’interesse del servizio e organizzata in modo da garantire l’efficienza e l’efficacia dei controlli da parte dell’amministrazione, a tutela dei minori, dell’ordine e della sicurezza pubblica, della salute pubblica nonché del gettito.

81      La tutela della sanità pubblica, come risulta dall’articolo 4, punto 8, della direttiva 2006/123 e del suo considerando 7, figura tra i motivi imperativi di interesse generale che possono giustificare restrizioni alle libertà di circolazione (v, in tal senso, sentenza del 23 dicembre 2015, Hiebler, C‑293/14, EU:C:2015:843, punto 58 e giurisprudenza ivi citata).

82      Pertanto, occorre considerare che la tutela della salute umana dai rischi derivanti dai tabacchi lavorati può giustificare restrizioni all’istituzione di nuove rivendite di tali prodotti.

83      Per contro, conformemente ad una giurisprudenza costante della Corte, considerazioni di natura puramente economica non possono costituire un motivo imperativo di interesse generale [v., in tal senso, sentenze del 15 aprile 2010, CIBA, C‑96/08, EU:C:2010:185, punto 48, e del 19 settembre 2017, Commissione/Irlanda (Tassa di immatricolazione), C‑552/15, EU:C:2017:698, punto 89 e giurisprudenza ivi citata].

84      Come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 67 delle sue conclusioni, tale giurisprudenza costante si riflette all’articolo 14, punto 5, della direttiva 2006/123, nonché al suo considerando 66. Ai sensi dell’articolo 14, punto 5, della direttiva in parola, da un lato, è vietato applicare caso per caso una verifica di natura economica che subordini il rilascio dell’autorizzazione alla prova dell’esistenza di un bisogno economico o di una domanda di mercato, o alla valutazione degli effetti economici potenziali o effettivi dell’attività o alla valutazione dell’adeguatezza dell’attività rispetto agli obiettivi di programmazione economica stabiliti dall’autorità competente. D’altro lato, tale divieto non concerne i requisiti di programmazione che non perseguono obiettivi economici, ma che sono dettati da motivi imperativi d’interesse generale.

85      Sebbene l’articolo 14, punto 5, della direttiva 2006/123 figuri nella sezione 2 del capo III di detta direttiva, relativa ai requisiti vietati o soggetti alla valutazione, laddove l’articolo 10 è collocato nella sezione 1 di detto capo III, dedicata alle autorizzazioni, un regime di autorizzazione non può contenere requisiti vietati, quali quelli elencati in tale prima disposizione, come rilevato in sostanza dall’avvocato generale al paragrafo 64 delle sue conclusioni.

86      Del resto, una siffatta constatazione deriva dalla formulazione stessa dell’articolo 14, punto 5, della direttiva 2006/123, che prevede il divieto di subordinare «il rilascio dell’autorizzazione» alla prova dell’esistenza di un bisogno economico o di una domanda di mercato.

87      Orbene, poiché l’articolo 21, comma 1, della legge n. 1293/1957 nonché l’articolo 3, comma 2, lettere a) e b), del decreto ministeriale n. 38/2013 invocano la necessità di adeguare la rete di vendita all’interesse del servizio e di garantire il gettito, spetta al giudice del rinvio verificare se i criteri stabiliti da tale normativa nazionale non conducano ad applicare, caso per caso, una verifica di natura economica che subordini l’istituzione di una nuova rivendita alla prova dell’esistenza di un bisogno economico o di una domanda del mercato, ai sensi dell’articolo 14, punto 5, della direttiva 2006/123.

88      A tal riguardo, come risulta dalle osservazioni del governo italiano, i requisiti relativi alla distanza e alla popolazione residente mirano a limitare l’offerta alla domanda effettiva evitando, da un lato, la proliferazione dei punti vendita nei luoghi in cui la domanda è già soddisfatta dai punti vendita esistenti e, dall’altro, un numero insufficiente di punti vendita, che potrebbe produrre l’effetto di lasciare insoddisfatta parte della domanda e, di conseguenza, incentivare le attività di contrabbando.

89      Poiché i criteri stabiliti dalla normativa nazionale rilevante nel procedimento principale sembrano quindi volti ad una certa corrispondenza tra l’offerta e la domanda, essi potrebbero essere qualificati, circostanza che spetta al giudice del rinvio accertare, come verifica di natura economica vietata, ai sensi dell’articolo 14, punto 5, della direttiva 2006/123, qualora risultasse che il loro obiettivo sia quello di garantire un reddito sufficiente ai venditori di tabacchi lavorati e/o di massimizzare la riscossione dei prelievi fiscali sui consumatori di tali prodotti.

90      Per contro, nel caso in cui detti criteri non perseguissero un obiettivo di natura economica, e fossero obiettivamente giustificati da un motivo imperativo di interesse generale, quale la tutela della sanità pubblica, evitando di incoraggiare il consumo aumentando l’offerta e avendo un effetto dissuasivo sulla domanda, essi non rientrerebbero in tale divieto.

91      In terzo luogo, occorre ricordare che il rispetto del principio di proporzionalità, di cui all’articolo 10, paragrafo 2, lettera c), della direttiva 2006/123, implica che una misura sia idonea a garantire, in modo coerente e sistematico, la realizzazione dell’obiettivo perseguito e non ecceda quanto necessario per conseguirlo (v., in tal senso, sentenza del 7 settembre 2022, Cilevičs e a., C‑391/20, EU:C:2022:638, punto 65 e giurisprudenza ivi citata).

92      Al fine di determinare se ed in quale misura la normativa in questione nel procedimento principale soddisfi i requisiti in parola, il giudice del rinvio deve esaminare in modo obiettivo, sulla scorta di dati statistici, puntuali o con altri mezzi, se gli elementi di prova forniti dallo Stato membro di cui trattasi consentano di ritenere ragionevolmente che gli strumenti prescelti siano idonei a realizzare gli obiettivi perseguiti, nonché se sia possibile conseguire questi ultimi attraverso misure meno restrittive (v., in tal senso, sentenza del 21 dicembre 2023, CDIL, C‑96/22, EU:C:2023:1025, punto 43 e giurisprudenza ivi citata).

93      Tuttavia la Corte, chiamata a fornire a tale giudice risposte utili, è competente a fornire indicazioni tratte dagli atti del procedimento principale come pure dalle osservazioni scritte sottopostele, idonee a mettere detto giudice in grado di decidere (sentenza del 21 dicembre 2023, CDIL, C‑96/22, EU:C:2023:1025, punto 44 e giurisprudenza ivi citata).

94      A detto riguardo occorre constatare, come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 90 delle sue conclusioni, che la combinazione dei requisiti relativi alla distanza e alla demografia sembra atta, al contempo, a garantire l’approvvigionamento di tabacchi lavorati su tutto il territorio e ad impedire che l’offerta aumenti in modo incontrollato e comporti un aumento del consumo di tabacco.

95      Inoltre, l’offerta controllata dei tabacchi lavorati legali può contribuire a ridurre il ricorso a prodotti di contrabbando che possono stimolare il consumo a causa dei prezzi inferiori ai quali sono offerti o comportare rischi supplementari per la salute dei consumatori, qualora non corrispondano alle norme applicabili ai tabacchi lavorati o immessi sul mercato negli Stati membri, in particolare per quanto riguarda gli ingredienti e le emissioni dei prodotti in parola.

96      Tuttavia, al fine di raggiungere in modo coerente e sistematico l’obiettivo di tutela della salute pubblica invocato, il meccanismo di cui si tratta nel procedimento principale non dovrebbe avere il solo effetto di garantire l’accessibilità e la disponibilità dei tabacchi lavorati, senza produrre effetti dissuasivi sulla domanda di tali prodotti. Inoltre, l’effetto utile dell’applicazione dei requisiti relativi alla distanza e alla demografia non dovrebbe essere messo in discussione da altre misure.

97      Al riguardo spetta al giudice del rinvio valutare, tenuto conto dei requisiti ricordati al punto 92 della presente sentenza, se il requisito relativo alla distanza minima tra le rivendite, quale previsto dalla normativa nazionale, combinato a quello relativo alla demografia, tenuto conto delle particolarità geografiche e demografiche dello Stato membro interessato, sia sufficiente a dissuadere il consumo dei tabacchi lavorati, senza condurre all’aumento dell’offerta illegale di siffatti prodotti.

98      Ad esso spetta altresì valutare se l’incremento del numero di distributori automatici non metta in discussione l’effetto utile di tali requisiti, nonché il carattere coerente e sistematico, ai sensi della giurisprudenza citata al punto 91 della presente sentenza, della normativa nazionale di cui si tratta nel procedimento principale.

99      A tal riguardo, occorre rilevare che il governo italiano ha fatto valere all’udienza dinanzi alla Corte che l’installazione dei distributori automatici è soggetta agli stessi requisiti relativi alla distanza e alla demografia dell’istituzione delle rivendite, e può essere effettuata unicamente da operatori titolari di una concessione di una rivendita ordinaria o di un patentino. Un operatore non potrebbe installare più di un distributore, all’interno o all’esterno del suo esercizio commerciale, e gli operatori che possono ottenere patentini potrebbero scegliere di installare un distributore automatico di tabacco, previa autorizzazione amministrativa, in alternativa a tale patentino.

100    Spetta al giudice del rinvio verificare se, in tal modo inquadrata, l’installazione dei distributori automatici costituisca un mezzo di vendita dei tabacchi lavorati alternativo alla vendita mediante rivendite ordinarie o speciali, o mediante patentini, che debba rispettare gli stessi requisiti relativi alla distanza e alla demografia, e non comporti un aumento dell’offerta di tali prodotti.

101    Per quanto riguarda la valutazione della necessità della misura in questione nel procedimento principale, che implica l’esame del criterio di proporzionalità di cui all’articolo 10, paragrafo 2, lettera c), della direttiva 2006/123, va sottolineato, anzitutto, che la salute occupa il primo posto tra i beni e gli interessi protetti dal trattato FUE e che spetta agli Stati membri decidere il livello al quale intendono garantire detta tutela nonché il modo in cui tale livello deve essere raggiunto, di modo che essi dispongono di un margine di discrezionalità al riguardo (sentenza del 21 dicembre 2023, CDIL, C‑96/22, EU:C:2023:1025, punto 46 e giurisprudenza ivi citata).

102    Occorre poi tenere conto dalla notevole nocività accertata del consumo di tabacchi lavorati per gli effetti di questi ultimi in termini di dipendenza e per l’insorgenza di malattie gravi provocate da composti farmacologicamente attivi, tossici, mutageni e cancerogeni contenuti in tali prodotti (v., in tal senso, sentenza del 4 maggio 2016, Philip Morris Brands e a., C‑547/14, EU:C:2016:325, punto 156).

103    Infine, non è indispensabile che la misura restrittiva adottata dalle autorità di uno Stato membro corrisponda ad una concezione condivisa da tutti gli Stati membri relativamente alle modalità di tutela del diritto fondamentale o del legittimo interesse in discussione. Al contrario, la necessità e la proporzionalità delle disposizioni adottate in materia non sono escluse per il solo motivo che uno Stato membro abbia scelto un regime di tutela diverso da quello adottato da un altro Stato (sentenza del 7 settembre 2022, Cilevičs e a., C‑391/20, EU:C:2022:638, punto 82 e giurisprudenza ivi citata).

104    Al riguardo, tenuto conto del margine di discrezionalità ricordato al punto 101 della presente sentenza, la circostanza che la CQLT non preveda, tra le misure volte a ridurre il consumo di tabacco, un regime che subordini l’autorizzazione di nuove rivendite a requisiti relativi alla distanza e alla demografia non consente di concludere che il regime di cui si tratta nel procedimento principale ecceda quanto necessario per raggiungere tale obiettivo.

105    Alla luce di tale margine di discrezionalità, quando uno Stato membro reputa utile introdurre misure volte a controllare l’offerta di prodotti dei tabacchi lavorati, tale Stato membro può legittimamente considerare che un aumento periodico del numero dei consumatori non costituisca un fattore di cui occorra tenere conto.

106    Infatti, la presa in considerazione di un siffatto aumento periodico sarebbe in contrasto con l’obiettivo perseguito di una limitazione dell’offerta diretta a disincentivare il consumo.

107    Peraltro il governo italiano afferma che, nel rispetto dei requisiti relativi alla distanza e alla demografia che esso stabilisce, il regime di autorizzazione di cui si tratta nel procedimento principale prevede di riservare un’attenzione particolare, conformemente all’articolo 3, commi 1 e 2, del decreto ministeriale n. 38/2013, alle zone contrassegnate da nuovi sviluppi abitativi e commerciali, alla particolare rilevanza assunta dai nodi stradali e dai centri di aggregazione urbana della popolazione residente ovvero alla presenza di uffici e strutture produttive di particolari rilevanza e frequentazione. Spetta al giudice del rinvio verificare se ciò si verifichi effettivamente.

108    In quarto luogo, per quanto riguarda i requisiti di cui all’articolo 10, paragrafo 2, lettere da d) a g), della direttiva 2006/123, occorre ricordare anzitutto che i requisiti di chiarezza e di univocità [lettera d)] rinviano alla necessità di rendere le condizioni di autorizzazione facilmente comprensibili per tutti evitando qualsiasi ambivalenza nel testo delle stesse. Inoltre, il requisito di oggettività [lettera e)] mira a far sì che le domande di autorizzazione siano valutate in base ai propri meriti, al fine di garantire alle parti interessate che la loro domanda sia trattata con obiettività e imparzialità. Infine, i requisiti relativi alla pubblicità [lettera f)] nonché alla trasparenza e all’accessibilità [lettera g)] presuppongono che qualsiasi interessato possa essere informato immediatamente dell’esistenza di una normativa che possa pregiudicare l’accesso all’attività di cui si tratta o l’esercizio della stessa (v., in tal senso, sentenza del 22 settembre 2020, Cali Apartments, C‑724/18 e C‑727/18, EU:C:2020:743, punti 96 e 107, nonché giurisprudenza ivi citata).

109    Fatte salve le verifiche che il giudice del rinvio deve effettuare, risulta che i requisiti relativi alla distanza e alla demografia si basano su dati oggettivi, sono noti in anticipo e non possono, in linea di principio, dar luogo a difficoltà di interpretazione o applicazione. Poiché devono essere soddisfatti per l’autorizzazione di una qualsiasi nuova rivendita, detti requisiti sembrano conformi ai requisiti ricordati al punto precedente della presente sentenza.

110    Ciò posto, dal fascicolo di cui dispone la Corte nonché dalle osservazioni esposte in udienza risulta che la circostanza che i requisiti relativi alla distanza e alla demografia siano soddisfatti non garantisce automaticamente il rilascio di un’autorizzazione per una nuova rivendita ordinaria.

111    Infatti, come risulta dall’articolo 21, comma 1, della legge n. 1293/1957, le rivendite ordinarie sono istituite dove e quando l’amministrazione «lo ritenga utile ed opportuno nell’interesse del servizio». Parimenti, l’articolo 3, comma 2, lettera a), del decreto ministeriale n. 38/2013 precisa che l’adozione dei piani semestrali per l’istituzione delle rivendite ordinarie deve tener conto della necessità che la rete di vendita dei tabacchi lavorati sia «adeguata all’interesse del servizio».

112    Orbene, detto requisito generale relativo «all’interesse del servizio», il cui contenuto è illustrato all’articolo 3, comma 1, del decreto ministeriale n. 38/2013 con esempi non esaustivi di alcune di tali caratteristiche e che si aggiunge ai requisiti relativi alla distanza e alla popolazione residente di cui l’amministrazione deve tener conto, può mettere in discussione il carattere chiaro, inequivocabile, oggettivo e trasparente dei criteri che disciplinano l’esercizio del potere discrezionale dell’amministrazione, circostanza che spetta al giudice del rinvio verificare.

113    Tenuto conto di quanto precede, occorre rispondere alle questioni sollevate dichiarando che l’articolo 10, paragrafi 1 e 2, della direttiva 2006/123 deve essere interpretato nel senso che esso non osta a una normativa nazionale che subordina il rilascio di un’autorizzazione di punti vendita di prodotti del tabacco al rispetto di requisiti relativi alla distanza geografica minima tra i prestatori e alla demografia, senza che l’autorità pubblica competente possa prendere in considerazione, in luogo di tali requisiti, aumenti periodici del numero di consumatori, purché i suddetti requisiti:

–        siano oggettivamente giustificati da un motivo imperativo di interesse generale, quale la protezione della sanità pubblica contro i rischi derivanti dai tabacchi lavorati;

–        siano tali da produrre effetti dissuasivi sulla domanda di tabacchi lavorati;

–        si applichino anche all’installazione di distributori automatici di tabacco; e

–        applicati, se del caso, con il criterio relativo all’interesse del servizio, rispettino il principio di proporzionalità e soddisfino i requisiti di chiarezza, univocità, oggettività, pubblicità, trasparenza e accessibilità.

 Sulle spese

114    Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

Per questi motivi, la Corte (Prima Sezione) dichiara:

L’articolo 10, paragrafi 1 e 2, della direttiva 2006/123/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 2006, relativa ai servizi nel mercato interno,

deve essere interpretato nel senso che:

esso non osta a una normativa nazionale che subordina il rilascio di un’autorizzazione di punti vendita di prodotti del tabacco al rispetto di requisiti relativi alla distanza geografica minima tra i prestatori e alla demografia, senza che l’autorità pubblica competente possa prendere in considerazione, in luogo di tali requisiti, aumenti periodici del numero di consumatori, purché i suddetti requisiti:

–        siano oggettivamente giustificati da un motivo imperativo di interesse generale, quale la protezione della sanità pubblica contro i rischi derivanti dai tabacchi lavorati;

–        siano tali da produrre effetti dissuasivi sulla domanda di tabacchi lavorati;

–        si applichino anche all’installazione di distributori automatici di tabacco; e

–        applicati, se del caso, con il criterio relativo all’interesse del servizio, rispettino il principio di proporzionalità e soddisfino i requisiti di chiarezza, univocità, oggettività, pubblicità, trasparenza e accessibilità.

Firme


*      Lingua processuale: l’italiano.

Litigios n. C-16/23 de 17/10/2024